R: [pace] ANDATA RITORNO



Avrei voluto esserci anch'io a Genova cinque anni dopo: Avrei voluto esserci
per abbracciare Heidi e per respirare aria pura, lontana dagli ambienti
della politica istituzionale, le cui logiche mi sono ormai incomprensibili.
Anch'io ho partecipato al concorso al quale non si vinceva niente se non la
possibilità di condividere un ricordo con altri, di mantenere vivo il
ricordo di quei giorni che molti vorrebbero cancellare.Avrei voluto essere
anch'io fra quelle donne non più giovanissime per abbracciarle, soprattutto
avrei voluto esserci per abbracciare Heidi.
Non so se il mio "racconto" al quale, peraltro, non ho nemmeno dato un
titolo sia entrato in finale e sia stato pubblicato, forse si, forse no, ma
poco importa, per me è stato importante scriverlo, il concorso organizzato
dal Comitato  Verità e Giustizia per Genova è stato il pretesto per tirare
fuori quello che mi portavo dentro da cinque anni.
Vorrei condividerlo con voi

GENOVA LUGLIO 2001, IO NON DIMENTICO
(Sezione Racconti. Autore Adriana De Mitri)

Genova 2001, io non dimentico, non si può dimenticare, nemmeno volendo, se
si ha un minimo di coscienza, un minimo di consapevolezza,  se si ha quel
pizzico di empatia che ci impedisce di pensare ai fatti nostri e ci fa
sentire parte del tutto.
Non si può dimenticare.

Son passati cinque anni e sembra ieri, sembra ieri…”Sai mamma vado a Genova
con i miei amici, ci vediamo su a Bologna e poi andiamo insieme…”
Così mi dice  Paola, 23 anni, disposta a interrompere le vacanze nel suo
Salento, per esserci, per poterlo raccontare…e che posso  risponderle… “va
bene”.

Sono fiera di lei,  ormai vicina alla laurea, sta attraversando una fase che
mi  inorgoglisce, la fase dell’impegno, della contestazione, della presa di
coscienza.
“Sai mamma, io vado a Genova”  …me lo dice sommessamente, temendo un rifiuto
che sa che non  può arrivare.

E’  giusto che abbia voglia di andarci. E’ normale per me preoccuparmi, ma
non posso opporle un rifiuto, non posso e, soprattutto, non voglio.
Piuttosto vorrei andarci anch’io, ma ho una bambina di 79 anni a cui badare,
mentre la mia bambina, quella vera,  ormai può volare da sola.

Ha voglia di esserci, Paola, ed è  giusto che ci sia.
Per protestare contro un mondo che dimentica gli ultimi, un mondo che ha
perso di vista i veri ideali, un mondo che persegue macabramente le logiche
perverse del profitto.

Ha voglia di esserci, Paola, ed è giusto che ci sia.
La lascio andare non senza preoccupazione. La seguo da lontano, come ho
fatto ogni volta  che,  bambina, mi  ha chiesto di poter andare in bici. Da
sola. A giocare a tennis. Da sola. Di fare finalmente “qualcosa”. Da sola.
Per guadagnare una tappa nella sua crescita, un evento che la rendesse
orgogliosa di aver fatto un altro passo avanti.

E’ il 19 di luglio. È la Festa dei Popoli. Paola mi chiama raggiante e mi
dice che è bellissimo che è un trionfo di colori e di allegria,  “mamma qui
è bellissimo, stai tranquilla, va tutto bene”…

Va tutto bene, ma io non sono proprio tranquilla, in verità c’è qualcosa che
mi preoccupa. Sono preoccupata per la macabra danza di morte che ho visto in
tv: Black bloc che danzano la loro marcia di morte. Ce l’hanno scritto in
faccia chi sono e cosa rappresentano, ma, chissà perché,  arrivano
indisturbati e nessuno se ne preoccupa.

È il 20 luglio, Paola, mi dice che è tutto  tranquillo.”Lanceremo palloncini
colorati oltre la zona rossa…”
E io seguo tutto spasmodicamente in televisione, soprattutto sulla  Sette, l
’unica tv che dà la diretta. Vedo cose che non mi piacciono, vedo le Forze
dell’Ordine , la cui imponente presenza mi aveva addirittura rassicurata,
che stranamente cominciano a lanciare fumogeni e lacrimogeni contro i
manifestanti, davanti a una Giovanna Botteri meravigliata e spaesata che li
segue dicendo “ ma scusate, perché…. che cosa state facendo”.

C’è qualcosa che non va,  qualcosa che non torna.
Forze dell’Ordine che non fanno il servizio d’ordine e che, invece di
proteggere, cominciano a caricare i pacifisti. Vedo scene di una violenza
inaudita, riportate in tv senza alcun commento, come se fosse normale
inseguire una ragazza che scappa impaurita, fosse normale picchiarla
violentemente dietro la nuca lasciandola tramortita, o morta, per terra…
poteva essere mia figlia, …inaudito, tutto ciò che vedo in tv è
sconvolgente, a quel punto ho paura. Per tutti quei ragazzi, per mia figlia
che non riesco più a sentire. Poi verso le quindici  o le sedici, non
ricordo, arriva una notizia:  “è morta una ragazza, non abbiamo dati
precisi, ma sappiamo che è morta una ragazza”.

