[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 501
- Subject: Minime. 501
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 29 Jun 2008 00:50:08 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 501 del 29 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Una dichiarazione 2. Giovanna Boursier: Schedature e genocidio 3. Beppe Pavan: La liberta' femminile interpella gli uomini 4. Beatrice Alfonzetti ricorda Fabrizia Ramondino 5. Raffaele Manica ricorda Fabrizia Ramondino 6. Enrico Pugliese ricorda Fabrizia Ramondino 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: UNA DICHIARAZIONE Questo so. Questo. Alla schedatura etnica proposta dal governo nazista dobbiamo saper rispondere come fece il popolo danese all'occupante nazista. Lo racconta Hannah Arendt ne La banalita' del male. Lo racconto ogni anno ai miei studenti. E' ora di farlo. * Al disegno di legge del governo nazista di condannare al carcere per il solo fatto di esistere e di vivere qui forse un milione di persone oggi presenti in Italia (i cosiddetti "clandestini" - esseri umani che nessun reato hanno commesso) dobbiamo saper rispondere come fece il popolo danese all'occupante nazista. Lo racconta Hannah Arendt ne La banalita' del male. Lo racconto ogni anno ai miei studenti. E' ora di farlo. * Alla prosecuzione delle pratiche ormai decennali di perseguitare persone innocenti e recluderle in campi di concentramento; di consegnare ai loro aguzzini i fuggiaschi che nel nostro paese speravano di aver trovato scampo e umanita' ed asilo - quell'asilo che la Costituzione della Repubblica Italiana garantisce loro -; di permettere la riduzione in schiavitu' di innumerevoli persone, pratiche decise e ratificate da tutti - dico: tutti - i governi italiano dal 1998 a oggi, dobbiamo saper rispondere come fece il popolo danese all'occupante nazista. Lo racconta Hannah Arendt ne La banalita' del male. Lo racconto ogni anno ai miei studenti. E' ora di farlo. * Mi sembra che sia giunta per tutti l'ora della resistenza. Con la forza della nonviolenza, con la forza della verita', con la forza del diritto, con la forza della misericordia. Con la forza e gli strumenti della democrazia, del diritto, della civilta'. Con la forza delle leggi in vigore, dico: delle leggi in vigore, ripeto: delle leggi in vigore - e prima e basilare la Costituzione della Repubblica Italiana. Per difendere il diritto alla vita e alla dignita' di ogni essere umano. Mi sembra che occorra contrastare e far cessare il governo nazista in Italia oggi. Questo penso. Questo. 2. MEMORIA. GIOVANNA BOURSIER: SCHEDATURE E GENOCIDIO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 giugno 2008 col titolo "Le lontane impronte dei rom". Giovanna Boursier, giornalista, e' anche una studiosa che ha dedicato particolare attenzione ed importanti ricerche alla storia e alla cultura dei rom, alla storia della lotta partigiana in Italia, allo sterminio nazista. Nata a Torino nel 1966, laureata in lettere e filosofia; tra i suoi scritti: Lo terminio degli zingari", in "Studi storici", n. 3, 1995; e' coautrice di Zigeuner. Lo sterminio dimenticato, Sinnos, Roma 1996; ha collaborato a vari lavori collettanei, tra cui Piero Brunello (a cura di), L'urbanistica del disprezzo, Manifestolibri, Roma 1996; ha realizzato diversi documentari e reportage di documentazione sociale; dopo aver collaborato come regista ai programmi Rai Diario italiano e La base inizia a lavorare come videogiornalista per Report nel 2002; per Report ha realizzato, tra le altre, le inchieste Amianto sul mare (2002), Clandestini (2004), Perche' le centrali? (2004), Chi non vola e' perduto (2008); nel 1994 e' stata consulente storica e della regia del documentario Pane, pace e liberta' di Mimmo Calopresti; nel 1995 collabora alla ricerca storica del documentario Torino in guerra di Guido Chiesa; l'anno successivo collabora alla regia del documentario Confini di Mimmo Calopresti e sempre con lui realizza Tutto era Fiat; dal 1999 viene coinvolta nel progetto Shoah Visual History Foundation di Steven Spielberg, come intervistatrice; nel 2001 vince il Premio Cipputi al Torino Film Festival; nel 