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nonviolenza e politica
- Subject: nonviolenza e politica
- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
- Date: Sun, 23 Jul 2006 09:21:44 +0200
La nonviolenza davanti al voto
Ho riletto i due numeri di Azione Nonviolenta su "nonviolenza e
politica".
Abbozzo qui un appunto, nulla più che un breve scarabocchio sullo schermo,
che metto sotto l'esame comune.
- I nonviolenti organizzati hanno il programma costruttivo "politico"
(pratico, storico, urgente, integrale, irrinunciabile) dell'abolizione della
guerra e della trasformazione/soluzione nonviolenta dei conflitti;
- se e quando singoli nonviolenti/e vanno a lavorare nella politica
istituzionale, dove incontrano tutte le posizioni, dalla fede (e duri interessi)
nella guerra, al pacifismo tiepido e negativo (non far guerra, ma accettarla se
aggrediti; non conquista armata, ma intervento armato "soi disant" per i diritti
umani e per la legalità internazionale; ecc.), devono, per necessità e anche per
dovere, collocarsi sulle linee al momento in quella sede possibili e
praticabili, purché siamo il più possibile vicine o meno lontane dal programma
nonviolento;
- e devono anche votare perché siano deliberate le scelte
relativamente migliori o meno peggiori, perché hanno il dovere primario di
impedire che siano deliberate altre scelte meno buone o decisamente peggiori o
pessime;
- il motivo di questo loro dovere è il fatto che la realizzazione matura o
intera della pace nonviolenta lì e ora non è di fatto possibile, e il solo
proclamarlo isolandosi dal voto non significa, in quella sede deliberante, una
testimonianza ideale e politica, ma produce l'effetto apparente di relegare il
proprio obiettivo nell'astratto utopismo (aspetto negativo dell'utopia concreta
positiva), mentre è possibile lì e ora, nella sede deliberante, sostenere
concrete parziali riduzioni del male della guerra e proporzionali passi in
avanti, o punti di resistenza, del bene della pace;
- tale scelta nel voto non tradisce la coscienza del nonviolento/a,
coscienza nota e di nuovo fermamente dichiarata, ma, nei limiti naturali di
quell'attività istituzionale collettiva, costituisce una difesa e una promozione
possibile, graduale, parziale ma orientata, chiara e non equivoca di tutto ciò
che la coscienza del nonviolento/a irrinunciabilmente vuole e cerca. Se il
nonviolento/a nell'istituzione non si sente di reggere il carattere dimezzato di
questa azione, torni al lavoro culturale, educativo, sociale del programma
costruttivo nonviolento, fuori della via deliberativa istituzionale, che ha il
valore democratico insostituibile. Ma, in quanto cittadino/a avrà sempre
inevitabile il problema e il dovere del voto, nei limitati termini detti, mi
pare.
- Quando il medico non può ora guarire completamente il malato, lo cura
attivamente, per salvarlo dalla morte e porre le condizioni indispensabili per,
domani, libereralo dal male. Il paragone ovviamente zoppica perchè ci sono
malattie mortali dei nostri corpi, che il medico non guarisce, mentre è
possibile pensare e sperare che la storia umana guarisca un giorno dalla
violenza organizzata e sitituzionalizzata. La pace nonviolenta è in
cammino.
Buona salute, buon coraggio, buona resistenza, buona speranza!
Enrico Peyretti |
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