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Re: Catena di SanLibero 43



On Thu, 12 Oct 2000, Andrea Martocchia wrote:

>
>su ogni parola sarebbe da scrivere un romanzo, ma saro' brevissimo:

Ooops, scusa, non avevo visto il tuo messaggio. Fai bene ad essere
brevissimo, io scrivo sempre troppo.


>Qui non si capisce se il fatto che la gente abbia vissuto assieme e
>"prolificato" sia un fatto negativo, un incidente di percorso ("lasciati a
>se stessi..."), oppure un fatto positivo.

Beh, io sono una di quelli: sia come figlia sia come madre. Cercare di
vederlo come positivo o negativo e' gia' farne una bandiera, ma confesso
che io sono di quelli felici di essere di "sangue impuro". Questa e' una
battuta, tradotta dal croato, e riferita al fatto che isterie sulla purezza
del sangue sono venute fuori a bizzeffe nella (ex) Jugoslavia in questi
anni. Ma anche da questa parte del confine ci si marcia, ci son cresciuta
dentro in queste storie, e gia' molto prima delle guerre balcaniche le
bandiere sull' "italianita'" di Trieste mi han sempre dato sui nervi. Non
meno pero' di quegli amici di un mio boyfriend sloveno dei diciott'anni che
sulla porta di casa mi guardavano con sospetto e chiedevano "ali je
slovenka?", e' slovena?

I popoli vanno e vengono, si spostano, si mischiano... In una zona di
confine come questa e' un fatto del quotidiano, e ci insisto su proprio
perche' so bene che l'Italia invece e' in buona parte molto piu' compatta,
quindi puo' esser difficile aver presente questo tipo di realta'. Qui ti
basta fare una cosa banalissima: venti metri di passeggiata in citta'
guardando i cognomi sui campanelli delle case (tu lo sai, stai qui, no?).

Dov'e' che la coesistenza di tanti gruppi diventa un problema?

Beh, quando ci si mette di mezzo la paura.

Quando l' "altro" puo' diventare un nemico e farti del male.

Le guerre balcaniche e la fobia anti-immigranti, se guardi al di sotto
degli slogan, hanno la stessa radice: paura che l' "altro" ti porti via
qualcosa, ti privi delle risorse vitali, o ti faccia in qualche modo
violenza.

E in effetti, al di sotto di fiumi d'inchiostro, tonnellate di libri,
migliaia di carriere accademiche costruite su dotti studi a proposito di
conflitti etnici, quel che e' accaduto nei Balcani e' molto concreto: case
e terre strappate con la forza dagli uni agli altri, beni saccheggiati,
fortune ammassate sul potere costruito con le armi in pugno.

Il che non vuol dire che milioni di persone - di solito quelle che ci hanno
rimesso di piu' - non siano tutt'ora fermamente convinte di aver combattuto
per la bandiera, per il pope piuttosto che per l'imam, per il diritto ad
essere "padroni a casa propria" (questo e' un concetto che ti sentirai
ripetere da ciascuno dei gruppi in causa). Ed e' vero che c'erano anche
tante aspirazioni di liberta' da varie prepotenze, da soddisfare.

Ma cosa c'e' dietro al bisogno di una nazione, il bisogno di appartenenza
ad un gruppo?

Due necessita', una materiale ed una immateriale, entrambe importanti.

Bisogno di sicurezza: il gruppo ti protegge. E ti assicuro che in
condizioni di vita dove la paura di perderla - la vita - e' qualcosa di
reale, non visto alla televisione, il bisogno di sicurezza e' una forza
motrice terribile.

Bisogno di identita': qualcosa che ti dia soddisfazione, ti faccia sentire
qualcuno. Si fa presto a dire "nazionalista", a giudicare questa gente. Ma
se sei un contadino che strappa la vita sulle zolle in un luogo dimenticato
da dio e dagli uomini, o un operaio che sopravvive con poche decine di
marchi al mese mantenendo tre figli in un tugurio..... Beh, che ti resta
per essere orgoglioso se non poter affermare : "Appartengo al Grande Popolo
....XXXX......, ho una storia di secoli, i miei antenati venivano di li',
fecero questo e quello, noi siamo molto meglio di quelli la'".

Magari sei anche un intellettuale, non solo un contadino o un operaio,
pero' le tue brave frustrazioni ce le hai lo stesso. Sentirsi parte di un
"popolo di eroi" e' un'ottima medicina.


>Gli "stati nazionali" in senso moderno (cioe' basati sulla cittadinanza e
>non sulla etnia/lingua, come la Jugoslavia unitaria ad esempio) hanno
>anche consentito che persone e culture diverse si incontrassero e
>progredissero.
>
>Gli "stati nazionali" in senso romantico-nazionalista invece - e non
>faccio esempi per non farti arrabbiare - sono il frutto e la premessa
>della contrapposizione tra le genti.

Non mi arrabbio :-)

Non c'e' spazio per arrabbiarsi, chi sono io per arrabbiarmi? Mi piacerebbe
che ci fosse piu' enfasi sul capire le cose che non sull'affermare l'una o
l'altra verita', perche' se non capiamo con che cosa abbiamo a che fare
siamo veramente disarmati. L'unica speranza di cambiare le cose che non ci
vanno e' capirle.

"Stato" e' un'idea molto astratta. Io non credo a qualcosa che cade dal
cielo, gia' fatto, buono o cattivo in se'. Credo - per l'esattezza, voglio
credere - che gli stati dovremmo farceli noi, in base ai nostri desideri ed
esigenze. Quindi, fintanto che una maggioranza crede fermamente che sara'
felice in un contenitore dove c'e' solo gente del suo stesso gruppo,
cerchera' di crearsi uno stato di quel tipo. E viceversa.

Ma illudersi che qui veramente abbiamo a che fare con stati creati dal
basso, dalla maggioranza di quella stessa gente che poi paga il prezzo per
come quello stato si muove, sarebbe una grossa ingenuita'.

Guardiamo la realta' in faccia: le grandi masse di persone contano poco o
nulla (indipendentemente dal fatto che parliamo di un paese come il nostro
o magari della Serbia). Possono si' fare un gran casotto in piazza per
poche ore o pochi giorni, assaltare il parlamento, ma poi tornano a casa e
i giochi di potere continuano a farsi dove s'erano sempre fatti, fra
minoranze, dietro le quinte. Come sta accadendo puntualmente anche a
Belgrado in questi giorni. Ma accade anche a Roma (o a Trieste :-).... ).

E' anche un fatto tecnico, numerico: come fai a trasformare le aspirazioni
di grandi numeri di persone, cosi' caotiche il piu' delle volte,
contraddittorie, in misure concrete per gestire una societa'? Finisci per
forza a dover delegare ai gruppi ristretti, quindi a passare il potere ad
una minoranza.

Posto che l'occasione fa l'uomo ladro.....

Quel che io credo veramente - e questa e' la linea del fronte vera sia ad
Est sia ad Ovest - e' che non possono esserci buoni governi senza buoni
cittadini.

Impegnarsi poche ore o pochi giorni, per assaltare il parlamento o per
andare tranquillamente a votare, non basta per attendersi che poi tutto
funzioni bene.

Da piu' di un decennio io vedo la stessa ingenuita' a Est di questo nostro
confine: la gente si attende il miracolo dall'alto. Prima cacciano i
comunisti, poi cacciano i Tudjman e i Milosevic, poi pian piano vedono che
le cose in realta' son sempre le stesse, che non ci sono i politici
"buoni", piu' o meno son tutti impegnati a lottare per il loro potere
personale.

Ti ricorda qualcosa, qualcosa un po' piu' ad ovest?......

A me ricorda un paese che si vide sparire sotto i piedi in pochi mesi la
classe politica che aveva governato per cinquant'anni, si butto' a destra,
poi a sinistra, poi forse si ributtera' a destra....

Ogni volta, ad Est come ad Ovest, grandi emozioni, grandi speranze.

Sento molto affetto per entrambi i paesi, e per tutti noi che ci abitiamo
dentro.



>> I Balcani, in fondo, non sono che uno specchio delle nostre stesse
>> contraddizioni.
>
>Senza nessuna volonta' polemica, ritengo che anche la tua lettera, in
>fondo, sia un esempio delle stesse contraddizioni. D'altronde, Trieste e'
>gia' Balcani. O no?


E' esattamente quel che volevo dire. La vita e' contraddittoria per natura,
se cerchi di spiegarla con schemi rigidi ne perdi le lezioni.

E il mio modo di spiegare ai miei amici di tutto il mondo  dove vivo e'
"l'ultima citta' balcanica all'occidente"......


paola



(scusate, l'ho fatta di nuovo troppo lunga).