nonviolenza e politica



La nonviolenza davanti al voto
Ho riletto i due numeri di Azione Nonviolenta su "nonviolenza e politica".
Abbozzo qui un appunto, nulla più che un breve scarabocchio sullo schermo, che metto sotto l'esame comune.
- I nonviolenti organizzati hanno il programma costruttivo "politico" (pratico, storico, urgente, integrale, irrinunciabile) dell'abolizione della guerra e della trasformazione/soluzione nonviolenta dei conflitti;
- se e quando singoli nonviolenti/e vanno a lavorare nella politica istituzionale, dove incontrano tutte le posizioni, dalla fede (e duri interessi) nella guerra, al pacifismo tiepido e negativo (non far guerra, ma accettarla se aggrediti; non conquista armata, ma intervento armato "soi disant" per i diritti umani e per la legalità internazionale; ecc.), devono, per necessità e anche per dovere, collocarsi sulle linee al momento in quella sede possibili e praticabili, purché siamo il più possibile vicine o meno lontane dal programma nonviolento;
- e devono anche votare perché siano deliberate le scelte relativamente migliori o meno peggiori, perché hanno il dovere primario di impedire che siano deliberate altre scelte meno buone o decisamente peggiori o pessime;
- il motivo di questo loro dovere è il fatto che la realizzazione matura o intera della pace nonviolenta lì e ora non è di fatto possibile, e il solo proclamarlo isolandosi dal voto non significa, in quella sede deliberante, una testimonianza ideale e politica, ma produce l'effetto apparente di relegare il proprio obiettivo nell'astratto utopismo (aspetto negativo dell'utopia concreta positiva), mentre è possibile lì e ora, nella sede deliberante, sostenere concrete parziali riduzioni del male della guerra e proporzionali passi in avanti, o punti di resistenza, del bene della pace;
- tale scelta nel voto non tradisce la coscienza del nonviolento/a, coscienza nota e di nuovo fermamente dichiarata, ma, nei limiti naturali di quell'attività istituzionale collettiva, costituisce una difesa e una promozione possibile, graduale, parziale ma orientata, chiara e non equivoca di tutto ciò che la coscienza del nonviolento/a irrinunciabilmente vuole e cerca. Se il nonviolento/a nell'istituzione non si sente di reggere il carattere dimezzato di questa azione, torni al lavoro culturale, educativo, sociale del programma costruttivo nonviolento, fuori della via deliberativa istituzionale, che ha il valore democratico insostituibile. Ma, in quanto cittadino/a avrà sempre inevitabile il problema e il dovere del voto, nei limitati termini detti, mi pare.
- Quando il medico non può ora guarire completamente il malato, lo cura attivamente, per salvarlo dalla morte e porre le condizioni indispensabili per, domani, libereralo dal male. Il paragone ovviamente zoppica perchè ci sono malattie mortali dei nostri corpi, che il medico non guarisce, mentre è possibile pensare e sperare che la storia umana guarisca un giorno dalla violenza organizzata e sitituzionalizzata. La pace nonviolenta è in cammino.
Buona salute, buon coraggio, buona resistenza, buona speranza!
Enrico Peyretti