Secondo me, equiparare Prodi e Berlusconi,
Bush e Obama, è martellarsi le dita delle mani e dei piedi, ecc. , è volersi
male, e voler male anche alle vittime.
La politica è una piccola cosa, stretta
nella realtà spesso brutta. Condiziona molto, ma soprattutto dipende dall'animo
della società. Spec. nelle "democrazie" vuole il consenso. Sembra primaria, ma è
secondaria.
Il potere militar-materiale degli stati
"ottunde l'intelligenza" (Kant), è pericoloso anzitutto a chi ce l'ha, che
diventa pericoloso per gli altri. Noi "cittadini" (=
"politici") facciamo (cioè tentiamo, ci arrabattiamo di fare) la vera politica
(vita della "polis" umana), col "potere di", col "potere per", e non il "potere
su".
Di quella politica là, dei governi,
possiamo già essere contenti se, insieme a un passo indietro, ne fanno uno e
mezzo in avanti, sui tempi lunghi. E se hanno qualche idea più giusta di ciò che
fanno.
Più dei singoli passi, conta la direzione,
cioè i valori in vista, l'orizzonte. Questo spetta a noi tenerlo sempre chiaro,
ed esigere l'orientamento. Dobbiamo discutere gli atti dei potenti, giudicarli,
ma sapere che tutto è solo sempre gradualità, sempre con contraddizioni. Si
arranca sulla terra e non si vola.
A noi, movimenti, cultura e anima
della società, tocca la responsabilità di "dire la verità al potere" (Gandhi), e
di correggerlo in continuazione, senza rifugiarci nell'autosoddisfazione
paralitica di non vederne le pur piccole differenze e variazioni. I risultati si
preparano e non si vedono. I ritmi della giustizia e della pace sono secolari.
Una regola dell'azione giusta è la costanza, anche a mani vuote.
So bene che in altri momenti dico cose
diverse, complementari a queste. Camminare è squilibrarsi, ora buttare avanti il
piede destro, ora il sinistro.
Subject: Re: [pace] Obama e la guerra
globale (sempre contro il terrorismo, si intende)
Due premesse:
1. Io non volevo giudicare in alcun modo
Obama per tutta la sua politica, il mio intervento si riferiva alla sua
politica estera, non a quella interna (su cui comunque occorrerebbe dire
molto, per es. sulla riforma della sanità con l'esclusione dell'intervento
pubblico: Obama aveva fatto la sua propaganda proprio sull'intervento
pubblico, se mi ricordo bene!).
L'altro giorno il tg della notte ha presentato
queste frasi di Obama come un atto di continuità con la linea di Bush. Io non
dico che Obama abbia promesso un cambiamento radicale e una pace perenne, ma
mi sembra anche
sbagliato pensare che Obama abbia promesso solo
guerre ovunque, ha detto chiaro che l'approccio americano sarebbe cambiato in
senso più diplomatico e meno unilaterale (vedi Iran) e ha promesso di
affrontare la questione Occidente -Islam in un discorso molto enfatizzato dai
media (in Egitto), in cui si parlava anche della questione
israelo-palestinese.
2. La premessa da cui sono partito nello scrivere
la mia frase di commento all'articolo è che, per il mio sentire, molte persone
pacifiste o comunque di sinistra hanno come un occhio di riguardo per Obama,
cioè due pesi due misure per giudicare dichiarazioni ed atti suoi e di Bush:
le stesse cose dette o fatte da Bush sarebbero condannate, da Obama no o ben
poco, se non addirittura imputate ai suoi avversari, che lo condizionerebbero
solo nell'agire in negativo - come dire: a Obama spettano solo le
belle azioni o intenzioni, quelle negative sono altri che lo inducono a
farle.
Era insomma una provocazione.
Detto questo, se poi vogliamo ragionare su cosa
può attendersi o su cosa può fare il mondo pacifista per cercare la pace,
questo è un discorso molto interessante, perchè mette in gioco il Che fare, e
secondo me ne avremmo bisogno di parlare.
Subject: R: [pace] Obama e la guerra
globale (sempre contro il terrorismo, si intende)
Scusate, ma faccio fatica a seguire gli interventi di "denuncia"
del Presidente Obama. Beninteso, non condivido nulla delle sue scelte
recenti di politica estera, ma vorrei capire meglio da quali premesse
essa viene analizzata. Mi spiego.
Se il perseguimento della pace dovesse (o avesse dovuto) contare
prevalentemente sull'azione del Presidente degli USA Obama, le
reazioni di denuncia, sdegno, critica eccetera per la sua
politica in Afghanistan sarebbero più che giustificate.
