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questa guerra è la mia guerra
- Subject: questa guerra è la mia guerra
- From: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it>
- Date: Wed, 30 Aug 2006 10:05:32 +0200
da parte di Alfonso Navarra - 26 agosto 2006 Ottimo documento, quello di Lilliput sotto riportato. Ma - a mio avviso - non mette in evidenza il punto decisivo. Di cosa stiamo parlando? Di fermare una guerra esterna a noi o di opporci ad una guerra che e' anche nostra, a cui stiamo partecipando attivamente, di cui siamo complici diretti? Se consideriamo la guerra un fatto esterno, indipendente da quel che, anche singolarmente, facciamo, allora puo' andare bene la pratica di chiedere che venga fermata lanciando accorate petizioni ai potenti. Possiamo quindi esultare, come fa oggi il Manifesto (deve essere prevalsa una maggioranza fologovernativa in redazione), al ritrovato ruolo dell'ONU, alla responsabilita' manifestata dall'Europa, al coraggio dimostrato dal governo Prodi. A leggerlo sembra che sia scoppiata la pace e che essa si involi sulle punte delle baionette dei soldati che spediremo in Libano! Se invece la guerra e' anche e soprattutto "cosa nostra", legata ai nostri comportamenti concreti, diventa decisivo organizzare, dal basso, la noncollaborazione attiva e, sulla base di essa, puntare a condizionare l'operato dei governi. Io vedo la nostra complicita', nel sistema di guerra e nella guerra, e mi sento, in parte, anche personalmente complice. Sono affetto da mania di persecuzione e merito di essere internato in un ospedale psichiatrico? O e' la conclusione a cui mi conduce uno spietato e conseguente bisogno di ricerca della verita', su cui si basa la forza della nonviolenza? Non escludendo affatto la prima ipotesi, per adesso provo ad addentrarmi nella seconda. Questa guerra e' la mia guerra. Perche' la vedo parte di un unico conflitto che oppone, su scala globale, i ricchi e i poveri del Pianeta. Oggi questo conflitto si e'concentrato, in una partita specifica, nel Medio Oriente allargato. Appartengo ad un Paese che fa parte del "club dei ricchi". Sono personalmente povero in canna, ma traggo indubbiamente vantaggio da questa collocazione. Essere povero a Milano e' molto diverso che esserlo a Korogocho. Usufruisco di molte agevolazioni oferte dalla civilta' tecnologica, ad esempio l'uso corrente di internet. Per scrivere questo mio testo batto su un PC al quale serve il coltan che e' costato 4 milioni di morti in Congo. Il coltan è una specie di sabbia nera leggermente radioattiva formata dai minerali di colombite e tantalite dalla cui contrazione deriva il nome "coltan". Dal coltan viene estratto il tantalio, un metallo raro, molto duro e resistente alla corrosione, usato per la costruzione di turbine aeronautiche e per la fabbricazione di condensatori elettrici di piccole dimensioni. E' usato per aumentare la potenza degli apparecchi riducendo il consumo di energia. Da componente indispensabile per la produzione missilistica e nucleare e per il settore aereospaziale, oggi è il "genere di prima necessità" più ricercato dai produttori di telefonia mobile. Cellulari, cerca-persone, personal computer, videogames, ma anche materiali ad uso chirurgico per funzionare hanno bisogno dei microcondensatori al tantalio. Ha un peso simile a quello dell'oro e pressappoco lo stesso valore. L'80% delle riserve mondiali di coltan si trovano in Africa e l'80% di queste sono in Congo. Il mio PC per funzionare attinge elettricita' da una rete formata da centrali alimentate, specie in Italia, per lo piu' a petrolio (ed in ogni caso a combustibili fossili). L'economia del mio Paese e' parte integrante della civilta' del petrolio. Rifkin lo sintetizza bene: coltiviamo ciò di cui ci nutriamo con l'aiuto di fertilizzanti e pesticidi petrolchimici. La plastica, i prodotti farmaceutici, l'abbigliamento sono in massima parte derivati del petrolio. I trasporti, l'energia, il calore, l'elettricità, l'illuminazione, tutto dipende dal petrolio. Grazie ad esso, anche se il mio reddito e' infimo, consumo energia a basso costo come se almeno 150 schiavi lavorassero per me. Per procurarsi questo petrolio e mantenerlo a prezzi contenuti gli eserciti occidentali hanno, nel corso della storia, occupato il Medio Oriente, finto di risolvere la questione ebraica installandovi uno Stato-guardiano, sostenuto regimi fanatici, reazionari e corrotti, oppressori dei loro popoli. Le Sette Sorelle, a cui si e' aggiunta l'ottava, l'ENI dopo Mattei, hanno imperversato imponendo contratti-capestro e fomentando colpi di Stato contro i governi che non li accettavano o, addirittura, pensavano di nazionalizzare la risorsa petrolifera. Il procacciamento del petrolio gronda sangue: e' nato fomentando guerre ed oggi alimenta la guerra "unica globale preventiva permanente". Senza contare che il suo spreco prepara una specie di diluvio universale: chissa' quanto dovremo pagare per lottare contro la perdita devastante di vite umane e beni a seguito delle aumentate emissioni di CO2 e del riscaldamento globale. Le alluvioni in Europa, le devastanti conseguenze degli uragani Katrina e Rita sulla costa statunitense del Golfo del Messico, le inondazioni in Centro America: catastrofi che preconizzano il conto che dovremo affrontare per le emissioni di CO2 nell'atmosfera derivanti dalle centrali funzionanti con i combustibili fossili. A Nassirya l'ENI ha avuto promesso dai nuovi padroni del Paese lo sfruttamento di un giacimento petrolifero dal valore di 300 miliardi di dollari (se Rai News 24 non diffonde sciocchezze). Io scrivo questo mio messaggio al PC e c'e' chi, in Iraq, in Afghanistan, in Libano, ma anche in Africa, eccetera, combatte per me, perche' mi sia agevole, comodo, economico confezionarlo e spedirlo a voi che, spero, lo leggerete. Dopodiche mi alzo dalla sedia e prendo il treno in direzione di Assisi. Vado a marciare "per la pace". Mi dicono che devo sostenere un intervento militare che garantira' une tregua e favorira' un processo di negoziati seri. Sara' una forza di interposizione ONU che - scrive oggi Parlato - "per la prima volta parte con il consenso di tutte le parti in causa, Israele compresa". Vado quindi ad Assisi a celebrare la pace che e' scoppiata. E, ingenuamente, mi chiedo: perche' Flavio Lotti non ha invitato una delegazione di Lagunari? Potevamo festeggiarli insieme prima della partenza per Beirut. Ragazzi, siete tutti noi! Riponiamo in voi le speranze di un "altro mondo possibile"! Oltre alle scarpe, che simboleggiano i bambini morti sotto le bombe, avremmo potuto portare anche i coriandoli da lanciare per il buon augurio ai difensori della pace! Mi alzo dalla sedia, ma subito mi assale un dubbio. Rileggo i miei appunti dell'altro ieri. Ho scritto un messaggio dal titolo "popolare e popolano": i fessi in Libano. Affermo in esso che esiste una differenza tra un "pacifismo parolaio e burocratico" ed una strategia di nonviolenza attiva. Tra i "fessi", avevo iscritto a pieno diritto il pacifismo che: 1- separa e marca le distinzioni dei vari fronti della guerra "unica e globale" che in tal modo disconosce, occulta e nega. Afghanistan, Iraq, Libano, Iran sono presi come conflitti separati, non come aspetti particolari di una unica partita strategica, la cui posta e' il controllo delle risorse petrolifere; 2- si limita a considerare la dimensione sovrastrutturale del conflitto arabo-israeliano: ad es. gli ebrei contro i musulmani e i cristiani, eccetera. Non riesce a vedere che la chiave del problema in Medio Oriente sta non nella contrapposizione etnico-religiosa (la quale gioca un ruolo ma non determinante), bensi' nel conflitto strutturale sulla produzione e distribuzione della ricchezza petrolifera; 3- attribuisce ad organismi internazionali tipo l'ONU e la UE potenzialita' e funzioni che sono fuori dal loro assetto strutturale e dalla loro portata: prima di utilizzarli per finalita' di pace occorrono riforme profonde che li predispongano adeguatamente per scopi pacifici efficaci; 4- non comprende che l'Italia in quanto sistema-paese fa parte integrante ed organica del "club nordista" dei ricchi del Pianeta che hanno interesse a cogestire "multilateralmente" con gli USA l'ordine internazionale ed il modello di sviluppo "ecocida" fondato sullo sfruttamento sistematico delle risorse e delle popolazioni del Sud del mondo; 5- sogna di affiancare, con una illusione di condizionamento "alternativo", l'interventismo umanitario all'interventismo bellico finendo in questo modo con il coprire e legittimare quest'ultimo. Ripasso in rassegna questi cinque punti. Devo ascoltare il "Manifesto" per il quale si tratta di evidenti assurdita'? Decido di no. Per il momento, mi faccio ancora fiducia. Rifletto sul fatto che in passato non mi risulta che il "quotidiano comunista" abbia azzeccato le sue analisi. La sua vecchia cultura lo porta a "cannare" continuamente e sistematicamente. L'autobiografia della Rossanda e' una rassegna spietata di ammissioni di errori di analisi e di giudizio! Sono altre le fonti che mi portano a ritenere la tregua in atto come "ingannevole" (la definizione e' di Lucio Caracciolo). Sulla stessa stampa italiana appaiono le interviste sia ai governanti di Israele sia ai dirigenti di Hezbollah. Non promettono nulla di buono. Non hanno affatto intenzione di avviare un negoziato. Insieme ad Angelo Baracca, mi sono fatto il seguente, pessimistico, quadro della situazione, che lui riassume in due punti: (a) in MO si combatte -comunque, anche, e piu' ferocemente, dopo le battute d'arresto in Iraq e in Libano - la guerra globale per le risorse e il dominio mondiale, noi diciamo la terza guerra mondiale, anche se molto diversa dalle precedenti; (b) esiste un chiaro disegno di trascinare l'Europa fino al collo in questa guerra. Ai "fessi" si contrappongono quindi i "folli" come me ed Angelo. Per i primi saremmo agli albori di un nuovo "ordine mondiale pacifico" inaugurato da questa missione militare in Libano, benedetta dall'ONU. I secondi strepitano ed urlano come ossessi: staremmo precipitando in una "terza guerra mondiale" (che forse esiste solo nelle loro teste da psichiatrizzare. O forse no)! In mezzo c'e' molta gente ragionevole, come Farid Adly o come quelli della Rete Lilliput, che avanzano proposte giustissime e sensatissime: diamoci da fare per una conferenza internazionale, istituiamo i corpi civili di pace, rescindiamo la cooperazione militare con Israele, chiediamo una commissione internazionale per verificare l'uso di armi proibite in Libano, sosteniamo le ONG libanesi e palestinesi... Tutto bene, in queste proposte, ma a una condizione. Ciascuno verifichi, nella sua coscienza, se e' dettata o meno dalla "follia". La base della nostra azione deve stare nel riconoscimento della nostra responsabilita' diretta, anche personale, nella guerra che e' in atto. L'Italia, a suo modo, e' un arma puntata nel mondo, che spara le sue bordate (non metaforicamente!) ed incombe e grava con il suo modello di sviluppo "petrolifero" iniquo e dissipativo. Dobbiamo darci da fare, anche e soprattutto a casa, per scaricare quest'arma ed alleggerire il peso insopportabile che esercitiamo sulle risorse del Pianeta. Non possiamo ignorare questo dato di fatto. Altrimenti siamo come quel samaritano grasso ma caritatevole che, in groppa ad un poveraccio smunto ed affamato, gli deterge il sudore della fronte senza scendegli dalla schiena. Adotteremmo in modo singolare il precetto evangelico: con la mano destra pugnaliamo Lazzaro, con la mano sinistra applichiamo il cerotto sulla ferita. Ci aspettiamo pure che Lazzaro riconosca il nostro spirito solidaristico. Miracolo: spesso lo fa, ci ringrazia. Ma io non mi affiderei all'infinito sulle sue risorse di pazienza... Ciao, Lorenzo, ciao Enrico e ciao a tutti/e sarò anch'io domani ad Assisi, per la Rete Lilliput (il cui luogo competente, il grupp nonviolenza e conflitti, ha giorni fa accolto l'invito della Tavola dela Pace di Assisi, con una risposta articolata e una richiesta di aggiunta di temi e obiettivi -documento che probabilmente alcuni/e di voi hanno avuto modo di vedere, e che comunque riporto più oltre, vedi *) condivido anch'io senza riserve la proposta di Enrico, che ringrazio per la consueta lucidità e forza ci vediamo domattina ad Assisi Gualtiero Via * [All'attenzione del Comitato direttivo della Tavola della Pace e di Flavio Lotti e Maria Grazia Bellini _ Coordinatori della Tavola della Pace Dopo queste ultime settimane di guerra e dopo aver partecipato alla delegazione in Libano di organizzazioni della societa' civile italiana, apprendiamo con piacere dell'invito all'incontro del 26 agosto ad Assisi. La Risoluzione Onu 1701 votata all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza comprende diversi punti di concreta speranza per una tregua tra le forze di Hezbollah e Israele. Ma vista la complessità degli interessi in gioco sono necessarie delle forti pressioni da parte della comunità internazionale per attuare i punti della risoluzione. Per chiedere un maggiore impegno al Governo italiano per una risoluzione del conflitto del Libano, il Gruppo Conflitti e Nonviolenza della Rete di Lilliput propone alle organizzazioni della Tavola della Pace l'apertura di alcuni punti di discussione gia largamente condivisi nelle reti della società civile libanese e internazionale: - Al Governo Italiano si richiede un segno efficace verso la pace interrompendo l'accordo di cooperazione militare con Israele approvato nel maggio 2005 e di farsi portatore in ambito internazionale di un immediato embargo di armi delle parti in conflitto; - L'impegno del Governo Italiano affinchè sia attivata una commissione internazionale per verificare le violazioni dei diritti umani nel conflitto tra Libano e Israele e nei territori palestinesi tra cui l'uso di armi non convenzionali; - Al Governo Italiano massimo impegno e trasparenza nella gestione degli aiuti, favorendo il sostegno diretto alle reti e coordinamenti di ONG libanesi e palestinesi che, senza distinzione di appartenenza, stanno facendo fronte comune impegnandosi per l'accoglienza e l'assistenza ai profughi e agli sfollati. Queste richieste sono riprese dal documento preparato dalla delegazione di organizzazioni della societa' civile italiana che è stato in Libano dal 5 al 9 agosto. Crediamo che l'invio di un contingente militare non sia la soluzione ai diversi problemi che affliggono quell'area. Per questo oltre ad assicurare una forza Onu con un mandato di peacekeeping preciso (con regole d'ingaggio non offensive), riteniamo necessario proporre la presenza sul territorio di una forza civile non armata capace di occuparsi di tutte le necessità che la popolazione libanese ha manifestato e che non possono essere espletate da un impegno militare. . Concordiamo e sosteniamo l'attivazione dei territori e degli enti locali al fine di mobilitare una pressione di pace sui Governi occidentali e di riattivare un processo di pacificazione immediato anche nel conflitto israeliano -palestinese. Distinti saluti Il Glt nonviolenza e conflitti Rete di Lilliput nazionale]
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