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missione nonviolenta in Libano
- Subject: missione nonviolenta in Libano
- From: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it>
- Date: Wed, 30 Aug 2006 09:19:49 +0200
Carissime e carissimi, prendo spunto dalla preziosa lettera di Gualtiero Via, sotto riportata. Proporre e gestire una missione disarmata all'estero "per la pace", direbbe Catalano, non e' affatto facile. Ma cerco comunque di spiegarmi nel modo piu' semplice possibile. Il problema e' tutt'altro quello di affiancare sic et simpliciter i militari gia' partiti e organizzati. Bisogna innanzitutto considerare una serie di precondizioni. La prima riguarda il quadro giuridico. La domanda e' : dobbiamo ottenere o meno l'avallo dell'ONU? Nello specifico del caso libanese, dobbiamo accettare la risoluzione 1507? Ci accontentiamo di un patrocinio europeo? O procediamo come diplomazia di base autonoma della societa' civile? La seconda condizione attiene al dialogo preventivo con TUTTE le parti in causa per convincerle della nostra "equivicinanza" e capire se vogliono rispettare la tregua ed accettano la nostra "mediazione". La terza condizione e' avere chiaro l'obiettivo della missione ed organizzare la strategia perche' tale obiettivo sia comunicato e recepito da tutti gli attori del conflitto senza equivoci e fraintendimenti. Sempre nel caso libanese, scopo della missione potrebbe essere: garantire la tregua, difendere le popolazioni civili dalle rappresaglie dei contendenti armati Questo si potrebbe ottenere attraverso due azioni: 1- la ricerca, con l'aiuto delle popolazioni locali ed affiancati dall'esercito libanese, delle armi delle milizie sciite. Essi, come hanno gia' promesso, devono consegnarle ottenendo in cambio l'integrazione nell'esercito regolare libanese, accettata da Israele come "soluzione politica" del problema del disarmo di Hezbollah; 2- la dislocazione di osservatori, anche con funzione di "scudi umani", sia nelle infrastrutture libanesi a rischio bombardamenti che nei villaggi israeliani di confine esposti al lancio dei katyusha (gia' qui usciremmo dal quadro della risoluzione ONU). Le postazioni degli "operatori di pace" non dovrebbero essere statiche, ma, in sinergia con le ONG e la societa' civile locale, dovrebbero agevolare "processi di riconoscimento, di dialogo, di riconciliazione, di convivenza". Dovrebbero, inoltre, recare soccorsi concreti a tutte le vittime. Quarta condizione: quanto personale? volontari raccolti alla garibaldina, pescando dalle ONG assistenziali, o operatori motivati (devono accettare di rischiare la vita) gia' preparati ed addestrati al confronto con la violenza diretta? Da assemblare al momento o gruppi di affinita' gia' formati e rodati? Serve o meno almeno un minimo di conoscenza della lingua locale e degli usi e costumi della gente da parte dei responsabili? Con quali meccanismi decisionali e di coordinamento con la direzione strategica della missione questi gruppi dovrebbero operare? Quinta condizione: capacita' di promuovere e sostenere i vari e complessi negoziati per risolvere i nodi politici decisivi dell'area. La tregua deve servire ad avviare una "pace duratura" (direbbe Condy Rice). A questo punto, solo da questa sommaria ed "ingenua" elencazione di problemi, sorge spontaneo l'interrogativo: chi sta gia' da noi lavorando sui Corpi Civili di Pace e' in grado, oggi come oggi, di prendersi credibilmente da subito in carico la patata bollente dell'interposizione nonviolenta oggi in Libano, domani - che so - a Gaza? A leggere gli interventi entusiastici di tanti amici della nonviolenza parrebbe di si'. Permettetemi di dichiararmi molto ma molto permesso, senza che pero' questo significhi che ritenga comunque impossibile organizzarsi per obiettivi piu' limitati, circoscritti, ridotti sia nel tempo e nello spazio, come nelle risorse da attivare. Consiglierei prudenza, modestia e ed adeguata riflessione collettiva prima di "sparare proposte" che poi non si e' in grado di gestire. Buona fortuna pacifista a tutti noi Alfonso Navarra 29 agosto 2006 Oggetto: un resoconto da Assisi, e alcune valutazioni CIAO A TUTTI/E sperando di non fare cosa sgradita, vi invio questo mio resoconto -commentato- sulla giornata di sabato ad Assisi, steso per la Rete Lilliput Grazie per l'attenzione Gualtiero Via Bologna SABATO AD ASSISI Líassemblea è stata molto partecipata, parecchie centinaia di persone, non saprei quantificare con esattezza: la sala (una specie di teatro, direi) della Cittadella era gremitissima, con molta gente in piedi e altra in una sala attigua con collegamento video, altre ancora fuori, nel cortile. Io purtroppo sono arrivato ad assemblea in corso, verso le 10,30: ma non credo di essermi perso cose di particolare rilievo magari Lisa (o Tonio?, Fabio?) potranno integrare. Le proposte della Tavola della Pace sono infatti state illustrate non allíinizio (ha aperto líincontro Grazia Bellini, che lo presiedeva insieme a Lotti) ma dopo alcuni interventi, da Flavio Lotti. Platea abbastanza eterogenea, per età e per look, passatemi líanglismo. Molto forte comunque la presenza di amministratori: innumerevoli i gonfaloni, i sindaci e i presidenti di provincie, con le loro fasce tricolori o azzurre, e i vigili in uniforme. Parecchie anche le famiglie. LUCI ED OMBREÖ Mi sento di dire: positiva la partecipazione, comunque discreta direi, visto anche il poco tempo in cui síè organizzata la cosa. Positivo essersi potuti ritrovare, certo non tutti, ma sicuramente molti fra quanti abbiamo agito insieme per la pace negli ultimi quattro-cinque anni (o più, per alcuni di noi). Positivo aver cominciato a discutere fra noi della situazione, e delle novità che presenta, anche. Negativo, o meno positivo, il modo in cui líincontro è potuto avvenire: sotto alcuni aspetti senza dubbio uníoccasione mancata. In realtà solo pochi, pochissimi dei presenti hanno potuto prendere la parola, anche chi di cose da dire non poteva non averne (oltre a Rete Lilliput, che potrebbe essere il meno, Fabio Alberti di ìUn ponte per..î e il rappresentante di Amnesty International, e molte altre persone di cui non so il nome ñ per darvi uníidea: a uníora dalla fine, posticipata alla 14, Lotti diceva di avere iscritte, se non ricordo male, una ventina di persone, ma gli interventi son continuati ad essere lunghi ñtutti- anche cinque o dieci minuti, fate un poí i contiÖ). Uno spazio spropositato ña mio parere- hanno avuto i politici e la stampa. Tre lunghi interventi di giornalisti ñper carità, tutti rispettabilissimi e con cose da dire- e quasi tutti i portavoce dei partiti della maggioranza (DS, PRC, PdCI, Margherita ño Popolari?.. Comunque era Castagnetti-, IDV, Verdi). Hanno avuto agio di parlare senza restrizioni anche altri, Nerozzi della CGIL, Savino Pezzotta, líArci, Don Ciotti, Raffaella Bollini dellí Arci, e anche Pax Christi, sia con Valentinetti che con Fabio Corazzina (particolarmente efficace, seguito e prezioso il suo intervento, a mio parere). Ma questo secondo gruppo di interlocutori era di voci più interne al movimento, -sebbene sempre e solo di vertice- e quindi lo spazio che essi hanno avuto ha reso possibile almeno un inizio di confronto fra pareri, anche se quasi tutti concordi. Non cíè stato contraddittorio, se escludiamo ñma solo in parte- líintervento di Corazzina, che non ha taciuto le forti perplessità sulla decisione di inviare la forza multinazionale in Libano, e quello delle Acli ñnon ricordo il nome, era un ragazzo piuttosto giovane, che non avevo mai visto- che ha richiesto con molta efficacia e chiarezza che alla spedizione sia affiancato un corpo civile di pace. Per il resto, pur con toni e stili molto diversi e vari, nessun altro intervento ñche io ricordi- si è espresso contro líinvio del contingente in Libano. Sui contenuti, míè sembrato fondamentale líintervento di Papisca ñ inevitabilmente tecnico per qualche aspetto, e per me difficile da riassumere (ero in piedi, e stretto nella calca, non riuscivo a prendere appunti), non sarebbe male chiedere alla Tavola se ne è disponibile una versione in file. Preziosi come ho già detto, anche perché sole voci non allineate nel ìsì senza se e senza maî ñscusate la semplificazione- alla missione in Libano, gli interventi di Fabio Corazzina e della Acli. OCCASIONE PERSA La cosa per me più negativa è stata líimmagine confusiva e promiscua che ne è uscita, senza alcuna distinzione fra livello della politica e del governo da una parte, e realtà di movimento dallíaltra. Avendo lì dei leader (Giordano, PRC) e comunque degli esponenti nazionali ñMarina Sereni, Tana De Zulueta, Leoluca Orlando, Castagnetti- dei partiti della maggioranza, si poteva e doveva chiedere un impegno e una risposta precisi: siete o no dí accordo con líaffiancamento di una forza civile a quella militare? Di fronte a quella platea, e presente Papisca, oltre a tutti gli altri (Ong varie, Sergio Marelli, Fabio Alberti, la MorgantiniÖ) con esperienza e competenza, si doveva chiedere ai politici: 1) SE sono dí accordo, sì o no, e poi 2) se SIí, cosa si impegnano a fare, se no, perché, con quali argomenti, e lì aprire il contraddittorio. Questo doveva fare un movimento realmente autonomo. Questo non si è fatto, ed è stato secondo me uno sbaglio. Occasioni così potenzialmente propizie dubito assai che se ne ripresenteranno ñi politici non sono ingenui, e le domande e/o i contesti che li possono mettere in imbarazzo sanno come evitarli. Ora, i giornali che vorranno presentare il pacifismo come governativo avranno buon gioco: la giornata di sabato ad Assisi sembra fatta apposta per dar loro ragione. LíAUTONOMIA DEL MOVIMENTO: UN PROBLEMA APERTO Chiudo con quelli che a me paiono gli interrogativi e i problemi aperti. Che la missione in Libano non si possa assimilare a quelle in Afghanistan o in Iraq mi pare ovvio: altrimenti eravamo ipocriti e in malafede quando reclamavamo il coinvolgimento dellíONU anziché gli atti unilaterali. Ciò detto, non è affatto automatico che quella missioni porti frutti positivi. Qui si apre un campo di lavoro serio e urgente, secondo me, per un movimento che voglia essere autonomo ñcioè non governativo e dipendente (come síè mostrata secondo me la Tavola, per i motivi che ho detto) - ma anche responsabile ñcioè non sloganistico, ideologico e/o estremista (e gli esempi da non imitare non mancano). Queste mie osservazioni aprono, non chiudono il discorso sul da farsi, è chiaro. Ma sono stato già troppo lungo ñe me ne scuso. Gualtiero
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