[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 491
- Subject: Minime. 491
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 19 Jun 2008 01:27:20 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 491 del 19 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. La guerra continua 2. Maso Notarianni: Notizie del 14 giugno 2008 dalla guerra in Afghanistan 3. Maso Notarianni: Notizie del 16 giugno 2008 dalla guerra in Afghanistan 4. Maso Notarianni: Notizie del 18 giugno 2008 dalla guerra in Afghanistan 5. La dieta europea vota l'ordine ariano 6. Vincenzo Consolo: Migrazione 7. Rete nazionale dei Centri antiviolenza e delle Case delle donne: Per un piano di azione nazionale contro la violenza 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LA GUERRA CONTINUA Continua la guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista in Afghanistan. Continua la partecipazione militare italiana alla guerra assassina, la partecipazione criminale e illegale alla guerra assassina, la partecipazione in violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale. Un governo e un parlamento di assassini ormai da anni hanno fatto dell'Italia uno stato complice delle stragi afgane. Fu il precedente governo Berlusconi a precipitarci nella guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista in Afghanistan. Poi il governo Prodi per due anni. Ora di nuovo un governo Berlusconi. C'e' un nome per questa sedicente "politica estera": crimine contro l'umanita'. * Cessi la partecipazione italiana alla guerra. S'impegni l'Italia per la pace in Afghanistan. Questo e' cio' che le leggi prescrivono. Questo e' cio' che la civilta' richiede e la coscienza invoca. * Coloro che in questi anni e ancor oggi alla guerra onnicida si sono prostituiti sappiano che la sua onda d'urto giungera' fin nelle nostre case. Sappiano che la guerra e' nemica dell'umanita'. Sappiano che chi di spada ferisce di spada perisce. * Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. AFGHANISTAN. MASO NOTARIANNI: NOTIZIE DEL 14 GIUGNO 2008 DALLA GUERRA IN AFGHANISTAN [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 14 giugno 2008 col titolo "Fuga in massa dalla prigione di Kandahar" e il sommario "Nel tardo pomeriggio di ieri i guerriglieri talebani hanno assaltato la prigione di Kandahar" Maso Notarianni, giornalista, e' impegnato nell'esperienza dell'organizzazione umanitaria Emergency e dirige "Peacereporter"] Nel tardo pomeriggio di ieri i guerriglieri talebani hanno assaltato la prigione di Kandahar dove erano rinchiusi un migliaio di carcerati tra talebani e bande di delinquenti comuni. Il carcere preso di mira, uno dei piu' grandi e importanti di tutta la provincia, e' stato attaccato prima con una incursione suicida di alcuni uomini, che a bordo di un camion hanno sfondato il cancello principale di entrata della struttura carceraria facendosi saltare in aria. Subito dopo altri guerriglieri si sono introdotti all'interno dell'edificio, dopo aver ridotto mura e porte ad un cumulo di macerie, e hanno aperto il fuoco sulle guardie della sicurezza afghana. La maggior parte dei carcerati sono riusciti a fuggire. Tra loro anche alcune donne si sono dileguate tra le strade della citta'. Dalle informazioni raccolte sembra che soltanto un centinaio di prigionieri siano ancora dentro il carcere, mentre piu' di ottocento, tra talebani, guerriglieri e bande di rapinatori pare siano ormai quasi al sicuro nella provincia e di nuovo pronti a combattere. Non si conosce il numero delle vittime tra i soldati della polizia afghana, qualcuno parla di una ventina, mentre altre fonti dichiarano persino che sono stati colpiti cinquanta uomini. Il loro conteggio e' anche compromesso dalla confusione tra feriti gravi e persone uccise. Nella regione c'e' fermento - ci raccontano fonti locali che lasciamo anonime per questioni di sicurezza - ed anche a Laskhargah la notizia ha creato agitazione e stupore tra la gente, ma non e' facile distinguere se sia piu' la paura ed il rammarico per questa ennesima pagina di guerra, o se prevalga quasi una sottile soddisfazione per questo nuovo massacro del blitz talebano. "La gente di questa provincia del sud vive aspettando di morire", ci dice qualcuno, "E con questo stato d'animo gli afghani sono pronti a tutto". "Gia' ieri sera le vie della citta' erano attraversate da lunghe, interminabili file di carri e veicoli blindati carichi di soldati che si dirigevano a nord", prosegue il racconto da Lashkargah. "Nel buio brillavano le canne dei mitra che spuntavano dagli abitacoli e gli occhi dei soldati che sventolavano bandiere dell'Afghanistan mentre si dirigevano verso il nuovo fronte". 