Conferenza Bil'in (parte prima)



Primo report sulla II conferenza internazionale di Bil'in
(territori palestinesi occupati)

Breve storia del movimento contro il muro a Bil'in.
Bil'in e' un piccolo villaggio a nord-est di Ramallah, che
dista circa sei kilometri dalla linea verde, poco lontano
dalla grande colonia israeliana (in continua espansione) di
Modi'in Illit, secondo gli accordi di Oslo e' classificato
come zona A, quindi sotto completo controllo palestinese.I
circa 1600 abitanti di Bil'in sono prevalentemente
agricoltori a cui la costruzione del muro ha sottratto il
60% delle terre coltivabili. Le proteste contro il muro
israeliano sono cominciate nella primavera del 2005 su
iniziativa del comitato popolare del villaggio di Bil'in (
www.bilin-village.org/ ) e sono state appoggiate sin
dall'inizio dai pacifisti israeliani e internazionali.In
questi due anni dopo la preghiera del venerdi', ogni
settimana un corteo e' partito dal villaggio per cercare di
arrivare il piu' vicino possibile alla zona in cui il muro
e' in costruzione per cercare di rallentare il lavoro delle
ruspe, con azioni di disobbedienza civile e non violenta.
Le manifestazioni hanno avuto esiti differenti, a volte
grazie alla creativita' delle azioni messe in atto sono
riuscite a rallentare o a bloccare i lavori, altre volte
sono state soffocate sul nascere dalla repressione
dell'esercito israeliano. Una repressione fatta di
lacrimogeni, bombe sonore e proiettili di gomma che ogni
venerdi' ferisce in modo piu' o meno grave una decina di
manifestanti.
Le proteste di Bil'in sono diventate un simbolo di
resistenza popolare e nonviolenta all'occupazione. Nella
seconda intifada che ha visto uno resistenza prevalentemente
militare, Bil'in rappresenta senza dubbio una forma di
resistenza piu' simile alle modalita' della prima intifada,
che aveva un carattere popolare e di massa. Una resistenza
che passava attraverso differenti forme di protesta non
violenta che andavano dalle manifestazioni, agli scioperi
generali, passando per il boicottaggio dei prodotti
israeliani. Il cuore della movimento e' il comitato popolare
del villaggio, al quale si sono aggiunti nel corso degli
anni i principali movimenti pacifisti israeliani da quelli
storici come Gush Shalom o l'ICAHD (comitato israeliano
contro la demolizione delle case) di Jeff Halper a quelli
nati durante la seconda intifada come gli Anarchici contro
il Muro (tra i piu' attivi nella lotto nonviolenta con il
muro a Bil'in e altrove), Ta'ayush, le donne di Machsom
Watch che presidiano i check point, i Refusnik che si
rifiutano di servire nell'esercito israeliano. La loro
presenza e quella dei vari gruppi di pacifisti
internazionali presenti in Palestina come la coalizione
delle donne contro la guerra, i Christian Peacemaker Team, i
Quaccheri, l'International Solidarity Movement, o gli
italiani di Operazione Colomba di Pax Christi e
dell'Associazione per la Pace, ha contribuito ad abbassare
il livello di violenza e di repressione dell'esercito
israeliano e ha fatto in modo che i fatti di Bil'in
raggiungessero l'opinione pubblica israeliana ed
internazionale attraverso una fitta rete di contatti
attivati con i media. Inoltre sopratutto la presenza di
israeliani ha permesso di attivare un canale di dialogo e
trattativa con i soldati israeliani che si sono trovati di
fronte, in prima fila, giovani come loro, a cui erano
accomunati per origini e lingua.

Seconda conferenza internazionale di Bi'in (18-20 aperile
2007)
La tenda allestita nel paese di Bil'in ha visto avvicendarsi
nei due giorni di conferenza decine di relatori palestinesi,
israeliani e internazionali, tutti gli interventi sono stati
tradotti in simultanea in Arabo, Ebraico, Inglese e
Francese.
La conferenza e' stata molto partecipata, almeno 400 persone
sono passate dalla tenda nei due giorni di conferenza e
circa 200 hanno partecipato alla manifestazione del
venerdi'.
Tra gli attivisti provenienti da tutto il mondo c'era anche
il nostro piccolo gruppo di italiani, alcuni arrivati in
Palestina/Israele per l'occasione e altri che gia' vivono e
lavorano sul territorio per le ong italiane o in altri
ambiti.
La conferenza si e' aperta il 18 aprile con l'intervento
dell'europarlamentare Luisa Morgantini e dell'irlandese
Mairead Corrigan Maguire premio nobel per la pace nel 1976.
Luisa Morgantini ha evidenziato come la lotta di Bil'in
ricorda le azioni di disobbedienza civile di Bait Sahur
durante la prima intifada, ha chiesto alla comunita'
internazionale di riconoscere subito il nuovo governo di
unita' nazionale palestinese e a chiesto ai palestinesi che
partecipano ad iniziative pubbliche in giro per il mondo di
non parlare solo dei temi generali dell'occupazione, ma di
renderla reale, tangibile, attraverso racconti personali da
cui venga fuori la quotidianita' del vivere sotto
occupazione, "le vostre storie, sono la storia di questo
paese e dell'occupazione che subisce ormai da 40 anni"
La seconda sessione aveva come tema i media e la questione
palestinese.
I relatori erano Moustapha Barghouti neo-ministro
dell'informazione del governo di unita' nazionale
palestinese e Amira Hass corrispondente dai territori
occupati per il giornale israeliano Haaretz dal 1993.

L'intervento di Barghouti e' partito dalla "narrazione
sbagliata" (wrong narrative) che caratterizza ormai da anni
l'approccio mediatico alla questione palestinese, in cui
Israele appare sempre come la vittima e i palestinesi come i
carnefici, bisogna rovescire questa percezione, e per farlo
non e' necessaria la propaganda, basta raccontare la verita'
e mostrare la realta' del territorio.
Una delle verita' da raccontare e' che in questo momento ci
sono almeno quattro iniziative sul tavolo della trattativa
con gli israeliani:
1- la proposta di liberare Gilad Shalit (il soldato
israeliano rapito a Gaza l'estate scorsa) in cambio della
liberazione di una parte dei 10.000 prigionieri palestinesi
nelle carceri israeliane
2- la proposta di un completo e bilaterale cessate il fuoco,
cioe' la fine del lancio di razzi Kassam da Gaza e delle
incursioni militari israeliane nei territori occupati (solo
ieri sono statio uccisi 6 palestinesi)
3- un piano flessibile di trattative per una tregua di lungo
periodo
4- il cosiddetto "piano saudita" che prevede il
riconoscimento di Israele da parte di tutto il mondo arabo
in cambio del ritorno di Israele ai confini precedenti la
guerra dei 6 giorni del 1967 (piano appoggiato anche da
Hamas)
Tutte queste iniziative sono state fino ad oggi rifiutate da
Israele, a causa della debolezza del suo governo, il cui
consenso e' oramai ai minimi storici. Partendo da queste
considerazioni bisogna riconoscere che non e' Israele a non
avere un partner per la pace, ma e' vero il contrario: la
debole leadership israeliana non e' un partner affidabile
per la pace. La lotta non-violenta di Bil'in animata da una
comunione di intenti e di visione tra gli israeliani e i
palestinesi che vi partecipano e' un modello di pace
possibile.
Con l'inizio della seconda intifada e' cominciata la
strategia mediatica di deumanizzazione e delegittimazione
dei palestinesi, per combatterla occorre unificare la
narrazione della vicenda palestinese, unificarla e
organizzarla: quando sui media compare una notizia sgardita
o scomoda per Israele c'e' un'immediata reazione delle lobby
sioniste nel mondo, una contro-offensiva mediatica immediata
e forte che sul lungo periodo ha spinto i giornalisti ad
evitare di diffondere questo tipo di notizie, i palestinesi
conclude barghouti devono imparare a fare lo stesso.

Amira Hass evidenzia l'importanza del lavoro congiunto tra i
media e gli attivisti palestinesi, israeliani e
internazionali che sono testimoni di quello che succede sul
territorio. Lo fa raccontando un'avvenimento dei giorni
scorsi: una gruppo di donne di machsom watch (donne
israeliane che fanno monitoraggio ai check point) l'ha
contattata raccontando che al check point che divide la
valle del giordano dal resto dei territori occupati i camion
carichi di prodotti alimentari palestinesi erano bloccati da
un giorno, con la scusa che quei prodotti fossero destinati
al mercato israeliano e non al mercato interno palestinese
(la fertile valle del giordano e' considerata la "serra" dei
palestinesi).
Lei ha scritto subito un'articolo al riguardo su Haaretz, il
giorno dopo la situazione si e' sbloccata e lei ha ricevuto
una telefonata dai responsabili dell'esercito in cui le si
diceva che c'era stato un errore di comunicazione degli
ordini...
Piccole vittorie come questa, anche se non sono sufficienti
a mutare la situazione, hanno comunque un importante valore
simbolico sopratutto perche' veicolano i giusti messaggi
all'opinione pubblica isreliana, troppo spesso vittima di
una propaganda razzista e reazionaria. Piccoli risultati
come questi sono possibili solo grazie al lavoro congiunto
tra gli attivisti sul campo e i loro riferimenti nei media.
Il secondo punto toccato dall'intervento di Amira Hass e'
relativo alle campagne che in questi anni si sono rivelate
efficaci, campagne accumunate da alcune caratteristiche:
1) una partecipazione mista di israeliani, palestinesi e
internazionali
2) una base di appoggio popolare e diffusa
3) un'attenzione a restare dentro la cornice del diritto
internazionale
4) un utilizzo attento e intelligente dei media

Infine una riflessione sulle iniziative miste tra israeliani
e palestinesi. Tatbya in arabo significa "normalizzazione"
un concetto che e' diventato comune nelle due societa' dopo
gli accordi di Oslo e che ha caratterizzato tutte le azioni
congiunte degli anni novanta, azioni volte a normalizzare i
rapporti tra i due popoli, mentre la situazione sul
territorio andava tutt'altro che normalizzandosi (i check
point e le frammentazzione dei territori occupati sono una
della prime conseguenze degli accordi di Oslo), questo rende
sospetto agli occhi dei palestinesi questo tipo di
iniziative, molti di loro, memori degli anni passati le
vedono come fumo negli occhi, mentre intanto il muro avanza
inesorabile, cosi' come gli arresti, le incursioni militari,
lo strangolamento economico etc etc
Ciononostante queste iniziative sono l'unico modo per
combattare la strategia (israeliana ma anche di una
minoranza fondamentalista della societa' palestinese) di
separazione dei due popoli, una strategia cominciata dopo
Oslo e che continua tutt'ora, di cui il muro e' solo
l'aspetto piu' evidente.

(continua...)

Ettore Acocella
Associazione per la Pace
Coordinamento per una presenza civile di pace in Palestina
ed Israele

Per ulteriori informazioni:
Comitato popolare del villaggio di Bil'in
(www.bilin-village.org)
Palestine times (www.times.ps)
Haaretz (www.haaretz.com)
International Solidarity Movement (www.palsolidarity.org)