chi dice "voglio la pace senza se e senza ma...",
ma poi fa cadere il governo Prodi e non ne rispetta il programma approvato dagli
elettori, in realtà lavora per Berlusconi, che è amico di Bush e sostiene la
guerra imperialistica.
Le persone non si valutano per le belle parole
(anche Bush le dice talvolta), ma dai fatti: chi contribuisce a far cadere il
governo Prodi fa il servo sciocco di Berlusconi e oggettivamente (al di là delle
buone intenzioni) agisce a favore di Bush, della GUERRA e del'IMPERIALISMO.
Le parole e le chiacchere lasciano il tempo che trovano.
Per essere pacifisti e di sinistra non serve parlar
bene, serve agire bene...
saluti a tutti
Maurilio Lovatti
----- Original Message -----
Sent: Tuesday, July 18, 2006 10:19
AM
Subject: [pace] cancellatemi
doriana at inventati.org ha
scritto:
“NO
alla guerra senza se e senza ma. Via dall’Iraq, via
dall’Afghanistan” Ci siamo riuniti oggi in tanti, pacifisti
e pacifiste, esponenti dei movimenti e delle associazioni contro la
guerra, sindacalisti,parlamentari, uomini e donne di partito, per dire
una cosa semplice e netta: no alla guerra “senza se e senza ma”. Il
nostro grido giunge mentre in Medio Oriente una nuova, vecchia, guerra
riemerge violentemente con l’uso indiscriminato delle bombe sui civili,
con il terrore di Stato, con la chiusura unilaterale del dialogo e della
trattativa. Una guerra che si aggiunge alle tante contro cui ci battiamo
da sempre, dall’Iraq all’Afghanistan. La guerra, sempre più, si presenta
come strumento privilegiato degli Stati più forti e dei potenti della
Terra, a partire dalle grandi multinazionali, per costruire un “ordine”
internazionale fondato sul dominio e l’oppressione che a loro volta
generano morte, miserie e sempre più marcate povertà. La guerra si erge,
quindi, a sistema politico globale sia nella sua versione
più spregiudicata, l’unilateralismo statunitense, sia nella
versione temperata del multilateralismo a copertura Onu e a guida
Nato. È contro questa guerra che noi intendiamo batterci senza
mediazioni perché sulla guerra non si può mediare né, tanto meno,ridurre
il danno. Se la guerra è un sistema di dominio e di oppressione – che non
serve a ridurre o a depotenziare i fenomeni terroristici come la storia
degli ultimi cinque anni dimostra – il NO alla guerra è fondativo
di un’identità politica collettiva che ha preso le mosse nelle
manifestazioni contro la guerra del Kosovo e poi contro la “guerra
infinita e preventiva” in Afghanistan e in Iraq. C’è un filo che lega
queste mobilitazioni, un filoche non intendiamo spezzare. Per questo
vogliamo proporre a tutto ilmovimento un nuovo corso, un rilancio della
nostra iniziativa per non rassegnarci né smobilitare, per mantenere una
coerenza di fondo anche nelle scelte politiche contingenti siano esse di
natura istituzionale o meno. Un nuovo corso che sia basato su alcuni
punti essenziali: 1) Solidarietà al popolo palestinese per la
costituzione di uno Stato laico e democratico sui Territori occupati nel
1967 e con Gerusalemme capitale. Questo obiettivo per essere realizzato
ha bisogno di alcune condizioni sostanziali: l’immediato cessate il
fuoco,il ritiro di Israele dai Territori occupati, lo smantellamento del
Muro, lo sblocco degli aiuti europei al legittimo governo palestinese. Il
governo italiano deve impegnarsi su questi punti a cominciare dalla
revisione dell’accordo di cooperazione militare con Israele e dalla
richiesta di un intervento di interposizione dell’Onu nei Territori
occupati. 2) Via dall’Iraq e via dall’Afghanistan. L’occupazione militare
diquesti Paesi non costituisce la soluzione di unproblema ma
rappresenta il problema. L’Italia deve farsi portavoce di un’iniziativa
di pacificazione e di impegno in direzione della cooperazione e della
solidarietà civile. Questo significa contrastare il ruolo di gendarme
mondiale della Nato a cominciare dalla revisione degli accordi
di Washington del 1999. 3) Via le basi militari e via il nucleare dal
suolo italiano; 4) Riduzione delle spese militari con la completa
revisione del nuovo modello di Difesa che prevede l’incremento di
missioni militari all’estero, per una politica di disarmo e per la
riconversione dell’industria bellica senza penalizzazioni per i
lavoratori e le lavoratrici. Questo appello deve vivere nelle iniziative
che sapremo realizzare sia a livello parlamentare sia, soprattutto, a
livello sociale, a cominciare dalle mobilitazioni delle prossime
settimane. Il movimento per la pace rappresenta ancora oggi la
maggioranza civile di questo paese. È nostro dovere dargli voce,
offrirgli gli strumenti per esprimersi, costruire un nuovo slancio
unitario e radicale perché la guerra sia bandita dalla Storia. Roma 15
Luglio 2006
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