2002 ha realizzato, insieme a Pierfranco Milanese, il documentario Storie di lotte e deportazione; ha collaborato al Dvd + libretto "A forza di essere vento. Lo sterminio nazista degli zingari", Editrice A, Milano 2006; attualmente vive a Roma] Si sa che quel che fa male a un adulto, a un bambino fa male doppio. Perche' non puo' difendersi alla stessa maniera, e anche perche' non sempre ha gli strumenti per comprendere. Per questo, anche nel caso di reati, la legge prescrive pene e comportamenti diversi se si tratta di minori. Invece il ministro Maroni dice che le impronte vanno prese anche ai bambini rom per il loro bene, per garantire a chi ha il diritto di rimanere in Italia di vivere in condizioni decenti. Viene da chiedersi cosa c'entra la decenza con il fatto che bambini, ma anche adulti, che vivono nel nostro paese da secoli e, vale la pena sottolineare, al 70% sono italiani, vengano considerati diversi da altri bambini e adulti e debbano sottomettersi a misure che riguardano solo loro. Perche' non c'e' dubbio che i provvedimenti in questione considerano solo un determinato gruppo di persone schedato (o censito) in quanto gruppo, generalizzando comportamenti che dovrebbero appartenere alla sfera individuale. Purtroppo la storia dei sinti e dei rom e' da sempre una storia di discriminazione perseguita attraverso il controllo. Da secoli molte leggi che li riguardano prescrivono, prima di tutto, il loro censimento: come per afferrarli e contarli, mentre loro viaggiano sempre in fuga. Basti pensare alle politiche assimilazioniste di Maria Teresa d'Austria, che ordinava di identificarli e classificarli per cancellarne cultura e identita', e al fatto che i rom, due secoli dopo, subiscono la persecuzione e il genocidio nazista senza quasi senza lasciare rimorso e soprattutto attenzione. Persino nell'immediato dopoguerra quando si calcolano i risarcimenti dovuti alle vittime agli "zingari" si riconosce un po' meno che agli altri. Nel processo ad Eichmann il capo di imputazione che li riguardava venne stralciato. Tutto cio' anche perche' ben prima dell'avvento del nazismo, non solo in Germania ma in tutta Europa, esisteva una legislazione orientata prima al controllo e all'identificazione, poi alla loro omologazione e assimilazione. Nella Germania guglielmina e nella Repubblica di Weimar la "questione zingara" era affidata quasi esclusivamente alle autorita' di polizia locali col compito, sostanzialmente, di far rispettare regole e doveri: gli "zingari" dovevano lavorare e smettere la vita nomade. Per questo le leggi imponevano il loro censimento. Nel 1934 il Ministero degli interni tedesco comincio' a finanziare i Centri di igiene razziale nei quali la "questione zingara" venne affrontata con molta attenzione. Attingendo, soprattutto, a dati, nomi e luoghi di residenza raccolti dal Servizio informazioni di Monaco, ufficio fondato nel 1899 che in 30 anni aveva schedato migliaia di "zingari". Poi, nel giro di pochi anni, l'Istituto fu ribattezzato Ufficio centrale per la lotta alla piaga zingara. Il resto e' storia piu' nota anche se trascurata o rimossa. Vale la pena rileggerla, anche se, come dice un un vecchio rom, "oggi e' diverso, pero' non ci stupiamo, e ogni volta fa sempre piu' paura". 3. RIFLESSIONE. BEPPE PAVAN: LA LIBERTA' FEMMINILE INTERPELLA GLI UOMINI [Da "Uomini in cammino", foglio del Gruppo Uomini di Pinerolo, n. 3, 2008 (sito: www.uominincammino.it) riprendiamo il testo dell'intervento di Beppe Pavan al convegno "Sessualita' femminile, promozione della salute e prevenzione" svoltosi a Torino il 19 giugno 2008. Beppe Pavan e' impegnato nella bellissima esperienza nonviolenta della comunita' di base e del "gruppo uomini" di Pinerolo (preziosa esperienza di un gruppo di uomini messisi all'ascolto del femminismo con quella virtu' dell'"attenzione" di cui ci parlava Simone Weil), ed in tante altre esperienze di pace, di nonviolenza, di solidarieta'; cura la newsletter "Uomini in cammino" ed e' tra i promotori dell'associazione "Maschile plurale"] Liberta': negata alle donne dagli uomini che la pretendono per se', per legiferare sui corpi delle donne