3. AFGHANISTAN. MASO NOTARIANNI: NOTIZIE DEL 16 GIUGNO 2008 DALLA GUERRA IN AFGHANISTAN [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 16 giugno 2008 col titolo "Afghanistan, prosegue l'offensiva talebana, ucciso il generale Toorjun"] Dopo il "successo tattico" dell'assalto alla prigione di Kandahar, i talebani mettono a segno un altro colpo contro il governo centrale di Karzai. Sabato 14 giugno, verso le quattro del pomeriggio locali, si e' verificato un altro imponente attacco delle truppe talebane contro gli uomini della milizia afghana del distretto di Margiah, situato a meno di un'ora di macchina dal centro della citta' di Laskhargah. Questa volta e' stato colpito un punto di forza della security nazionale, il generale Toorjun, che comandava l'intero distretto di Nade' Ali ed era uno dei piu' aggueriti e temuti comandanti dell'esercito afghano. I talebani hanno prima assalito il distretto di Margiah con un imponente attacco che ha coinvolto decine di guerriglieri, tanto che i soldati dell'esercito afghano che difendevano la zona sono stati costretti a chiedere l'ausilio di altri uomini. Appena il generale Toorjun e' arrivato sul posto con il suo contingente, un ordigno comandato a distanza lo ha fatto saltare in aria. A raccontare l'accaduto e' lo stesso capo della polizia del distretto di Margiah, Hagji Gull, che si trovava sul campo di battaglia accanto a Toorjun, e che e' stato colpito dalle schegge dell'ordigno esploso in varie parti del corpo, ma non in punti vitali. L'avvenimento ha avuto un notevole risalto in tutta la provincia di Helmand, dove la ferocia del generale Toorjun nel combattere i talebani era diventata famosa in questi ultimi anni. Tanto odiato dai guerriglieri, quanto temuto dalla popolazione di Laskhargah, il generale era gia' scampato qualche tempo fa ad un precedente attacco suicida contro di lui, e la gente racconta di come dopo quell'episodio la sua ferocia fosse aumentata ancora. "Quando riusciva a catturare qualche talebano - raccontano nella capitale dell'Helmand - per dimostrare il suo coraggio ed umiliare i prigionieri, dicono che bruciasse i loro corpi prima o dopo averli uccisi": la peggiore delle offese che si possa fare ad un musulmano. Poche ore dopo il presidente dell'Afghanistan Karzai teneva un discorso davanti ad un nutrito gruppo di giornalisti del Paese, dichiarando addirittura di voler inviare delle truppe afghane in Pakistan per combattere alla fonte l'ingresso dei talebani nel suo Paese. Karzai sostiene infatti l'ipotesi che un gran numero di guerriglieri arrivino proprio da questo paese confinante e che il novanta per cento dei kamikaze che quasi quotidianamente saltano in aria tra la provincia di Helmand e Kandahar siano in realta' non afgani ma pakistani. 4. AFGHANISTAN. MASO NOTARIANNI: NOTIZIE DEL 18 GIUGNO 2008 DALLA GUERRA IN AFGHANISTAN [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 18 giugno 2008 col titolo "Dopo l'offensiva talebana, la controffensiva occidentale" e il sommario "E' scattata, prevista, la controffensiva militare per contrastare l'avanzata talebana verso Kandahar"] E' scattata, prevista, la controffensiva militare per contrastare l'avanzata talebana verso Kandahar, citta' simbolo degli studenti coranici e sede di una delle piu' importanti basi militari occidentali del Paese. Truppe canadesi e dell'esercito regolare afgano stanno cercando di riconquistare i villaggi intorno alla citta', conquistati ieri dai guerriglieri afgani. Fonti contattate da "PeaceReporter" nel sud dell'Afghanistan, anonime per ovvi motivi di sicurezza, ci raccontano che "i guerriglieri talebani in questi giorni hanno ripreso, anzi accentuato, le loro azioni di guerriglia attorno a Kandahar e in tutta la provincia di Helamnd con azioni calibrate e sottili, che mirano a colpire punti simbolo del governo afghano, come l'ultimo assalto al carcere di Kandahar