PARLANO I SOLDATI ISRAELIANI



Il testo seguente è la traduzione di una sottoscrizione firmata da molti
soldati Israeliani che dichiarano il loro rifiuto a future partecipazioni ad
azioni militari nei Territori Occupati, che ritengono azioni illegittime ed
immorali. Credo sia importante far conoscere la loro posizione, e sapere
della loro esistenza, sono persone che sono state più volte sul fronte ed
hanno vissuto in prima persona gli orrori di questa guerra. Ora dicono
basta, condannano le azioni militari nei Territori, e si rifiutano di
prenderne parte. Rischiano tutti dei processi e condanne militari, alcuni
sono già stati condannati. La loro è una presa di posizione importante per
il processo di pace, e credo sia importantissimo che l'opinione pubblica sia
a conoscenza della loro esistenza, perché non siano soli in questo momento
sicuramente difficile.

Seguono alcuni articoli tratti dallo stesso sito, storie raccontate da
alcuni tra i più di duecento e cinquanta (a oggi 16 Marzo 2002) soldati che
hanno sottoscritto questa dichiarazione.

Giorgio Galizia

Nota: testo tratto dal sito www.seruv.org.il/defaultEng.asp


TRADUZIONE A CURA DI GIORGIO GALIZIA

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DICHIARAZIONE

Noi, ufficiali e soldati riserve di combattimento della Forza per la Difesa
di Israele, che siamo cresciuti con i principi del Sionismo, del sacrificio
e del dono per il popolo di Israele e per lo stato di Israele, che abbiamo
sempre servito in prima linea, e che eravamo i primi a portare a termine
qualsiasi missione, leggera o pesante, con il fine di proteggere e
rinforzare lo stato di Israele.

Noi, ufficiali e soldati di combattimento che abbiamo servito lo stato di
Israele per molte settimane ogni anno, nonostante il caro prezzo alle nostre
vite private, che abbiamo servito come riservisti in tutti i Territori
Occupati, e abbiamo ricevuto ordini e direttive che non avevano niente a che
vedere con la sicurezza della nostra nazione, ma che avevano il solo fine di
mantenere il nostro controllo sul popolo Palestinese. Noi, che abbiamo visto
con i nostri occhi il prezzo di sangue che questa Occupazione esige da
entrambi i lati.

Noi, che avvertiamo come gli ordini ricevuti nei Territori distruggano tutti
i valori che abbiamo assorbito crescendo in questa Nazione.

Noi, che ora comprendiamo che il prezzo dell'Occupazione è la perdita dell'
umanità dell'IDF (Forza per la Difesa di Israele) e la corruzione dell'
intera società israeliana.

Noi, che sappiamo che i Territori non sono Israele, e che gli insediamenti
sono destinati infine ad essere evacuati.

Noi qui dichiariamo che non combatteremo più questa Guerra degli
Insediamenti.

Noi non dobbiamo continuare a combattere oltre i confini del 1967, con il
fine di dominare, espellere, affamare e umiliare un popolo intero.

Noi qui dichiariamo che continueremo il servizio nella Forza per la Difesa
di Israele in ogni missione che serva alla difesa di Israele.

Le missioni di occupazione e oppressione non servono a questo scopo - e non
avremo parte alcuna in esse.

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Questi sono articoli che sono stati scritti da alcuni di questi soldati che
hanno sottoscritto la precedente dichiarazione. Troverete il testo originale
Inglese sul sito indicato in precedenza, assieme all'originale Ebraico.

Primo articolo:

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Come ufficiale combattente per la Forza per la Difesa di Israele, ho
prestato servizio in tutto il West Bank e nella striscia di Gaza. Non sono
naif. A volte devi uccidere per sopravvivere. Nel nome dello stato di
Israele, ho inseguito bambini che mi tiravano pietre. Ho pattugliato le vie
dei campi di rifugiati. Ho picchiato su porte di latta nel mezzo della
notte. Ho cercato testi sovversivi tra i materassi e le coperte. Ho sentito
piangere bambini. Ho buttato giù la gente dal letto per fargli cancellare
slogan dai muri. Ho fatto rispettare il coprifuoco. Ho combattuto contro
bandiere palestinesi appese ai pali della luce. Ho fermato veicoli. Ho
confiscato carte di identità. Ho trasferito detenuti ammanettati nel retro
della mia jeep. Ho sparato ai rivoltosi. Ho fermato centinaia di macchine ai
posti di blocco. Ho piazzato un posto di osservazione sul tetto di un
negozio di torte sulla strada principale di Gaza. L'occupazione è la
routine. Giorno dopo giorno. Ora dopo ora.

