Re: Jovan Rashkovic, di Shibenik



>Era il professore Jovan Rashkovic, di Shibenik.

Jovan, Jovan, certo! Mi sono confusa di brutto con Karadzic, anche sulle
poesie! eheheh, tanto mi vanto della mia memoria, ed ora guarda che figure!
probabilmente perche' erano entrambi psichiatri.

>Ricattato da Tudjman,
>con quei nastri registrati.

Questa storia non la conosco, di quand'e'? Che nastri? Pare che fosse una
fissazione, quella di registrare colloqui riservati, il "Nacional" (ma
anche gli altri, "Globus", "Imperijal") e' andato avanti mesi a fare
presunti scoop sulle registrazioni di questo e quel colloquio: coi
militari, sulle privatizzazioni sospette, colloqui politici... di tutto, di
piu'. Da chiedersi com'e' che facevano poi a metter le mani su tutto questo
bendiddio.

Com'era la storia di Raskovic, comunque?

>Ha fatto bene di aver rifiutato la proposta
>di Tudjman, perchè la costituzione di Croazia era quello che citavi.

No, quella volta la costituzione ancora non c'era, la proposta fu fatta
immediatamente dopo le elezioni, nell'aprile 1990, e la costituzione nuova
fu approvata appena a dicembre.

Penso che alla fin fine sia stato uno sbaglio chiudersi cosi' totalmente,
all'epoca non solo Tudjman ma un po' tutta la classe politica croata forse
avrebbe potuto prendere un'altra direzione. All'epoca erano piu' ingenui
che prepotenti, per quel che riuscivo a vedere io, stando in giro per
Zagabria a parlar con questo e con quello. Comunque erano ancora incerti e
timorosi, si trovavano in mano quella vittoria fulminante ma sentivano
anche addosso gli occhi del mondo. In quel momento la', i giochi erano
ancora tutti aperti. Per quello dico che se ci fosse stata una politica
europea saggia, di mediazione - invece che un ripiegamento totalmente
conservatore sul puntellare la sedia dei "potenti" e amici a Belgrado -
poteva ancora andare a finire bene.

Oltretutto, all'epoca la Croazia stava DENTRO la Jugoslavia, e anche se
molti fantasticavano di indipendenza, all'epoca era un'idea piuttosto
lontana. Non era affatto garantito che perfino Tudjman ci si sarebbe
lanciato su.

Le rogne iniziarono a scoppiare quell'estate, ed erano molto bene
organizzate. Da fuori.

Ad agosto ci fu la prova generale di quel che sarebbe stata l'estate calda
del '91, un anno dopo. Anche geograficamente era evidente quel che sarebbe
accaduto.

Io stavo a gironzolare per la Dalmazia proprio nei giorni in cui si
cucinava la prima "insurrezione" di quella che sarebbe poi divenuta la
Kraijna.

Ricordo esattamente il momento in cui mi venne un brivido giu' per la
schiena all'idea che sarebbe scoppiata una guerra. Era la mattina del 17
agosto, sabato, e leggevo il Vjesnik in piazzetta di Trogir. C'era un
servizio con interviste ai ragazzi dei paesi serbi dell'interno (la zona
fra Benkovac e Knin), e le foto, le espressioni sulle facce... Erano
sorridenti, eccitati come bambini, parlavano del loro ruolo di "guardie",
stavano coi fucili in mano pronti a difendere le loro case.... Insomma,
giocavano alla guerra. Io pensavo a che razza di vita del cavolo dev'essere
per dei giovani stare fra quelle pietraie, un giorno dopo l'altro, che
noia, quali aspettative per il futuro? All'improvviso, qualcuno ti offre
l'opportunita' di vivere un momento eroico... Roba da brivido.

Comunque, la storia in quei giorni era che Radio Knin (i serbi in quelle
zone ascoltavano solo ed esclusivamente i mass media serbi, radio e
giornali, e credevano fedelmente ad ogni parola) aveva iniziato una
campagna di diffusione del panico. Proprio quel giorno la' avevano
annunciato che da Zagabria erano in arrivo trecento "specialci" croati
armati fino ai denti.

Opla'! in un attimo furono su le barricate. Ci capitai dritta sopra con la
mia 126, perche' ovviamente avevo deciso di passare dritta per Benkovac
(dove peraltro era tutto zitto e tranquillo, pare che fu peggio in altri
posti, piu' tardi un camionista di Lubiana mi disse che si era trovato con
i fucili spianati sotto il naso, mi pare a Gracac).

