30 giorni x 30 articoli.
Verso il 10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un
articolo
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Art. 2
"Senza distinzione
alcuna"
La Tavola della pace rinnova
l'appello ai direttori dei TG della RAI:
bastano pochi secondi al giorno nei TG
Da
oggi, ogni articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
che leggeremo (uno al giorno) fino al 10 dicembre 2008 sarà
accompagnato da una riflessione del prof. Antonio Papisca, direttore
della Cattedra UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il
Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli
dell'Università di Padova.
Oggi il "commento" del prof. Papisca
è triplo: sul preambolo della Dichiarazione Universale, sull'Articolo 1
e sull'articolo di oggi: l'Articolo 2.
Leggiamo insieme il secondo articolo della Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani.
Articolo 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
"Ad
ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate
nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di
razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione
politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di
ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà
inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o
internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene,
sia che tale territorio sia indipendente, o sottoposto ad
amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra
limitazione di sovranità."
Questo articolo, affermando che
tutti i diritti e libertà enunciati nella Dichiarazione "spettano ad
ogni individuo", potrebbe sembrare pleonastico rispetto all'articolo 1,
è invece il suo completamento con l'ammonizione: giù le mani dalla
dignità della persona e dai diritti che le ineriscono. L'espressione
"senza distinzione", richiama implicitamente il principio di
eguaglianza e introduce quello di non discriminazione, che verrà
esplicitato dall'articolo 7. Il divieto di discriminazione è già
espresso, in termini generali, nell'articolo 1 della Carta delle
Nazioni Unite (1945), che annovera tra i fini quello di "conseguire la
cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali
di carattere economico, sociale, culturale ad umanitario, e nel
promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di
lingua o di religione"(corsivo
aggiunto). La dottrina e la giurisprudenza sono concordi
nell'annoverare il divieto di discriminazione tra quelli assoluti, come
tali ad altissima valenza precettiva: al riguardo si parla di ius
cogens,
i cui principi obbligano tutti a prescindere dal fatto di averli
accettati per iscritto. Siamo nel diritto consuetudinario, che
comprende anche i divieti di schiavitù, di genocidio, di violazioni
estese e reiterate dei diritti umani.
Il divieto di discriminazione
è ribadito in tutte le Convenzioni giuridiche internazionali, in
particolare nella Convenzione contro la discriminazione razziale, in
quella contro le donne, in quella sui diritti delle persone con
diasbilità, in quella sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri
delle loro famiglie.
L'articolo 2 della Dichiarazione universale
offre una tipologia di cause e forme di discriminazione. Va
sottolineato il secondo paragrafo che attiene allo 'statuto politico,
giuridico o internazionale' dei paesi e dei terrritori di afferenza
delle persone. L'appartenenza di una persona ad uno stato a regime
totalitario non può essere motivo di discriminazione da parte di
governi e cittadini di stati a regime democratico. Per i diritti umani
non vale il principio mercantile della reciprocità.
Forme sempre più
frequenti di discriminazione attengono alla sfera della pratica
religiosa, dell'educazione e della cittadinanza. Per esempio, le classi
scolastiche 'differenziate' per i bambini degli immigrati costituiscono
flagrante violazione, oltre che del generale divieto di
discriminazione, anche degli espliciti obblighi delle Convenzioni
Unesco in materia sia di educazione (1960) sia di "protezione e
promozione della diversità delle espressioni culturali" (entrata in
vigore nel 2006). Una forma particolarmente odiosa di discriminazione è
quella che si traduce nella pulizia etnica e, spesso, nei collegati
processi di vero e proprio genocidio. La discriminazione investe anche
il mondo del lavoro. Le politiche che assumono come fisiologica la
disoccupazione e la precarietà contravvengo il divieto di
discriminazione. Le politiche di neoliberismo, improntate alla de-regulation
(economica e istituzionale) e che danno per scontato che ottocento
milioni di esseri umani debbano morire per fame e povertà estrema, sono
flagrantemente discriminatorie. C'è chi pensa, a ragione, che tali
politiche debbano essere annoverate tra i crimini contro l'umanità.
La discriminazione è l'alleata, talora subdola ma sempre
perniciosamente efficace, di intolleranza, razzismo, xenofobia, guerra.
Antonio Papisca
Cattedra
UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il Centro
interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli
dell'Università di Padova (antonino.papisca at unipd.it).
Tutte le attività promosse in vista del 10 dicembre sono pubblicate sul
sito: www.perlapace.it.
Perugia, 11 novembre 2008
Ufficio Stampa Tavola della pace
Floriana Lenti 338/4770151
tel. +39 075 5734830 - Fax +39 075 5721234
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