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Voce del verbo PRIVATIZZARE
- Subject: Voce del verbo PRIVATIZZARE
- From: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
- Date: Mon, 19 Feb 2007 10:39:43 +0000
- Bounce-to: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
Privatizzare: trasformare in proprietà privata ciò che era pubblico. Parto dal mio personale( come sono solita):l'esperienza di 31 anni di lavoro alla Comit. La Banca Commerciale Italiana è stata una delle prime e più importanti banche italiane: l'anno della privatizzazione (1994) è coinciso con il centenario dell'Istituto. Oggi si chiama Banca Intesa, anzi si è aggiunto da poco il San Paolo, un'altra grande Banca. Il marchio Intesa soppiantò così in un bel colpo il vecchio nome di una banca che aveva tentato e osato ben altro con la guida di Raffaele Mattioli. Un marchio che azzerò anche la nostra esperienza di dipendenti. Da dipendenti diventavamo azionisti, clienti addirittura e quindi soggetti esigenti-attenti agli utili ed ai costi. Noi, che lavoravamo all'interno, fummo demansionati dai vecchi ruoli per ben altri incarichi. L'era berlusconiana aveva cominciato a produrre comunicazione dei nostri problemi-bisogni e a fornirci soluzioni. Contemporaneamente l'era prodiana, privatizzava i nostri stessi problemi-bisogni. Non avevamo più problemi-bisogni, di cosa ci dovevamo preoccupare se non del buon andamento della nostra azienda, nel nostro interesse privato ancorchè pubblico? Si cominciò con l'era delle promozioni e degli incentivi. Dovevamo, anzi sentivamo l'importanza di essere proprietari. I sindacati ci hanno dato una mano in questo processo. Erano 7 anni fa, esattamente il 18.2.2000 che mi vengono in mente solo i Cobas che scrivevano in merito alla privatizzazione della Comit cose come questa nel merito di Sviluppo Italia e Confindustria :"E' la nuova "Cassa del Mezzogiorno" voluta da Bertinotti per dare l'ok alla legge Treu sul lavoro in affitto e alla finanziaria da 100.000 miliardi, organizzata da Ciampi, nominata da D'Alema appena dopo la caduta di Prodi". Ma per quanto mi riguarda a Roma nel settore del credito erano pressochè sconosciuti. La costituzione, tirata più che mai per il bavero si applica integralmente quando si "rispettano" gli artt. 41 e 42 che dicono che "la proprietà privata «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale» ed inoltre il processo di privatizzazione è connesso con la liberalizzazione. La politica industriale del Governo è diretta a consentire la competizione con la concorrenza estera; la privatizzazione rappresenta il venir meno del monopolio e consentirà maggior flessibilità al settore. Da tale situazione discende la ricerca di intese con partner stranieri". Queste sono parole pronunciate nel luglio del1997 alla Camera dei deputati, e le abbiamo sentito ripetere all'infinito. Ci convinciamo a partire da noi, bancari Comit e Credito Italiano, che siamo proprietari, investiamo e ci viene generosamente offerta anche la nostra liquidazione: il varco è aperto e si continua così per anni fino ad oggi. Quando il governo decise la privatizzazione della Banca Commerciale Italiana (Comit), venne creata una task force composta da 46 persone, chiamata "Gruppo comunicazione", con il compito di coordinare le attività di informazione e di orientamento degli investitori. Ne facevano parte membri dei servizi comunicazione, personale, titoli, organizzazione, uffici stampa e pubblicità, consulenti esterni. Anche la Banca di Roma ha varato a suo tempo un "Progetto cultura" per rafforzare l’identità aziendale dei dipendenti. New Holland, la società di macchine agricole del gruppo Fiat, nata nel 1991 dall’aggregazione di più marchi, ha scoperto l’importanza della comunicazione in seguito alla crisi che ha colpito il settore. Il problema era duplice: creare una identità comune ad un marchio nato dalla fusione di aziende diverse e ridare fiducia nelle possibilità dell’azienda. Come ebbe a scrivere per gli enti locali Giovanni Delle Donne in"Le tecniche della comunicazione" il 9.2.2004: "una situazione assimilabile a quella delle Asl dopo l’accorpamento delle vecchie Usl....Ci sono cinque regole essenziali per una buona comunicazione: 1) Solo imparando ad ascoltare si può comunicare in modo efficace. 2) E’ inutile avere qualcosa da dire se non lo si esprime in modo chiaro e sintetico. 3) Coerenza, coraggio, assertività: ecco i tre pilastri per fare della comunicazione il piedistallo del proprio sucesso. 4) Il modo in cui si dicono le cose prevale sempre sul loro contenuto. 5) Una solida rete di rapporti: ecco il frutto migliore della comunicazione." Dunque un problema di "comunicazione e formazione" che è stato seguito con perseveranza dai privatizzatori diventati privatizzati, basta rileggere con attenzione i 5 punti sopra, per ritrovarsi. Si arriva veloci e in sinergia con la destra-sinistra al Tfr e alla realistica fine della pensione pubblica. Il movimento come Forum mondiale, aveva già da tempo rilevato l'importanza di rifiutare totalmente il concetto di privatizzazione ma ancora nel 2006 scriveva nei documenti che si appellava: a tutte le organizzazioni, i movimenti sociali, i governi e i parlamenti. Gli appelli sono stati inascoltati, elusi ed irrisi. Siamo comunque adulti, laici e cattolici, assistiamo senza censura alcuna a questa oscena operazione che ci ha denudato completamente: la privatizzazione. Ho assistito nel tempo ad un preoccupante e crescente bisogno di entrare nelle tecniche e nelle speranze padronali al punto di dire "è affar nostro" far funzionare bene le cose, partecipare, creare opportunità, non criticare sterilmente, ma costruire consenso. Consenso a chi? Per tornare terra terra all'oggi, al presente, al piccolo locale, i forum gli interventi in rete e nei media sono tutti protesi a cercare una buona soluzione e sopratutto una realistica soluzione ed ecco allora diventare dei semplici cittadini, specialisti della geopolitica, di affari internazionali, di sentimenti globali, di obiettivi di partito, di sentimenti religiosi, di dottrine economiche insomma dei perfetti privatizzati che poi piangono una nuova generazione di precari e malati nel corpo e nella testa. Sembriamo tossici-intossicati che esorcizzano la paura di un Diverso paese con la politica della misura del benessere dei pochi attraverso il malessere dei tanti e la delega totale ai Signori della Guerra e del Potere, che hanno dei fantastici nomi, a volte i nostri, diventiamo difendendoli e comprendendo i loro tempi e le loro azioni, avvocati di difesa. Fino al punto di leggere se è valsa la pena manifestare a Vicenza, giustificando i presenti e gli assenti, annotando le comunicazioni sui risultati di queste passeggiate estemporanee, viste le difficoltà in campo internazionale ed economico che sono reali. Giustificheremo anche il voto per esserci (è già stato ampiamente fatto), con corpi di pace-guerra in Afghanistan, giustificati dall'essere stati a Vicenza, presenti nel movimento. Soccorriamo tutti: le donne afghane le pacifiste realiste gli indagati non terroristi i giornalisti intelligenti, ci appelliamo ai conduttori del Programma Italia, noi paghiamo. Privatizzati anche i sogni, rimangono gli incubi. Doriana Goracci
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