dopo Vicenza



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I leader della protesta: occuperemo l'area destinata alla base americana
Vicenza, dopo il corteo stop di Rifondazione Ferrero: «Le condizioni sono
cambiate, serve il referendum». Proposto boicotaggio Coop rosse che
partecipano all'appalto

VICENZA — Nella sala del Comune in Contrà Santa Corona si parla di disarmo
nucleare. La capopopolo dei comitati no-base Cinzia Bottene ringrazia gli
amici venuti da fuori, poi guarda avanti: «Quando arriveranno le ruspe
entreremo con gli avvocati nel Dal Molin e le bloccheremo. Io mi sono già
comprata il caschetto, non si sa mai».
Sul piazzale di Campo Marzio si smonta il palco del trionfo. Il leader dei
Disobbedienti vicentini Francesco «Cesco» Pavin tira pacche sulle spalle,
quindi sibila: «Adesso non ci resta che passare alla fase tre: occupare
l'aeroporto». Il giorno dopo la «marcia dei duecentomila» la gioia per i
numeri e i disordini che non ci sono stati è già stata annacquata da un
pezzo.
Il tempo di chiudere il corteo, e poi sono arrivate le parole di Prodi a
spazzare via ogni speranza: «La piazza non cambia le nostre scelte». Uno
schiaffo.
Che in un amen ha trasformato l'ipotesi dell'occupazione dei cantieri in
«una strategia inevitabile».
Un'arma estrema che trova sponda anche nei vertici nazionali di
Rifondazione, perché la convinzione è che della manifestazione si debba
tenere conto e che a questo punto il territorio vada consultato attraverso
un referendum. «Val di Susa-Vicenza una sola resistenza», hanno urlato i
no-base in corteo (oltre 20 mila euro di spese).
E come per la Val di Susa il momento più critico potrebbe arrivare proprio
con l'avvio dei lavori. Quando? «Probabilmente a settembre», dice Cinzia
Bottene. «Le imprese che vogliono partecipare all'appalto hanno tempo fino
al 6 marzo per segnalarsi. Finora sono una settantina».

BOICOTTAGGIO - Per loro, aggiunge, Francesco Pavin «partirà subito
un'azione di boicottaggio. A cominciare dalle cooperative rosse: Cmc di
Ravenna e Cmr di Ferrara. Poi, ad avvio lavori, bloccheremo». In quel
momento al loro fianco ci sarà anche l'ex sindaco e vicepresidente ulivista
del consiglio regionale Achille Variati: «Senza risposte, in cui ancora
spero, è evidente che si arriverà all'occupazione dei cantieri. Ma cosa
vuole il governo, passare dal silenzio ai manganelli? Qui è peggio della
Val di Susa, non ci sono sindaci al fianco dei cittadini», afferma Variati.
Ci sarà anche Don Albino Bizzotto, presidente dei Beati i costruttori di
pace: «A Comiso ho preso le botte, ora sono pronto a rifarlo se il governo
non lascerà alla gente che questa possibilità. Ma questa è democrazia?». E
forse ci saranno anche gli autonomisti veneti (in corteo con i vessilli di
San Marco) ai quali il disobbediente Luca Casarini dice: «Credo che con la
base autonomista sganciata dalla base romana e lombarda della Lega, potremo
fare grandi cose».
Il sindaco azzurro Hullweck, che ieri ha polemizzato su slogan e scritte
del Gramigna, tuona: «Se bloccheranno i lavori, il governo dovrà
risponderne».
E il dibattito tra comitati e movimenti si accende.
C'è chi pensa a sit-in sui prati del Dal Molin, chi a barricate e scudi.
E chi segue padre Alex Zanotelli nell'indicare come esempio il pacifista
scalzo Salvatore «Turi» Vaccaro (in Olanda ha sabotato due F16).
Ma sia chiaro: «Se non è successo nulla sabato non è merito di Amato ma
nostro. Così continueremo», sottolinea la capopopolo Bottene.
Che, con i Disobbedienti, però sottolinea: «Qui non è più questione di
violenza o non violenza, ma di legalità o non legalità: illegalmente
impongono la base, illegalmente la occupo.
Anche se, come propone Prodi, la spostiamo di cento metri verso la campagna».
Alessandra Mangiarotti

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La festa di Vicenza
Giuliano Santoro

Che manifestazione è stata quella di Vicenza?
Di certo, è stata un evento dalle molte smentite.
La prima è che questa sia stata una manifestazione antiamericana perché
moltissimi sono stati gli statunitensi che hanno manifestato contro la
guerra, con i loro striscioni, e sono stati salutati con un lungo applauso
quando sono giunti in piazza.
La seconda è che questa sia stata una manifestazione in cui c'erano forme
di militanza ideologiche. In realtà, è stata una manifestazione molto
aperta, con linguaggi diversi, plurali, per niente caratterizzata in un
solo modo.
Ancora, un'altra smentita è che anche che questa fosse una manifestazione
violenta.
È stato anche smentito il fatto che fosse una manifestazione che
contrapponeva il locale ad una logica più generale, perché il locale e il
globale si intrecciavano continuamente.
Ma, soprattutto, è stato smentito il fatto che, come dicono molti
rappresentanti del centrosinistra, che ormai "a Vicenza la cosa è persa, al
limite possiamo migliorare la situazione".
Questa manifestazione dimostra che a Vicenza la battaglia non è persa.
Il simbolo di tutto questo è stato il nutritissimo gruppo di manifestanti
arrivati dalla Val di Susa che sono stati i primi a dimostrare che, anche
se una cosa era decisa dal governo centrale e sembrava ormani data per
certa, poteva essere fermata. La nutrita presenza dei No Tav a Vicenza
significa questo: che come anche loro si sono trovati di fronte ad una cosa
che tutti davano per scontata, che ormai doveva essere fatta, "necessaria",
sono riusciti a fermarla.
È stato un corteo nel quale era quasi impossibile distinguere i vari
spezzoni perché non c'èra una suddivisione netta, se non per il fatto che i
partiti stavano in coda. Si può dire che i partiti hanno disobbedito a
quello che aveva stabilito l'assemblea, perché tutti hanno portato le
bandiere di partito.
Ma il fatto che fossero in coda è come se avesse restituito un ordine a
tutto quanto, sono entrati per ultimi in piazza.
I vicentini hanno segnato la loro presenza in maniera molto forte, molti di
loro hanno parlato dal palco, hanno aperto il corteo con moltissimi slogan.
Quello che ha stupito i veneti stessi è stato il fatto che questo
territorio, da sempre considerato un deserto dal punto di vista del
conflitto sociale, nonostante il terrorismo dei media, ha risposto, la
gente è scesa in strada e non tutti i negozi hanno abbassato le serrande.



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