R: [pace] nonviolenza e politica



Caro Enrico,

la tua scaletta mi lascia completamente interdetto. Non sono un teorico della nonviolenza, ne un filosofo, ne un teologo ma mi sembra di capire che  la tua scaletta ha come conseguenza l’impossibilità di cambiare alcunché all’interno delle istituzioni. Mi sembra una scaletta costruita per giustificare un accordo piuttosto che una guida per l’azione anche perché, di solito, quando si agisce non ci sono guide che tengano. E come quando si gioca a scacchi, una cosa è conoscere la teoria delle aperture, del mediogioco o dei finali, altra cosa è giocare una partita concreta con un avversario in carne ed ossa. E dov’è allora la forza della nonviolenza se non riesce a trovare interpreti, o con altro linguaggio, profeti che riescano a cambiare anche realtà apparentemente impermeabili a qualsiasi cambiamento quale può essere una istituzione parlamentare largamente lobbizzata? Se il nonviolento non può dare battaglia all’interno della istituzione nella quale è stato eletto utilizzando tutti gli strumenti legali che le istituzioni consentono qual è il suo ruolo, come riesce a far valere le sue ragioni e a rendere concreta l’idea che ha scelto come vocazione della propria vita? La nonviolenza ed il nonviolento/a che tu descrivi è una figura eterea, staccata dalla realtà, incapace di promuovere attivamente la sua idea. Se non può fare nulla tanto vale che rimanga a casa sua, fa più bella figura lui e fa meno danni al movimento e all’idea della pace e della nonviolenza.

Io credo fermamente che gli otto senatori e i 4 deputati abbiano fatto benissimo a fare quello che hanno fatto. E se si arriva al voto di fiducia al senato per loro e per il movimento non violento sarà una vittoria perché verrà riconosciuta la loro indispensabilità nella politica del governo. Se non sarà così la cosiddetta “sinistra radicale” sarà spazzata via subito e sostituita con qualche ruota di scorta del centrodestra, già pronta ai blocchi di partenza. In politica conta la forza delle idee e dei numeri che si riesce a mettere in campo e chi ha la forza di una idea e i numeri per sostenerla e non li usa fa karakiri. Quando si fa una trattativa sindacale si discute ma si sciopera anche,si cerca di smontare le tesi della controparte ma lo si mette anche alle corde con l’arma dello sciopero, poi certo si fa l’accordo. E quando non si fa così ma si parte già con una scaletta del tipo di quella che tu hai proposto, i risultati sono pessimi, sono dei pateracchi di nessun valore, compromessi nel senso più deteriore del termine. Se il movimento operaio avesse usato una scaletta come la tua staremmo ancora con le 12 ore al giorno.

E se non riusciamo a tenere sempre presente l’ideale che abbiamo scelto, di fatto lo svendiamo e lo ridicolizziamo. E allora io voglio esprimere tutta la mia solidarietà ai senatori dissenzienti e alla loro battaglia. Ma voglio anche dire a chi ha scelto la strada indicata da Peyretti che non li considero dei traditori da espellere dal movimento o altre sciocchezza che pure sono state dette e scritte. Sarebbe questo si un regalo alle forze della guerra che proprio non possiamo permetterci.

Ciao

Giovanni Sarubbi

 

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Da: pace-request at peacelink.it [mailto:pace-request at peacelink.it] Per conto di Enrico Peyretti
Inviato: domenica 23 luglio 2006 9.22
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Oggetto: [pace] nonviolenza e politica

 

La nonviolenza davanti al voto

Ho riletto i due numeri di Azione Nonviolenta su "nonviolenza e politica".

Abbozzo qui un appunto, nulla più che un breve scarabocchio sullo schermo, che metto sotto l'esame comune.

- I nonviolenti organizzati hanno il programma costruttivo "politico" (pratico, storico, urgente, integrale, irrinunciabile) dell'abolizione della guerra e della trasformazione/soluzione nonviolenta dei conflitti;

- se e quando singoli nonviolenti/e vanno a lavorare nella politica istituzionale, dove incontrano tutte le posizioni, dalla fede (e duri interessi) nella guerra, al pacifismo tiepido e negativo (non far guerra, ma accettarla se aggrediti; non conquista armata, ma intervento armato "soi disant" per i diritti umani e per la legalità internazionale; ecc.), devono, per necessità e anche per dovere, collocarsi sulle linee al momento in quella sede possibili e praticabili, purché siamo il più possibile vicine o meno lontane dal programma nonviolento;

- e devono anche votare perché siano deliberate le scelte relativamente migliori o meno peggiori, perché hanno il dovere primario di impedire che siano deliberate altre scelte meno buone o decisamente peggiori o pessime;

- il motivo di questo loro dovere è il fatto che la realizzazione matura o intera della pace nonviolenta lì e ora non è di fatto possibile, e il solo proclamarlo isolandosi dal voto non significa, in quella sede deliberante, una testimonianza ideale e politica, ma produce l'effetto apparente di relegare il proprio obiettivo nell'astratto utopismo (aspetto negativo dell'utopia concreta positiva), mentre è possibile lì e ora, nella sede deliberante, sostenere concrete parziali riduzioni del male della guerra e proporzionali passi in avanti, o punti di resistenza, del bene della pace;

- tale scelta nel voto non tradisce la coscienza del nonviolento/a, coscienza nota e di nuovo fermamente dichiarata, ma, nei limiti naturali di quell'attività istituzionale collettiva, costituisce una difesa e una promozione possibile, graduale, parziale ma orientata, chiara e non equivoca di tutto ciò che la coscienza del nonviolento/a irrinunciabilmente vuole e cerca. Se il nonviolento/a nell'istituzione non si sente di reggere il carattere dimezzato di questa azione, torni al lavoro culturale, educativo, sociale del programma costruttivo nonviolento, fuori della via deliberativa istituzionale, che ha il valore democratico insostituibile. Ma, in quanto cittadino/a avrà sempre inevitabile il problema e il dovere del voto, nei limitati termini detti, mi pare.

- Quando il medico non può ora guarire completamente il malato, lo cura attivamente, per salvarlo dalla morte e porre le condizioni indispensabili per, domani, libereralo dal male. Il paragone ovviamente zoppica perchè ci sono malattie mortali dei nostri corpi, che il medico non guarisce, mentre è possibile pensare e sperare che la storia umana guarisca un giorno dalla violenza organizzata e sitituzionalizzata. La pace nonviolenta è in cammino.

Buona salute, buon coraggio, buona resistenza, buona speranza!
Enrico Peyretti

 



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