R: I libici sono soli



Egregio/Gentile Ahisao Fujitayashima,
comprendo e condivido la sua richiesta. C'è stata l'offerta dell'Unione 
Africana che potrebbe intervenire in Libia, un organismo regionale africano non 
coloniale che fa parte dell'Onu e che dovrebbe pero' sottostare rigidamente 
alle regole Onu, al rispetto dei diritti umani e della popolazione civile.
annalisa roveroni 

>----Messaggio originale----
>Da: e.pey at libero.it
>Data: 08/03/2011 6.44
>A: <hisao.fujitayashima at unito.it>
>Cc: <pace at peacelink.it>, <paxchristi at yahoogroups.com>, <nonviolenti@liste.
retelilliput.org>, <mir-riconciliazione at yahoogroups.com>, <lista123lm@gmail.
com>, <reg-piemonte at liste.retelilliput.org>, <eco-fem-nonviolenta@lists.unbit.
it>, <donneinnero-owner at listas.nodo50.org>, <ml-beati at beati.org>, 
<sullasoglia at yahoogroups.com>, <info at alteracultura.org>
>Ogg: [pace] Re: [reg-piemonte] I libici sono soli
>
>Allego interessante intervista. Interessante non significa indiscutibile.
>Chi cerca di lavorare per la pace è contrario ad ogni ingerenza militare e
>ad ogni colonialismo passato o presente.
>Non mi pare giusta l'indifferenza, mentre i popoli lottano per essere liberi
>e giusti.
>La solidarietà umana e politica è giusta. Aiutiamoci per trovare i modi
>giusti.
>Saluti cordiali.
>Enrico Peyretti, Torino
>
>
>
>----- Original Message ----- 
>From: <hisao.fujitayashima at unito.it>
>To: <e.pey at libero.it>
>Cc: Sent: Monday, March 07, 2011 6:57 PM
>Subject: Re: [reg-piemonte] I libici sono soli
>
>
>> Egr. Sig. Peyretti,
>> Egr. Sig. Sullo,
>>    Io vivo in Algeria. Vi prego di rimanere indifferenti,
>> cioe' vi prego di non cercare ingerenze. Vista la grave
>> situazione in Libia, la notra preoccupazione principale
>> e' l'eventualita' dell'ingerenza militare degli Stati Uniti
>> e della NATO. Mi sembra che voi non abbiate alcuna
>> sensibilita' dei popoli che subito secoli di dominazione
>> cololiale. Allora sarebbe miglio che voi non diciate nulla,
>> i problemi dei paesi arabi devono essere risolti solo
>> dalla popolazione araba e non da voi "democratici
>> del paese ex-colinizzatore".
>>    Coprdiali saluti.
>>
>> >
>> > ------------------ Messaggio originale -------------------
>> > Oggetto: [reg-piemonte] I libici sono soli
>> > Da:      "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it>
>> > Data:    Lun, 7 Marzo 2011, 4:44 pm
>> > A:       "lista Peacelink Pace" <pace at peacelink.it>
>> >          "lista pax christi gr discussione"
>> > <paxchristi at yahoogroups.com>
>> >          "lista nonviolenti"
>> > <nonviolenti at liste.retelilliput.org>
>> >          "lista Mir dibattito"
>> > <mir-riconciliazione at yahoogroups.com>
>> >          "Lista Menapace" <lista123lm at gmail.com>
>> >          "LISTA LILLIPUT PIEMONTE"
>> > <reg-piemonte at liste.retelilliput.org>
>> >          "lista eco-fem-nv"
>> > <eco-fem-nonviolenta at lists.unbit.it>
>> >          "lista donne in nero"
>> > <donneinnero-owner at listas.nodo50.org>
>> >          "lista BCP" <ml-beati at beati.org>
>> >          "lista angelo casati 01"
>> > <sullasoglia at yahoogroups.com>
>> >          "lista alteracultura" <info at alteracultura.org>
>> > ----------------------------------------------------------
>> >
>> > Care e cari, scusate la molestia ma sentivo la necessità
>> > urgente di far qualcosa: quel che so fare (forse) è
>> > scrivere, quindi ho scritto, e messo nel sito di
>> > Democrazia chilometro zero (www.democraziakmzero.org), un
>> > mio testo sull'indifferenza sostanziale con cui sinistre,
>> > movimenti, pacifisti, ecc. - e i loro mezzi di
>> > comunicazione - guardano ai ribelli libici e al massacro
>> > che Gheddafi sta compiendo. Trovo tutto questo scandaloso.