garantendone il massimo a se'. Liberta' sessuale: come suona diversamente, questa espressione, in bocca a un uomo o a una donna! Per un uomo e' "liberta' di caccia", per una donna "liberta' dalle costrizioni e dalle violenze"; qual'e' la vera liberta'? Anche di qui passa il percorso di autocoscienza maschile che ci aiuta ad interrogarci ogni giorno sulle nostre relazioni, sul nostro modo di stare al mondo. Di qui passa la prevenzione della violenza contro le donne. La guerra mondiale contro le donne non conosce tregua e ha un fronte che passa in ogni casa di ogni citta' e paese di ogni parte del mondo. In ogni casa, si'! perche' in ogni casa ci sono uomini che, anche se non commettono atti di violenza, tacciono e coprono, con il loro silenzio omertoso, gli stupri, le botte, le ingiurie, i disprezzi, le indifferenze... con cui altri loro simili, appartenenti allo stesso genere maschile, opprimono e annientano donne. Anche noi, uomini in cammino e maschi plurali, ci sentiamo oppressi da quelle violenze: noi che da anni lavoriamo su di noi, per cambiare i nostri modi di stare al mondo, per imparare a stare nelle relazioni con cura e rispetto, per imparare a convivere con tutte le differenze; noi che da quindici anni ci riuniamo in gruppo per riflettere e sostenerci a vicenda in questo cammino di cambiamento e andiamo in giro per convegni e incontri, nelle scuole e nelle chiese, nelle universita' e nei centri di formazione, nei centri antiviolenza e dovunque possiamo incontrare altri uomini, piccoli, giovani e adulti, per raccontare loro la convenienza per la nostra vita di questo cambiamento... Anche noi ci sentiamo oppressi e non vogliamo stancarci di gridare il nostro "basta!". Ma non e' sufficiente, ne siamo consapevoli. Perche' le violenze continuano e, finche' uomini, in quanto uomini, continueranno a violare donne in quanto donne, non bastera' gridare "basta!". Noi uomini, dopo aver condiviso queste denunce, abbiamo ancora un compito a cui non ci possiamo sottrarre: fare, ciascuno nella propria mente, nel proprio cuore, nella propria vita, un deciso passo indietro, concreto, materiale, quotidiano. E smettere di intimidire, picchiare, violentare, uccidere, costringere, imporre... Smettere di spacciare la cultura patriarcale per religione e la religione per fede. Scendere dal piedestallo che il patriarcato, cioe' la cultura della superiorita' maschile, ci ha costruito sotto i piedi, e riconoscerci "alla pari" con ogni altra creatura, cominciando dalle donne e dai cuccioli della nostra famiglia. E imparare il rispetto per ogni persona e per ogni creatura (animale, pianta o sasso) che sia diversa da noi. Rispetto, in particolare, e' riconoscere che l'ultima parola e' delle donne, per quanto riguarda il loro corpo e la lor maternita', e che liberta' e' autodeterminazione. E quand'anche venissero arrestati tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro nazionalita', che stuprano, picchiano, terrorizzano, perseguitano, uccidono donne "colpevoli" di cercare la propria liberta', non basterebbe la punizione. Questi reati non si possono estinguere con la pena, ma solo con la restituzione e il cambiamento: - restituzione della dignita', del rispetto, della voglia di vivere, di relazioni d'amore nuovamente possibili e pienamente libere, alle donne: - cambiamento di cultura e di pratiche personali, sociali, collettive, per gli uomini: non basta chiedere scusa e "pagare il fio", se non si cambia modo di stare al mondo, ponendo basi sicure per la non reiterazione del reato. Che deve essere riconosciuto e chiamato con il suo vero nome. Cosi' saranno restituite dignita' e vita piena non solo alle vittime, ma anche ai colpevoli. Il cambiamento e' liberazione di entrambi, e' giustizia piena, e' prevenzione... Dunque, mi sembra conseguente affermare che la prevenzione passa dal cambiamento maschile: bisogna che gli uomini smettano di fare violenza alle donne. Ma giustamente le donne hanno fretta che questo cambiamento avvenga e, allora, non possiamo semplicemente aspettare che si allarghi la "macchia d'olio" degli uomini che si mettono in cammino di cambiamento. La piu' grande