A che serve ora il consumo critico?



A cosa serve ora il consumo critico?

Questa e' una domanda che mi faccio sul serio. Non e' una provocazione.
Per andare avanti bene, avrei bisogno di nuove risposte. Purtroppo al momento mi stanno salendo solo nuove domande.
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0) Come si fa a stare dietro al comportamento delle imprese, banche, data l'attuale velocita' mondiale nelle acquisizioni?

1) Puo' un qualsiasi soggetto produttivo che deve sopravvivere al mercato, sorreggere seriamente una qualsiasi richiesta "altra" anche in un clima di responsabilita' sociale d'impresa, quando tutto intorno a lui sono i giganti che acquisiscono e che diventano sempre piu' forti a fissare regole e prezzi?

2) Chi fa "consumo critico", sceglie tra le imprese o le banche, o finisce per scartarle in toto, andando dritto sulle botteghe del mondo, le cooperative, sui prodotti coop, su una mag o su banca etica, per semplificarsi la vita, se puo'?

3) supponendo che il consumatore critico oramai stia scartando tutte le imprese che devono rispondere agli azionisti e tutte le imprese che sono soggette a possibili acquisizioni, allora forse nella prossima guida al consumo critico abbiamo bisogno solo dell'elenco chi e' cooperativa rf equo e solidale? (praticamente, cio' che vuole essere la guida "Fa la cosa giusta")

4) quante persone realisticamente possono accedere ai fornitori di Fa la cosa giusta, in termini geografici e di costo? potranno le cooperative stare sul mercato senza sfruttare i propri lavoratori in termini di diritti e salari?

5) Se come credo, coloro che sono sensibili al consumo critico hanno poi finito per abbracciare la tesi della decrescita e la riduzione del consumismo e a rifiutare il concetto di impresa profit, stiamo scegliendo criticamente tra le imprese profit o stiamo semplicemente cercando di scansarle tutte il piu' possibile?

6) E' meglio una cooperativa gestita alla boia con contratti cococo o una piccola azienda ad es, di biscotti, il cui padrone vuole assicurare un futuro a suo figlio?

7) crediamo che il futuro dei negozi e la protezione de piccoli fornitori sia nel boicottaggio dei supermercati? quando comparvero le auto sembro' sparire il lavoro di chi curava i cavalli. non e' questo l'esempio che si fa sempre quando si pensa alle rivoluzioni industriali?

abbiamo sperimentato casi in cui la difficolta' a trovare un lavoro e una casa possono far "benedire" il fatto di avere un supermercato vicino?

8) quando il lavoro se ne espatria in cina e in bangladesh, che spazio c'e' per boicottare l'impresa che ancora produce a fatica in italia e che magari e' posseduta dalla nestle'? mi immagino un dipendente della motta cosa ne pensa.

ecco che la ricerca di un nuovo modello di sviluppo-economico-politico diventa profondo e ampio; se nasce con il consumo critico, poi lo travalica e a me mi lascia un po' sperduta.

cosa possiamo fare per dargli fiato ed eco, a parte leggere il libro di Francuccio e le sue proposte eretiche su AltrEconomia? quanto tempo abbiamo per far crescere le RES, e quanto sono cresciute negli ultimi anni?
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in attesa di risposte, vi segnalo di questa settimana, il problema delle rover, auto inglesi che parevano avere una speranza di sopravvivenza se fossero state acquistate da una azienda cinese che pero', dopo aver visto i bilanci, si e' tirata indietro e ora c'e' una crisi di 6000 disoccupati

di oggi, l'acquisizione di 250 retailer francesi da parte di un grosso impero tessile inglese, che negli ultimi tre anni ha fatto acquisizioni una dietro l'altra.

di domenica, il mio girovagare per londra in cerca di un appartamento in affitto, in una metropoli dove se vivi dentro citta', il tuo shopping e' praticamente obbligato al supermercato piu' vicino, mentre se vivi fuori, ti consumi la vita facendo il pendolare. in una metropoli dove non ci si puo' rifugiare da mamma "coop", perche' la Co-op e' sparsa nel nord dell'inghilterra.

pensieri sparsi di una contraddizione quotidiana.

un saluto affettuoso
nicoletta