>> > Ditemi, se avrete la pazienza di leggere, cosa ne pensate
>> > e, se siete d'accordo, fate girare il testo in tutte le
>> > liste cui siete iscritti. Lo stesso farò io. Vi allego
>> > l'articolo e lo metto anche qui nel messaggio.
>> > Grazie
>> > Pierluigi Sullo
>> >
>> >
>> >
>> > I libici sono soli
>> >
>> >
>> > di Pierluigi Sullo
>> >
>> > In questi giorni mi domando con crescente angoscia: perché
>> > sinistre, movimenti, sindacati, centri sociali, pacifisti
>> > e società civile variamente attiva sembrano più che altro
>> > indifferenti a quel che sta avvenendo in Libia? Nel paese
>> > nostro dirimpettaio, sul Mediterraneo, un dittatore al
>> > potere da più di quaranta anni sta macellando il suo
>> > popolo e qui nessuno o quasi sembra turbato.
>> >
>> > Non dico convocare una manifestazione di sostegno ai
>> > rivoluzionari libici (così loro chiedono di essere
>> > chiamati, proprio come i tunisini e gli egiziani) e per
>> > fermare il massacro, ma un appello, una indignazione
>> > diffusa, articoli di fuoco su giornali e siti di sinistra
>> > o dei vari movimenti. Io stesso ho partecipato al primo
>> > sit in davanti all'ambasciata di Gheddafi a Roma, intorno
>> > al 20 di febbraio: c'era qualche libico che vive qui,
>> > qualcuno dei centri sociali, di Rifondazione e della Fiom.
>> > Una parte del discorso di Nichi Vendola, nel meeting di
>> > qualche domenica fa, era dedicata alla ribellione e al
>> > dittatore libico, citato come tale. Poi, quasi più nulla.
>> > E quando, domenica 6 marzo, nel Tg3 serale, ho visto
>> > Walter Veltroni invocare un mobilitazione a favore del
>> > popolo libico, per la prima volta in molti anni ho pensato
>> > «ha ragione».
>> >
>> > Frequento, un po' per professione e un po' per vizio,
>> > molti «mezzi di comunicazione» di sinistra o di movimenti
>> > vari, e sono stupefatto della sostanziale assenza di
>> > reazione. Certo, il manifesto pubblica ogni giorno
>> > reportage e commenti, ha anche un inviato (sebbene
>> > «embedded» come lui stesso si definisce) a Tripoli. Ma il
>> > giornale che sta a cuore a tutti noi e che continua a
>> > influenzare l'opinione di sinistra, o almeno a
>> > rappresentarne una parte rilevante, sembra finito in una
>> > «no fly zone», in una terra morta tra la rievocazione un
>> > po' disperata di quel che fu, ossia delle rivoluzioni
>> > militar-progressiste e socialiste nei paesi arabi, e
>> > l'allarme per il possibile intervento militare degli
>> > occidentali e degli Stati uniti. La vecchia logica per la
>> > quale chi è amico del mio nemico è mio nemico sembra
>> > irresistibile.
>> >
>> >
>> > Nel sito di «Mémoires des luttes», la rivista francese che
>> > fa capo a Ignacio Ramonet e a Bernard Cassen, che non si
>> > può dire non guardino con simpatia ai governi
>> > «progressisti» latinoamericani, e a quello di Chavez in
>> > particolare, si può trovare un articolo di Bernard Perrin,
>> > pubblicato in origine sul sito del quotidiano indipendente
>> > svizzero Le Courrier, che giudica uno «stupefacente e
>> > inquietante parallelismo» quello tra l'inquietudine di
>> > molti governi europei di fronte alla possibilità che
>> > Gheddafi venga rovesciato dal suo popolo, e la paura, che
>> > si è impadronita dei governi di sinistra dell'America
>> > latina, di veder cadere «un compagno rivoluzionario».