tragedia dell'umanita' deve vedere un impegno complessivo della societa' planetaria. Tutte le istituzioni dovrebbero prenderne consapevolezza e mettere questa prevenzione al centro delle loro agende. Pensiamo, ad esempio, a come sarebbero diverse le priorita', l'organizzazione e la qualita' dei "servizi alla persona" se gli uomini che legiferano, governano e amministrano, fossero consapevoli della loro parzialita' e del rispetto dovuto a tutte le differenze! Il primo passo, fondamentale e imprescindibile, e' "partire da se'", in tutti gli ambiti e in tutte le professioni e in tutti i ruoli, sempre e dovunque. Tutte le agenzie formative, dalle scuole ai sindacati, dalle chiese alle associazioni di volontariato, dovrebbero fare del riconoscimento e del rispetto delle differenze, di tutte le differenze, il fulcro e il paradigma dei loro programmi. Se i preti fossero liberi di vivere la loro sessualita', ad esempio, calerebbe il tasso di pedofilia nel mondo, molte donne potrebbero uscire dall'invisibilita' e vivere liberamente le loro relazioni di mogli e madri e alle donne non verrebbero piu' predicate, con la violenza dell'autorizzazione divina, la sottomissione all'uomo, la pratica sacrificale e la pazienza nei confronti dell'insopprimibile istinto cacciatore dei mariti... La scuola, in particolare, dovrebbe essere tutta orientata alla formazione alle relazioni nonviolente, comprendendovi l'educazione alle relazioni sessuali e tra i generi. Lo stupro non e' sesso, nella violenza non c'e' felicita'. Tutte le Asl, insieme agli sportelli di ascolto e aiuto per le donne, dovrebbero organizzare sportelli di ascolto e servizi di accoglienza per uomini con problemi e disturbi delle relazioni, nonche' servizi terapeutici professionali per accompagnare il cambiamento di vita degli uomini che vengono condannati per atti di violenza contro donne e bambini. Gli enti locali dovrebbero riconoscere e far conoscere tutti i gruppi di autocoscienza e di auto-mutuo-aiuto presenti sul territorio, in particolare quelli che si dedicano ad iniziative di contrasto delle schiavitu' sessuali... per favorire in ogni modo la coerenza tra la formazione scolastica e i modelli adulti positivi di riferimento per bambini e adolescenti. Prevenzione e' anche organizzare il tempo libero di bambini/e, ragazzi/e e giovani a cominciare dalla scuola primaria: compito fondamentale degli enti locali, da non delegare alle chiese, ma incentivando e coordinando tutto il volontariato possibile. Mi sembra un decisivo spazio educativo e una possibilita' di lavoro per educatori ed educatrici, indispensabile alle persone, alla societa' e al mondo. 4. MEMORIA. BEATRICE ALFONZETTI RICORDA FABRIZIA RAMONDINO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 giugno 2008 col titolo "La scrittrice. Le sue sfide, i suoi sogni, il suo disagio" Beatrice Alfonzetti e' docente di Letteratura teatrale italiana all'Universita' di Roma "La Sapienza". Le sue ricerche, riguardanti la letteratura teatrale fra Cinque e Settecento, vertono su alcune tematiche come i divieti della morte in scena, il giuramento, la drammaturgia del complotto, il consigliere nella tragedia di corte (da Tasso a Metastasio a Voltaire ad Alfieri al teatro giacobino). Di carattere piu' strettamente teatrale i lavori sugli attori-letterati del Settecento (Luigi Riccoboni ed Elena Balletti). Un altro ambito di ricerca, fra storiografia teatrale e critica militante, e' legato al teatro e alla letteratura del Novecento con particolare attenzione all'opera di Pirandello, Sciascia, Dario Fo e Fabrizia Ramondino. Fra le opere di Beatrice Alfonzetti: Il trionfo dello specchio. Le poetiche teatrali di Pirandello, Cuecm, 1984; Il corpo di Cesare. Percorsi di una catastrofe nella tragedia del Settecento, Mucchi, 1989; Teatro e tremuoto. Gli anni napoletani di Francesco Saverio Salfi, Franco Angeli, 1994; Congiure. Dal poeta della botte all'eloquente giacobino, Bulzoni, 2001. Fabrizia Ramondino (Napoli 1936 - Itri 2008) e' stata una una prestigiosa scrittrice e intellettuale di forte impegno civile partecipe di molte esperienze di lotta per i diritti e di solidarieta' concreta. Tra