e l'uccisione del geneale Toorjan. "E sebbene le truppe anglo-americane abbiano portato in questa parte del paese piu' di diecimila uomini e siano dotate di sofisticati mezzi bellici, non riescono a precedere o sedare le ambizioni dei guerriglieri muniti solo di kalasnihov ed armi rudimentali. D'altronde questi deserti appartengono da sempre al popolo pasthun e questi uomini, avvolti nei loro pathu e sotto i turbanti neri, sanno benissimo come muoversi, dove colpire ed in che modo attuare questo tipo di guerriglia. "Inoltre sembra quasi che la loro fede radicata pareggi l'imponenza di uomini ed armi dei loro nemici". Attorno alle principali citta' della provincia di Helmand e Kandahar c'e' una vasta area desertica che si puo' tranquillamente definire "terra di nessuno". "Appena poco fuori da questi centri urbani si entra in una specie di far west" raccontano dalla provincia dell'Helmand, "e per un occidentale cresciuto con i film western viene spontanea la similitudine tra la conquista (guarda caso anche allora) degli statunitensi verso le terre dove vivevano gli indiani d'America". Uscire dalle citta' per avventurarsi nei villaggi attorno e' sempre un rischio grosso per chiunque. "Tutti i villaggi - continua la fonte di "PeaceReporter" - sono piccole roccaforti dei guerriglieri talebani. Inoltre gli uomini dell'esercito afghano che controllano i centri piu' grossi sembra non aiutino un granche' a generare fiducia nel governo del paese. Spesso questi soldati sono ragazzi con in mano un kalashnikov e, sia per paura sia per una sorta di innata violenza, non adottano mezze misure con nessuno". Senza contare che, come ci confermano in molti, "spesso gli stessi che durante il giorno fanno quelli che controllano il territorio per il governo di Karzai, appena tramonta il sole si trasformano in talebani". "Le strade della citta' durante il giorno sono riempite solo dal caldo torrido e dalla polvere. La sera, dopo le dieci, inizia il coprifuoco ed allora anche Laskhargah si trasforma nel suo fantasma diventando terra di nessuno. Seppur a malincuore chi ne ha la possibilita' abbandona il sud del paese, ma questa non e' una novita' di oggi, ed anche per le vie della citta' l'odore della guerra diventa sempre piu' insistente. "Gli umori della gente che cerca di condurre una vita 'paradossalmente normale' non fanno presuporre niente di buono: e' quasi impossibile sentire la voce di qualcuno che sostenga l'invasione occidentale. E, nonostante la paura di essere scambiati per attivisti filotalebani, le frasi piu' comuni che si sentono bisbigliare sottovoce sono del tipo 'Sotto il governo talebano eravamo sottoposti a leggi molto dure, ma ogni sera sapevamo di poter tornare a casa dalle nostre famiglie' oppure ancora 'Eravamo molto piu' poveri ma nessuno moriva di fame ed i nostri bambini non erano mutilati o bruciati dalle bombe'. La gente sa e dice che 'per ogni talebano ucciso, ogni giorno nella provincia di Helmand muoiono decine di civili che non hanno niente a che fare con la guerra. Cosi' la rabbia cresce e per ogni guerrigliero ucciso ne nascono altri cinque'. Non ci si aspetta molto dal futuro, se non il sentore che il cerchio della guerriglia si chiuda sempre di piu' attorno a Kandahar ed alle altre citta'. Ma questa - aggiunge la fonte di PeaceReporter - e' soltanto una sensazione personale e non una notizia". "Le notizie di guerra degli ultimi due giorni, invece, sottolineano la vivace ripresa dei conflitti tra i guerriglieri talebani contro le milizie internazionali e gli uomini dell'esercito afghano. Ci sono scontri praticamente in tutto il sud del paese e soprattutto nella lunga striscia di territorio che divide l'Afghanistan dal Pakistan. In queste ultime ore sembra che le truppe americane e quelle anglo-canadesi hanno preso le contromisure per arginare le offensive dei guerriglieri afghani, ma i focolai di guerriglia esplodono uno dopo l'altro a macchia di leopardo", prosegue il racconto dal sud dell'Afghanistan. "Le notizie di ieri raccontano di una battaglia nella provincia di Khos, nell'est del paese. Sembra che circa duecento gueriglieri talebani stessero organizzando un attacco all base Nato che presidia quella zona, ma sono stati intercettati dalle forze Usa che hanno ucciso trenta uomini