R: [pace] nonviolenza e politica
- Subject: R: [pace] nonviolenza e politica
- From: "redazione" <redazione at ildialogo.org>
- Date: Sun, 23 Jul 2006 21:51:28 +0200
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Caro Enrico, la tua scaletta mi lascia completamente
interdetto. Non sono un teorico della nonviolenza, ne un filosofo, ne un
teologo ma mi sembra di capire che la tua scaletta ha come conseguenza l’impossibilità
di cambiare alcunché all’interno delle istituzioni. Mi sembra una
scaletta costruita per giustificare un accordo piuttosto che una guida per l’azione
anche perché, di solito, quando si agisce non ci sono guide che tengano. E come
quando si gioca a scacchi, una cosa è conoscere la teoria delle aperture, del
mediogioco o dei finali, altra cosa è giocare una partita concreta con un
avversario in carne ed ossa. E dov’è allora la forza della nonviolenza se
non riesce a trovare interpreti, o con altro linguaggio, profeti che riescano a
cambiare anche realtà apparentemente impermeabili a qualsiasi cambiamento quale
può essere una istituzione parlamentare largamente lobbizzata? Se il
nonviolento non può dare battaglia all’interno della istituzione nella
quale è stato eletto utilizzando tutti gli strumenti legali che le istituzioni
consentono qual è il suo ruolo, come riesce a far valere le sue ragioni e a
rendere concreta l’idea che ha scelto come vocazione della propria vita? La
nonviolenza ed il nonviolento/a che tu descrivi è una figura eterea, staccata
dalla realtà, incapace di promuovere attivamente la sua idea. Se non può fare
nulla tanto vale che rimanga a casa sua, fa più bella figura lui e fa meno
danni al movimento e all’idea della pace e della nonviolenza. Io credo fermamente che gli otto senatori
e i 4 deputati abbiano fatto benissimo a fare quello che hanno fatto. E se si
arriva al voto di fiducia al senato per loro e per il movimento non violento
sarà una vittoria perché verrà riconosciuta la loro indispensabilità nella
politica del governo. Se non sarà così la cosiddetta “sinistra radicale”
sarà spazzata via subito e sostituita con qualche ruota di scorta del
centrodestra, già pronta ai blocchi di partenza. In politica conta la forza
delle idee e dei numeri che si riesce a mettere in campo e chi ha la forza di
una idea e i numeri per sostenerla e non li usa fa karakiri. Quando si fa una
trattativa sindacale si discute ma si sciopera anche,si cerca di smontare le
tesi della controparte ma lo si mette anche alle corde con l’arma dello
sciopero, poi certo si fa l’accordo. E quando non si fa così ma si parte
già con una scaletta del tipo di quella che tu hai proposto, i risultati sono
pessimi, sono dei pateracchi di nessun valore, compromessi nel senso più
deteriore del termine. Se il movimento operaio avesse usato una scaletta come
la tua staremmo ancora con le 12 ore al giorno. E se non riusciamo a tenere sempre
presente l’ideale che abbiamo scelto, di fatto lo svendiamo e lo
ridicolizziamo. E allora io voglio esprimere tutta la mia solidarietà ai
senatori dissenzienti e alla loro battaglia. Ma voglio anche dire a chi ha
scelto la strada indicata da Peyretti che non li considero dei traditori da
espellere dal movimento o altre sciocchezza che pure sono state dette e
scritte. Sarebbe questo si un regalo alle forze della guerra che proprio non
possiamo permetterci. Ciao Giovanni Sarubbi =================================================================================== il dialogo - Periodico di Monteforte Irpino Via Nazionale,
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preghiamo di segnalarcelo. Da:
pace-request at peacelink.it [mailto:pace-request at peacelink.it] Per conto di Enrico Peyretti La nonviolenza davanti al voto Ho riletto i due numeri di Azione Nonviolenta su "nonviolenza e
politica". Abbozzo qui un appunto, nulla più che un breve scarabocchio sullo
schermo, che metto sotto l'esame comune. - I nonviolenti organizzati hanno il programma costruttivo
"politico" (pratico, storico, urgente, integrale, irrinunciabile)
dell'abolizione della guerra e della trasformazione/soluzione nonviolenta dei
conflitti; - se e quando singoli nonviolenti/e vanno a lavorare nella politica
istituzionale, dove incontrano tutte le posizioni, dalla fede (e duri
interessi) nella guerra, al pacifismo tiepido e negativo (non far guerra, ma
accettarla se aggrediti; non conquista armata, ma intervento armato "soi
disant" per i diritti umani e per la legalità internazionale; ecc.),
devono, per necessità e anche per dovere, collocarsi sulle linee al momento in
quella sede possibili e praticabili, purché siamo il più possibile vicine o
meno lontane dal programma nonviolento; - e devono anche votare perché siano deliberate le scelte
relativamente migliori o meno peggiori, perché hanno il dovere primario di
impedire che siano deliberate altre scelte meno buone o decisamente peggiori o
pessime; - il motivo di questo loro dovere è il fatto che la realizzazione
matura o intera della pace nonviolenta lì e ora non è di fatto possibile, e il
solo proclamarlo isolandosi dal voto non significa, in quella sede deliberante,
una testimonianza ideale e politica, ma produce l'effetto apparente di relegare
il proprio obiettivo nell'astratto utopismo (aspetto negativo dell'utopia
concreta positiva), mentre è possibile lì e ora, nella sede deliberante, sostenere
concrete parziali riduzioni del male della guerra e proporzionali passi in
avanti, o punti di resistenza, del bene della pace; - tale scelta nel voto non tradisce la coscienza del nonviolento/a,
coscienza nota e di nuovo fermamente dichiarata, ma, nei limiti naturali di
quell'attività istituzionale collettiva, costituisce una difesa e una
promozione possibile, graduale, parziale ma orientata, chiara e non equivoca di
tutto ciò che la coscienza del nonviolento/a irrinunciabilmente vuole e cerca.
Se il nonviolento/a nell'istituzione non si sente di reggere il carattere
dimezzato di questa azione, torni al lavoro culturale, educativo, sociale del
programma costruttivo nonviolento, fuori della via deliberativa istituzionale,
che ha il valore democratico insostituibile. Ma, in quanto cittadino/a avrà
sempre inevitabile il problema e il dovere del voto, nei limitati termini
detti, mi pare. - Quando il medico non può ora guarire completamente il malato, lo cura
attivamente, per salvarlo dalla morte e porre le condizioni indispensabili per,
domani, libereralo dal male. Il paragone ovviamente zoppica perchè ci sono
malattie mortali dei nostri corpi, che il medico non guarisce, mentre è
possibile pensare e sperare che la storia umana guarisca un giorno dalla
violenza organizzata e sitituzionalizzata. La pace nonviolenta è in cammino. Buona salute, buon coraggio, buona resistenza, buona speranza!
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- nonviolenza e politica
- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
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