>> > Infatti, aggiungo io, Chavez ha proposto una mediazione
>> > che è piaciuta solo a uno degli agenti in gioco: Gheddafi.
>> > Ma anche il governo del boliviano Evo Morales non scherza.
>> > Quel che vedono, questi governanti, è solo il tentativo
>> > occidentale di accaparrarsi il petrolio libico.
>> >
>> > «Finché la sinistra disprezzerà la questione del rispetto
>> > dei diritti dell'uomo, considererà che la realpolitik
>> > possa giustificare tutto e confonderà la lotta
>> > anti-imperialista con la lotta a morte delle élites
>> > burocratiche - scrive Perrin citando Hervé do Alto,
>> > politologo francese legato all'edizione boliviana di Le
>> > Monde diplomatique - non ci potremo aspettare niente di
>> > buono da essa». E, sempre citato da Perrin, aggiunge Raul
>> > Zibechi, giornalista e scrittore uruguayano: «Bisogna
>> > guardare l'orrore in faccia: talvolta la sinistra non ha
>> > voluto vedere né sentire né capire le sofferenze della
>> > gente in basso, sacrificata sull'altare della rivoluzione.
>> > Ma questa volta non potremo dire che non sapevamo».
>> >
>> > Sconcertato dall'atteggiamento del manifesto, sono andato
>> > allora a vedere cosa ne scrive Liberazione, il quotidiano
>> > di Rifondazione. Nel cui sito si trovano poche e scarne
>> > notizie, quasi tutte di carattere
>> > diplomatico-internazionale. Potrei sbagliare - non vedo
>> > con continuità il giornale diretto da Dino Greco - ma se
>> > avessero promosso un appello, una chiamata alla
>> > solidarietà con i libici, questo sul sito ci sarebbe
>> > certamente.
>> >
>> > E allora Global Project, il sito dei centri sociali del
>> > nord est: molto ben fatto e pronto a reagire, in genere.
>> > Ci trovo solo un articolo, scritto da Giampaolo Calchi
>> > Novati per il manifesto, in cui si parla di «impropria
>> > alleanza tra giovani ed eserciti», in Tunisia ed Egitto, e
>> > ci si preoccupa soprattutto - di nuovo - che gli Stati
>> > uniti possano mettere le mani sul petrolio libico. Degli
>> > insorti, i ragazzi, gli artigiani, le persone comuni che
>> > si stanno difendendo dai mercenari e dai fedeli di
>> > Gheddafi, nemmeno una parola. Ma nel sito di Global si
>> > trovano anche testi e discorsi video di un seminario in
>> > più puntate sul «tumulto», sulla rivolta cioè, che si
>> > tiene a Roma. Datato 28 febbraio, c'è un testo di Alberto
>> > Do, per altri versi interessante, in cui si parla
>> > diffusamente di Tunisia ed Egitto: sulla Libia nemmeno una
>> > parola, benché la rivolta sia iniziata il 17 febbraio.
>> >
>> >
>> > La mia impressione è che la rivoluzione dipende. Se le vie
>> > di Tunisi o Piazza Tahrir al Cairo si riempiono di gente
>> > che vuole abbattere tiranni esplicitamente amici
>> > dell'Occidente, come Ben Ali e Mubarak, allora si inneggia
>> > alla ribellione (e Valentino Parlato, per stabilire la
>> > differenza tra un dittatore e un altro, scrive che
>> > l'«amicizia» tra Gheddafi e Berlusconi è stata «un errore»
>> > del dittatore libico); se invece il tiranno è percepito
>> > come un avversario degli occidentali, allora la ribellione
>> > diventa dubbia. E siccome a tutte le evidenze dubbia non
>> > è, anzi è autenticamente popolare, come testimoniano tutti
>> > i giornalisti che hanno potuto incontrarne i protagonisti,
>> > e sicuramente non è una manovra di Al Qaeda (come strilla
>> > il tragico clown di Tripoli), e non è neppure una longa
>> > manus dell'imperialismo statunitense, allora i ribelli di
>> > Bengasi e compagni cadono in un limbo: non si può
>> > sostenerli né parlarne male, quindi si preferisce evitare
>> > il tema e ci si rifugia in considerazioni geopolitiche,
>> > geostrategiche, geoqualcosaltro. Come dice Zibechi, le
>> > sofferenze della gente reale spariscono. E d'altra parte i
>> > libici resistono con le armi - quelle che hanno recuperato
>> > grazie alle diserzioni nell'esercito - quindi anche i
>> > pacifisti, evidentemente, non provano simpatia, anche se
>> > la non violenza non consiste semplicemente nel lasciarsi
>> > fucilare dai tiranni.
>> >
>> >
>> > E sì che le rivoluzioni arabe, non solo del Maghreb ma
>> > della penisola arabica e dell'Iraq, avrebbero molto da
>> > insegnarci. Ignacio Ramonet ha indicato quelle che secondo
>> > lui sono le diverse cause di una esplosione imprevista e
>> > intimamente democratica. Ci sono cause storiche, scrive
>> > Ramonet, ossia la degenerazione di regimi nati come
>> > «laici» o addirittura «socialisti» (quello algerino, ad
>> > esempio). Ci sono cause politiche, come il fatto che le
>> > dittature sono state sostenute dall'occidente in nome
>> > della lotta al «terrorismo islamico» e della diga
>> > all'invasione di migranti (come Gheddafi, che faceva il
>> > lavoro sporco per l'Italia e ora agita la minaccia una
>> > «invasione»). C'è la crisi economica globale, che lì
>> > colpisce più che altrove. C'è - a sorpresa, per una
>> > visione di sinistra - una causa ambientale: la siccità
>> > provocata dalla crisi climatica che due anni fa ha ridotto
>> > di un terzo la produzione di grano in Russia, la
>> > conseguente chiusura delle esportazioni e l'impennata del
>> > prezzo degli alimenti di base sui mercati internazionali,
>> > che - avverte in questi giorni anche la Fao - sta
>> > scuotendo tutte le società del Sud del mondo. E c'è,
>> > infine, una causa sociale: il contrasto durissimo tra
>> > livelli di scolarizzazione molto alti e livelli di
>> > occupazione bassissimi e di bassa qualità, in paesi molto
>> > giovani.
>> >
>> > Di questo varrebbe la pena discutere. Guardando a quel che
>> > succede dall'altra parte del Mediterraneo come a una
>> > speranza. Le finte democrazie egiziana e tunisina (e noi
>> > italiani di finta democrazia ne abbiamo in abbondanza) non
>> > avrebbero consentito cambi sostanziali del modo di vita e
>> > della partecipazione democratica. Non parliamo della
>> > dittatura «verde» di Gheddafi. Quindi quelle società sono
>> > esplose. Hanno mostrato come si possa - in modo pacifico,
>> > fin quando non si incontra un tiranno omicida - cambiare
>> > le cose. Perciò dovremmo in ogni modo possibile sostenere
>> > le persone che l'aviazione di Gheddafi bombarda e i suoi
>> > sicari ammazzano per le strade. Perciò mi chiedo, io che
>> > insieme a tanti altri reggevo lo striscione della
>> > manifestazione contro la guerra in Iraq, il 13 febbraio
>> > del 2003, dietro al quale si erano radunate tre milioni di
>> > persone, che fine abbia fatto quella aspirazione alla pace
>> > e alla democrazia. Per tutti. Libici compresi.
>> >
>> >
>> > In ogni modo, per quel che serve, allego il link alla
>> > pagina di Twitter che i rivoluzionari libici hanno aperto
>> > per far circolare anche le loro informazioni:
>> > http://twitter.com/LibyanTNC
>> >
>>
>Allegato Rimosso