Fu un effetto fenomenale, perche' la strada per Plitvice era bloccata (la
polizia mi rispedi' sulla costa, come migliaia di altri viaggiatori), e
tutto il traffico normale, piu' la valanga di turisti che rientravano dopo
Ferragosto, fra cui moltissimi italiani, si rievrso' sulla Jadranska
Magistrala, che e' una stradetta stretta e piena di curve, sepreggiante
sulle pietraie del Velebit. Dalle due del pomeriggio alle dieci di sera per
fare i cinquanta chilometri fino a Karlobag, sotto il sole battente,
impacchettata in una colonna di trecento chilometri che andava da Zara a
Fiume (ovvero Zadar-Rijeka). Il giorno dopo feci quell'altra strada
dell'interno, su da Karlobag verso Plitvice, e fu una guidata memorabile
perche' la bandiera con la stella rossa che sventolava su una serie di
centri indicava chiaramente il territorio che un anno dopo avrebbe
costituito la Kraijna.

Nei giorni seguenti, i partiti d'opposizione si riunirono nel palazzo dei
sindacati a Zagabria per discutere della situazione. Qualcuno lancio'
un'ottima idea, che purtroppo rimase li', senza seguito: dobbiamo andare
la', nei villaggi serbi, a parlare con questa gente, a rassicurarli.

Ecco, quello secondo me fu il momento clou: il fatto che l'opposizione non
ando' avanti con quell'idea indica il problema piu' scottante della
Croazia, ovvero la debolezza intellettuale della classe politica. L'assenza
di veri leaders, con visione e spina dorsale per portarla avanti.

Purtroppo, la figura politicamente piu' compatta di tutto lo scenario
croato risulto' essere proprio Tudjman, e Tudjman quell'autunno se ne ando'
per una strada di non ritorno. Anche perche' aveva un sacco di
"consiglieri" interessati a farsi potere e denari agitando la sahovnica
(gioco piu' facile che non quello di lavorare davvero, e creare benessere
per il paese).

Tant'e' che poco dopo, in ottobre, ci fu Petrinja: altra prova generale. E
poi Pakrac. A Pasqua, Plitvice, il primo sangue (son stati dieci anni
proprio ora). A maggio, Borovo Selo.

Ma chissa', forse ancora non sarebbe stato troppo tardi. Slovenia e Croazia
erano ancora DENTRO la Jugoslavia, ne' c'era stata ancora una decisione
definitiva. Le sezioni repubblicane del partito erano uscite dalla sessione
federale a gennaio (fra l'altro, lo strappo era stato... sul Kosovo!);
l'altro strappo erano state le elezioni multipartitiche. Pero' la
Jugoslavia esisteva ancora.

Altro fatto spesso e volentieri dimenticato: le proteste di Belgrado del
marzo 1991. Forse DK ci aiutera' un po' a ricordare quel momento molto,
molto importante. Non fu una cosetta da niente, giorni e giorni sulle
Terazije con gran massa di gente, e  Slobo gli mando' adosso i carri armati.

Tutti segnali che il mondo si rifiuto' ostinatamente di vedere.

> I
>Serbi hanno perso la posizione del popolo costitutivo. Questo io penso
>oggi, ma nei quelli anni, ero fanatico di sostenere che si dovevano
>utilizzare tutti i mezzi democratichi e parlamentari, cioè piegare la
>testa per almeno provare la conciliazione, per avere argumenti  di
>ribellarsi con più autorevolezza, invitando le camere CNN.

Penso che avevi ragione. Magari non sarebbe servito comunque (soprattutto
per questa indifferenza internazionale), pero' sarebbe stato bello che si
fosse almeno provato. Chissa' come sarebbe andata.

Io ho visto incancrenirsi il risentimento croato, partendo da quella
primavera del 1990 dove tutto era possibile, e c'era nell'aria piu' che
altro entusiasmo per le possibilita' di un mondo nuovo, passando per il
precipitare, mese dopo mese, di questa tragedia.

I croati non capirono la profondita' della paura serba di uno stato croato,
i serbi non capirono la profondita' del desiderio croato di avere uno
stato. Due mondi che, dopo cinquant'anni sotto lo stesso tetto, in realta'
non si erano mai parlati, mai veramente integrati.

Questo, alla fin fine, era il dramma della Jugoslavia: una bella idea,
ultramoderna, di stato multietnico, che copriva una realta' di paure
reciproche, diffidenza, incomunicabilita'. Non del tutto, c'era uno strato
non indifferente di gente che ci credeva, e non solo intellettuali.
Purtroppo, per questa tornata della storia il sopravvento lo hanno avuto le
forze distruttrici.

Io sono un'inguaribile ottimista e penso che qualche modo nuovo di parlarsi
questa gente alla fine lo trovera'. Penso che potremmo cercare di dare una
mano.

Quindi m'incazzo sinceramente a vedere chi soffia sul fuoco delle
divisioni, soprattutto quelle su linea etnica che sono in buona parte una
strategia artificiale del "divide et impera".

Con le macchiette: gli albanesi son tutti mafiosi, i croati ustascia, i
serbi vittime della NATO...

Ma dai, ragazzi, insomma! Questa gente si merita qualcosa di meglio, non vi
pare?

buona domenica...

paola