Sono sconvolta, non so cosa fare, chiamo Paola al cellulare, ma non
risponde.
Mi sento soffocare dal terrore. Poi, dalla tv una voce “Non si tratta di una
ragazza, è morto un ragazzo”… è morto un ragazzo, mi sento sollevata…
improvvisamente mi vergogno del mio sollievo. Mi vergogno del mio sollievo
ancora oggi.

Non potrò mai dimenticare Carlo che aveva 23 anni, esattamente come mia
figlia Paola.

Non potrò mai dimenticare quella violenza sconsiderata,  che non trova
ragioni se non nella volontà di criminalizzare un intero movimento e il
legittimo e non violento dissenso da questi espresso.
Doveva passare un messaggio chiaro e forte, un messaggio volto a scoraggiare
ogni forma di protesta e, soprattutto, c’era la volontà precisa di  dare una
visione distorta della realtà.
Ma qualcosa, per fortuna, non ha funzionato.

I malvagi, voglio chiamarli banalmente così, non hanno fatto i conti con le
migliaia di telecamere presenti a Genova, con i cento, mille e mille  occhi
elettronici che hanno filmato la verità e hanno impedito che si costruissero
infami menzogne, hanno impedito che si creassero i presupposti per
giustificare repressioni violente di qualsiasi forma di protesta civile, che
si arrivasse a stigmatizzare come terrorismo qualsiasi forma di protesta
civile.

Genova luglio 2001, sono  passati cinque anni, ma il ricordo è vivo dentro
di me.
E non solo il ricordo. Genova mi ha cambiato la vita, ha cambiato la vita di
mia figlia, che da Genova è tornata senza un graffio, ma con ferite
profonde.

Genova mi ha fatto capire che non smetterò mai di indignarmi, dovessi
campare cent’anni non arriverò mai al punto di farmi saggiamente i fatti
miei.
Mi porto dentro quella vergogna, la vergogna di aver provato un sentimento
del quale non si può andar fieri. Il sollievo dettato dalla consapevolezza
che non toccava a me soffrire, ma a qualcun altro.

E’ proprio su questo che dovremmo lavorare, dovremmo imparare a soffrire
anche quando il dolore non ci appartiene. Soffrire, indignarci anche per
qualcosa che non ci riguarda da vicino.
Si chiama empatia, il più bello dei sentimenti, quello che potrebbe salvare
il mondo.
Ormai raro in un mondo in cui, come cantava De Andrè, il dolore degli altri
vale sempre a metà.


A Carlo Giuliani, ad Heidi Giuliani, ai ragazzi di Bolzaneto, a tutti quelli
che erano a Genova.  A Paola.

Adriana De Mitri



-----Messaggio originale-----
Da: pace-request at peacelink.it [mailto:pace-request at peacelink.it]Per
conto di doriana at inventati.org
Inviato: domenica 23 luglio 2006 19.19
A: pace at peacelink.it
Oggetto: [pace] ANDATA RITORNO



Sono andata a Genova nel luglio del 2001, tornai e scrissi un diario di
quelle giornate, lo mandai ad Indymedia e l'ho trovato intatto dopo 5
anni, ho ritenuto, come poco più di altri cento, di tirarlo fuori dal
cassetto  eD inviarlo al comitato Verità e Giustizia
(www.veritagiustizia.it) per un concorso aperto a testimonianze scritte
in forma di prosa e poesia. Non si vinceva niente  a questo concorso,
si dava un contributo all'assistenza legale per i crimini commessi dal
potere e dalla polizia contro i manifestanti di allora.
Il mio racconto "Giorni di ferie" è entrato in finale ed è stato
pubblicato sul libro appena uscito "Genova, luglio 2001: io non
dimentico".
Sono dunque ,come nel 2001, andata e tornata da Genova.

Intorno alle 18, sotto un grande tendone vicino al porto si è aperto un
dibattito organizzato da Reti Invisibili (www.reti-invisibili.net) per
fare il punto su quella notte cilena alla Diaz,a Bolzaneto per non
dimenticare, anche se Violante non è del parere di fare una Commissione
d'inchiesta, smentendo sè stesso.
E qui mi si apre uno scenario insolito, alla tavola sul palco una
strana presenza quasi totalmente al femminile, donne certamente non
giovanissime, oltre Heidi.
Sono madri o parenti di ragazzi ammazzati " per caso" o poco a poco che
si tenta di farlo.
Carlo Giuliani, Dax,  Federico Aldrovandi,Piero Bruno, Rumesh, gli
antifascisti di Torino 17 luglio 2005, gli antifascisti di Milano 11
marzo 2005 ad arresti domiciliari , in pochi conoscevamo la durezza
inaudita di essi  pari alle  sentenze spropositate.
Mi sono guardata intorno e tranne i visi amici che incontro sempre e
Checchino Antonini, pronto a scrivere e registrare, non vedo nessuno
"che conti", nessuno di quelli noti che hanno rappresentato la
disobbedienza, il movimento, l'opposizione di ieri, la maggioranza di
oggi.