le opere di Fabrizia Ramondino: Storie di patio, Einaudi, Torino 1983; Un giorno e mezzo, Einaudi, Torino 1988; (con Andreas Friedrich Mueller), Dadapolis. Napoli al caleidoscopio, Einaudi, Torino 1992; (con mario Martone), Morte di un matematico napoletano, Ubulibri, 1992; Terremoto con madre e figlia, Nuovo Melangolo, 1994; Althenopis, Einaudi, Torino 1995; In viaggio, Einaudi, Torino 1995; L'isola riflessa, Einaudi, Torino 1998; Ci dicevano analfabeti. Il movimento dei disoccupati napoletani degli anni '70, Argo, 1998; L'isola dei bambini, Edizioni e/o, Roma 1998; Polisario, Gamberetti, Roma 2000; Passaggio a Trieste, Einaudi, Torino 2000; Guerra d'infanzia e di Spagna, Einaudi, Torino 2001; (con Rossana Rossanda), Bagnoli. Lo smantellamento dell'Italsider, Mazzotta, Milano 2001; Il libro dei sogni, L'Ancora del Mediterraneo, Napoli 2002; Il calore, Nottetempo, 2004; Per un sentiero chiaro, Einaudi, Torino 2004; Arcangelo e altri racconti, Einaudi, Torino 2005, La via, Einaudi, Torino 2008] Sembra il frutto di un destino magico la morte improvvisa di Fabrizia Ramondino fra le acque del litorale di Fondi, vicino a Itri, un luogo solitario e selvatico eletto ormai da anni a sua fissa e, inevitabilmente, inquieta dimora. I suoi lettori piu' affezionati avranno forse gia' tra le mani l'ultimo libro appena uscito, La via (come altri edito da Einaudi), soliti com'erano a ritrovarsi all'appuntamento con i suoi romanzi, i suoi racconti, le sue poesie che, con scansione quasi regolare, apparivano ogni due-tre anni dopo il folgorante Althenopis. Era questo il romanzo, a suo modo primo e unico nella sua densita', con il quale occorreva fare i conti, riconoscendo la sua eccezionalita' e la sua diversita' da tutto cio' che lo circondava nel panorama italiano dei primi anni Ottanta. Ma per capirla era utile anche un altro piccolo libro molto eloquente, uscito ormai sei anni fa, un libro comparso quasi alla macchia, presso la casa editrice L'ancora del Mediterraneo e intitolato Il libro dei sogni. Tra quelle pagine sembra possa trovarsi tutto cio' che riguarda l'esistenza di Fabrizia Ramondino, l'origine del suo disagio e la salvezza nella letteratura, la sfida al tempo stesso intellettuale ed esistenziale con la figura dell'analista, la scelta infine della scrittura, alla quale ancorare il suo lavoro (e non pensare al Taccuino d'oro di Doris Lessing e' quasi impossibile). La letteratura nasce dalla letteratura, ha piu' volte ripetuto Fabrizia Ramondino, quasi a volere scongiurare facili schemi interpretativi, quelli che vedono nella letteratura una proiezione autobiografica, o quelli che contemplano il legame specifico della scrittura con una qualsivoglia appartenenza, quella al genere femminile, o a una presunta scuola napoletana, tutti vincoli che non riconosceva (e contro i quali intervenne in un articolo sull'"Indice" alcuni anni fa). Potra' partire da qui il lavoro che occorrera' fare per scrivere la sua biografia intellettuale, restituendola alle sue radici napoletane ma al tempo stesso vedendovi un intreccio fitto con quella identita' europea che da Cervantes passa a Rilke, da Diderot va a Mozart: sono questi alcuni dei riferimenti di cui pullulano i suoi romanzi, da Un giorno e mezzo a Guerra d'infanzia e di Spagna. Proprio questo e' il romanzo in cui tutti i motivi che aveva precedentemente svolto acquistano la forza di un universo simbolico compatto: la scrittura come sbocco della lingua segreta e magica nata dall'assenza di un'unica madrelingua; la narrazione come ricerca e come viaggio; la mancanza di una fissa dimora; le metamorfosi e gli sdoppiamenti; l'equivalenza casa-madre; il conflitto rituale fra madre e figlia. Conflitto che ritorna, con forza dirompente, in Terremoto con madre e figlia, opera teatrale geometrica e lirica insieme, da leggersi richiamando i versi della Serata a Colono di Elsa Morante, con cui si potrebbero trovare sorprendenti analogie. Se solo abbandonassimo la prospettiva strettamente napoletana e ci incamminassimo lungo i mille percorsi che la scrittura della Ramondino ci suggerisce. Napoli-Maiorca, Maiorca-Napoli: e' questo il tragitto della navigazione che apre e chiude Guerra d'infanzia e di Spagna, con una bambina al centro, bambola e scimmietta immaginaria, nata da isole leggendarie e fiabesche, le isole della letteratura di viaggio (e la raccolta In viaggio e' l'antecedente piu' prossimo al romanzo) su cui e' modellata la narrazione dei primi sette anni di vita della protagonista. Un mondo magico, attraversato da echi di guerra lontani, in cui acquistano risalto le piante e le stelle, i giochi e le ribellioni, e soprattutto il mare con i suoi pesci, le sue stelle e i suoi cavalli marini in cui la bambina immaginaria - e poi la donna che Fabrizia Ramondino e' stata - nuotava attratta dalla meraviglia. 5. MEMORIA. RAFFAELE MANICA RICORDA FABRIZIA RAMONDINO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 giugno 2008 col titolo "Magie napoletane. L'ultimo giorno con il mare alle spalle" e il sommario "Proprio mentre usciva da Einaudi il suo ultimo romanzo, intitolato La via, Fabrizia Ramondino moriva di infarto, appena riguadagnata la riva dopo un bagno nel mare vicino a Itri, dove si era trasferita quando la sua casa di Napoli venne distrutta dal terremoto. Al suo impegno nella scrittura aveva affiancato quello sociale, che la porto', tra l'altro, a lavorare con i bambini". Raffaele Manica (1958), docente e saggista, insegna letteratura italiana all'Universita' "Tor Vergata" di Roma. Collabora a varie riviste, tra le quali "Paragone", "Nuovi argomenti", "La rivista dei libri". Opere di Raffaele Manica: Preliminari sull'Orlando Furioso, 1983; Discorsi interminabili, 1987; Il critico e il furore. un mito platonico per i trattatisti del Cinquecento, Quattroventi, 1988; La prosa nascosta. Narrazioni del Novecento Italiano, Avagliano, 2002; Moravia, Avagliano, 2004] Una coincidenza ha voluto che l'ultimo giorno della vita di Fabrizia Ramondino fosse quello in cui usciva l'ultimo suo romanzo, un libro che racconta di un uomo di mare approdato in un qualunque paese di un'Italia meridionale antica e immutabile, ma sfidata da una modernita' sfrontata, imperturbabile nel creare nuovi bisogni. Lo pubblica Einaudi e si intitola La via, non perche' alluda alla sapienza comune, quella della strada, ma proprio perche' sta a indicare la via principale di quel paesino qualunque, simbolico e reale, Acraia, che sembra dividere in due la storia (vecchie botteghe e nuove attivita' commerciali; i vecchi davanti al loro bar di sempre e i giovani davanti alla televisione; la guerre vecchia sempre vicina e quella nuova che sembra remota; e il traffico di oggi e di ieri sulla via che di tutto e' causa). Non solo la coincidenza tra l'ultimo giorno e l'ultimo romanzo parla di un modo singolare che il destino ha avuto per rivelarsi, ma il modo stesso in cui Fabrizia Ramondino se n'e' andata porta il segno di oggetti che hanno segnato il suo paesaggio fisico e mentale: aveva detto alla sua segretaria di prepararle un caffe', avrebbe fatto un bagno in mare e sarebbe tornata. Dall'acqua di Itri, la cittadina dove viveva e villeggiava, e' uscita barcollando per un malore. Poi si e' spenta sulla riva. * I suoi tratti distintivi Il suo caffe' e il mare: due tratti costitutivi della Napoli dove era nata nel 1936. La citta' della vita, alla quale aveva dedicato, nel 1989, Dadapolis. Caleidoscopio napoletano (scritto insieme ad Andreas Friedrich Mueller). Ma Napoli era stata gia' al centro di Athenopis, che, nel 1981, le aveva dato la notorieta'. La sua era una Napoli per niente oleografica, come lo era quella di altri scrittori all'incirca della sua generazione, da Ermanno Rea a Raffaele La Capria. Cosi' anche Ramondino aveva rimosso il mito di Partenope, lasciandolo alle cartoline e al turismo dei frettolosi. Occorreva cancellare il famoso pino per dire della citta', per ascoltarne la voce nascosta. Napoli, infatti, e' da secoli citta' dura - con "lingua tosta", diceva il gran Basile - e citta' colta, dove il gusto del dialetto sopravvive accanto a finezze di pensiero: non solo in Benedetto Croce, esempio consueto, ma anche in un matematico fascinoso e misterioso come Renato Caccioppoli; e, non a caso, Fabrizia Ramondino aveva