Re: [pace] Una spiegazione e una difesa (non solo mia) nella discussione sull'Afghanistan



Capisco la difficoltà di ammettere la tragica realtà
delle cose invece di continuare a vivere un mondo
virtuale che tranquillizza la propria coscvienza ed
evita conflitti laceranti. Ma io che sono cattolico
devo affrontare la realtà, e questa realtà mi dice che
il governo dell'Unione è contro la pace, è un governo
dominato e controllato dalle stesse lobbies che
controllavano Berlusconi. E' un Berlusconi bis con un
programma antisociale, contro i lavoratori che ha
messo al centro solo la risuzione del livello di vita
della popolazione: sanità e pensioni. Le uniche misure
che Visco aveva individuato contro la rendita
immobiliare, difronte alle proteste del mondo
finanziario sono state immediatamente riviste!! Questo
governo Prodi è una fotocopia di quello di Berlusconi:
dobbiamo tornare all'opposizione per ricostruire una
sinistra che difenda veramente gli interessi della
popolazione: l'esperienza DS e Rifondazione è finita,
dobbiamo dare una svolta. Sostenere la guierra in
Afganistan e sostenere come sta facendo Prodi la
guerra del governo di Israele contro i diritti dei
palestinesi è un atto di criminalità politica che non
può essere votato ed appoggiato in nessun modo! Qui si
vede la discrimenante tra chi ha qualcosa da difendere
nella struttura di potere dell'Unione o chi lotta solo
secondo la propria coscienza: questa è l'ora della
verità!!
--- Enrico Peyretti <e.pey at libero.it> ha scritto: 

> 17 luglio 2006
> 
> Enrico Peyretti 
> 
> Una spiegazione e una difesa (non solo mia),
> 
> nella discussione interna al movimento per la pace
> sull'Afghanistan,
> 
> dopo l'assemblea del 15 luglio
> 
>  
> 
>     Devo ancora delle spiegazioni, e devo
> difendermi, nella discussione, in cui mi sono
> impegnato, interna al movimento per la pace sul
> rinnovo della spedizione militare in Afghanistan. 
> 
>     Ho creduto di dover adottare la posizione
> positivamente paziente, rappresentata autorevolmente
> da Lidia Menapace, e in ciò ho ricevuto vari
> consensi altrettanto significativi e autorevoli, che
> in parte ho fatto conoscere. Ho ricevuto anche
> critiche dure, che rispetto: per esempio, tra altri,
> da parte di Peppe Sini, meritorio operatore di
> cultura, e da parte di un singolo Giovanni (senza
> cognome) che sembra parlare per tutto il Centro
> Gandhi di Pisa.
> 
>     Ho letto la mozione conclusiva dell'assemblea
> autoconvocata del 15 luglio (oggi in rete). Potrei
> sottoscriverla interamente, se potessi non tenere
> conto del quadro più generale, perché soltanto in
> esso può collocarsi una politica di pace
> progressiva. A quell'assemblea ho mandato un
> intervento scritto il 12 luglio. 
> 
>     Se mi si perdona un riferimento personale, posso
> dire che da decenni (anche grazie all'età e ai
> grandi maestri incontrati), penso dico e scrivo in
> libri e in centinaia di articoli le stesse cose
> dette in quella mozione. Ho anche presentato
> ripetutamente le istanze del movimento per la pace,
> oltre che per le vie collettive e pubbliche anche in
> via personale, in modo corretto, a diversi operatori
> della politica, grazie alla conoscenza o amicizia
> allacciata fin dalla gioventù nelle organizzazioni
> universitarie nazionali. Neppure così ho ricevuto
> risposte proprio positive, ma non desisto.
> 
>     Vorrei avere torto nella posizione che ho preso
> sulla questione Afghanistan. Come ho detto fin
> dall'inizio della discussione, posso sbagliare e
> dovermi convincere del contrario (come tutti, del
> resto). Come alcuni dei principali interlocutori, ho
> fatto anch'io dei cambiamenti parziali, come è
> naturale e giusto in chi cerca di pensare e non
> ripetersi fisso. Eppure, portato piuttosto per
> carattere alla timidezza e incertezza davanti agli
> argomenti altrui, ho sentito abbastanza chiaramente
> di dovere presentare argomenti e ragionamenti
> differenti, non nei princìpi ma nelle conclusioni
> pratiche, dai "senatori obiettori" e dell'assemblea
> del 15 luglio. Non li riporto ora tutti qui,
> ovviamente (forse li raccoglierò in un dossier in
> rete). 
> 
>     In sintesi: mentre dobbiamo sempre «dire la
> verità al potere» (Gandhi), dobbiamo altrettanto
> tener conto di quanto potere abbiamo per realizzare
> la verità della giustizia e della pace: se la
> realizziamo almeno in parte facciamo bene, se non la
> realizziamo per nulla e solo la proclamiamo intera,
> senza mediazioni, diciamo bene, ma non facciamo
> bene. 
> 
>     Mi pare di avere mostrato attraverso alcuni
> esempi storici e altri paradossali, nei miei
> interventi del 30 giugno, del 1°, 5, 7, 8, 12, 14
> luglio, che nelle decisioni operative, a differenza
> dell'affermazione pura di ciò che è giusto, sono
> necessarie e giuste le mediazioni. Il giusto
> compromesso gandhiano, per realizzare il possibile,
> è un passo nella verità.
> 
>     E questo l'ho detto col pieno rispetto per le
> coscienze dei senatori obiettori - che ho anche
> difeso, per esempio, dalla ironia ingiusta di
> Michele Serra (3 luglio) - insieme alla discussione
> sugli effetti pratici prevedibili e negativi del
> voto contrario da loro annunciato. Dico che sbaglia
> molto Adriano Sofri a qualificare semplicemente come
> "sciocchzze" (titolo di Repubblica di oggi) quelle
> dei pacifisti critici del governo. Altrettanto
> difendo ora i politici mediatori (appello Martone,
> Menapace e altri, circolato il 13 luglio) dalle
> accuse sbrigativamente pesanti, che sento ingiuste,
> di alcuni come i corrispondenti citati all'inizio.
> 
>     Sono stato anche accusato da un amico di far
> valere il governo Prodi più della vita degli
> afghani. Perdono quell'amico, perché constato su di
> me come la polemica può trascinare a qualcosa che
> non si vuole (e chiedo di essere perdonato per tutte
> le volte in cui vi sono caduto).
> 
>     Realizzare vuol dire introdurre pazientemente
> nella realtà. Pazientare attivamente non è
> rassegnarsi né accontentarsi. Mediare non è
> svendere, ma promuovere. 
> 
>     La cultura della pace riuscirà solo a proclamare
> principi giustissimi senza cominciare a realizzarli,
> cioè a introdurli nella politica e nella storia
> effettiva, che resteranno immutate, cioè belliche e
> omicide, fino a quando quella cultura pacifica
> nonviolenta non saprà articolare il proprio
> contributo tra i due piani distinti e non separati,
> che sono: 
> 
>     a) l'obiettivo intero (l'abolizione della guerra
> e dei suoi strumenti, la difesa popolare
> nonviolenta, la gestione civile nonviolenta dei
> conflitti coi Corpi civili di pace); 
> 
>     b) i passi prossimi parziali e progressivi nelle
> condizioni limitate della politica pratica. 
> 
>     Perciò oggi sono importanti due cose:  
> 
>     a) ricordare che il principale lavoro profondo e
> continuo è culturale-educativo, fino a modificare
> l'attuale cultura politica generale, da destra a
> sinistra, con la presa di coscienza chiara e
> definitiva che o l'umanità abolisce ormai
> l'organizzazione istituzionale della violenza, o
> questa abolisce l'umanità; 
> 
>     b) rinnovare le proposte precise e minime,
> sintetiche e iniziali, presentate all'Unione il 20
> dicembre 2005 (che riportavo testualmente
> nell'intervento del 6 luglio), e messe in rete dai
> movimenti di più lunga tradizione, Movimento
> Internazionale della Riconciliazione, e Movimento
> Nonviolento.
> 
>     A queste condizioni, il profondo giusto moto
> umano popolare per la pace attiva potrà diventare
> politica, forza rappresentativa, anche
> numericamente, di volontà democratiche capaci di
> incidere nelle istituzioni e nelle decisioni.
> Altrimenti, il movimento per la pace e la
> nonviolenza resterà un grido velleitario, giusto e
> generoso ma frustrato, per la ghignante
> soddisfazione dei signori della guerra, e per la
> disperazione del popolo numeroso che in esso ha
> confidato.    
> 
>     Così resterà fino a quando, alle preziose
> necessarie elaborazioni culturali, morali, storiche,
> sociologiche, psicologiche, educative, eccetera, non
> aggiungerà la proposta politica, che significa anche
> mediazione politica (ho fatto tante volte l'esempio
> del transarmo verso il disarmo). Escludere la
> mediazione, come fa la mozione del 15 luglio, è
> escludere la politica, cioè la realizzazione.
> 
>     Proposta e mediazione politica impongono, se
> vogliamo davvero una realizzazione politica della
> pace e della nonviolenza nella democrazia, di tener
> conto dei numeri effettivi nel panorama politico
> presente. In base a questa semplice necessaria
> considerazione, è parso evidente - a me come a tante
> persone davvero più di me serie, competenti,
> responsabili - che la maggioranza dell'Unione oggi
> va preservata e non abbattuta, proprio per
> garantire, nonostante gravi carenze sulla pace al
> suo interno, la sola oggi possibile progressiva
> politica di pace. 
> 
>     Il rinnovo temporaneo della spedizione in
> Afghanistan, se politicamente indirizzato davvero
> alla sua riduzione e alla sua fine, mentre nuovi
> atti di guerra raggelano e insanguinano il mondo, è
> una condizione amara per impedire che prenda il
> potere un'altra maggioranza e una politica che
> troppo bene conosciamo, non impegnata a fermare la
> guerra, ancor meno dell'attuale restia a fare la
> guerra ed anzi più interessata a farla, a servizio
> del bellicismo Usa.
> 
>     Amici rigorosi tirano staffilate sul viso e
> sull'anima di loro amici, accusando niente meno che
> di essere assassini complici di assassini quanti
> pensano come ho detto, mentre invece soffriamo nel
> limite angoscioso di una decisione non pura,
> parziale, interlocutoria, che vediamo necessaria per
> procedere. Credetelo, amici severissimi, non siete
> solo voi che sentite l'orrore del potere che dà la
> morte, non solo voi lavorate per uscirne! 
> 
>     Se poi (anche questo è detto e ridetto) i
> senatori obiettori, e l'assemblea del 15 luglio,
> sanno quello che fanno, se sanno di potere spostare
> una maggioranza che si deve preservare (come bene
> diceva all'inizio, il 29 giugno, anche Peppe Sini:
> due cose sono entrambe da salvare, l'uscita dalla
> guerra, e la maggioranza con cui abbiamo sventato
> l'illegalità berlusconiana e l'assalto alla
> Costituzione), se questo piano è realistico e
> responsabile, avranno ragione loro, e sarò
> cordialmente con loro, perché quello è il mio
> desiderio più profondo.
> 
>     Ma se, come dicono troppi da quella parte, la
> maggioranza precedente e l'attuale valgono lo stesso
> e sono entrambe nostre nemiche, allora proprio non
> sanno quello che fanno.
> 
> Enrico Peyretti , 17 luglio 2006
> 


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