Per trentacinque anni.

Io credevo che fosse una guerra "senza scelta". Dopo tutto, abbiamo
rivoltato ogni pietra nella nostra ricerca della pace.

Abbiamo costruito più di 100 colonie. Vi abbiamo installato 200.000 persone.
Abbiamo perso combattenti, bambini, madri. Tutto per la sicurezza dello
stato. Per la pace. Per fermare il prossimo attentatore suicida. Per 35 anni
una bandiera nera sventolava orgogliosa sui nostri capi, ma ci siamo
rifiutati di vederla.

Mai più.

Capitano (res.) Itai Haviv

[nota alla traduzione: "la bandiera nera" è un riferimento alla famosa
sentenza di una corte israeliana in seguito al massacro del 1965 a Kafr
Qasm. In questa sentenza i giudici dissero che ogni soldato ha il diritto e
l'obbligo di rifiutare ordini chiaramente illegali, sui quali "sventola una
bandiera nera". Nei passati 45 anni neanche un soldato è stato protetto da
una corte militare per essersi rifiutato di eseguire un ordine perché era un
ordine "bandiera nera"].

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Secondo articolo:

Quella notte ero un po' ubriaco. Eravamo tutti lì, a bere alla salute di
Daniel che era venuto fin dalla Francia e aveva giurato l'aliyah per poter
servire fedelmente il Paese, l'esercito e Tali, la ragazza, assistente
sociale militare.

Abbiamo stappato un Johnny Walker che Tali aveva ricevuto da suo fratello, e
stavamo ascoltando i Doors, mentre fumavamo un po' di hashish. Non puoi
essere un vero soldato dei Nahal Corps senza bere Johnny Walker, ascoltare i
Doors, o fumare hashish. E i più speciali utilizzano tutti e tre. Eravamo
appena tornati dal Libano, e dopo una settimana di R&R siamo stati spediti
direttamente nei Territori, a Gaza.

Non c'è un altro posto come Gaza. Con il suo mare azzurro e dell'eccellente
hummus che, anche se gli aggiungi una tonnellata di pane Pita, olive
schiacciate e patatine fritte, non ti costerà più di 10 shekels, anzi avrete
ancora il resto. Lasciate che vi parli di queste Olive di Gaza. Prima di
tutto, sono le più amare del mondo. La gente di Gaza dice che le olive
prendono il loro amaro dalla vita nella striscia di Gaza. Dalla pressione
della nostra occupazione, e di quella prima, e di quella prima di quella. E
le olive non sono solamente amare, possono anche farti impazzire tanto sono
salate. E questo dipende dalle lacrime delle donne di Gaza. Le lacrime che
versano negli oliveti passano tramite le radici nelle olive.

Le donne di Gaza sono state le vere eroine. Mentre gli uomini erano occupati
a coltivare le miserie della vita, e cercavano un modo per liberarsi da
questa o da quella occupazione, le donne si curavano dei figli, preparavano
il cibo e lavoravano nei campi. Era nei campi che avevano i momenti
migliori. In solitudine piangevano per i loro giovani e per i loro sogni;
per i figli uccisi o mandati in prigione, o per i figli che sarebbero stati
uccisi o mandati in prigione.

E le olive - loro assorbivano tutto, e - al contrario di come potrebbe
sembrare - hanno un ottimo sapore e vanno benissimo con il whisky.
Improvvisamente pensai a mia madre che non dorme la notte.

Ho provato a spiegarle che non facevamo altro che bere whisky e mangiare
olive schiacciate. Ma lei non mi credeva, mia madre, e cominciava a
piangere.

