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Conferenza Bil'in (parte prima)
- Subject: Conferenza Bil'in (parte prima)
- From: "assopace.nazionale at assopace.org" <assopace.nazionale at assopace.org>
- Date: Mon, 23 Apr 2007 12:25:31 +0100
- Sender: assopace.nazionale at assopace.org
Primo report sulla II conferenza internazionale di Bil'in (territori palestinesi occupati) Breve storia del movimento contro il muro a Bil'in. Bil'in e' un piccolo villaggio a nord-est di Ramallah, che dista circa sei kilometri dalla linea verde, poco lontano dalla grande colonia israeliana (in continua espansione) di Modi'in Illit, secondo gli accordi di Oslo e' classificato come zona A, quindi sotto completo controllo palestinese.I circa 1600 abitanti di Bil'in sono prevalentemente agricoltori a cui la costruzione del muro ha sottratto il 60% delle terre coltivabili. Le proteste contro il muro israeliano sono cominciate nella primavera del 2005 su iniziativa del comitato popolare del villaggio di Bil'in ( www.bilin-village.org/ ) e sono state appoggiate sin dall'inizio dai pacifisti israeliani e internazionali.In questi due anni dopo la preghiera del venerdi', ogni settimana un corteo e' partito dal villaggio per cercare di arrivare il piu' vicino possibile alla zona in cui il muro e' in costruzione per cercare di rallentare il lavoro delle ruspe, con azioni di disobbedienza civile e non violenta. Le manifestazioni hanno avuto esiti differenti, a volte grazie alla creativita' delle azioni messe in atto sono riuscite a rallentare o a bloccare i lavori, altre volte sono state soffocate sul nascere dalla repressione dell'esercito israeliano. Una repressione fatta di lacrimogeni, bombe sonore e proiettili di gomma che ogni venerdi' ferisce in modo piu' o meno grave una decina di manifestanti. Le proteste di Bil'in sono diventate un simbolo di resistenza popolare e nonviolenta all'occupazione. Nella seconda intifada che ha visto uno resistenza prevalentemente militare, Bil'in rappresenta senza dubbio una forma di resistenza piu' simile alle modalita' della prima intifada, che aveva un carattere popolare e di massa. Una resistenza che passava attraverso differenti forme di protesta non violenta che andavano dalle manifestazioni, agli scioperi generali, passando per il boicottaggio dei prodotti israeliani. Il cuore della movimento e' il comitato popolare del villaggio, al quale si sono aggiunti nel corso degli anni i principali movimenti pacifisti israeliani da quelli storici come Gush Shalom o l'ICAHD (comitato israeliano contro la demolizione delle case) di Jeff Halper a quelli nati durante la seconda intifada come gli Anarchici contro il Muro (tra i piu' attivi nella lotto nonviolenta con il muro a Bil'in e altrove), Ta'ayush, le donne di Machsom Watch che presidiano i check point, i Refusnik che si rifiutano di servire nell'esercito israeliano. La loro presenza e quella dei vari gruppi di pacifisti internazionali presenti in Palestina come la coalizione delle donne contro la guerra, i Christian Peacemaker Team, i Quaccheri, l'International Solidarity Movement, o gli italiani di Operazione Colomba di Pax Christi e dell'Associazione per la Pace, ha contribuito ad abbassare il livello di violenza e di repressione dell'esercito israeliano e ha fatto in modo che i fatti di Bil'in raggiungessero l'opinione pubblica israeliana ed internazionale attraverso una fitta rete di contatti attivati con i media. Inoltre sopratutto la presenza di israeliani ha permesso di attivare un canale di dialogo e trattativa con i soldati israeliani che si sono trovati di fronte, in prima fila, giovani come loro, a cui erano accomunati per origini e lingua. Seconda conferenza internazionale di Bi'in (18-20 aperile 2007) La tenda allestita nel paese di Bil'in ha visto avvicendarsi nei due giorni di conferenza decine di relatori palestinesi, israeliani e internazionali, tutti gli interventi sono stati tradotti in simultanea in Arabo, Ebraico, Inglese e Francese. La conferenza e' stata molto partecipata, almeno 400 persone sono passate dalla tenda nei due giorni di conferenza e circa 200 hanno partecipato alla manifestazione del venerdi'. Tra gli attivisti provenienti da tutto il mondo c'era anche il nostro piccolo gruppo di italiani, alcuni arrivati in Palestina/Israele per l'occasione e altri che gia' vivono e lavorano sul territorio per le ong italiane o in altri ambiti. La conferenza si e' aperta il 18 aprile con l'intervento dell'europarlamentare Luisa Morgantini e dell'irlandese Mairead Corrigan Maguire premio nobel per la pace nel 1976. Luisa Morgantini ha evidenziato come la lotta di Bil'in ricorda le azioni di disobbedienza civile di Bait Sahur durante la prima intifada, ha chiesto alla comunita' internazionale di riconoscere subito il nuovo governo di unita' nazionale palestinese e a chiesto ai palestinesi che partecipano ad iniziative pubbliche in giro per il mondo di non parlare solo dei temi generali dell'occupazione, ma di renderla reale, tangibile, attraverso racconti personali da cui venga fuori la quotidianita' del vivere sotto occupazione, "le vostre storie, sono la storia di questo paese e dell'occupazione che subisce ormai da 40 anni" La seconda sessione aveva come tema i media e la questione palestinese. I relatori erano Moustapha Barghouti neo-ministro dell'informazione del governo di unita' nazionale palestinese e Amira Hass corrispondente dai territori occupati per il giornale israeliano Haaretz dal 1993. L'intervento di Barghouti e' partito dalla "narrazione