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R: Re: [pace] unire la sinistra? Cittadini non politici
- Subject: R: Re: [pace] unire la sinistra? Cittadini non politici
- From: "pietroancona at tin.it" <pietroancona at tin.it>
- Date: Mon, 23 Apr 2007 14:45:11 +0100 (GMT+01:00)
a Firenze si è celebrata, in una zuccherosa falsa retorica, la morte di
un Partito dei Lavoratori, del socialismo italiano. Dico dei lavoratori
manche se aveva da un pezzo tradito riducendoli a pezzenti coin le
millesime richieste di aumento contrattuale della CGIL che, nel girro
di dieci anni, hanno precipitato tutto il mondo del lavoro dipendente
nell'abisso della miseria. Nessuno degli impiegati con famiglia può
offrirsi un cappuccino la mattina o una fetta diu carne degna di questo
nome la domenica.
Che i DS siano andati a raggiungere la borghesia
media e medioalta tutto sommato è un fatto di chiarezza. Si può
ricostituire la sinistra ad una condizione
La crisi di
governo!!!
Giordano Bertinotti e diliberto non possono proporre di
costruire un nuovo Partito di sinistra restando nel governo del
liberismo piuù feroce di questo dopoguerra, nel governo con le mani
sozze di sangue innocenti mafhghano irakeno e palestinese.
Se non
ci sarà crisi di governo, ebbene anche loro vi prendono per i
fondelli!!!
----Messaggio originale----
Da: conques at alice.it
Data: 23-
apr-2007 2.25 PM
A: <pace at peacelink.it>
Ogg: Re: [pace] unire la
sinistra? Cittadini non politici
la definizione "cittadini" è
assiologica. raffigura tutti e nessuno in
particolare.
per cambiare il
mondo è invece necessario distinguere, dare il nome alle
cose
concrete, comprendere i rapporti di forza, agire.
perciò, "cittadini"
per riconoscerci reciprocamente, ma soprattutto
"politici" per
cambiare lo stato di cose presente.
veniamo al merito e alla forma del
mio appello per "unire la sinistra".
è innegabile che di fronte e a
fianco di un Pd prossimamente maggioritario
nel quadro politico
italiano, 4-5 formazioni all'estrema sinistra che non
superano ognuna
il 6%, possono pesare ben poco divise, ma moltissimo se
unite sulla
base di una piattaforma comune e condivisa
ed ora veniamo all'esempio
Usa.
la sinistra democratica e radical è ben presente nel Pd
statunitense, ma
conta come il due di briscola. basta ricordare le
primarie presidenziali di
questi ultimi 20 anni. ogni volta, nei primi
stati in cui si votava, il
candidato democratico più a sinistra e
radicale sembrava decollare. poi,
alla fine, rusiltava candidato a
presidente il più moderato.
che fare?
sarò anche vetero-marxista,
d'accordo, ma sono dell'avviso che negli Usa la
politica non subirà un
profondo cambiamento finché non accadrà una profonda
e drastica crisi
economica.
una riedizione del crak finanziario del '29 - non del tutto
fantascientifica - aprirebbe orizzonti inediti anche lì, nella
roccaforte
del moderatismo e della conservazione planetaria.
LM
----- Original Message -----
From: "Doriana Goracci"
<doriana at inventati.org>
To: <pace at peacelink.it>
Sent: Monday, April 23,
2007 1:42 PM
Subject: Re: [pace] unire la sinistra? Cittadini non
politici
> Credo che questo testo possa emblematicamente, malgrado
venga da lontano,
> dare una risposta a quell "Unire la sinistra!", a
cui io ho messo un
> punto interrogativo, invece.
> Doriana
>
________________________________________________________
> Cittadini,
non politici
> di Howard Zinn (The Progressive)
> Noi non siamo
politici, siamo cittadini. Abbiamo solo le nostre coscienze,
> che ci
spingono verso la verità. La storia insegna che non c'è niente di
> più
> realistico che un cittadino possa fare
>
> Il Congresso sta decidendo
quando ritirare i soldati dall'Iraq. In
> risposta
> all'improvvisa
richiesta di nuove truppe da parte dell'amministrazione
> Bush
> e al
rifiuto dei Repubblicani di limitare la nostra [degli americani, NdT]
>
occupazione, i Democratici, timorosi come al solito, propongono un
ritiro
> -
> da effettuarsi, però, solo tra un anno o diciotto mesi.
Sembra anche che
> si
> aspettino l'appoggio del movimento pacifista.
>
> Ciò è risultato in un recente comunicato del movimento MoveOn, che
>
riguardo
> la proposta democratica ha sondato l'opinione tra i propri
affiliati: "I
> progressisti del Congresso, come molti di noi, non
pensano andrà in porto,
> ma vedono questa proposta come il primo passo
verso la fine della
> guerra".
>
> Paradossale è il fatto che questa
proposta consente di stanziare
> centoventiquattro miliardi di dollari
in termini di ulteriori fondi
> destinati alla guerra. È come se, prima
della guerra civile, gli
> abolizionisti si fossero accordati nel
posporre l'emancipazione degli
> schiavi di un anno, o due, o cinque,
accompagnando questa decisione con lo
> stanziamento di fondi per
implementare l'Atto sugli Schiavi Fuggiaschi
> (Fuggitive Slave Act).
>
> Quando un movimento scende a patti col legislatore, fatalmente
dimentica
> il
> proprio ruolo: sfidare la politica, non esserne
subalterno
>
> Noi che protestiamo contro la guerra non siamo politici.
Siamo cittadini.
> Qualsiasi cosa i politici facciano, facciamo loro
sentire, per la prima
> volta, la nostra grande forza, parlando a
favore di ciò che è giusto e non
> di ciò che si può ottenere in un
Congresso oggi vittima della paura.
>
> La tempistica del ritiro non è
solo moralmente deplorabile (daresti
> all'invasore che ha distrutto la
tua casa e terrorizzato i tuoi figli una
> tabella per il rientro?), è
anche logicamente insensata. Se le nostre
> [degli
> americani, NdT]
truppe impediscono lo scoppio di una guerra civile,
> aiutano
> la
popolazione, controllano la violenza, perché ritirarle? Se stanno
>
facendo
> l'opposto - com'è vero che stanno facendo - , e cioè
alimentano la guerra
> civile, attaccano la popolazione, perpetuano la
violenza, dovrebbero
> essere
> riportate a casa ora.
>
> Sono passati
quattro anni da quando gli Stati Uniti hanno invaso l'Iraq
> con
> i
bobmbardamenti "shock and awe" (dottrina militare fondata nel 2003,
>
fondata sull'uso spettacolare di una forza militare dominante in grado
di
> paralizzare il nemico e minarne gli istinti bellicosi). Quattro
anni sono
> abbastanza per decidere se la presenza delle nostre truppe
sta
> migliorando o
> peggiorando la qualità della vita della
popolazione irachena. Le prove
> sono
> inconfutabili. A partire
dall'invasione, centinaia di migliaia di iracheni
> sono morti. Secondo
le stime dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite
> per
> i
Rifugiati, circa due milioni di iracheni sono fuggiti dal paese, mentre
> altrettanti, cacciati dalle loro case, continuano a vivere in Iraq
come
> fuggiaschi.
>
> È indiscutibile, Saddam Hussein è stato un
crudele tiranno. La sua
> cattura e
> la sua morte, però, non hanno
migliorato la vita degli iracheni.
> L'occupazione americana ha portato
solo caos: niente acqua potabile, tasso
> crescente di malnutrizione,
disoccupazione al 50%, scarsità di alimenti,
> elettricità, petrolio,
aumento di morti infantili. La presenza americana
> ha
> diminuito la
violenza? Al contrario, dal gennaio 2007 il numero degli
> attacchi
sovversivi è cresciuto drammaticamente - fino alla cifra di 180
> al
>
giorno.
>
> La risposta dell'amministrazione Bush, dopo quattro anni di
fallimenti, è
> stata quella di mandare nuove truppe. Come a dire: se
capisci che stai
> andando nella direzione sbagliata, raddoppia la
velocità. Tutto ciò mi
> ricorda quel medico europeo che, all'inizio
dell'Ottocento, decise che il
> salasso avrebbe curato la polmonite. Di
fronte al manifesto insuccesso, si
> difendeva dicendo che non era
stato perso abbastanza sangue.
>
> La proposta dei democratici al
Congresso Usa è quella di finanziare
> ulteriormente la guerra e, allo
stesso tempo, stabilire una tabella di
> marcia relativa al ritiro -
che farà proseguire l'agonia per un anno o
> più.
> Dicono sia
necessario il compromesso - e qualcuno, nel movimento
> pacifista,
>
sta cooperando. Comunque, scendere a un compromesso in questi casi ha
>
senso
> solo se si ha la certezza di poter ottenere di più in futuro.
Una
> situazione
> analoga è descritta nell'ultimo film di Ken Loach,
"Il vento che accarezza
> l'erba" (The wind that shakes the barley): ai
ribelli irlandesi che
> insorgono contro le forze inglesi,
l'Inghilterra propone un compromesso -
> avere una parte dell'Irlanda
libera, lo Stato Libero d'Irlanda. Nel film,
> gli irlandesi combattono
tra loro sull'accettazione o meno di questo
> compromesso. Per lo meno,
questo compromesso, seppur ingiusto, creò lo
> Stato
> Libero
d'Irlanda. Al contrario, la data del ritiro proposta dai
> Democratici
> non prevede nessun cambiamento tangibile, lasciando tutto nelle mani
> dell'amministrazione Bush.
>
> Il movimento operaio deve aver vissuto
simili dubbi. Infatti, è
> circostanza
> comune che i sindacati,
battendosi per un nuovo contratto, debbano
> decidere
> se accettare
l'offerta di turno che dà loro solo la metà di quanto
> richiesto. Si
tratta sempre di una decisione difficile ma, in quasi tutti
> i
> casi,
sia che il compromesso venga considerato una vittoria o una
>
sconfitta,
> i lavoratori ottengono sempre qualcosa di concreto,
suscettibile di
> migliorarne le condizioni. Se si trovassero di fronte
alla promessa di un
> miglioramento futuro, nel contesto di una
condizione attuale inaccettabile
> immutata, l'offerta non verrebbe
considerata un compromesso, bensì un
> tradimento. Un sindacalista che
dicesse "Accettatelo, meglio di così non
> possiamo ottenere" (che è
ciò che i membri di MoveOn dicono riguardo alla
> delibera dei
Democratici), verrebbe deriso e disprezzato.
>
> Tutto ciò mi ricorda
il Convegno Nazionale Democratico del 1964, tenutosi
> ad
> Atlantic
City (New Jersey), quando la delegazione nera del Mississippi
> chiese
di ottenere i seggi per poter rappresentare la popolazione di
> colore
> (40%) dello stato. Venne proposto un "compromesso" - due seggi senza
> diritto
> di voto. "Meglio di così non possiamo ottenere", disse
qualche leader
> nero.
> La popolazione del Mississippi, guidata da
Fannie Lou Hamer e Bob Moses,
> declinò l'offerta e continuò a lottare
ottenendo, più tardi, quello che
> aveva originariamente chiesto. Quel
mantra - "meglio di così non possiamo
> ottenere" - è la strada maestra
verso la corruzione.
>
> Non è scontato, nella corruzione che ancora
imperversa a Washington,
> appellarsi alla verità e resistere alla
capitolazione travestita da
> compromesso. Alcuni ci riescono. Penso a
Barbara Lee, l'unico membro della
> Camera dei Rappresentanti che,
nell'isterismo generale dei mesi successivi
> all'11 settembre, ha
votato contro la risoluzione che autorizzava Bush a
> invadere
l'Afghanistan; oggi, rimane una dei pochi nel Congresso a
> rifiutarsi
di finanziare l'avventura irachena e a spingere per una sua
> fine
>
immediata, rifiutando la disonestà di un falso compromesso.
>
>
Eccezion fatta per rarità che portano il nome di Barbara Lee, Maxine
>
Waters,
> Lynn Woolsey e John Lewis, i nostri rappresentanti sono
politici tout
> court
> - gente che svenderà la propria integrità nel
nome del "realismo".
>
> Noi non siamo politici, siamo cittadini. Non
abbiamo nessuna carica da
> preservare, nessuna poltrona da riscaldare.
Abbiamo solo le nostre
> coscienze, che ci spingono verso la verità. La
storia insegna che non c'è
> niente di più realistico che un cittadino
possa fare.
>
> Howard Zinn prestò servizio come bombardiere nell'Air
Force durante la
> Seconda Guerra Mondiale; è autore di 'Storia del
popolo americano. Dal
> 1942
> ad oggi'. È co-autore, con Anthony
Arnove, di 'Voices of a People's
> History
> of the United States'
(Seven Stories Press, 2004). Il suo ultimo libro è
> 'A
> Power
Governments Cannot Suppress'.
> Di Howard Zinn Nuovi Mondi Media ha
pubblicato Dissento - Storie di
> artisti
> in tempo di guerra.
>
>
Fonte: The Progressive
> Traduzione a cura di Margherita Ferrari per
Nuovi Mondi Media
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