Caro Lorenzo, no, non intenedevo attribuire a te personalmente
l'equiparazione (confusione) di politiche differenti anche se ugualmente
criticabili. E' una cosa frequente nella sinistra sommaria, sentita anche dom.
27 da un amico palestinese alla manif. per Gaza. E' una mancanza di attenzione
nelle valutazioni, fuori dalle cose tutte relative della politica, e che lascia
nell'astratto. A proposito, vedo due estremi che tolgono il respiro nello spazio
di mezzo: o esaltare la politica forte e decisa, unica salvezza del mondo dal
male, oppure condannarla come "cosa sporca". Il cittadino medio e onesto cade
piuttosto in questo secondo errore, quello più impegnato a sinistra e informato,
nel primo. Ma così è tolto spazio alla politica ben orientata e concreta. Non
intendo il moderatismo ("piano, piano, per carità...") ma la gradualità ben
orientata e concreta, con l'orizzonte abbastanza chiaro.
Un politico dovrebbe dire qual è il suo obiettivo e quale la
sua possibilità attuale. Allora capirei chi è.
Obama (ma non dispero ancora) ha mancato troppo sul primo
punto, l'obiettivo ideale. Ma chi sa meglio le cose interne Usa dice che sulla
sanità ha fatto una vera rivoluzione. E temo che se avesse e dichiarasse
l'obiettivo di un sistema di pace giusta, idee simili alle nostre, non
sopravviverebbe.
Il mio solito esempio macroscopico: tra un presidente che
vuole il linciaggio e uno che vuole la pena di morte con le garanzie
processuali, in mancanza di uno che, come me, non vuole nessuna pena di
morte, sto col secondo, perché il terzo è - per ora - impossibile. Però dico
chiaro che non approvo alcuna pena di morte. E' l'artcolazione tra la cultura e
la politica, su cui la sinistra deve rileggere Bobbio.
Subject: Re: [pace] Obama e la guerra
globale (sempre contro il terrorismo, si intende)
Caro Enrico, non so se ti rivolgi a me nelle tue
prime righe (sembra di sì visto che hai ripreso proprio il mio commento),
comunque io non ho mai equiparato Prodi a Berlusconi, né Obama a Bush, ho solo
chiesto se per questi ultimi due ci sono differenze sostanziali, e mi riferivo
a un preciso campo, quello di fare la guerra globale in nome della lotta al
terrorismo.
Possiamo avere opinioni diverse su Obama, o forse
solo sensibilità diverse su come considerare lui e il suo operato, magari tu
più ottimista, io più pessimista, tu più propenso a cogliere le differenze io
le continuità, però penso che tutti quanti, per quanto riguarda la sua
politica estera, dovremmo renderci conto che non possiamo dare la colpa delle
scelte di Obama in fatto di guerre ai suoi nemici repubblicani o democratici,
che gli impedirebbero di essere diverso: abbiamo sentito tutti il
suo (non richiesto) discorso di legittimazione della (sua) guerra al
ritiro del premio Nobel per la pace (non so se altri politici l'abbiano mai
fatto), abbiamo sentito tutti i toni bushiani da lui usati nel legittimare
l'esportazione della guerra al terrorismo su tutta la Terra. E' farina del suo
sacco, quella, nessuno l'ha obbligato a pronunciare quei discorsi, nessuno lo
obbliga ad aumentare i contingenti militari in Afghanistan: è lui che vuole
così, è nei suoi atti e nelle sue intenzioni di fare così. E non si era
presentato così, Obama, in campagna elettorale, si era presentato come il
presidente del cambiamento e sarebbe bello sapere come si concilia tutto
questo con il suo discorso di apertura e fiducia all'Islam fatto in
Egitto.
Quindi, secondo me, non dovremmo nascondere
questo, perchè la speranza deve partire da una lucida analisi della realtà. E
la speranza tua, così come il tuo concetto di politica, cioè quello che hai
scritto sotto, sono le stesse cose che penso anch'io.
E con questo auguri anche a te, e se posso
permettermi un abbraccio.
Subject: Re: [pace] Obama e la guerra
globale (sempre contro il terrorismo, si intende)
Secondo me, equiparare Prodi e
Berlusconi, Bush e Obama, è martellarsi le dita delle mani e dei piedi, ecc.
, è volersi male, e voler male anche alle vittime.
La politica è una piccola cosa, stretta
nella realtà spesso brutta. Condiziona molto, ma soprattutto dipende
dall'animo della società. Spec. nelle "democrazie" vuole il consenso. Sembra
primaria, ma è secondaria.