sbagliata" (wrong narrative) che caratterizza ormai da anni l'approccio mediatico alla questione palestinese, in cui Israele appare sempre come la vittima e i palestinesi come i carnefici, bisogna rovescire questa percezione, e per farlo non e' necessaria la propaganda, basta raccontare la verita' e mostrare la realta' del territorio. Una delle verita' da raccontare e' che in questo momento ci sono almeno quattro iniziative sul tavolo della trattativa con gli israeliani: 1- la proposta di liberare Gilad Shalit (il soldato israeliano rapito a Gaza l'estate scorsa) in cambio della liberazione di una parte dei 10.000 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane 2- la proposta di un completo e bilaterale cessate il fuoco, cioe' la fine del lancio di razzi Kassam da Gaza e delle incursioni militari israeliane nei territori occupati (solo ieri sono statio uccisi 6 palestinesi) 3- un piano flessibile di trattative per una tregua di lungo periodo 4- il cosiddetto "piano saudita" che prevede il riconoscimento di Israele da parte di tutto il mondo arabo in cambio del ritorno di Israele ai confini precedenti la guerra dei 6 giorni del 1967 (piano appoggiato anche da Hamas) Tutte queste iniziative sono state fino ad oggi rifiutate da Israele, a causa della debolezza del suo governo, il cui consenso e' oramai ai minimi storici. Partendo da queste considerazioni bisogna riconoscere che non e' Israele a non avere un partner per la pace, ma e' vero il contrario: la debole leadership israeliana non e' un partner affidabile per la pace. La lotta non-violenta di Bil'in animata da una comunione di intenti e di visione tra gli israeliani e i palestinesi che vi partecipano e' un modello di pace possibile. Con l'inizio della seconda intifada e' cominciata la strategia mediatica di deumanizzazione e delegittimazione dei palestinesi, per combatterla occorre unificare la narrazione della vicenda palestinese, unificarla e organizzarla: quando sui media compare una notizia sgardita o scomoda per Israele c'e' un'immediata reazione delle lobby sioniste nel mondo, una contro-offensiva mediatica immediata e forte che sul lungo periodo ha spinto i giornalisti ad evitare di diffondere questo tipo di notizie, i palestinesi conclude barghouti devono imparare a fare lo stesso. Amira Hass evidenzia l'importanza del lavoro congiunto tra i media e gli attivisti palestinesi, israeliani e internazionali che sono testimoni di quello che succede sul territorio. Lo fa raccontando un'avvenimento dei giorni scorsi: una gruppo di donne di machsom watch (donne israeliane che fanno monitoraggio ai check point) l'ha contattata raccontando che al check point che divide la valle del giordano dal resto dei territori occupati i camion carichi di prodotti alimentari palestinesi erano bloccati da un giorno, con la scusa che quei prodotti fossero destinati al mercato israeliano e non al mercato interno palestinese (la fertile valle del giordano e' considerata la "serra" dei palestinesi). Lei ha scritto subito un'articolo al riguardo su Haaretz, il giorno dopo la situazione si e' sbloccata e lei ha ricevuto una telefonata dai responsabili dell'esercito in cui le si diceva che c'era stato un errore di comunicazione degli ordini... Piccole vittorie come questa, anche se non sono sufficienti a mutare la situazione, hanno comunque un importante valore simbolico sopratutto perche' veicolano i giusti messaggi all'opinione pubblica isreliana, troppo spesso vittima di una propaganda razzista e reazionaria. Piccoli risultati come questi sono possibili solo grazie al lavoro congiunto tra gli attivisti sul campo e i loro riferimenti nei media. Il secondo punto toccato dall'intervento di Amira Hass e' relativo alle campagne che in questi anni si sono rivelate efficaci, campagne accumunate da alcune caratteristiche: 1) una partecipazione mista di israeliani, palestinesi e internazionali 2) una base di appoggio popolare e diffusa 3) un'attenzione a restare dentro la cornice del diritto internazionale 4) un utilizzo attento e intelligente dei media Infine una riflessione sulle iniziative miste tra israeliani e palestinesi. Tatbya in arabo significa "normalizzazione" un concetto che e' diventato comune nelle due societa' dopo gli accordi di Oslo e che ha caratterizzato tutte le azioni congiunte degli anni novanta, azioni volte a normalizzare i rapporti tra i due popoli, mentre la situazione sul territorio andava tutt'altro che normalizzandosi (i check point e le frammentazzione dei territori occupati sono una della prime conseguenze degli accordi di Oslo), questo rende sospetto agli occhi dei palestinesi questo tipo di iniziative, molti di loro, memori degli anni passati le vedono come fumo negli occhi, mentre intanto il muro avanza inesorabile, cosi' come gli arresti, le incursioni militari, lo strangolamento economico etc etc Ciononostante queste iniziative sono l'unico modo per combattare la strategia (israeliana ma anche di una minoranza fondamentalista della societa' palestinese) di separazione dei due popoli, una strategia cominciata dopo Oslo e che continua tutt'ora, di cui il muro e' solo l'aspetto piu' evidente. (continua...) Ettore Acocella Associazione per la Pace Coordinamento per una presenza civile di pace in Palestina ed Israele Per ulteriori informazioni: Comitato popolare del villaggio di Bil'in (www.bilin-village.org) Palestine times (www.times.ps) Haaretz (www.haaretz.com) International Solidarity Movement (www.palsolidarity.org)
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