Re: [pace] Infatti, in passato si era contro la guerra!





Leggo con infinita sofferenza quel che scrivete. Ma è un problema mio: per
ragioni personali ho, in questi giorni, la morte nel cuore.
Ma dovrebbe essere un problema di tutti: mentre si preparano nuovi massacri
e nuove guerre, stiamo qui a dividerci e litigare sui temi fondanti del
nostro stare insieme (in questa lista).

La guerra, mai.

Assad può essere il migliore o il peggiore dei dittatori possibili.
I ribelli, i migliori o i peggiori (eterodiretti o meno) dei ribelli
possibili.

Ma la guerra, mai.

Semplicemente perché ogni risultato, finanche "positivo" (positività tutta
da dimostrare e mai dimostrabile), conseguibile o conseguito con la guerra,
sarebbe infinitamente più positivo se raggiunto senza guerra. Ogni
uccisione, fosse anche per i "migliori" motivi, è la sconfitta dell'umanità.

La guerra, mai.

Ma il sistema dei rapporti internazionali è basato sull'oppressione, sulla
razzia, sulla guerra. Quindi, non si ferma la guerra, né il massacro
propedeutico, contestuale, conseguente alla guerra, se non mutano i rapporti
internazionali, o comunque i principii e gli interessi su cui poggia quel
sistema.

Pertanto è da fare un lavoro immane, di anni e di secoli, sulla cultura e
umanità delle persone. E non so se lo stiamo facendo bene. E non so se lo
stiamo facendo.

Però la guerra (alla Siria, o all'Iran) è domani, il massacro è già oggi.
Possiamo aspettare anni e secoli? Sì e no.

Sì, perché quel lavoro di anni e di secoli lo dobbiamo fare. E' l'unica via.
No, perché dobbiamo agire ora e salvare fosse anche una sola vita.

Però, mi chiedo, e con amarezza: le nostre manifestazioni hanno mai fermato
una guerra, hanno mai salvato una ed una sola vita?
E ammesso e, purtroppo, non concesso, che fermassero una guerra, questa
guerra: come fermare i massacri in corso (ed è poi così fondamentale per noi
dividerci su chi quei massacri voglia o faccia?)?

Non è facile.

Forse dovremmo studiare forme di persuasione/pressione ben più efficaci di
una manifestazione. Forse dovremmo essere capaci di esprimere "forze
internazionali di pace e nonviolenza", presenti nei luoghi di conflitto, per
ascoltare, mediare, interporsi.

La seconda proposta è quasi inattuabile, tanto è ambiziosa (ma dovremmo
pensarci, ma dovremo pensarci); ma la prima, almeno la prima, per quanto
pochi e male in arnese, dovremmo, dobbiamo prenderla in considerazione.

Qui vicino c'è un aeroporto militare. I voli di addestramento si ripetono a
centinaia, ogni giorno. Perché non andiamo lì o altrove? Perché non
blocchiamo la strada o la base tutta, per cinque minuti o cinque ore, ogni
volta che un aereo decolli? O mille altre iniziative, che (possibilmente)
con il minimo danno per noi (nessuno è masochista), portino il massimo
disturbo, attirando l'attenzione dei media e della gente?
Certo, dovremmo aspettarci denunce, processi, e persino la galera. Ma lo
faremmo per salvare una vita o forse tante.

Io mi rendo disponibile.

Altrimenti ci rimane solo la chiacchiera.

Saluti desolati e tristi.

Sandro Martis