Non mi pare, però, che le premesse e la storia del pacifismo
siano quelle -semplicemente- di implorare politiche di pace dai
governi in carica. Mi pare che ci sia sempre stato dell'altro e di
più, in termini di autoorganizzazione, di critica della democrazia
come puro formalismo, di critica del riarmo (sue conseguenze sociali,
politiche, perfino ideologiche...). Il movimento contro la guerra,
cioè, almeno nelle sue espressioni meno eterodirette (segreterie
nazionali di partiti o sindacati, o miniburocrazie fantoccio al
servizio di quelli, tipo Tavola dela Pace), è sempre stato
l'espressione di settori della società civile che nel loro sincero
sforzo di autodeterminazione hanno cercato di connettersi, e rendere
il desiderio di pace e di opposizione alla guerra una POLITICA, capace
di agire nel qui ed ora, e non un'opzione confinata nel solo mondo
morale dei desideri.
Nel mio piccolo è stato con questo spirito che ho speso anni
ed energie nei movimenti contro la guerra degli anni Ottanta
(Còmiso) e di questo inizio secolo (Iraq).
Per chi ha fatto attivismo in questo spirito, "scoprire", quindi,
che un presidente in carica alla Casa Bianca non è un pacifista, mi
sembra la scopertta dell'acqua calda.
Detto questo, visto che la carica di cui parliamo ha un discreto
potere nella politica mondiale attuale, e dispone anche di un discreto
"credito" di opinione pubblica, non è inutile discutere del giudizio
da dare su questa presidenza, neppure per poche piccole ridicole
formichine di una provincia lontana e soggetta (la più soggetta
dell'intera UE, e non da ieri) quali noi siamo.
Da questo punto vista, due cose solo, su un argomento che
potremmo sviscerare per ore e ore, volendo.
1- la politica estera e la politica interna sono cose
diverse
2- un politico può essere giudicato da tanti punti di vista -e
quello morale è sempre legittimo, e anche significativo a mio avviso-
ma lo deve anche da quello della coerenza fra impegni pubblici e
realizzazioni.
Sul punto 1. Obama ha una politica non molto diversa da
quella del suo predecessore in Afghanistan (il chè non vuol dire
identica), ma è agli antipodi -quanto può esserlo un presidente- per
quella sociale: a noi può sembrare secondario, ma state pur certi che
non lo è affatto per la maggior parte dei suoi concittadini, e per
milioni e milioni di suoi elettori.
Sul punto 2. Obama NON HA MAI promesso un'inversione di rotta
radicale in tema di politica estera. Ha promesso il ritiro dall'Iraq,
pur diluito nel tempo, e mi pare che lo stia attuando, più o meno.
Quello che invece ha "promesso", o meglio ha posto al centro del suo
programma, sono due cose di politica interna: il welfare (la sanità
per tutti, che non esisteva) e gli investimenti per l'istruzione.
Il fatto che a noi come pacifisti non piacciano le scelte estere
di Obama -e a me non piacciono- non ci deve impedire di formulare un
giudizio obiettivo sulla sua presidenza, a meno di entrare a far parte
della schiera sterminata degli irrilevanti autoreferenziali eterni
minoritari.
La pace mondiale ha bisogno di un Nordamerica che impari a
starsene un po' a casa sua e a non pretendere di dare lezioni
oltreconfine ma ci vorrà -temo- qualche generazione, o guerre che
preferisco non immaginare (o entrambe le cose) perchè ciò possa
avvenire. Intanto, però, un Nordamerica che elegge un presidente
figlio di un immigrato africano e che sceglie di investire
massicciamente sulla sanità e sulla scuola è un cambiamento non
piccolo dall'era Bush (ma Clinton anche, direi).
La storia è imprevedibile -checchè ne pensassero tanti "teorici"
sia di destra che di sinistra-, ma io una previsione provo ad
azzardarla. Perchè un cambio davvero radicale nella politica
estera degli USA possa avvenire sarà necessario -come spesso
è accaduto in passato- che a ciò li costringano forze esterne (non
necessariamente, sia chiaro, con mezzi militari).
Liberarsi da ogni residuo di sudditanza alla falsa coscienza e
all'deologia neoimperiale dei "diritti umani", per esempio, è un passo
necessario -sempre a mio modestissimo avviso- per vedere con chiarezza
queste dinamiche e questa dimensione della politica estera USA. In
nessun paese -forse, salvo la Cina- la classe dirigente sa essere
pragmatica come negli USA, e se le energie di tanti attivisti dei
diritti umani e della pace si dedicassero un po' (giusto per fare un
esempio) a far le pulci al paese che ha il più alto rapporto (o
almeno uno dei più alti) fra cittadini e popolazione incercerata,
questo alla lunga potrebbe non restare privo di conseguenze.