collaborato alla sceneggiatura del film di Martone, Morte di un matematico napoletano. Di tutta questa congerie di esperienze la lingua della scrittrice ha tenuto la massima considerazione, da Storie di patio (1983) a Un giorno e mezzo (1988), da In viaggio (1995) a L'isola riflessa (1998), da Passaggio a Trieste (2000), a Guerra di infanzia e Spagna (2001), a Arcangelo (2005), libri di narrativa cui vanno aggiunte le poesie di Per un sentiero chiaro (2004). Anche da questi titoli, forse, traspare il fatto che benche' la scrittrice fosse dentro Napoli con tutta se stessa, da li' seppe partire per conoscere molto altro, come confermano i tratti della sua biografia, cosi' intrisa di cultura tedesca. Figlia di un diplomatico, aveva passato l'infanzia a Maiorca. Nel secondo dopoguerra ando' a Parigi, poi in Germania. Dopo vari ritorni, fu stabilmente a Napoli, dove si rese protagonista di varie iniziative civili e politiche: aveva lavorato, tra l'altro, per la Mensa dei bambini proletari a Montesanto. A Itri era arrivata dopo il terremoto del 1980 che le aveva devastato la casa in Palazzo Spinelli. Era una borghese colta, con il senso della comunita' e della societa': il suo essere in sintonia con il sud ricordava quello di altri intellettuali, che dalla loro provenienza avevano tratto una sorta di spina dorsale, essendo al tempo stesso figure cosmopolite: solo apparentemente senza datazione e senza radici - come l'uomo di mare che inaugura la narrazione dell'ultimo romanzo della Ramondino - ma ben consapevoli dei loro approdi migliori, capaci di coltivare la memoria e di immergersi nel presente, amanti del semplice gusto di chiacchierare come pure della conversazione che specula sulle forme della teoria politica: non a caso, forse, sulla copertina di questo ultimo libro della Ramondino c'e' il divano borghese di Chaste Suzanne dipinto da Vallotton, al tempo stesso una scena di conversazione e la rappresentazione di un tentativo di seduzione da parte dei soliti vecchioni con pochi capelli e crani molto lucidi. Sfogliando La via, ci si accorge presto che e' un romanzo dall'impianto fitto, perfino visivamente. Pochi gli a capo, con piu' voci che si innestano sulla narrazione quasi a creare un coro, riferendo accadimenti e finendo per diventare il fondale e il sentire stesso del romanzo. * Qualcosa in comune con la Ortese Scrittori come la Ramondino sanno essere visionari, sulla pagina, anche avendo a disposizione pochi elementi di una realta' nuda e cruda, e sanno trarre inattese conseguenze da cio' che sembrerebbe, a persone dotate di sensi meno vigili, pura cronaca. Forse anche per questa qualita' della Ramondino, alcuni hanno colto, nel suo scrivere, una derivazione dal magistero della Ortese. E forse davvero c'e' qualcosa, nel sud, che induce a quella magia di cui parla anche un famoso titolo di Ernesto De Martino, una magia che si intona in modi ogni volta diversi, e si nutre di una fantasia giudiziosa, com'era quella della Ramondino, spesso covata sotto le ceneri del tempo. 6. MEMORIA. ENRICO PUGLIESE RICORDA FABRIZIA RAMONDINO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 giugno 2008 col titolo "Aveva poesie per i barcaioli e gesti di impegno per i bambini" Enrico Pugliese e' docente di sociologia del lavoro all'Universita' di Napoli, e direttore dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr; gia' allievo e collaboratore di Manlio Rossi-Doria presso il Centro di ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno di Portici; ha insegnato presso numerose universita' straniere; e' autore di diversi saggi che riguardano il lavoro, la disoccupazione e l'immigrazione. Tra le opere recenti di Enrico Pugliese: Sociologia della disoccupazione, Il Mulino, Bologna 1993; (con E. Rebeggiani), Occupazione e disoccupazione in Italia (1945-1995), Edizioni Lavoro, Roma 1997; Diario dell'immigrazione, Edizioni Associate, Roma 1997; (con M. I. Macioti), Gli immigrati in Italia, Laterza, Roma-Bari 1998; Rapporto sull'immigrazione, Ediesse, Roma 2000; (con E. Mingione), Il lavoro, Carocci, Roma 2002; L'Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il