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Il COS in rete



Ass.naz.Amici di A.Capitini
 
Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento di agosto 2003 del C.O.S. in rete, www.cosinrete.it, una selezione critica di alcuni riferimenti trovati sulla stampa italiana ai temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta, antifascismo,
tra cui: I cristiani e la guerra; Educati ad uccidere; Chi controlla Archimede; L'antietica della lotteria; Le carceri pacificate; Il fiume carsico; Chi tocca i fili, muore; Il potere teocratico; Il 25 aprile di Tremaglia; Mai dire quattro; Il cammino del consenso; Il professore preoccupato; I bonifici pro mafia; ecc., più scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al C.O.S. in rete è libera e aperta a tutti
 
 
da cosinrete agosto 2003

I CRISTIANI E LA GUERRA

 

"Ogni epoca interroga il passato sulla base delle proprie preoccupazioni.

Nell'Ottocento, in un'Europa lanciata alla conquista del mondo, le crociate vennero celebrate come il provvidenziale punto di partenza di una benefica attività di colonizzazione, la colossale Histoire des croisades del Michaud usci a Parigi fra il 1825 e il 1829, negli stessi anni in cui si preparava la conquista dell'Algeria…

…in tempi più recenti, l'interpretazione delle crociate come una sorta di prova generale del colonialismo europeo è stata riproposta con segno inverso, senza più traccia di trionfalismo e anzi con una venatura polemica…

…E' un segno dei tempi il fatto che oggi le domande più attuali siano altre: che cosa significa per una civiltà, convivere con il concetto di guerra santa?

Com'è possibile che da una religione come quella di Cristo siano nati frutti come le crociate?

Perché si era disposti a uccidere, e a morire, per Gerusalemme?

Che rapporto c'è fra la guerra santa cristiana e quella islamica, la jihad?

A queste domande cerca di rispondere il medievista francese Jean Flori nel suo nuovo libro, La guerra santa…"

Ne parla Alessandro Barbero in "Tuttolibri" del 12 luglio 2003.

"…A dire il vero - scrive Barbero - la definizione di crociata cui egli approda alla fine del suo percorso è estremamente restrittiva, tale da poter essere applicata in pratica soltanto ad un unico e irripetibile evento, quello che noi conosciamo come la Prima Crociata: "La crociata è una guerra santa che ha come obiettivo la liberazione di Gerusalemme".

Ma ciò che rende vitale il libro è l'analisi delle premesse che resero possibile questo evento; del lungo percorso di sacralizzazione della guerra che portò la società ad allontanarsi paurosamente dai suoi presupposti originari.

Flori è molto netto nel riconoscere la novità dell'ideologia crociata, che non a caso impiegò addirittura un millennio per raggiungere la sua piena legittimazione nel mondo cristiano.

In questo, secondo l’autore, sta una differenza significativa rispetto alla religione islamica, al cui interno la guerra santa per allargare i confini dell’Islam rappresenta fin dall’inizio un elemento costitutivo.

Flori sa bene che oggi molti intellettuali musulmani cercano di attenuare il carattere guerriero e conquistatore dell'Islam, proponendo un'interpretazione più ampia e sfumata del concetto di jihad, lo sforzo al servizio di Dio, ma il vigore dello storico lo obbliga a riconoscere che per i musulmani delle origini, a partire dallo stesso Profeta, l'interpretazione più ovvia era proprio quella bellica.

Proprio qui, tuttavia, sta il germe di una riflessione feconda sulla evoluzione delle religioni.

Quale che sia la nostra interpretazione dell’originaria spiritualità musulmana, non c'è dubbio che la capacità dell’Islam contemporaneo di distaccarsi dalle sue primitive connotazioni guerriere è una questione vitale per il mondo di oggi e di domani.

E che una comunità religiosa possa, da un'epoca all'altra, trasformare profondamente i suoi atteggiamenti è dimostrato propri dall’esempio opposto del Cristianesimo: che nacque come religione di pace e di non violenza, e fini per elaborare al suo interno, pur fra mille resistenze e contraddizioni, una sacralizzazione della guerra, spinta fino a comprendere la promessa del paradiso per i martiri che morivano uccidendo i nemici della fede.

Il percorso, ricostruito da Flori, fu lungo e diseguale.

Alcuni fra i precetti del Cristianesimo originario vennero abbandonati molto in fretta.

I primi cristiani prendevano alla lettera il comandamento "Non uccidere", al punto di rifiutare il servizio militare e affrontare la pena di morte comminata dai magistrati, piuttosto che cingere la spada; ma già Sant'Agostino, all'inizio del V secolo, insegnava che poiché gli imperatori ormai erano cristiani, rifiutarsi di combattere non aveva più giustificazione.

Su altri aspetti, che avevano a che fare, con i tabù dell’inconscio collettivo, la dottrina e forse i comportamenti ebbero un'evoluzione molto più contrastata: ancora intorno all'anno Mille il cavaliere che uccideva in battaglia, sia pure in una guerra giusta, ordinata da un sovrano cristiano e benedetta dalla Chiesa, doveva affrontare una durissima penitenza pubblica, con anni di digiuno e di allontanamento dalla comunione, per purificarsi del sangue versato.

E solo quando la spedizione per riconquistare Gerusalemme offrì ai credenti l'occasione d’una guerra non solo giusta e approvata, ma voluta da Dio ("Dio lo vuole!") e quindi sacra, questo tabù cadde per sempre e i fedeli si convinsero, forzando i dubbi dei teologi, che morire in battaglia contro i pagani significava guadagnarsi il Paradiso.

Ma c'è un aspetto che s'intuisce nel libro di Flori, e che avrebbe potuto essere più sviluppato; ed è la riflessione sull'intrinseca contraddittorietà della dottrina cristiana, fondata com'è su entrambi i Testamenti.

Non si può ridurre il messaggio cristiano al "Porgi l'altra guancia" pronunciato da Cristo, senza ricordare i re dell'Antico Testamento e le loro guerre di sterminio contro i nemici del popolo eletto: gli abitanti di Gerico passati a fil di spada, uomini e donne, vecchi e bambini, perfino i buoi e le pecore e gli asini, affinché non ne rimanesse più traccia.

Se la jihad, come afferma Flori, è un aspetto costitutivo della religione di Maometto, anche i Cristiani trovavano nelle loro Scritture la più ampia legittimazione della guerra sacra.

Flori spiega come quest'aspetto prevalse, a un certo punto, su quello che a noi pare oggi il più autentico messaggio cristiano della pace e della fraternità.

Come questi valori siano tornati, almeno ufficialmente, a prevalere in tempi più recenti, e come anche nel mondo islamico si affrontino oggi interpretazioni diverse e contrastanti della jihad, è cosa che non riguarda più il medievista, ma tutti coloro che vivono il nostro tempo."

Un altro contributo di riflessione per i cattolici che chiedono il riconoscimento delle radici cristiane nella prossima Costituzione europea.

E’ chiara la natura contradditoria di queste radici in campi importanti come la religione, la violenza, la guerra santa o presentata tale.

Se vi aggiungiamo tutte le compromissioni con il potere nei rapporti tra sudditi e principi padroni, nello sfruttamento dei lavoratori, delle donne, dei bambini, le chiusure scientifiche, le magie, le lotte alle streghe, il maschilismo nelle istituzioni religiose, nei riti, nella società, l’antisemitismo, le stragi dei popoli pacifici nelle colonie conquistate in nome di Dio, ce n’è abbastanza per fondare la Costituzione soltanto nei principi della nonviolenza e della nonmenzogna dei primi cristiani e nei valori laici di libertà, uguaglianza, fraternità.