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Re: Campagna repressiva contro le ONG in Serbia



At 15:36 15.06.00 +0200, you wrote:

>Tutti chi? 
>Personalmente non intendo unirmi al coro. Peraltro, dal messaggio non e'
>per niente chiaro in cosa siano consistiti i soprusi, al di la' di un
>controllo fiscale. Se le donne in nero ci dicessero quali domande sono
>state loro rivolte, forse capiremmo meglio anche quali siano le
>motivazioni che inducono lo stato jugoslavo a fare indagini nei circoli
>piu' vicini all'occidente. 
>Sarebbe ora di finirla con questa campagna ossessiva contro cio' 
>che resta della Jugoslavia. 
>
>Andrea

immagino che parlando di "cio' che resta della Jugoslavia" ti riferisci
alla repubblica federativa socialista - uno stato federativo multietnico,
che traeva la sua legittimita' dalla lotta vittoriosa al nazifascismo e
dall'ideologia del socialismo autogestionario.
A mio modesto parere della Jugoslavia di cui parli non esiste piu' nulla -
si tratta di una constatazione storica e non di un giudizio di valore. non
c'e' nulla piu' da difendere di quella realta' proprio perche' essa non
esiste piu'. (Del resto anche la RFJ di oggi e' in stato comatoso,  e il
Montenegro sulla via della secessione.)

I governanti della Serbia di oggi hanno un bel po' di responsabilita' sulle
spalle per la situazione attuale: tra le altre quella di aver contribuito
in modo determinanate ad affondare la repubblica federativa di allora, ad
esempio saccheggiando le riserve di valuta della Banca centrale di
Belgrado, imponendo un embargo economico suicida contro le repubbliche del
nord, abolendo unlilateralmente l'autonomia del Kosovo per instaturarvi un
regime di apartheid, sostenendo tre guerre contro i popoli vicini e via
discorrendo.

Il fatto che il governo serbo di oggi sia stato oggetto dell'attacco della
NATO non diminuisce le responsabilita' avute nelle guerre di questo
decennio ne' puo' cancellare il fatto che e' un regime che si basa sul
saccheggio del proprio popolo e dei popoli vicini (fin quando poteva);
sulla mafia elevata a sistema e sul disprezzo della democrazia. Sulla
coltivazione scientifica dell'odio etnico e del razzismo. Sulla violenza
estrema di bande paramilitari i cui capi (vedi Arkan) diventano eroi
nazionali.

Comunque, e' molto piu' produttivo parlare di valori in positivo per
comprendere cosa fare e chi appoggiare nella situazione odierna. Un primo
valore importante e' la solidarieta' e la cooperazione tra tutti i popoli e
i paesi della regione, e il superamento della logica degli stati etnici.
Questo non solo tra paesi e entita' dello spazio post-jugoslavo, ma anche
con i vicini Albania, Bulgaria, ROmania, Ungheria. Quarant'Anni di
socialismo reale e dieci anni di etnonazionalismo hanno impedito a
popolazioni che vivono fianco a fianco di conoscersi meglio, lavorare
insieme, commerciare. In sud est Europa oggi si diffonde il bisogno di
conoscere meglio i propri vicini. Per questo il patto di stabilita' per
l'Europa sudorientale - di cui purtroppo si parla e si sa troppo poco - e'
stato accolto con grande interesse dai governi e dalle societa' civili
della regione. 

Il rispetto dei diritti umani fondamentali e' un secondo valore essenziale.
Allora e' necessario sostenere i gruppi e le associazioni che questi
diritti intendono tutelare, e non voltare lo sguardo quando la polizia di
qualche stato che decidiamo essere "amico" arresta e perseguita
arbitrariamente le opposizione (oggi in Serbia: Donne in nero, Otpor, mass
media critici). Quest'ultima e' stata proprio la strategia ipocrita
dell'occidente quando nella guerra fredda si faceva aiutare da dittatori di
ogni sorta e colore.

LA lotta per i diritti umani non puo' dipendere da considerazioni di
opportunita' del momento (come purtroppo invece ha sostenuto GRimaldi
qualche settimana fa su Avvenimenti). 

Anche la lotta per una maggiore giustizia sociale va vista in questa
prospettiva: e' inaccettabile che essa venga strumentalizzata da cricche al
potere che badano solo al proprio tornaconto, solo perche' magari nel nome
del partito c'e' il termine "socialista" o "di sinistra". Del resto, in
Italia facemmo la stessa esperienza con la buonanima di Craxi. Piuttosto
sarebbe necessario sostenere sindacati indipendenti e una messa in rete di
questa esperienze a livello regionale e paneuropeo.

Sarebbe ora di finirla, per chi si dice di sinistra, con la copertura di
regimi indifendibili al di la' dell'Adriatico.

Giovanni Scotto



Giovanni Scotto - ricerche per la pace
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Centro Studi Difesa Civile, Roma
Berghof Research Center for Constructive Conflict Management, Berlin
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