C'è in compenso una grande voglia di dire, la propria storia e la
propria rabbia, gli interventi si susseguono.

In una Genova affogata nel caldo umido ed intollerabile si va alla
fiaccolata notturna davanti alla Diaz.Saremo stati poco più di cento.

Presenze che non fanno titoli, pochi genovesi alle finestre non andati
in vacanza ,la città questa volta non è blindata, è semplicemente
indifferente.

Ho conosciuto in quelle ore Roberto e Daniela di Torino, sono
all'incirca come me degli anni'50, mi segnalano la storia di  Sole e
Baleno, il libro di Tobia Imparato "Le scarpe dei suicidi", ho
conosciuto Norma che a Genova si ostina a fare un'ora di silenzio in
piazza da anni, ho ritrovato Paola Manduca con la sua forza di Donna
del Mediterraneo in Marcia continua,uomini molto giovani venuti da
Palermo e da Como, da Verona e Napoli, ho ritrovato di notte i
pendolari di ogni età e provenienza, c'è chi offriva una birra al
chiosco della stazione Principe e chi un sorriso disfatto e una valigia
pronta ad andare in vacanza.

Sabato c'è stata una grande assemblea partecipata stavolta con nomi che
contano, su come ripartire. Non ho ancora avuto tempo e forse voglia di
leggere, di sapere cosa "si sono detti", sono rientrata a Capranica da
dove ero partita, con la notizia che la Rai Way, ricorsa al Tar, potrà
legittimamente piantare i suoi 180  metri di traliccio, che un F16 in
volo sul viterbese-nonsodovediretto, aveva provocato un boato sentito
fino ad Orvieto, ho potuto salutare ieri la mia amica Amina che torna
dopo 3 anni in Marocco a far conoscere suo figlio e il marito Riad ,
siriano che ha deciso di chiedere la cittadinanza italiana e  in Siria
non c'è più tornato, ho visto ieri sera in piazza del Palazzaccio la
Locandiera della compagnia teatrale San Leonardo, con noi tutti
stregati a seguire le storie veneziane di una nobiltà finita e una
borghesia nascente.

Tutti per strada a mangiare gelati, a bere vino, a vivere...Siamo
tornati a parlare di Viterbo, ieri alla sua prima notte bianca, di come
eravamo e dove andremo, magari domani, oggi domenica 23 luglio,senza
andare troppo lontano per scaramanzia.
Anche qui, in provincia, il sabato notte con questo caldo si tira a far
tardi.
E poi oggi,domenica di luglio mi chiedo se ce la faccio ad  andare a
Roma nei prossimi giorni a sostenere chi voterà No al Senato, a
manifestare contro Olmert a Roma, mi chiedo se tutto questo ha un senso
dove pochi conoscono e tanti sono al buio, ancora tutti immersi in una
notte dove non emerge che il volto della violenza e del potere,
dell'appartenenza e della mafia, della censura e dell'informazione
venduta, della negazione della libertà e democrazia, dove si delega e
ti penti amaramente di aver delegato, dove ci si oppone al fascismo e
ti ritrovi magari in carcere o agli arresti domiciliari per concorso
morale, dove come un'icona anacronistica ti ritrovi a balbettare
"basta- sono contro la guerra-pace", dove  progetti a settembre di
vendemmiare, magari con i piedi, acini riarsi dal sole, che il raccolto
di questi anni si è fatto aceto...

Non ho trovato nessun buon motivo, nessuna parola o frase  per dire
che è giusta la guerra, è rimandabile e da rifinanziare una missione,
va sostenuta questa sinistra, non si può riconsegnarla alla destra,
parole parole... disfatta e/o disfattista, come cinque anni fa sono con
chi non ha voce, con chi ha e non ha il coraggio di essere in strada,
pronta anche a dire tutta l'amarezza e la rabbia per queste vergognose
giornate di luglio , come quelle di cinque anni fa e mi viene solo di
salutare con dolcezza  quella madre di uno dei ragazzi agli arresti
domiciliari dell'11 marzo a Milano che domanda:" cosa ci sta
succedendo?".

La raffica delle enormi drammatiche notizie ci attacca ogni giorno e
ognuno se la vive come può, ma la resistenza in questo paese, dove
l'opportunismo  politico ha indossato tutte le gamme del rosso, è
sfidata ad andare avanti e tornare indietro non solo nella memoria ma
cercando di sapere  quanto in maniera sempre più dura e predeterminata
ci viene nascosto e negato: per  renderci
invisibili-muti-indifferenti-prudenti.Fermi.

Vogliamo vedere-sentire-parlare, uscire dalla notte della dimenticanza,
una notte che si preannuncia molto calda e altrimenti senza fine.

Doriana Goracci

http://www.bellaciao.org/it/article.php3?id_article=14387


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