Mulino, Bologna 2002; (con M. I. Macioti), L'esperienza migratoria: immigrati e rifugiati in Italia, Laterza, Roma-Bari 2003] Molti altri sui giornali ricorderanno Fabrizia Ramondino come scrittrice, una delle piu' grandi nell'Italia di oggi, e come autrice impegnata socialmente, cosi' come tutti sottolineeranno il continuo riferimento a Napoli della sua poesia e della sua prosa. In questo mio ricordo, invece, parlero' di lei come una compagna e come l'amica al centro di un larghissimo gruppo di persone di ogni generazione, di ogni provenienza sociale e di ogni mestiere, soprattutto, ma non solo, napoletane: personaggi che a volte - scomposti, mescolati e ricomposti - rientravano nei suoi libri, soprattutto quelli proletari, non a caso i piu' amati. Penso a Mario, pescatore e barcaiolo di Laurito, al quale dedico' una delle piu' belle poesie in Per un sentiero chiaro o a Giovanni di Arcangelo. Di ciascuno Fabrizia voleva sapere la storia antica e recente, voleva sentire di genitori e figli, di amici, coniugi e amanti e, quando eravamo giovani, soprattutto di fidanzati e fidanzate. Ma era nella sua natura che ogni rapporto di puro affetto avesse sempre un versante di scambio intellettuale, soprattutto con quelli che non erano intellettuali di mestiere. Non si puo' negare che ci fosse, in Fabrizia Ramondino, una vena di populismo, corrispondente peraltro, alla sua provenienza aristocratica; ma si trovava anche sempre, in lei, una forte solidarieta' umana, condita da un pizzico di ironia. Forse anche da questi rapporti traeva il suo atteggiamento scanzonato nei confronti del potere, dei potenti, degli accademici, degli intellettuali illustri, di chiunque avesse un qualche motivo per darsi delle arie. E il suo non era certo un residuo sessantottino. Irridere al potere e' qualcosa che accomunava tutti i suoi interventi sociali e politici, da quando negli anni '50 discuteva di controllo delle nascite e di diritti delle donne con le braccianti di Giugliano (mentre le donne piu' anziane tenevano gli uomini fuori dalla porta). A quell'epoca Fabrizia era militante del Psi, e anche di recente amava definirsi socialista e anarchica; lo riaffermo' non molto tempo fa proprio sul "Manifesto" a proposito dei fatti di Napoli, sottolineando che l'anarchia non e' costituita solo di opposizione alla politica dirigistica ma anche e soprattutto di partecipazione. C'era poi un'altra peculiarita' di Fabrizia che consisteva nell'andare contro le pratiche correnti, magari anticipando discorsi e forme di intervento che poi sarebbero diventati di moda: il suo stesso impegno con i bambini poveri dei quartieri di Napoli, tra la fine degli anni '50 e la prima meta' degli anni '60 esprimeva la sua tendenza a fare politica in un modo diverso; perche' c'era davvero qualcosa di nuovo nell'idea di aprire un asilo per bambini poveri del quartiere San Lorenzo a Palazzo Marigliano a Napoli. A quei bambini veniva insegnato in primo luogo, alla maniera di don Milani, l'importanza della parola, della scrittura e della cultura. Ma veniva consegnata loro anche una visione del futuro che contemplava sia la possibilita' di un miglioramento sia una certa dose di realismo. Se dovessi scegliere un ricordo tra i tanti che ho di lei, me ne viene in mente uno di oltre trent'anni fa che e' rimasto sempre nitido nella mia mente: non ha a che fare ne' con la scrittrice ne' con la militante, bensi' con la persona dotata di una indomita volonta' e con la sua incredibile capacita' di lavoro, che conciliava cosi' bene alla capacita' di essere una madre affettuosa. Eravamo a Castrovillari, me la vedo ancora su un fianco, con in mano una matita per sottolineare il libro di Sebastiano Timpanaro, Sul materialismo storico. La mattina dopo saremmo andati in giro per riunioni, discussioni - e qualche litigio - come sempre. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 501 del 29 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Voci e volti della nonviolenza. 197
- Next by Date: La domenica della nonviolenza. 170
- Previous by thread: Voci e volti della nonviolenza. 197
- Next by thread: La domenica della nonviolenza. 170
- Indice: