missione nonviolenta in Libano



Carissime e carissimi,

prendo spunto dalla preziosa lettera di
Gualtiero Via, sotto riportata.

Proporre e gestire una missione
disarmata all'estero "per la pace", direbbe Catalano, non e' affatto
facile. Ma cerco comunque di spiegarmi nel modo piu' semplice
possibile. Il problema e' tutt'altro quello di affiancare sic et
simpliciter i militari gia' partiti e organizzati.

Bisogna
innanzitutto considerare una serie di precondizioni. La prima riguarda
il quadro giuridico.
La domanda e' : dobbiamo ottenere o meno l'avallo
dell'ONU? Nello specifico del caso libanese, dobbiamo accettare la
risoluzione 1507?
Ci accontentiamo di un patrocinio europeo?
O
procediamo come diplomazia di base autonoma della societa' civile?

La
seconda condizione attiene al dialogo preventivo con TUTTE le parti in
causa per convincerle della nostra "equivicinanza"  e capire se
vogliono rispettare la tregua ed accettano la nostra "mediazione".

La
terza condizione e' avere chiaro l'obiettivo della missione ed
organizzare la strategia perche' tale obiettivo sia  comunicato e
recepito da tutti gli attori del conflitto senza equivoci e
fraintendimenti.

Sempre nel caso libanese, scopo della missione
potrebbe essere:  garantire la tregua, difendere le popolazioni civili
dalle  rappresaglie dei contendenti armati
Questo si potrebbe ottenere
attraverso due azioni:
1- la ricerca, con l'aiuto delle popolazioni
locali ed affiancati dall'esercito libanese, delle armi delle milizie
sciite.  Essi, come hanno gia' promesso, devono consegnarle ottenendo
in cambio l'integrazione nell'esercito regolare libanese,  accettata da
Israele come "soluzione politica" del problema del disarmo di
Hezbollah;
2- la dislocazione di osservatori, anche con funzione di
"scudi umani", sia nelle infrastrutture libanesi a rischio 
bombardamenti che nei villaggi israeliani di confine esposti al lancio
dei katyusha (gia' qui usciremmo dal quadro della  risoluzione ONU).
Le
postazioni degli "operatori di pace" non dovrebbero essere statiche,
ma, in sinergia con le ONG e la societa' civile  locale, dovrebbero
agevolare "processi di riconoscimento, di dialogo, di riconciliazione,
di convivenza".
Dovrebbero, inoltre, recare soccorsi concreti a tutte
le vittime.

Quarta condizione: quanto personale? volontari raccolti
alla garibaldina, pescando dalle ONG assistenziali, o operatori 
motivati (devono accettare di rischiare la vita)  gia' preparati ed
addestrati al confronto con la violenza diretta? Da  assemblare al
momento o gruppi di affinita' gia' formati e rodati? Serve o meno
almeno un minimo di conoscenza della lingua  locale e degli usi e
costumi della gente da parte dei responsabili? Con quali meccanismi
decisionali e di coordinamento con la direzione strategica della
missione questi gruppi dovrebbero operare?

Quinta condizione:
capacita' di promuovere e sostenere i vari e complessi negoziati per
risolvere i nodi politici decisivi  dell'area.
La tregua deve servire
ad avviare una "pace duratura" (direbbe Condy Rice).

A questo punto,
solo da questa sommaria ed "ingenua" elencazione di problemi, sorge
spontaneo l'interrogativo: chi sta  gia' da noi lavorando sui Corpi
Civili di Pace e' in grado, oggi come oggi, di prendersi credibilmente
da subito in carico la  patata bollente dell'interposizione nonviolenta
oggi in Libano, domani - che so - a Gaza?
A leggere gli interventi
entusiastici di tanti amici della nonviolenza parrebbe di si'.
Permettetemi di dichiararmi molto ma molto permesso, senza che pero'
questo significhi che ritenga comunque impossibile  organizzarsi per
obiettivi piu' limitati, circoscritti, ridotti sia nel tempo e nello
spazio, come nelle risorse da attivare.
Consiglierei prudenza, modestia
e ed adeguata riflessione collettiva prima di "sparare proposte" che
poi non si e' in grado di gestire.