Così la vedo io.
Gualtiero Via
«Una
volta furono gli Ebrei a conoscere la ”diaspora”. Vennero dispersi,
cacciati dal medio oriente e dispersi per il mondo; adesso sono invece
i Palestinesi. Ebbene io affermo ancora una volta che i Palestinesi
hanno diritto sacrosanto a una patria ed a una terra come l’hanno
avuta gli Israeliti».
Sandro Pertini, dal Messaggio di fine
anno in diretta TV in qualità di Presidente della Repubblica, 31
dicembre del 1983
--- Mar 29/12/09, lorenzo_galbiati
<lorenz.news at tele2.it> ha scritto:
Da:
lorenzo_galbiati <lorenz.news at tele2.it> Oggetto: [pace]
Obama e la guerra globale (sempre contro il terrorismo, si
intende) A: pace at peacelink.it, "lista pax christi gr discussione"
<paxchristi at yahoogroups.com>, "lista nonviolenti"
<nonviolenti at liste.retelilliput.org>, "lista Mir dibattito"
<mir-riconciliazione at yahoogroups.com>, "Lista Menapace"
<lista123lm at gmail.com>, "lista lilliput glt NV"
<glt-nonviolenza at liste.retelilliput.org>, "lista eco-fem-nv"
<eco-fem-nonviolenta at lists.unbit.it>, "lista donne in nero"
<donneinnero-owner at listas.nodo50.org>, "lista angelo casati
01" <sullasoglia at yahoogroups.com>, "lista alteracultura"
<info at alteracultura.org> Data: Martedì 29 dicembre 2009,
19:47
Obama, vacanze stop e discorso alla nazione combatteremo i
terroristi ovunque siano
28 dicembre 2009, Il Secolo XIX
Vacanze interrotte per il discorso alla Nazione a testimonianza
della delictezza del momento, dopo le ultime minacce di Al Qaeda, il
tentato attentato a bordo di un aereo a Detroit, un altro sventato
con la minaccia di dieci kamikaze addestrati e pronti a colpire nel
2010 “al cuore” gli Stati Uniti. Livello di massima allerta come
dopo l’11 settembre 2001 e l’attentato alle torri gemelle.
LA
SITUAZIONE
Il presidente americano Barack Obama ha parlato alla nazione in
un breve discorso dopo l’attentato fallito al volo Delta-Northwest
«ci ricorda i pericoli che abbiamo davanti», ha detto nel primo
commento pubblico sull’episodio, che ha riportato il terrore nei
cieli americani. «È un serio promemoria dei pericoli che abbiamo di
fronte», ha aggiunto Obama. «Il popolo americano deve sapere che
stiamo facendo tutto quel che è in nostro potere per garantire la
sicurezza». Faremo «tutto ciò che è in nostro potere per garantire
la sicurezza di ogni famiglia americana» e «per garantire la
sicurezza degli Usa», ha detto ancora annunciando una revisione
delle politiche di sicurezza negli aeroporti per evitare il
ripetersi di incidenti come il fallito attentato il giorno di
Natale. Gli estremisti che complottano contro gli Stati Uniti
sappiano che gli Stati Uniti sono pronti a usare ogni loro risorsa,
e ovunque, contro di loro: «in Afghanistan o in Pakistan, in Yemen o
in Somalia».
«Non abbiamo tutte le risposte su questo ultimo tentativo - ha
detto Obama - ma chiunque uccide uomini, donne e bambini innocenti
deve sapere che gli Stati Uniti non si limitano ad alzare le difese
all’interno»: gli Stati Uniti faranno tutto quello che è in loro
potere contro i nemici che «in Afghanistan o in Pakistan, in Yemen o
in Somalia o ovunque complottano per organizzare attacchi contro il
suolo americano». Obama ha detto poi agli americani di «restare
vigili, ma avere fiducia».
Il presidente ha espresso poi «una dura condanna» delle
violenze in Iran, con morti e feriti, e ha chiesto al regime di
rispettare i diritti del proprio popolo.
C'è ancora qualcuno che vede una
differenza sostanziale tra l'Obama premio Nobel (sic!) per la pace e
George w. Bush?
Scritto
nella notte, il primo testo conteneva diversi errori. Guardare
questo e non quello.
Ciao,
Enrico
Come la Germania anni ‘30
Sentiamoci tutti in debito di
vedere questo film, Welcome, di Philippe
Lioret, francese. Ci mostra
quello che sappiamo, ma cerchiamo di ignorare, più altri
particolari polizieschi, della guerra francese ai migranti. Con le
leggi si cacciano gli umani discriminati, con l’aiuto di cani
cacciatori di umani.
Ma la guerra è quasi uguale da
noi. Si esce dalla sala vergognosi e colpevoli, per il crimine di
lesa umanità perpetrato dai governi, dai legislatori, dalle
polizie, e da noi cittadini sovrani, anche se aborriamo l’infima
Lega razzista. All’uscita, ci guardiamo in faccia, un anziano
signore e la moglie, indignati e colpiti come noi, e ci diciamo:
«Come in Germania anni ’30!». Stringo le loro mani senza poter
parlare per il nodo alla gola. Leggete trama e recensioni, ma
guardate il film, per rispetto al dolore che noi causiamo due
volte: nei paesi prima dissanguati dal capitalismo e ora pugnalati
dalla guerra.
Siamo in Francia, 2008, a Calais, e,
secondo le leggi applicate ad arbitrio della polizia, è reato
aiutare un clandestino che cerca di passare in Inghilterra, anche
solo ospitarlo una notte. Sul filo di un amore tra due giovani
iracheni – Bilal che vuole raggiungere Mina in Inghilterra - c’è
una storia orrenda e tragica. È storia nostra, di questi giorni.
Anche a Torino c’è un campo di detenzione di innocenti, colpevoli
di essere stranieri in fuga da condizioni che noi non sapremmo
tollerare. Perciò li rinchiudiamo in corso Brunelleschi e li
rispediamo nell’inferno da cui fuggono. Noi cittadini siamo
colpevoli di non ribellarci. Io sono colpevole. Ho fatto solo
qualche manifestazione. Ho scritto più duro che potevo. Non di
più.
Gridiamo che legislatori e governanti sono
colpevoli di lesa umanità, legge superiore alle loro leggi
disumane. Poliziotti, informatori, insegnanti, intellettuali, sono
colpevoli di collaborare, o tollerare, o tacere. Sono colpevoli i
predicatori del vangelo che non dichiarano flagellatori di Cristo
tutti i colpevoli di razzismo, noi compresi. Nell’elenco di tutto
ciò che offende Dio, i preti non dicono che solo offendere e
scacciare il povero schiaffeggia Dio. Filtrano il moscerino e
ingoiano il cammello.
L’Italia manda, tutti i partiti
d’accordo, migliaia di costosissimi militari in guerre chiamate
pace, in onore al falso, che è la lingua del dominio e del
prestigio armato. E neghiamo il necessario per l’accoglienza umana
delle vittime. Per un profugo che cede alla disperazione, li
criminalizziamo tutti. L’Italia razzista si danna il cuore, e le
chiese non lo gridano in piazza, come Giona a Ninive (che oggi è
bombardata).
Ci sono associazioni di legali per
questa causa. Ci sono associazioni di volontari impegnatissimi.
Chiedo a chi vuole di unirci tutti, con l’assistenza professionale
dei primi, per denunciare personalmente alle istanze mondiali ed
europee dei diritti umani gli autori personali del grande crimine di
lesa umanità. I partiti si scambiano accuse personali, e nessuno
pone la condizione assoluta: essere umani.
Noi siamo obbligati a violare queste leggi.
La prigione mi fa paura (forse la eviterei coi miei 74 anni), soldi
per pagare risarcimenti non ne ho l’ombra. Ma dobbiamo violarle
insieme, in tanti. Mostrare sulle nostre persone di cittadini
l’offesa fatta agli extra-cittadini. C’è una sola umanità e una sola
cittadinanza mondiale. Certo, gli afflussi non possono essere
caotici, per il bene degli stessi profughi. Il modo si trova se c’è
l’animo. E l’animo finora è nemico del profugo.
Oggi noi siamo come i tedeschi e i
polacchi che vedevano passare i treni piombati o i prigionieri al
lavoro schiavile, e non gridavano. Anche a loro era facile vedere
che non c’era nulla da fare. I ragazzi della “Rosa Bianca” non
tollerarono. A noi è facile anche accusare Pio XII di silenzio, ma
oggi il diritto umano, che è unico, accusa noi, colpevoli dello
stesso silenzio.
Io cerco con lo scritto, e chiedo
aiuto a chi sa meglio come agire in tutta chiarezza, di trovare
insieme la più frontale sfida personale e collettiva alle leggi
razziste e alla mentalità feroce che le sostiene e la applica. Tocca
anzitutto ai vecchi come me, che hanno meno da perdere, spendere
fino in fondo i dolorosi apprendimenti della vita, per risvegliare
nelle coscienze qualche seme di giustizia.