talebani. Altri venti miliziani hanno perso la vita in un feroce combattimento contro l'esercito americano a Daycondia, in una provincia a nord di Kandahar chiamata Zabul. E sempre di ieri e' la conferma di un altro focolaio di guerriglia, questa volta nel territorio di Helmand, distretto di Sangin. Una quindicina di uomini hanno perso la vita ancora tra le file dei guerriglieri, uccisi nella battaglia dagli uomini dell'esercito inglese. L'ultima pagina dei combattimenti della giornata riguarda il distretto di Boldek. Le vittime sono tre miliziani della security non governativa del paese e qualche ferito". Anche le ultime notizie raccontano del precipitare della situazione in Afghanistan. "Il distretto di Argandab - quello conquistato ieri dai talebani - e' ancora al centro della guerriglia", raccontano dal sud del Paese. "Nelle ultime ore i guerriglieri hanno fatto saltare in aria il ponte che scavalca il fiume in quel territorio, rimanendo accerchiati dagli eserciti internazionali e precludendosi ogni via di fuga, ma impedendo allo stesso tempo l'avanzare delle truppe nemiche". 5. EDITORIALE. LA DIETA EUROPEA VOTA L'ORDINE ARIANO Il Parlamento europeo vota una direttiva che prevede che una persona di nessun reato accusata possa essere privata della liberta' per diciotto mesi: un anno e mezzo di vita. E' la fine della civilta' giuridica, e' la fine dell'umanita'. Prevede la messa al bando per cinque anni - la messa al bando, per cinque anni - di persone del tutto innocenti. Prevede che bambini soli siano deportati e abbandonati senza alcuna tutela. Che bambini soli siano deportati e abbandonati senza alcuna tutela. Che bambini soli siano deportati e abbandonati senza alcuna tutela. Una crudelta' cosi' enorme che non si riesce a crederlo. Una crudelta' cosi' mostruosa da evocare le piu' cupe e metuende arcaiche favole. E conferma quella scelleraggine originaria degli accordi di Schengen per cui una persona che ha lasciato il suo paese per cercar di sfuggire alla fame e alla morte, alla guerra e alla dittatura, per cio' stesso possa essere punita, privata della liberta', riconsegnata nelle mani dei suoi aguzzini. 6. HERI DICEBAMUS. VINCENZO CONSOLO: MIGRAZIONE [Dal quotidiano "L'Unita'" del 18 settembre 2007 col titolo "Migrazione, la civilta' come arte della fuga" e il sommario "Mondo globale. La storia e il mito insegnano: sono sempre i fuggiaschi a creare nazioni e culture. Il Mediterraneo coi suoi millenari movimenti migratori lo dimostra. E gli italiani, popolo migrante, dovrebbero capirlo piu' degli altri. Achei, dori, italioti furono tutti popoli esiliati ma capaci di costruire nuovi mondi e nuovi assetti di convivenza etnica. L'esempio dell'Islam in Sicilia a partire dal IX secolo d.C. Una fioritura davvero prodigiosa che lascio' tracce indelebili. Tutta la storia moderna della penisola dopo l'Unita' fu segnata dallo sradicamento di milioni di individui trapiantati altrove". Vincenzo Consolo (Sant'Agata Militello, 1933), narratore e saggista. Siciliano d'origine, dal 1968 vive e lavora a Milano. I suoi libri sono stati tradotti in francese, tedesco, inglese, spagnolo, portoghese, olandese, rumeno. Tra le opere di Vincenzo Consolo: La ferita dell'aprile, Mondadori, 1963, Einaudi, 1977; Il sorriso dell'ignoto marinaio, Einaudi, 1976, Mondadori, 1997; Lunaria, Einaudi, 1985, Mondadori, 1996; 'Nfernu veru (La letteratura dello Zolfo), Edizioni del lavoro, 1985; La pesca del tonno in Sicilia, Sellerio 1986; Retablo, Sellerio, 1987, Mondadori, 1992; Le pietre di Pantalica, Mondadori 1988; Fra contemplazione e paradiso. Suggestioni dello stretto, Sicania, 1988; (con Cesare De Seta), Sicilia, Rai-Eri, 1990; Il barocco in Sicilia, Bompiani, 1991; Nottetempo, casa per casa, Mondadori, 1992; Fuga dall'Etna, Donzelli, 1993; Vedute dello stretto di Messina, Sellerio, 1993; Nero' metalico', Il Melangolo, 1994; L'olivo e l'olivastro, Mondadori, 1994; Lo spasimo di Palermo, Mondadori, 1998; Il teatro del sole. Racconti di Natale, Interlinea, 1999; (con Franco Cassano),Lo sguardo italiano. Rappresentare il Mediterraneo, Mesogea, 2000; Di qua dal faro, Mondadori, 2001; Oratorio, Manni, 2002] Addio citta' un tempo fortunata, tu di belle rocche superbe; se del tutto Pallade non ti avesse annientata, certo ancora