Buona fortuna pacifista a tutti noi

Alfonso Navarra  29 agosto 2006




Oggetto: un resoconto da Assisi,
e alcune valutazioni


CIAO A TUTTI/E

sperando di non fare cosa
sgradita, vi invio questo
mio resoconto -commentato- sulla giornata di
sabato ad
Assisi,
steso per la Rete Lilliput

Grazie per l'attenzione
Gualtiero Via
Bologna



SABATO AD ASSISI

Líassemblea è stata molto
partecipata, parecchie
centinaia di persone, non saprei quantificare
con
esattezza: la sala (una specie di teatro, direi) della
Cittadella
era gremitissima, con molta gente in piedi
e altra in una sala attigua
con collegamento video,
altre ancora fuori, nel cortile.
Io purtroppo
sono arrivato ad assemblea in corso,
verso le 10,30: ma non credo di
essermi perso cose di
particolare rilievo magari Lisa (o Tonio?,
Fabio?)
potranno integrare. Le proposte della Tavola della
Pace sono
infatti state illustrate non allíinizio (ha
aperto líincontro Grazia
Bellini, che lo presiedeva
insieme a Lotti) ma dopo alcuni interventi,
da Flavio
Lotti.
Platea abbastanza eterogenea, per età e per look,
passatemi líanglismo. Molto forte comunque la presenza
di
amministratori: innumerevoli i gonfaloni, i sindaci
e i presidenti di
provincie, con le loro fasce
tricolori o azzurre, e i vigili in
uniforme. Parecchie
anche le famiglie.

LUCI ED OMBREÖ

Mi sento di
dire: positiva la partecipazione, comunque
discreta direi, visto anche
il poco tempo in cui síè
organizzata la cosa. Positivo essersi potuti
ritrovare, certo non tutti, ma sicuramente molti fra
quanti abbiamo
agito insieme per la pace negli ultimi
quattro-cinque anni (o più, per
alcuni di noi).
Positivo aver cominciato a discutere fra noi della
situazione, e delle novità che presenta, anche.
Negativo, o meno
positivo, il modo in cui líincontro è
potuto avvenire: sotto alcuni
aspetti senza dubbio
uníoccasione mancata. In realtà solo pochi,
pochissimi
dei presenti hanno potuto prendere la parola, anche
chi di
cose da dire non poteva non averne (oltre a
Rete Lilliput, che potrebbe
essere il meno, Fabio
Alberti di ìUn ponte per..î e il rappresentante
di
Amnesty International, e molte altre persone di cui
non so il nome ñ
per darvi uníidea: a uníora dalla
fine, posticipata alla 14, Lotti
diceva di avere
iscritte, se non ricordo male, una ventina di persone,
ma gli interventi son continuati ad essere lunghi
ñtutti- anche cinque
o dieci minuti, fate un poí i
contiÖ).
Uno spazio spropositato ña mio
parere- hanno avuto i
politici e la stampa. Tre lunghi interventi di
giornalisti ñper carità, tutti rispettabilissimi e con
cose da dire- e
quasi tutti i portavoce dei partiti
della maggioranza (DS, PRC, PdCI,
Margherita ño
Popolari?.. Comunque era Castagnetti-, IDV, Verdi).
Hanno avuto agio di parlare senza restrizioni anche
altri, Nerozzi
della CGIL, Savino Pezzotta, líArci,
Don Ciotti, Raffaella Bollini dellí
Arci, e anche Pax
Christi, sia con Valentinetti che con Fabio Corazzina
(particolarmente efficace, seguito e prezioso il suo
intervento, a mio
parere). Ma questo secondo gruppo di
interlocutori era di voci più
interne al movimento,
-sebbene sempre e solo di vertice- e quindi lo
spazio
che essi hanno avuto ha reso possibile almeno un
inizio di
confronto fra pareri, anche se quasi tutti
concordi.

Non cíè stato
contraddittorio, se escludiamo ñma solo
in parte- líintervento di
Corazzina, che non ha
taciuto le forti perplessità sulla decisione di
inviare la forza multinazionale in Libano, e quello
delle Acli ñnon
ricordo il nome, era un ragazzo
piuttosto giovane, che non avevo mai
visto- che ha
richiesto con molta efficacia e chiarezza che alla
spedizione sia affiancato un corpo civile di pace.

Per il resto, pur
con toni e stili molto diversi e
vari, nessun altro intervento ñche io
ricordi- si è
espresso contro líinvio del contingente in Libano. Sui
contenuti, míè sembrato fondamentale líintervento di
Papisca ñ
inevitabilmente tecnico per qualche aspetto,
e per me difficile da
riassumere (ero in piedi, e
stretto nella calca, non riuscivo a
prendere appunti),
non sarebbe male chiedere alla Tavola se ne è
disponibile una versione in file. Preziosi come ho già
detto, anche
perché sole voci non allineate nel ìsì
senza se e senza maî ñscusate la
semplificazione- alla
missione in Libano, gli interventi di Fabio
Corazzina
e della Acli.

OCCASIONE PERSA

La cosa per me più negativa è
stata líimmagine
confusiva e promiscua che ne è uscita, senza alcuna
distinzione fra livello della politica e del governo
da una parte, e
realtà di movimento dallíaltra. Avendo
lì dei leader (Giordano, PRC) e
comunque degli
esponenti nazionali ñMarina Sereni, Tana De Zulueta,
Leoluca Orlando, Castagnetti- dei partiti della
maggioranza, si poteva
e doveva chiedere un impegno e
una risposta precisi: siete o no dí
accordo con
líaffiancamento di una forza civile a quella militare?
Di
fronte a quella platea, e presente Papisca, oltre a
tutti gli altri
(Ong varie, Sergio Marelli, Fabio
Alberti, la MorgantiniÖ) con
esperienza e competenza,
si doveva chiedere ai politici:
1) SE sono dí
accordo, sì o no, e poi 2) se SIí, cosa
si impegnano a fare, se no,
perché, con quali
argomenti, e lì aprire il contraddittorio. Questo
doveva fare un movimento realmente autonomo. Questo
non si è fatto, ed
è stato secondo me uno sbaglio.
Occasioni così potenzialmente propizie
dubito assai
che se ne ripresenteranno ñi politici non sono
ingenui, e
le domande e/o i contesti che li possono
mettere in imbarazzo sanno
come evitarli.
Ora, i giornali che vorranno presentare il pacifismo
come governativo avranno buon gioco: la giornata di
sabato ad Assisi
sembra fatta apposta per dar loro
ragione.

LíAUTONOMIA DEL MOVIMENTO:
UN PROBLEMA APERTO

Chiudo con quelli che a me paiono gli interrogativi
e
i problemi aperti.
Che la missione in Libano non si possa assimilare
a
quelle in Afghanistan o in Iraq mi pare ovvio:
altrimenti eravamo
ipocriti e in malafede quando
reclamavamo il coinvolgimento dellíONU
anziché gli
atti unilaterali. Ciò detto, non è affatto automatico
che
quella missioni porti frutti positivi.
Qui si apre un campo di lavoro
serio e urgente,
secondo me, per un movimento che voglia essere
autonomo ñcioè non governativo e dipendente (come síè
mostrata secondo
me la Tavola, per i motivi che ho
detto) - ma anche responsabile ñcioè
non sloganistico,
ideologico e/o estremista (e gli esempi da non
imitare
non mancano).

Queste mie osservazioni aprono, non chiudono il
discorso sul da farsi, è chiaro.
Ma sono stato già troppo lungo ñe me
ne scuso.
Gualtiero