R: Re: [pace] unire la sinistra? Cittadini non politici



a Firenze si è celebrata, in una zuccherosa falsa retorica, la morte di 
un Partito dei Lavoratori, del socialismo italiano. Dico dei lavoratori 
manche se aveva da un pezzo tradito riducendoli a pezzenti coin le 
millesime richieste di aumento contrattuale della CGIL che, nel girro 
di dieci anni, hanno precipitato tutto il mondo del lavoro dipendente 
nell'abisso della miseria. Nessuno degli impiegati con famiglia può 
offrirsi un cappuccino la mattina o una fetta diu carne degna di questo 
nome la domenica.
Che i DS siano andati a raggiungere la borghesia 
media e medioalta tutto sommato è un fatto di chiarezza. Si può 
ricostituire la sinistra ad una condizione

        La crisi di 
governo!!!

Giordano Bertinotti e diliberto non possono proporre di 
costruire un nuovo Partito di sinistra restando nel governo del 
liberismo piuù feroce di questo dopoguerra, nel governo con le mani 
sozze di sangue innocenti mafhghano irakeno e palestinese.

    Se non 
ci sarà crisi di governo, ebbene anche loro vi prendono per i 
fondelli!!!

----Messaggio originale----
Da: conques at alice.it
Data: 23-
apr-2007 2.25 PM
A: <pace at peacelink.it>
Ogg: Re: [pace] unire la 
sinistra? Cittadini non politici

la definizione "cittadini" è 
assiologica. raffigura tutti e nessuno in 
particolare.
per cambiare il 
mondo è invece necessario distinguere, dare il nome alle 
cose 
concrete, comprendere i rapporti di forza, agire.
perciò, "cittadini" 
per riconoscerci reciprocamente, ma soprattutto 
"politici" per 
cambiare lo stato di cose presente.

veniamo al merito e alla forma del 
mio appello per "unire la sinistra".
è innegabile che di fronte e a 
fianco di un Pd prossimamente maggioritario 
nel quadro politico 
italiano, 4-5 formazioni all'estrema sinistra che non 
superano ognuna 
il 6%, possono pesare ben poco divise, ma moltissimo se 
unite sulla 
base di una piattaforma comune e condivisa

ed ora veniamo all'esempio 
Usa.
la sinistra democratica e radical è ben presente nel Pd 
statunitense, ma 
conta come il due di briscola. basta ricordare le 
primarie presidenziali di 
questi ultimi 20 anni. ogni volta, nei primi 
stati in cui si votava, il 
candidato democratico più a sinistra e 
radicale sembrava decollare. poi, 
alla fine, rusiltava candidato a 
presidente il più moderato.

che fare?
sarò anche vetero-marxista, 
d'accordo, ma sono dell'avviso che negli Usa la 
politica non subirà un 
profondo cambiamento finché non accadrà una profonda 
e drastica crisi 
economica.
una riedizione del crak finanziario del '29 - non del tutto 
fantascientifica - aprirebbe orizzonti inediti anche lì, nella 
roccaforte 
del moderatismo e della conservazione planetaria.

LM


----- Original Message ----- 
From: "Doriana Goracci" 
<doriana at inventati.org>
To: <pace at peacelink.it>
Sent: Monday, April 23, 
2007 1:42 PM
Subject: Re: [pace] unire la sinistra? Cittadini non 
politici


> Credo che questo testo possa emblematicamente, malgrado 
venga da lontano,
> dare una risposta a quell "Unire la sinistra!", a 
cui io ho messo un
> punto interrogativo, invece.
> Doriana
> 
________________________________________________________
> Cittadini, 
non politici
> di Howard Zinn (The Progressive)
> Noi non siamo 
politici, siamo cittadini. Abbiamo solo le nostre coscienze,
> che ci 
spingono verso la verità. La storia insegna che non c'è niente di
> più
> realistico che un cittadino possa fare
>
> Il Congresso sta decidendo 
quando ritirare i soldati dall'Iraq. In
> risposta
> all'improvvisa 
richiesta di nuove truppe da parte dell'amministrazione
> Bush
> e al 
rifiuto dei Repubblicani di limitare la nostra [degli americani, NdT]
> 
occupazione, i Democratici, timorosi come al solito, propongono un 
ritiro
> -
> da effettuarsi, però, solo tra un anno o diciotto mesi. 
Sembra anche che
> si
> aspettino l'appoggio del movimento pacifista.
>
> Ciò è risultato in un recente comunicato del movimento MoveOn, che
> 
riguardo
> la proposta democratica ha sondato l'opinione tra i propri 
affiliati: "I
> progressisti del Congresso, come molti di noi, non 
pensano andrà in porto,
> ma vedono questa proposta come il primo passo 
verso la fine della
> guerra".
>
> Paradossale è il fatto che questa 
proposta consente di stanziare
> centoventiquattro miliardi di dollari 
in termini di ulteriori fondi
> destinati alla guerra. È come se, prima 
della guerra civile, gli
> abolizionisti si fossero accordati nel 
posporre l'emancipazione degli
> schiavi di un anno, o due, o cinque, 
accompagnando questa decisione con lo
> stanziamento di fondi per 
implementare l'Atto sugli Schiavi Fuggiaschi
> (Fuggitive Slave Act).
>
> Quando un movimento scende a patti col legislatore, fatalmente 
dimentica
> il
> proprio ruolo: sfidare la politica, non esserne 
subalterno
>
> Noi che protestiamo contro la guerra non siamo politici. 
Siamo cittadini.
> Qualsiasi cosa i politici facciano, facciamo loro 
sentire, per la prima
> volta, la nostra grande forza, parlando a 
favore di ciò che è giusto e non
> di ciò che si può ottenere in un 
Congresso oggi vittima della paura.
>
> La tempistica del ritiro non è 
solo moralmente deplorabile (daresti
> all'invasore che ha distrutto la 
tua casa e terrorizzato i tuoi figli una
> tabella per il rientro?), è 
anche logicamente insensata. Se le nostre
> [degli
> americani, NdT] 
truppe impediscono lo scoppio di una guerra civile,
> aiutano
> la 
popolazione, controllano la violenza, perché ritirarle? Se stanno
> 
facendo
> l'opposto - com'è vero che stanno facendo - , e cioè 
alimentano la guerra
> civile, attaccano la popolazione, perpetuano la 
violenza, dovrebbero
> essere
> riportate a casa ora.
>
> Sono passati 
quattro anni da quando gli Stati Uniti hanno invaso l'Iraq
> con
> i 
bobmbardamenti "shock and awe" (dottrina militare fondata nel 2003,
> 
fondata sull'uso spettacolare di una forza militare dominante in grado 
di
> paralizzare il nemico e minarne gli istinti bellicosi). Quattro 
anni sono
> abbastanza per decidere se la presenza delle nostre truppe 
sta
> migliorando o
> peggiorando la qualità della vita della 
popolazione irachena. Le prove
> sono
> inconfutabili. A partire 
dall'invasione, centinaia di migliaia di iracheni
> sono morti. Secondo 
le stime dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite
> per
> i 
Rifugiati, circa due milioni di iracheni sono fuggiti dal paese, mentre
> altrettanti, cacciati dalle loro case, continuano a vivere in Iraq 
come
> fuggiaschi.
>
> È indiscutibile, Saddam Hussein è stato un 
crudele tiranno. La sua
> cattura e
> la sua morte, però, non hanno 
migliorato la vita degli iracheni.
> L'occupazione americana ha portato 
solo caos: niente acqua potabile, tasso
> crescente di malnutrizione, 
disoccupazione al 50%, scarsità di alimenti,
> elettricità, petrolio, 
aumento di morti infantili. La presenza americana
> ha
> diminuito la 
violenza? Al contrario, dal gennaio 2007 il numero degli
> attacchi 
sovversivi è cresciuto drammaticamente - fino alla cifra di 180
> al
> 
giorno.
>
> La risposta dell'amministrazione Bush, dopo quattro anni di 
fallimenti, è
> stata quella di mandare nuove truppe. Come a dire: se 
capisci che stai
> andando nella direzione sbagliata, raddoppia la 
velocità. Tutto ciò mi
> ricorda quel medico europeo che, all'inizio 
dell'Ottocento, decise che il
> salasso avrebbe curato la polmonite. Di 
fronte al manifesto insuccesso, si
> difendeva dicendo che non era 
stato perso abbastanza sangue.
>
> La proposta dei democratici al 
Congresso Usa è quella di finanziare
> ulteriormente la guerra e, allo 
stesso tempo, stabilire una tabella di
> marcia relativa al ritiro - 
che farà proseguire l'agonia per un anno o
> più.
> Dicono sia 
necessario il compromesso - e qualcuno, nel movimento
> pacifista,
> 
sta cooperando. Comunque, scendere a un compromesso in questi casi ha
> 
senso
> solo se si ha la certezza di poter ottenere di più in futuro. 
Una
> situazione
> analoga è descritta nell'ultimo film di Ken Loach, 
"Il vento che accarezza
> l'erba" (The wind that shakes the barley): ai 
ribelli irlandesi che
> insorgono contro le forze inglesi, 
l'Inghilterra propone un compromesso -
> avere una parte dell'Irlanda 
libera, lo Stato Libero d'Irlanda. Nel film,
> gli irlandesi combattono 
tra loro sull'accettazione o meno di questo
> compromesso. Per lo meno, 
questo compromesso, seppur ingiusto, creò lo
> Stato
> Libero 
d'Irlanda. Al contrario, la data del ritiro proposta dai
> Democratici
> non prevede nessun cambiamento tangibile, lasciando tutto nelle mani
> dell'amministrazione Bush.
>
> Il movimento operaio deve aver vissuto 
simili dubbi. Infatti, è
> circostanza
> comune che i sindacati, 
battendosi per un nuovo contratto, debbano
> decidere
> se accettare 
l'offerta di turno che dà loro solo la metà di quanto
> richiesto. Si 
tratta sempre di una decisione difficile ma, in quasi tutti
> i
> casi, 
sia che il compromesso venga considerato una vittoria o una
> 
sconfitta,
> i lavoratori ottengono sempre qualcosa di concreto, 
suscettibile di
> migliorarne le condizioni. Se si trovassero di fronte 
alla promessa di un
> miglioramento futuro, nel contesto di una 
condizione attuale inaccettabile
> immutata, l'offerta non verrebbe 
considerata un compromesso, bensì un
> tradimento. Un sindacalista che 
dicesse "Accettatelo, meglio di così non
> possiamo ottenere" (che è 
ciò che i membri di MoveOn dicono riguardo alla
> delibera dei 
Democratici), verrebbe deriso e disprezzato.
>
> Tutto ciò mi ricorda 
il Convegno Nazionale Democratico del 1964, tenutosi
> ad
> Atlantic 
City (New Jersey), quando la delegazione nera del Mississippi
> chiese 
di ottenere i seggi per poter rappresentare la popolazione di
> colore
> (40%) dello stato. Venne proposto un "compromesso" - due seggi senza
> diritto
> di voto. "Meglio di così non possiamo ottenere", disse 
qualche leader
> nero.
> La popolazione del Mississippi, guidata da 
Fannie Lou Hamer e Bob Moses,
> declinò l'offerta e continuò a lottare 
ottenendo, più tardi, quello che
> aveva originariamente chiesto. Quel 
mantra - "meglio di così non possiamo
> ottenere" - è la strada maestra 
verso la corruzione.
>
> Non è scontato, nella corruzione che ancora 
imperversa a Washington,
> appellarsi alla verità e resistere alla 
capitolazione travestita da
> compromesso. Alcuni ci riescono. Penso a 
Barbara Lee, l'unico membro della
> Camera dei Rappresentanti che, 
nell'isterismo generale dei mesi successivi
> all'11 settembre, ha 
votato contro la risoluzione che autorizzava Bush a
> invadere 
l'Afghanistan; oggi, rimane una dei pochi nel Congresso a
> rifiutarsi 
di finanziare l'avventura irachena e a spingere per una sua
> fine
> 
immediata, rifiutando la disonestà di un falso compromesso.
>
> 
Eccezion fatta per rarità che portano il nome di Barbara Lee, Maxine
> 
Waters,
> Lynn Woolsey e John Lewis, i nostri rappresentanti sono 
politici tout
> court
> - gente che svenderà la propria integrità nel 
nome del "realismo".
>
> Noi non siamo politici, siamo cittadini. Non 
abbiamo nessuna carica da
> preservare, nessuna poltrona da riscaldare. 
Abbiamo solo le nostre
> coscienze, che ci spingono verso la verità. La 
storia insegna che non c'è
> niente di più realistico che un cittadino 
possa fare.
>
> Howard Zinn prestò servizio come bombardiere nell'Air 
Force durante la
> Seconda Guerra Mondiale; è autore di 'Storia del 
popolo americano. Dal
> 1942
> ad oggi'. È co-autore, con Anthony 
Arnove, di 'Voices of a People's
> History
> of the United States' 
(Seven Stories Press, 2004). Il suo ultimo libro è
> 'A
> Power 
Governments Cannot Suppress'.
> Di Howard Zinn Nuovi Mondi Media ha 
pubblicato Dissento - Storie di
> artisti
> in tempo di guerra.
>
> 
Fonte: The Progressive
> Traduzione a cura di Margherita Ferrari per 
Nuovi Mondi Media
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