oggi ti leveresti alta da terra. (Euripide, Le Troiane) Presto, padre mio, dunque: sali sulle mie spalle, io voglio portarti, ne' questa sara' fatica per me. Comunque vadan le cose, insieme un solo pericolo una sola salvezza avrem l'uno e l'altro. Il piccolo Iulio mi venga dietro, discosta segua i miei passi la sposa. (Virgilio, Eneide) Questi versi di Euripide e di Virgilio vogliamo dedicare ai fuggiaschi di ogni luogo, agli scampati di ogni guerra, di ogni disastro, a ogni uomo costretto a lasciare la propria citta', il proprio paese e a emigrare altrove. Sono dedicati, i versi, agli infelici che oggi approdano, quando non annegano in mare, sulle coste dell'Europa mediterranea, approdano, attraverso lo stretto di Gibilterra, a Punta Carmorimal, Tarifa, Algesiras; approdano, attraverso il canale di Sicilia, nell'isola di Lampedusa, di Pantelleria, sulla costa di Mazara del Vallo, Porto Empedocle, Pozzallo... La storia del mondo e' storia di emigrazione di popoli - per necessita', per costrizione - da una regione a un'altra. Nel nostro Mediterraneo, nella Grecia peninsulare, gli Achei li' emigrati nel XIV secolo a.C. danno origine alla civilta' micenea che soppianta la civilta' cretese, che a sua volta viene offuscata dalla migrazione dorica nel Peloponneso. Con questi greci comincio', nel XII secolo a.C. la grande espansione colonizzatrice nelle coste del Mediterraneo - in Cirenaica, nell'Italia meridionale (Magna Grecia), in Sicilia, Francia, Spagna. La colonizzazione greca in Sicilia, dove vi erano gia' i Siculi, i Sicani e gli Elimi, avvenne con organizzate spedizioni di emigranti, di fratrie, comunita' di varie citta' - Megara, Corinto, Messene... - che sotto il comando di un ecista, un capo, tentavano l'avventura in quel Nuovo Mondo che era per loro il Mediterraneo occidentale. In Sicilia fondarono grandi citta' come Siracusa, Gela, Selinunte, Agrigento, convissero con le popolazioni gia' esistenti, assunsero spesso i loro miti e riti, stabilirono pacifici rapporti, per molto tempo, con la fenicia Mozia e con l'elima Erice. Ma non vogliamo qui certo fare - non sapremmo farla - la storia dell'emigrazione nell'antichita'. Vogliamo soltanto dire che l'emigrazione e' fra i segni piu' forti - oltre quelli delle guerre, delle invasioni - della storia. * Segno forte l'emigrazione, della storia italiana moderna. "Dall'Unita' d'Italia (1860) non meno di 26 milioni di italiani hanno abbandonato definitivamente il nostro Paese. E' un fenomeno che, per vastita', costanza e caratteristiche, non trova riscontro nella storia moderna di nessun altro popolo". Questo scrive Enriquez Agnoletti, in un numero speciale dedicato all'emigrazione, nella rivista "Il Ponte", rivista fondata da Piero Calamandrei. Sull'emigrazione nel Nuovo Mondo esiste, sappiamo, una vasta letteratura storico-sociologica, documentaria, ma anche una letteratura letteraria. Il racconto "Dagli Appennini alle Ande", del libro Cuore di Edmondo De Amicis, e' il piu' famoso. E anche, dello stesso autore, "Sull'oceano". Meno famoso e' invece il poemetto Italy di Giovanni Pascoli; "Sacro all'Italia raminga" ne e' l'epigrafe. A Caprona, una sera di febbraio, gente veniva, ed era gia' per l'erta, veniva su da Cincinnati, Ohio. Vi si narra, nel poemetto, di una famigliola toscana, della Garfagnana, che ritorna dall'America per la malattia della piccola Molly. Nella poesia compare - ed e' la prima volta nella letteratura italiana - il plurilinguismo: il garfagnino dei nomi, lo slang della coppia e l'inglese della bambina. Non era allora solo nelle Americhe l'emigrazione, essa avveniva anche, e soprattutto dal Meridione d'Italia, dalla Sicilia, nel Magreb, in Tunisia particolarmente. Questa emigrazione comincia nei primi anni dell'Ottocento, ed e' di fuoriusciti politici. Liberali, giacobini e carbonari, perseguitati dalla polizia borbonica, si rifugiano in Algeria e in Tunisia. Scrive Pietro Colletta nella sua Storia del reame di Napoli: "Erano quelli regni barbari i soli in questa eta' civile che dessero cortese rifugio ai fuoriusciti". In Tunisia si fa esule anche Garibaldi. La grossa ondata migratoria di bracciantato italiano in Tunisia avvenne tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento per la crisi economica che colpi' le regioni meridionali. Si stabilirono, questi emigranti sfuggiti alla miseria, alla Goletta, a Biserta, Susa, Monastir, Mahdia, nelle campagne di Kelibia, di Capo Bon, nelle regioni minerarie di Sfax e di Gafsa. Nel 1911 le statistiche davano una presenza italiana di 90.000 unita'. Alla Goletta, a Tunisi, in varie altre citta' dell'interno, v'erano popolosi quartieri chiamati "Piccola Sicilia" o "Piccola Calabria". Si aprirono allora scuole, istituti religiosi, orfanotrofi, ospedali italiani. La preponderante presenza italiana in Tunisia, sia a livello popolare che imprenditoriale, fece si' che la Francia si attivasse con la sua sperimentata diplomazia e con la sua solida imprenditoria per giungere nel 1881 al trattato del Bardo e qualche anno dopo alla Convenzione della Marsa, che stabilivano il protettorato francese sulla Tunisia. La Francia comincio' cosi' la politica di espansione economica e culturale in Tunisia, aprendo scuole gratuite, diffondendo la lingua francese, concedendo, su richiesta, agli stranieri residenti, la cittadinanza francese. Frequentando le scuole gratuite francesi, il figlio di poveri emigranti siciliani Mario Scalesi divenne francofono e scrisse in francese Les poemes d'un maudit, fu cosi' il primo poeta francofono del Magreb. Anche sotto il Protettorato l'emigrazione di lavoratori italiani in Tunisia continuo' sempre piu'. Ci furono vari episodi di naufragi, di perdite di vite umane nell'attraversamento del Canale di Sicilia su mezzi di fortuna (vediamo come la storia dell'emigrazione, nelle sue dinamiche, negli effetti, si ripete). Nel 1914 giunge a Tunisi il socialista Andrea Costa, in quel momento vicepresidente della Camera dei deputati. Visita le regioni dove vivono le comunita' italiane. Cosi' dice ai rappresentanti dei lavoratori: "Ho percorso la Tunisia da un capo all'altro; sono stato fra i minatori del sud e fra gli sterratori delle strade nascenti, e ne ho ricavato il convincimento che i nostri governanti si disonorano nella propria vilta', abbandonandovi alla vostra sorte". * La fine degli anni Sessanta del secolo scorso, nell'Italia dell'industrializzazione, del cosiddetto miracolo economico, della crisi del mondo agricolo e insieme della nuova emigrazione di braccianti dal Sud verso il Nord industriale, del Paese e dell'Europa, quella fine degli anni Sessanta segna la data fatidica dell'inversione di rotta della corrente migratoria nel Canale di Sicilia. Segna l'inizio di una storia parallela, speculare a quella nostra. Di siberie, di campi di lavoro, di mondi concentrazionari, di oppressione di popoli a causa di regimi totalitari o coloniali sono stati i tempi da poco trascorsi. Tempi vale a dire in cui l'umanita', per tre quarti, e' stata prigioniera, incatenata all'infelicita'. E le siberie hanno fatto si' che il restante quarto dell'umanita', al di qua di mura o fili spinati, vivesse felicemente, nello scialo dell'opulenza e dei consumi si alienasse. Ma dissoltesi idolatrie e utopie, crollati i colonialismi, abbattute le mura, recisi i fili spinati, sono arrivati i tempi delle fughe, degli esodi, da paesi di mala sorte e mala storia, verso vagheggiati approdi di salvezza, di speranza. Ed e' il presente - un presente cominciato gia' da parecchi anni - un atroce tempo di espatri, di fughe drammatiche, di pressioni alle frontiere del dorato nostro "primo" mondo, di movimento di masse di diseredati, di offesi, di oltraggiati. Da ogni Est e da ogni Sud del mondo, da afriche dal cuore sempre piu' di tenebra, da sudameriche di crudelta' pinochettiane si muovono oggi i popoli dei battelli, dei gommoni, delle navi-carrette, dei containers, delle autocisterne, carovane di scampati a guerre, pulizie etniche, genocidi, fame, malattie. Fugge tutta questa umanita' dolente ed e' preda ancora dei criminali del traffico di vite umane, sparisce spesso nei fondali dei mari, nelle sabbie infuocate dei deserti, come detriti di una immane risacca finisce sopra scogli, spiagge desolate o anche fra i vacanzieri stesi al sole per abbronzarsi. Non vogliamo andare lontano, non vogliamo dire del muro di acciaio eretto al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, ma dire di qua, del confine d'acqua che separa l'Europa da ogni Sud del mondo, dire del Mediterraneo e della bella Italia, del suo Adriatico e del suo Canale di Sicilia. Tante e tante volto le carrette di mare provenienti dall'Albania, dalla Tunisia o dalla Libia, carrette stracariche di disperati, si sono trasformate in bare di ferro nei fondali del mare, bare di centinaia di uomini, di donne, di bambini, a cui, come all'eliotiano Phlebas il Fenicio, "una corrente sottomarina / spolpo' l'ossa in dolci sussurri". E finiscono anche i corpi degli annegati nelle reti dei pescatori siciliani... E si potrebbe continuare con le cronache di tragedie quotidiane, di una tragedia epocale che riguarda i migranti, le non-persone che cercano di entrare nella vecchia Italia, nella vecchia Europa della moneta unica, delle banche e degli affari. Vecchia soprattutto l'Italia per una popolazione di vecchi. "Ci troviamo oggi tra un mare di catarro e un mare di sperma" ha detto icasticamente il poeta Andrea Zanzotto. E la frase-metafora vuole dire di quanto ciechi noi siamo a voler continuare a sguazzare nel nostro mare di catarro e a voler scansare quel mare di vitalita' che e' arricchimento: fisiologico economico, culturale, umano... Scansare o eludere quell'incontro o incrocio di etnie, di lingue, di religioni, di memorie, di culture, incrocio che e' stato da sempre il segno del cammino della civilta'. Respingiamo l'emigrazione dal terzo o quarto mondo erigendo confini d'acciaio con leggi e decreti, come la vergognosa legge italiana sull'emigrazione che porta il nome dei deputati di estrema destra Bossi e Fini, insorgendo con nuovi e nefasti nazionalismi, con stupidi e volgari localismi, con la xenofobia e il razzismo, con la cieca criminalizzazione del diseredato, del diverso, del clandestino. A partire dal 1968, sono tunisini, algerini, marocchini che approdano sulle coste italiane. Approdano soprattutto in Sicilia, a Trapani, si stanziano a Mazara del Vallo, il porto dove erano approdati i loro antenati musulmani per la conquista della Sicilia. In una notte di giugno dell'827 d.C., una piccola flotta di Musulmani (Arabi, Mesopotamici, Egiziani, Siriani, Libici, Magrebini, Spagnoli), al comando del dotto giurista settantenne Asad Ibn al-Furat, partita dalla fortezza di Susa, attraversato il braccio di mare di poco piu' di cento chilometri, sbarcava in un piccolo porto della Sicilia: Mazara. Da Mazara quindi partiva la conquista di tutta l'isola, da occidente fino a oriente, fino alla bizantina e inespugnabile Siracusa, dove si concludeva dopo ben settantacinque anni. I Musulmani in Sicilia, dopo le depredazioni e le spoliazioni dei Romani, dopo l'estremo abbandono dei Bizantini, l'accentramento del potere nelle mani della Chiesa, dei monasteri, i Musulmani trovano una terra povera, desertica, se pure ricca di risorse. Ma con i Musulmani comincia per la Sicilia una sorta di rinascimento. Rifiorisce l'agricoltura, la pesca, l'artigianato, il commercio, l'arte. Ma il miracolo piu' grande che si opera durante la dominazione musulmana e' lo spirito di tolleranza, la convivenza tra popoli di cultura, razza, religione diverse. Questa tolleranza, questo sincretismo culturale erediteranno poi i Normanni, sotto i quali si realizza veramente la societa' ideale, quella societa' in cui ogni cultura, ogni etnia vive nel rispetto di quella degli altri. Il grande storico dell'800 Michele Amari ci ha lasciato La storia dei Musulmani di Sicilia, scritta, dice Vittorini, "con la seduzione del cuore". Il ritorno infelice e' il titolo del saggio del sociologo Antonino Cusumano, in cui tratta dell'emigrazione magrebina in Sicilia, a partire dal 1968, come sopra dicevamo. Sono passati quarant'anni dall'inizio di questo fenomeno migratorio. Da allora, nessuna previsione, nessuna progettazione, nessun accordo fra governi, fino a giungere all'emigrazione massiccia, inarrestabile di disperati che fuggono dalla fame e dalle guerre, emigrazione che si e' cercato di arginare con metodi duri, drastici, violando anche quelli che sono i diritti fondamentali dell'uomo. Di fronte a episodi di contenzione di questi disperati in gabbie infuocate, di detenzione nei cosiddetti Centri di permanenza temporanea, che sono dei veri e propri lager, di fronte a ribellioni, fughe, scontri con le forze dell'ordine, scioperi della fame e gesti di autolesionismo, si rimane esterrefatti. Ci tornano allora in mente le parole che Braudel riferiva a un'epoca passata: "In tutto il Mediterraneo l'uomo e' cacciato, rinchiuso, venduto, torturato e vi conosce tutte le miserie, gli orrori e le santita' degli universi concentrazionari". 7. DIRITTI. RETE NAZIONALE DEI CENTRI ANTIVIOLENZA E DELLE CASE DELLE DONNE: PER UN PIANO DI AZIONE NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente comunicato stampa del 14 giugno 2008 della Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza e delle Case delle Donne dal titolo "Dove e' finito il fondo nazionale?"] La Rete nazionale dei Centri antiviolenza e delle Case delle donne, che accoglie al proprio interno la maggior parte delle associazioni di donne e dei servizi italiani rivolti alle donne vittime di violenza, esprime sconcerto e preoccupazione per le scelte operate dal Governo in tema di violenza di genere verso le donne. La rete dei Centri aveva sollecitato in piu' occasioni la definizione di un Piano di azione nazionale contro la violenza alle donne quale strumento principale per mettere a punto azioni di sistema per garantire un efficace intervento di prevenzione e contrasto in area culturale, sanitaria, sociale e di protezione, sia per sostenere le attivita' svolte dai centri stessi. Avevamo plaudito alla decisione di creare, da parte del Dipartimento per i diritti e le pari opportunita', un fondo nazionale per l'anno 2008 cosi' da avviare la sperimentazione di un Piano di azione contro la violenza, uniformando cosi' l'Italia agli standard attuati negli altri stati europei. Leggiamo con preoccupazione le affermazioni del nuovo Ministro in tema di analisi del fenomeno (lettera a "La Repubblica"), e rileviamo che in quella stessa lettera si esprime la volonta' di rivedere, ripensare e rafforzare i centri antiviolenza. I dati e la lettura del fenomeno che emerge in qualsiasi indagine e documento internazionale, contrasta con l'interpretazione del nuovo Ministro. La violenza verso le donne avviene (come rilevato in tutte le indagini nazionali ed internazionali) nelle relazioni di intimita', nelle famiglie, e l'imposizione dell'affido condiviso nei casi di violenza domestica serve solo ad innalzare il rischio di pericolosita' per le madri e per i figli. Pur condividendo con il Ministro il diritto dei figli di mantenere un rapporto continuativo con entrambi i genitori durante e dopo la loro separaz ione, l'attuale legge sull'affido condiviso ci appare caratterizzata da una pericolosa semplificazione in quanto impone un unico modello di affidamento per tutte le separazioni... Vorremmo anche precisare che non sono le separazioni che causano la violenza, bensi' avviene esattamente il contrario. L'affermazione di liberta' femminile acuisce la violenza, ma non si puo' certo chiedere alle donne di rinunziare alla propria affermazione per evitare la violenza, sarebbe certo una richiesta impropria, che carica la vittima della responsabilita' dell'aggressione e che non va verso relazioni tra sessi improntate alla reciprocita' ed alle pari opportunita' di genere. Rileviamo che ieri sono stati "tagliati" i fondi destinati al Piano di azione nazionale. Chiediamo che venga rivista tale decisione affinche' le parole di indignazione espresse dai politici in occasione delle morti delle donne a causa di violenza, non siano parole vuote. La violenza verso le donne e' un fenomeno che non si puo' cancellare con le dichiarazioni, ma con azioni concrete ed adeguate. Per farlo serve un finanziamento nazionale altrettanto concreto ed adeguato, che permetta lo sviluppo di azioni di sistema ed il rafforzamento dei luoghi di accoglienza delle vittime. Vorremo un confronto aperto sul tema e chiediamo che venga ripristinato il fondo, cosi' da avviare il piano di azione nazionale, sul quale chiediamo di essere coinvolte per un reale processo di concertazione sugli obiettivi da raggiungere per il 2008. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 491 del 19 giugno 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Voci e volti della nonviolenza. 192
- Next by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 190
- Previous by thread: Voci e volti della nonviolenza. 192
- Next by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 190
- Indice: