Per favore, vorrei ricevere la mail col commento all'art. 1,
che non ho ricevuto.
E poi tutti successivi articoli.
Grazie dell'iniziativa, che è ottima!
Enrico Peyretti, Torino
----- Original Message -----
Sent: Wednesday, November 12, 2008 10:10
AM
Subject: [pace] 30 giorni x 30 articoli:
articolo 2
30 giorni x 30 articoli. Verso il
10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un articolo della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani Art. 2
"Senza distinzione alcuna"
La Tavola della pace rinnova
l'appello ai direttori dei TG della RAI: bastano pochi secondi al
giorno nei TG
Da oggi,
ogni articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che
leggeremo (uno al giorno) fino al 10 dicembre 2008 sarà accompagnato da
una riflessione del prof. Antonio Papisca, direttore della Cattedra
UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il Centro
interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli
dell'Università di Padova.
Oggi il "commento" del prof. Papisca è
triplo: sul preambolo della Dichiarazione Universale, sull'Articolo 1 e
sull'articolo di oggi: l'Articolo 2.
Leggiamo insieme il secondo
articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani.
Articolo 2 della Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani
"Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e
tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza
distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di
lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine
nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto
politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una
persona appartiene, sia che tale territorio sia indipendente, o
sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a
qualsiasi altra limitazione di sovranità."
Questo articolo,
affermando che tutti i diritti e libertà enunciati nella Dichiarazione
"spettano ad ogni individuo", potrebbe sembrare pleonastico rispetto
all'articolo 1, è invece il suo completamento con l'ammonizione: giù le
mani dalla dignità della persona e dai diritti che le ineriscono.
L'espressione "senza distinzione", richiama implicitamente il principio
di eguaglianza e introduce quello di non discriminazione, che verrà
esplicitato dall'articolo 7. Il divieto di discriminazione è già
espresso, in termini generali, nell'articolo 1 della Carta delle Nazioni
Unite (1945), che annovera tra i fini quello di "conseguire la
cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali
di carattere economico, sociale, culturale ad umanitario, e nel
promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di
lingua o di religione"(corsivo aggiunto). La dottrina e la
giurisprudenza sono concordi nell'annoverare il divieto di
discriminazione tra quelli assoluti, come tali ad altissima valenza
precettiva: al riguardo si parla di ius cogens, i cui principi
obbligano tutti a prescindere dal fatto di averli accettati per
iscritto. Siamo nel diritto consuetudinario, che comprende anche i
divieti di schiavitù, di genocidio, di violazioni estese e reiterate dei
diritti umani. Il divieto di discriminazione è ribadito in tutte le
Convenzioni giuridiche internazionali, in particolare nella Convenzione
contro la discriminazione razziale, in quella contro le donne, in quella
sui diritti delle persone con diasbilità, in quella sui diritti dei
lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. L'articolo 2
della Dichiarazione universale offre una tipologia di cause e forme di
discriminazione. Va sottolineato il secondo paragrafo che attiene allo
'statuto politico, giuridico o internazionale' dei paesi e dei
terrritori di afferenza delle persone. L'appartenenza di una persona ad
uno stato a regime totalitario non può essere motivo di discriminazione
da parte di governi e cittadini di stati a regime democratico. Per i
diritti umani non vale il principio mercantile della
reciprocità. Forme sempre più frequenti di discriminazione attengono
alla sfera della pratica religiosa, dell'educazione e della
cittadinanza. Per esempio, le classi scolastiche 'differenziate' per i
bambini degli immigrati costituiscono flagrante violazione, oltre che
del generale divieto di discriminazione, anche degli espliciti obblighi
delle Convenzioni Unesco in materia sia di educazione (1960) sia di
"protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali"
(entrata in vigore nel 2006). Una forma particolarmente odiosa di
discriminazione è quella che si traduce nella pulizia etnica e, spesso,
nei collegati processi di vero e proprio genocidio. La discriminazione
investe anche il mondo del lavoro. Le politiche che assumono come
fisiologica la disoccupazione e la precarietà contravvengo il divieto di
discriminazione. Le politiche di neoliberismo, improntate alla
de-regulation (economica e istituzionale) e che danno per
scontato che ottocento milioni di esseri umani debbano morire per fame e
povertà estrema, sono flagrantemente discriminatorie. C'è chi pensa, a
ragione, che tali politiche debbano essere annoverate tra i crimini
contro l'umanità. La discriminazione è l'alleata, talora subdola ma
sempre perniciosamente efficace, di intolleranza, razzismo, xenofobia,
guerra.
Antonio Papisca Cattedra UNESCO "Diritti umani,
democrazia e pace" presso il Centro interdipartimentale sui diritti
della persona e dei popoli dell'Università di Padova (antonino.papisca at unipd.it).
Tutte le attività promosse in vista del 10
dicembre sono pubblicate sul sito: www.perlapace.it.
Perugia,
11 novembre 2008
Ufficio Stampa Tavola della
pace Floriana Lenti 338/4770151 tel. +39 075 5734830 - Fax
+39 075 5721234 email: stampa at perlapace.it - sito:
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