Il potere militar-materiale degli stati
"ottunde l'intelligenza" (Kant), è pericoloso anzitutto a chi ce l'ha, che
diventa pericoloso per gli altri. Noi "cittadini"
(= "politici") facciamo (cioè tentiamo, ci arrabattiamo di fare) la vera
politica (vita della "polis" umana), col "potere di", col "potere per", e
non il "potere su".
Di quella politica là, dei governi,
possiamo già essere contenti se, insieme a un passo indietro, ne fanno uno e
mezzo in avanti, sui tempi lunghi. E se hanno qualche idea più giusta di ciò
che fanno.
Più dei singoli passi, conta la
direzione, cioè i valori in vista, l'orizzonte. Questo spetta a noi tenerlo
sempre chiaro, ed esigere l'orientamento. Dobbiamo discutere gli atti dei
potenti, giudicarli, ma sapere che tutto è solo sempre gradualità, sempre
con contraddizioni. Si arranca sulla terra e non si vola.
A noi, movimenti, cultura e anima
della società, tocca la responsabilità di "dire la verità al potere"
(Gandhi), e di correggerlo in continuazione, senza rifugiarci
nell'autosoddisfazione paralitica di non vederne le pur piccole differenze e
variazioni. I risultati si preparano e non si vedono. I ritmi della
giustizia e della pace sono secolari. Una regola dell'azione giusta è la
costanza, anche a mani vuote.
So bene che in altri momenti dico cose
diverse, complementari a queste. Camminare è squilibrarsi, ora buttare
avanti il piede destro, ora il sinistro.
Subject: Re: [pace] Obama e la guerra
globale (sempre contro il terrorismo, si intende)
Due premesse:
1. Io non volevo giudicare in alcun modo
Obama per tutta la sua politica, il mio intervento si riferiva alla sua
politica estera, non a quella interna (su cui comunque occorrerebbe dire
molto, per es. sulla riforma della sanità con l'esclusione dell'intervento
pubblico: Obama aveva fatto la sua propaganda proprio sull'intervento
pubblico, se mi ricordo bene!).
L'altro giorno il tg della notte ha
presentato queste frasi di Obama come un atto di continuità con la linea
di Bush. Io non dico che Obama abbia promesso un cambiamento radicale e
una pace perenne, ma mi sembra anche
sbagliato pensare che Obama abbia promesso
solo guerre ovunque, ha detto chiaro che l'approccio americano sarebbe
cambiato in senso più diplomatico e meno unilaterale (vedi Iran) e ha
promesso di affrontare la questione Occidente -Islam in un discorso molto
enfatizzato dai media (in Egitto), in cui si parlava anche della questione
israelo-palestinese.
2. La premessa da cui sono partito nello
scrivere la mia frase di commento all'articolo è che, per il mio sentire,
molte persone pacifiste o comunque di sinistra hanno come un occhio di
riguardo per Obama, cioè due pesi due misure per giudicare dichiarazioni
ed atti suoi e di Bush: le stesse cose dette o fatte da Bush sarebbero
condannate, da Obama no o ben poco, se non addirittura imputate ai suoi
avversari, che lo condizionerebbero solo nell'agire in negativo -
come dire: a Obama spettano solo le belle azioni o intenzioni, quelle
negative sono altri che lo inducono a farle.
Era insomma una provocazione.
Detto questo, se poi vogliamo ragionare su
cosa può attendersi o su cosa può fare il mondo pacifista per cercare la
pace, questo è un discorso molto interessante, perchè mette in gioco il
Che fare, e secondo me ne avremmo bisogno di parlare.
Subject: R: [pace] Obama e la
guerra globale (sempre contro il terrorismo, si intende)
Scusate, ma faccio fatica a seguire gli interventi di
"denuncia" del Presidente Obama. Beninteso, non condivido nulla
delle sue scelte recenti di politica estera, ma vorrei capire
meglio da quali premesse essa viene analizzata. Mi spiego.
Se il perseguimento della pace dovesse (o avesse dovuto)
contare prevalentemente sull'azione del Presidente degli USA
Obama, le reazioni di denuncia, sdegno, critica eccetera per
la sua politica in Afghanistan sarebbero più che giustificate.
Non mi pare, però, che le premesse e la storia del pacifismo
siano quelle -semplicemente- di implorare politiche di pace
dai governi in carica. Mi pare che ci sia sempre stato dell'altro
e di più, in termini di autoorganizzazione, di critica della
democrazia come puro formalismo, di critica del riarmo (sue
conseguenze sociali, politiche, perfino ideologiche...). Il
movimento contro la guerra, cioè, almeno nelle sue espressioni
meno eterodirette (segreterie nazionali di partiti o sindacati, o
miniburocrazie fantoccio al servizio di quelli, tipo Tavola dela
Pace), è sempre stato l'espressione di settori della società
civile che nel loro sincero sforzo di autodeterminazione hanno
cercato di connettersi, e rendere il desiderio di pace e di
opposizione alla guerra una POLITICA, capace di agire nel qui ed
ora, e non un'opzione confinata nel solo mondo morale dei
desideri.
Nel mio piccolo è stato con questo spirito che ho speso
anni ed energie nei movimenti contro la guerra degli anni
Ottanta (Còmiso) e di questo inizio secolo (Iraq).
Per chi ha fatto attivismo in questo spirito, "scoprire",
quindi, che un presidente in carica alla Casa Bianca non è un
pacifista, mi sembra la scopertta dell'acqua calda.
Detto questo, visto che la carica di cui parliamo ha un
discreto potere nella politica mondiale attuale, e dispone anche
di un discreto "credito" di opinione pubblica, non è inutile
discutere del giudizio da dare su questa presidenza, neppure per
poche piccole ridicole formichine di una provincia lontana e
soggetta (la più soggetta dell'intera UE, e non da ieri) quali noi
siamo.
Da questo punto vista, due cose solo, su un argomento che
potremmo sviscerare per ore e ore, volendo.
1- la politica estera e la politica interna sono cose
diverse
2- un politico può essere giudicato da tanti punti di vista
-e quello morale è sempre legittimo, e anche significativo a mio
avviso- ma lo deve anche da quello della coerenza fra impegni
pubblici e realizzazioni.
Sul punto 1. Obama ha una politica non molto diversa da
quella del suo predecessore in Afghanistan (il chè non vuol dire
identica), ma è agli antipodi -quanto può esserlo un presidente-
per quella sociale: a noi può sembrare secondario, ma state pur
certi che non lo è affatto per la maggior parte dei suoi
concittadini, e per milioni e milioni di suoi elettori.
Sul punto 2. Obama NON HA MAI promesso un'inversione di rotta
radicale in tema di politica estera. Ha promesso il ritiro
dall'Iraq, pur diluito nel tempo, e mi pare che lo stia attuando,
più o meno. Quello che invece ha "promesso", o meglio ha posto al
centro del suo programma, sono due cose di politica interna: il
welfare (la sanità per tutti, che non esisteva) e gli investimenti
per l'istruzione.
Il fatto che a noi come pacifisti non piacciano le scelte
estere di Obama -e a me non piacciono- non ci deve impedire di
formulare un giudizio obiettivo sulla sua presidenza, a meno di
entrare a far parte della schiera sterminata degli irrilevanti
autoreferenziali eterni minoritari.
La pace mondiale ha bisogno di un Nordamerica che impari a
starsene un po' a casa sua e a non pretendere di dare lezioni
oltreconfine ma ci vorrà -temo- qualche generazione, o guerre
che preferisco non immaginare (o entrambe le cose) perchè ciò
possa avvenire. Intanto, però, un Nordamerica che elegge un
presidente figlio di un immigrato africano e che sceglie di
investire massicciamente sulla sanità e sulla scuola è un
cambiamento non piccolo dall'era Bush (ma Clinton anche,
direi).
La storia è imprevedibile -checchè ne pensassero tanti
"teorici" sia di destra che di sinistra-, ma io una previsione
provo ad azzardarla. Perchè un cambio davvero radicale
nella politica estera degli USA possa avvenire sarà
necessario -come spesso è accaduto in passato- che a ciò li
costringano forze esterne (non necessariamente, sia
chiaro, con mezzi militari).
Liberarsi da ogni residuo di sudditanza alla falsa coscienza
e all'deologia neoimperiale dei "diritti umani", per esempio, è un
passo necessario -sempre a mio modestissimo avviso- per vedere con
chiarezza queste dinamiche e questa dimensione della politica
estera USA. In nessun paese -forse, salvo la Cina- la classe
dirigente sa essere pragmatica come negli USA, e se le energie di
tanti attivisti dei diritti umani e della pace si dedicassero un
po' (giusto per fare un esempio) a far le pulci al paese che
ha il più alto rapporto (o almeno uno dei più alti) fra
cittadini e popolazione incercerata, questo alla lunga potrebbe
non restare privo di conseguenze.
Così la vedo io.
Gualtiero Via
«Una
volta furono gli Ebrei a conoscere la ”diaspora”. Vennero
dispersi, cacciati dal medio oriente e dispersi per il mondo;
adesso sono invece i Palestinesi. Ebbene io affermo ancora una
volta che i Palestinesi hanno diritto sacrosanto a una patria ed a
una terra come l’hanno avuta gli Israeliti».
Sandro
Pertini, dal Messaggio di fine anno in diretta TV in qualità di
Presidente della Repubblica, 31 dicembre del 1983
---
Mar 29/12/09, lorenzo_galbiati
<lorenz.news at tele2.it> ha scritto:
Da:
lorenzo_galbiati <lorenz.news at tele2.it> Oggetto: [pace]
Obama e la guerra globale (sempre contro il terrorismo, si
intende) A: pace at peacelink.it, "lista pax christi gr
discussione" <paxchristi at yahoogroups.com>, "lista
nonviolenti" <nonviolenti at liste.retelilliput.org>, "lista
Mir dibattito" <mir-riconciliazione at yahoogroups.com>,
"Lista Menapace" <lista123lm at gmail.com>, "lista lilliput
glt NV" <glt-nonviolenza at liste.retelilliput.org>, "lista
eco-fem-nv" <eco-fem-nonviolenta at lists.unbit.it>, "lista
donne in nero" <donneinnero-owner at listas.nodo50.org>,
"lista angelo casati 01" <sullasoglia at yahoogroups.com>,
"lista alteracultura" <info at alteracultura.org> Data:
Martedì 29 dicembre 2009, 19:47
Obama, vacanze stop e discorso alla nazione combatteremo
i terroristi ovunque siano
28 dicembre 2009, Il Secolo
XIX
Vacanze interrotte per il discorso alla Nazione a
testimonianza della delictezza del momento, dopo le ultime
minacce di Al Qaeda, il tentato attentato a bordo di un aereo a
Detroit, un altro sventato con la minaccia di dieci kamikaze
addestrati e pronti a colpire nel 2010 “al cuore” gli Stati
Uniti. Livello di massima allerta come dopo l’11 settembre 2001
e l’attentato alle torri gemelle.
LA
SITUAZIONE
Il presidente americano Barack Obama ha parlato alla
nazione in un breve discorso dopo l’attentato fallito al volo
Delta-Northwest «ci ricorda i pericoli che abbiamo davanti», ha
detto nel primo commento pubblico sull’episodio, che ha
riportato il terrore nei cieli americani. «È un serio promemoria
dei pericoli che abbiamo di fronte», ha aggiunto Obama. «Il
popolo americano deve sapere che stiamo facendo tutto quel che è
in nostro potere per garantire la sicurezza». Faremo «tutto ciò
che è in nostro potere per garantire la sicurezza di ogni
famiglia americana» e «per garantire la sicurezza degli Usa», ha
detto ancora annunciando una revisione delle politiche di
sicurezza negli aeroporti per evitare il ripetersi di incidenti
come il fallito attentato il giorno di Natale. Gli estremisti
che complottano contro gli Stati Uniti sappiano che gli Stati
Uniti sono pronti a usare ogni loro risorsa, e ovunque, contro
di loro: «in Afghanistan o in Pakistan, in Yemen o in Somalia».
«Non abbiamo tutte le risposte su questo ultimo tentativo -
ha detto Obama - ma chiunque uccide uomini, donne e bambini
innocenti deve sapere che gli Stati Uniti non si limitano ad
alzare le difese all’interno»: gli Stati Uniti faranno tutto
quello che è in loro potere contro i nemici che «in Afghanistan
o in Pakistan, in Yemen o in Somalia o ovunque complottano per
organizzare attacchi contro il suolo americano». Obama ha detto
poi agli americani di «restare vigili, ma avere fiducia».
Il presidente ha espresso poi «una dura condanna» delle
violenze in Iran, con morti e feriti, e ha chiesto al regime di
rispettare i diritti del proprio popolo.
C'è ancora qualcuno che vede
una differenza sostanziale tra l'Obama premio Nobel (sic!) per
la pace e George w. Bush?
Scritto
nella notte, il primo testo conteneva diversi errori. Guardare
questo e non quello.
Ciao,
Enrico
Come la Germania anni ‘30
Sentiamoci tutti in debito di
vedere questo film, Welcome, di Philippe
Lioret, francese. Ci mostra
quello che sappiamo, ma cerchiamo di ignorare, più altri
particolari polizieschi, della guerra francese ai migranti.
Con le leggi si cacciano gli umani discriminati, con l’aiuto
di cani cacciatori di umani.
Ma la guerra è quasi uguale da
noi. Si esce dalla sala vergognosi e colpevoli, per il crimine
di lesa umanità perpetrato dai governi, dai legislatori, dalle
polizie, e da noi cittadini sovrani, anche se aborriamo
l’infima Lega razzista. All’uscita, ci guardiamo in faccia, un
anziano signore e la moglie, indignati e colpiti come noi, e
ci diciamo: «Come in Germania anni ’30!». Stringo le loro mani
senza poter parlare per il nodo alla gola. Leggete trama e
recensioni, ma guardate il film, per rispetto al dolore che
noi causiamo due volte: nei paesi prima dissanguati dal
capitalismo e ora pugnalati dalla
guerra.
Siamo in Francia, 2008, a Calais, e,
secondo le leggi applicate ad arbitrio della polizia, è reato
aiutare un clandestino che cerca di passare in Inghilterra,
anche solo ospitarlo una notte. Sul filo di un amore tra due
giovani iracheni – Bilal che vuole raggiungere Mina in
Inghilterra - c’è una storia orrenda e tragica. È storia
nostra, di questi giorni. Anche a Torino c’è un campo di
detenzione di innocenti, colpevoli di essere stranieri in fuga
da condizioni che noi non sapremmo tollerare. Perciò li
rinchiudiamo in corso Brunelleschi e li rispediamo
nell’inferno da cui fuggono. Noi cittadini siamo colpevoli di
non ribellarci. Io sono colpevole. Ho fatto solo qualche
manifestazione. Ho scritto più duro che potevo. Non di più.
Gridiamo che legislatori e governanti
sono colpevoli di lesa umanità, legge superiore alle loro
leggi disumane. Poliziotti, informatori, insegnanti,
intellettuali, sono colpevoli di collaborare, o tollerare, o
tacere. Sono colpevoli i predicatori del vangelo che non
dichiarano flagellatori di Cristo tutti i colpevoli di
razzismo, noi compresi. Nell’elenco di tutto ciò che offende
Dio, i preti non dicono che solo offendere e scacciare il
povero schiaffeggia Dio. Filtrano il moscerino e ingoiano il
cammello.
L’Italia manda, tutti i
partiti d’accordo, migliaia di costosissimi militari in guerre
chiamate pace, in onore al falso, che è la lingua del dominio
e del prestigio armato. E neghiamo il necessario per
l’accoglienza umana delle vittime. Per un profugo che cede
alla disperazione, li criminalizziamo tutti. L’Italia razzista
si danna il cuore, e le chiese non lo gridano in piazza, come
Giona a Ninive (che oggi è
bombardata).
Ci sono associazioni di legali
per questa causa. Ci sono associazioni di volontari
impegnatissimi. Chiedo a chi vuole di unirci tutti, con
l’assistenza professionale dei primi, per denunciare
personalmente alle istanze mondiali ed europee dei diritti umani
gli autori personali del grande crimine di lesa umanità. I
partiti si scambiano accuse personali, e nessuno pone la
condizione assoluta: essere umani.
Noi siamo obbligati a violare queste
leggi. La prigione mi fa paura (forse la eviterei coi miei 74
anni), soldi per pagare risarcimenti non ne ho l’ombra. Ma
dobbiamo violarle insieme, in tanti. Mostrare sulle nostre
persone di cittadini l’offesa fatta agli extra-cittadini. C’è
una sola umanità e una sola cittadinanza mondiale. Certo, gli
afflussi non possono essere caotici, per il bene degli stessi
profughi. Il modo si trova se c’è l’animo. E l’animo finora è
nemico del profugo.
Oggi noi siamo come i tedeschi e
i polacchi che vedevano passare i treni piombati o i prigionieri
al lavoro schiavile, e non gridavano. Anche a loro era facile
vedere che non c’era nulla da fare. I ragazzi della “Rosa
Bianca” non tollerarono. A noi è facile anche accusare Pio XII
di silenzio, ma oggi il diritto umano, che è unico, accusa noi,
colpevoli dello stesso silenzio.
Io cerco con lo scritto, e
chiedo aiuto a chi sa meglio come agire in tutta chiarezza, di
trovare insieme la più frontale sfida personale e collettiva
alle leggi razziste e alla mentalità feroce che le sostiene e la
applica. Tocca anzitutto ai vecchi come me, che hanno meno da
perdere, spendere fino in fondo i dolorosi apprendimenti della
vita, per risvegliare nelle coscienze qualche seme di
giustizia.