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Re: A che serve ora il consumo critico?
- Subject: Re: A che serve ora il consumo critico?
- From: "Patrizio" <patsuppa at inwind.it>
- Date: Sat, 16 Apr 2005 16:37:29 +0200
- Priority: normal
Il 12 Apr 2005, alle 23:52, Nicoletta Landi ha scritto: > A cosa serve ora il consumo critico? > > Questa e' una domanda che mi faccio sul serio. Non e' una > provocazione. Per andare avanti bene, avrei bisogno di nuove risposte. > Purtroppo al momento mi stanno salendo solo nuove domande. quello che dici è importante, e può aiutarci a fare chiarezza anche nelle nostre menti (in primo luogo nella mia). proviamo a dirci quello che davvero vogliamo e cerchiamo. prima cosa: il consumo critico è una parte di quella che dovrebbe essere la revisione dei propri stili di vita. è una parte importante, ma credo che sia solo l'inizio. credo sia solo l'inizio, perché non posso pretendere di cambiare il mondo cambiando tipo di caffè. Posso cominciare da lì, con qualcosa di concreto e che posso verificare con facilità, ma poi, per promuovere il cambiamento, dovrò diminuire i miei consumi di caffè, in modo che le piantagioni di caffè messicane o vietnamite o di dove volete vengano trasformate in piantagioni di riso, carote, patate e così via: generi che possano essere utilizzati localmente per i bisogni locali. detto questo, posso dire quali sono i miei personalissimi criteri per rispondere alle domande di nicoletta: un produttore potrebbe reggere le richieste "altre" in questa situazione? forse sì, se chi acquista sapesse che certe cose vemgono fatte "in una certa maniera": per esempio, sono rimasto molto sorpreso che in portogallo vengano prodotte senza sfutamento le blackspot sneackers, le scarpe anti-nike di adbusters. dopo aver creduto finora che non ci fossero scarpe ginniche "made in europe" (eccettuate probabilmente le new balance inglesi), ho fatto questa scoperta. è certo che, comunque, le mie scarpe saranno portate ad oltranza fino in prossimità della loro distruzione per sfinimento, quindi niente scarpe da cambiare ogni 3-5 mesi, ma dopo 3-5 anni... per quanto riguarda "i miei fornitori" :-) io cerco (e ripeto cerco) di acquistare il maggior numero di prodotti locali, ma anche scegliendo tra marca e marca, con i miei parametri (per fortuna che c'è la guida al consumo critico). poi scelgo anche attraverso un gas, ma vado anche alla coop, per fare un esempio. piuttosto, io non farei la distinzione tra azienda profit e azienda no- profit. facciamola tra azienda socialmente e ambientalmente responsabile e no. tra la cooperativa gestita alla cialtrona e una piccola e corretta azienda, magari familiare, non ho dubbi, meglio la seconda. ho conosciuto l'esperienza di una persona vicina, educatrice professionale, che ha lavorato per anni in una pessima cooperativa fatta di regole non rispettate (diciamo così). una piccola azienda (come quella dei biscotti che diceva nicoletta) attenta alla qualità della produzione, all'ambiente e alle condizioni di lavoro secondo me sta già facendo una testimonianza di cambiamento. piccoli negozi e supermercati: è un grosso dilemma. se il supermercato rimane "di quartiere", quindi piccolo e in un tessuto urbano, direi che potrebbe anche essere sostenibile. un centro commerciale distante dalle abitazioni e che costringe ad andarci sempre in auto mi pare meno sostenibile. sulla delocalizzazione, vale il discorso iniziale: io consumatore posso scegliere e indirizzare i miei consumi, sta a me scegliere verso cosa. qualche settimana fa volevo acquistare un seghetto alternativo. uno fatto in cina, da una ditta sconosciuta, costava circa 15-20 euro. uno bosch made in switzerland costava circa 45 euro. alla fine ho optato per farmelo prestare... per riprendere il libro di gesualdi, direi che davvero adesso è il momento di muoversi e di fare azioni concrete. tra l'altro, di quel libro mi è piaciuta anche l'idea del lavoro a favore dello stato. alla fine però la domanda che mi faccio è sempre la stessa? quale sarà la reazione dei consumatori acritici? come arrivare a rendere "la conversione ecologica desiderabile da tutti"? possiamo cominciare, tutti, a fare un piccolo e apparentemente inisignificante passo, ma che sia fattibile e sperimentabile da ciascuno nella sua condizione di vita? mi pare che la cosa migliore sia quella di tessere relazioni , più che fare convegni-seminari-proclami. e quello che ci servirà dopo è rimettere in discussione il nostro stile di vita, per poi passare ai nostri modelli di città, all'organizzazione degli spazi pubblici, e anche (ora la dico grossa) i nostri modelli culturali. troppo? ciao patrizio
- References:
- A che serve ora il consumo critico?
- From: Nicoletta Landi <nicoletta at peacelink.org>
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