Diceva di aver paura. Che faceva brutti sogni. La mamma e i suoi sogni. Le
ho detto di non preoccuparsi e di non piangere, perché se piangeva l'acqua
nell'acquedotto di Israele sarebbe diventata salata, e sarebbe stata colpa
sua. E questo che è successo a Gaza, ed è per questo che sono oppressi e
occupati. Ma non servì a niente, non c'è nessuno come mamma.

Tali disse che Jim Morrison era il re e incominciò a ballare. Era
bellissima, Tali! Con i suoi modi diretti e la sua pancia piatta e il suo
seno con i capezzoli dritti come due colline nella prateria. Daniel cominciò
a ballare con lei e si baciarono. Io me ne stavo seduto e pensavo a  Daniel,
che era una vittima della vita. Un essere umano la cui vita si era
incasinata e nessuno ci stava facendo attenzione.

La settimana scorsa, durante la dimostrazione vicino alla moschea verde,
Daniel ha sparato accidentalmente alcuni colpi nella folla e una donna
incinta di Gaza rimase uccisa. Io corsi da lei, cercando di portarle aiuto,
ma stava già morendo. Mi mandò uno sguardo triste, aveva gli occhi gonfi di
lacrime. Aveva una pancia di 5 mesi, e sapevo che aveva perso il bambino.
Sanguinava abbondantemente dall'addome e mi ci volle un po' ad inserirle la
IV e cominciare la trasfusione.

E' morta alle 6 pm. Roni, il dottore militare, e io abbiamo cominciato a
piangere. Manny, l'autista, borbottava che era solo un araba. Morta, e
allora? Ma anche lui era triste, e si vedeva che stava avendo un brutto
momento. Gli ho dato un bacio sulla fronte e gli ho detto di andare al
quartier generale. Nessuno  disse una sola parola a Daniel.

Ci fu un'inchiesta e fu stabilito che era stato un incidente. Un proiettile
vagante. Ma nessuno parlò a Daniel. Dissi a Roni che Daniel aveva bisogno di
un periodo di pausa, che dovevamo parlargli, che mi sembrava strano. Ma Roni
era occupato e noi tutti eravamo occupati: ci furono altre dimostrazioni e
altra gente venne uccisa e mi sentivo come se stessi impazzendo. Ci hanno
insegnato a sparare con i nostri fucili, a fare imboscate, saltare da un
aereo, portare i nostri equipaggiamenti, correre, cadere, correre di nuovo.
Si sono dimenticati di insegnarci a parlare, piangere, perdonarci. Daniel
guardò Tali, le diede un altro bacio, e disse che usciva un attimo a
pisciare.

Gli ho chiesto se voleva compagnia. No, mi ha detto, stai qui e tieni d'
occhio Tali per me. Sono rimasto con Tali.

Un minuto dopo, abbiamo sentito un colpo.

Tal Belo

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Terzo articolo:

Il 5 febbraio 1985, mi sono alzato ho lasciato casa mia, sono andato al
Centro di Servizio Obbligatorio su Rashi Street a Gerusalemme, ho detto
addio ai miei genitori, sono salito a bordo del vecchio pulmino sgangherato
che andava alla Stazione di Incorporazione Militare e sono diventato un
soldato.

Esattamente 17 anni più tardi, mi ritrovo in uno scontro testa a testa con l
'esercito, mentre la maggior parte della gente intorno mi beffeggia e
deride. Quelli di Destra mi vedono come un traditore che sta sfuggendo alla
guerra santa che è qui dietro l'angolo. Il Centro politico mi punta il dito
ipocritamente e mi incolpa di minare la democrazia e politicizzare l'
esercito. E la Sinistra? La giusta, stabile Sinistra "moderata" che solo
ieri mi corteggiava per il mio voto ora mi volta le spalle. Tutti blaterano
su cosa sia o non sia legittimo, rivelando nel procedere la profondità della
loro ignoranza di teoria politica e la loro incapacità di distinguere una
vera democrazia da un regime da terzo mondo sullo stile di Juan Peron.

Quasi nessuno chiede la cosa più importante: perché un tizio qualunque, nel
mezzo della vita, lavoro, bambini si alza una mattina e decide che non ci
sta più a giocare quel gioco? E come mai non è l'unico, ma ci sono
cinquanta, scusate, cento. scusate ancora, adesso quasi duecento tizi
qualunque come lui che hanno fatto la stessa cosa?

La generazione dei nostri padri singhiozza: li abbiamo nuovamente
imbarazzati. Ma non è forse tutta colpa vostra? Su cosa ci avete cresciuti?
L'etica universale e la giustizia universale, da un lato: pace, uguaglianza
e libertà per tutti. E dall'altra: "gli Arabi vogliono gettarci a mare",
"Sono tutti furbi e primitivi. Non puoi fidarti". In una mano le canzoni di
John Lennon, Pete Seeger, Bob Dylan, Bob Marley, i Pink Floyd. Canzoni di
pace e amore, contro il militarismo e la guerra.

Nell'altra mano, canzoni su una ragazza a bordo di un carro armato dopo il
tramonto sul campo: ".Il carro è tuo e tu sei nostra." [ allusione a una
canzone popolare israeliana].

Io sono stato cresciuto con due sistemi di valori: uno era il codice etico,
e l'altro quello tribale. E non ho mai creduto potessero coesistere.

Così ero quando sono stato chiamato per il servizio militare. Non
entusiasta, ma come se stessi partendo per una sacra missione di coraggio e
sacrificio per il bene della società. Ma quando, invece di una sacra
missione, un ragazzo di 19 anni si ritrova a commettere il sacrilegio di
violare la dignità e la libertà di esseri umani, non osa chiedere- neanche a
se stesso- se sia OK oppure no .

Cerca semplicemente di comportarsi come tutti gli altri, e cerca di
integrarsi. Gia così ha abbastanza problemi, e, ragazzi, quant'è lontano il
weekend.

Ti ci abitui in fretta,  e molti imparano anche ad apprezzarlo. Dove mai
puoi andare in pattuglia - il che vuol dire camminare nelle strade come un
re, importunare e umiliare i pedoni come più ti piace, e far birichinate con
i tuoi compagnoni - e al tempo stesso sentirti come un grande eroe che
difende la sua patria? Le imprese di Gaza sono diventate racconti eroici,
una fonte di orgoglio per Giv'ati, allora un brigata piuttosto nuova che
soffriva di poca autostima.

Per molto tempo non riuscivo a  comprendere l'intera faccenda dell'
 "eroismo". Ma poi, da sergente, mi sono ritrovato in carica, e qualcosa si
è rotto dentro di me. Senza pensare, sono diventato il perfetto impositore
dell'occupazione. Ho chiuso la questione con pivellini che non dimostravano
abbastanza rispetto. Ho strappato i documenti di identità di uomini dell'età
di mio padre. Ho colpito, molestato, sono servito da cattivo esempio - tutto
questo nella città di Kalkilia, a nemmeno 5 km dalla casa-dolce-casa dei
miei nonni. No. Non ero l'aberrazione, ero esattamente la norma.

Avendo finito il servizio militare obbligatorio, sono stato congedato. E poi
è cominciata la prima Intifada (quante ancora ce ne spettano?). Ofer, un
camerata che era rimasto nell'esercito diventò un eroe: l'eroe del secondo
processo di Giv'ati. Comandava una compagnia che trascinò un detenuto
dimostrante palestinese in un aranceto e lo picchiò a morte. Come disse il
verdetto, Ofer fu considerato il colpevole e responsabile in capo della
faccenda. Passò due mesi in carcere e fu degradato - credo che quella fu la
condanna più severa data ad un soldato Israeliano durante tutta la prima
Intifada, nella quale circa un migliaio di palestinesi furono uccisi. Il
comandante di battaglione di Ofer testimoniò che c'era un ordine dalle alte
sfere di usare i pestaggi come legittimo metodo di punizione, coinvolgendosi
così nella faccenda. D'altro canto Efi Itam, il comandante di brigata, che
era stato visto picchiare gli arabi in svariate occasioni, negò di aver mai
dato un simile ordine, e così non venne mai indagato. Oggi ci da lezioni
sulla condotta morale, sulla sua strada di una nuova carriera in politica.
(nella presente Intifada, accidentalmente, la maggior parte degli incidenti
che coinvolgono la morte di Palestinesi non vengono nemmeno investigati. A
nessuno importa).

E nel frattempo, stavo diventando sempre di più un civile. Mi capitò per le
mani una copia di "The Yellow Wind" (Il Vento Giallo)[un libro sulla vita
nei Territori Occupati, dello scrittore israeliano David Grossman,
disponibile in Inglese] che era appena uscito. Lo lessi, e mi colpì all'
improvviso. Finalmente capii cosa avevo fatto laggiù.

Cominciai a vedere che mi avevano ingannato: Mi hanno insegnato a credere
che c'era qualcuno lassù che si occupava delle cose. Qualcuno che sa "cose"
che sono più grandi di me, il piccolo uomo. E che anche se a volte i
politici ci deludono, le "sfere militari" sono sempre in guardia, giorno e
notte, tenendoci al sicuro, ogni singola loro decisione il risultato della
sacra necessità. Si, ci hanno ingannati, i soldati delle Intifada;
esattamente così come avevano ingannato la generazione che fu fatta a
pezzetti nella guerra di Attrition e nella guerra dello Yom e Kippur,
esattamente come avevano ingannato la generazione che sprofondò pesantemente
nei fanghi libanesi durante l'invasione del Libano. E la generazione dei
nostri genitori continua a tacere.

Ancora peggio, capii che ero cresciuto con due sistemi di valori opposti.
Credo che la maggior parte della gente capisca già in tenera età che deve
decidere tra due sistemi di valori: uno astratto, faticoso, che non è per
niente divertente e molto difficile da verificare, e un altro che ti chiama
da ogni parte, che determina chi è su e chi è giù, chi è re e chi è pariah,
chi è uno di noi e chi è nostro nemico. Contrariamente al buon senso comune,
io ho scelto il primo. E siccome in questo paese l'analisi del
costo-beneficio che paragona un sistema all'altro è così sbilenca, non posso
criticare quelli che scelgono il secondo.

Ho scelto la prima strada, e mi sono trovato come volontario in un piccolo
ufficio pieno di fumo in Est Gerusalemme, a scovare cartelle su morti,
brutalità, vizi burocratici o semplici molestie quotidiane. Mi sentii che
stavo rimediando, almeno in parte, alle mie azioni dei giorni nella brigata
Giv'ati. Ma mi sembrava anche come se stessi cercando di svuotare l'oceano
con un cucchiaino.

Un bel giorno fui richiamato per la prima volta per doveri di riservista nei
Territori Occupati.

Con isteria contattai il comandante della mia compagnia. Mi calmò: staremo
solo in un avamposto al di sopra del fiume Giordano. Non ci aspettiamo
contatti con la popolazione locale. E fu davvero quello che feci, ma alcuni
dei miei amici provvedevano alla sicurezza per il terminal del Ponte Damia
[dove i Palestinesi attraversano dalla Giordania a Israele e viceversa].
Questi erano i giorni prima della Guerra del Golfo e una gran parte di
rifugiati Palestinesi arrivavano dal Kuwait ai Territori Occupati (dalla
padella alla brace). I soldati riservisti - in gran parte di Destra -
rimasero sconcertati nel vedere le loro commilitoni donne di stanza nel
terminal strappare felicemente coperte e cappotti dei bambini per
assicurarsi che non contenessero esplosivo. Anche io ero sconcertato nel
sentire le loro storie, ma ero anche speranzoso: i soldati riservisti sono
esseri umani dopotutto, qualunque siano le loro idee politiche.

Queste speranze furono infrante tre anni più tardi, quando passai tre
settimane con una celebrata compagnia di ricognizione nelle rovine
confiscate di una Villa ai confini con l'Abasans.

Qui capii che lo stesso riservista umano poteva trasformarsi in un orrendo
macho meschino e regredire completamente ai suoi giorni di giovane
coscritto. Gia durante il tragitto sul bus verso la striscia di Gaza, i
soldati competevano tra loro su quale dei loro "eroici" racconti di pestaggi
omicidi durante l'Intifada fosse il migliore (nel caso non aveste colto il
punto: i pestaggi erano davvero omicidi, pestavano a morte). Andare in
pattuglia con questi una sola volta era il massimo che potevo tollerare.
Andai dall'ufficiale di collocamento e richiesi di fare solo compiti di
guardia. Agli ufficiali di collocamento piacciono quelli come me, la maggior
parte dei soldati non sopporta di stare più di due ore nella base.

Così incominciò la nauseante e vergognosa routine, una routine che durò tre
turni da riservista nei Territori Occupati: 1993, 1995, e 1997. La
"grigio-pallida" routine del rifiuto. Per molte settimane di seguito mi
trasformavo in un eremita "prigioniero della coscienza", a fare la guardia
ad un avamposto, o a un trasmettitore da tempo dimenticato in cima a qualche
montagna, un recluso. Mi vergognavo di dire alla gran parte dei miei amici
perché avevo deciso di prestare servizio in questo modo. Non avevo l'energia
per sentirli dire che razza di mollaccione ero diventato. Mi vergognavo
anche di me stesso. Questo era il modo più semplice per uscirne. Insomma, mi
vergognavo di tutto. Mi stavo salvando l'anima. Non facevo direttamente del
male, facevo solo in modo che altri potessero farlo mentre io facevo la
guardia. Perché non mi rifiutai completamente? Non lo so. Era in parte la
pressione ad uniformarsi, in parte il processo politico che ci diede un
bagliore di speranza che l'intera faccenda dell'occupazione sarebbe presto
finita. Più di tutto era anche la mia curiosità di vedere cosa stava
veramente succedendo.

E proprio perché sapevo così bene, di prima mano, dopo anni di esperienza
che cosa stava succedendo li, quale era la realtà laggiù, non avevo
difficoltà a vedere, attraverso la nebbia della guerra e la tenda di
menzogne, che cosa stava succedendo durante i primi giorni della seconda
Intifada. Per anni l'esercito si era nutrito di frasi come "siamo stati
troppo buoni nella prima Intifada"e "se solo ne avessimo uccisi un centinaio
nei primi giorni, tutto sarebbe andato diversamente". Adesso l'esercito
aveva la licenza di fare le cose a modo suo. Sapevo troppo bene che [l'ex
primo ministro] Ehud Barak stava dando via libera all'esercito, e che [l'
odierno Capo dello Staff] Shaul Mofaz stava prendendo il massimo vantaggio
da questo per massimizzare lo spargimento di sangue.

In quel momento, avevo due figli, maschi, e sapevo dall'esperienza che
nessuno - non una singola persona nel mondo intero - avrebbe fatto si che i
miei figli non dovranno servire nei Territori Occupati quando raggiungeranno
i 18 anni. Nessuno, tranne me. E nessuno tranne me dovrà guardarli negli
occhi quando saranno adulti e dirgli dove era papà quando tutto questo stava
succedendo. A me era chiaro, questa volta non sarei andato.

E poi scoprii che non ero solo. Come scoprire la vita su un altro pianeta.

La verità è che capisco perché tutti se la prendono con noi. Abbiamo
rovinato la loro piccola perfezione nell'ordine delle cose. Il santo Status
Quo dichiara che la Destra ha l'esclusivo diritto di celebrare il sangue e
chiederne altro. Il ruolo della Sinistra, d'altro canto, è di vagire seduti
sulle loro poltrone bevendo vino e aspettando la venuta del Messia che con
un singolo tocco della sua bacchetta magica farà scomparire la Destra
assieme ai Coloni, gli Arabi, il brutto tempo e l'intero Medio Oriente. E'
così che si aspettano vada il mondo. E allora perché date così fastidio,
qual è il vostro problema? Ragazzacci!

Disgrazia su di te, cara istituzione della Sinistra! Non sei stata attenta!
Il Messia è già venuto. Ha usato la sua bacchetta magica, ha visto che le
cose non sono così semplici, è stato abbandonato nel mezzo della battaglia,
ha perso quota, ed è infine stato assassinato, con tutti noi (si, anche io)
a guardare dalle confortevoli poltrone. Dimenticatelo. Un Messia non passa
due volte! Non esiste il pasto gratuito.

Davvero non vi accorgete di cosa stiamo facendo, del perché siamo usciti
dalle righe?

Non capite la differenza tra una cauta attenzione, un rifiuto personale ed
uno pubblico, organizzato? (e non sbagliatevi al riguardo, il rifiuto
personale è la scelta più semplice). Davvero non lo capite? Allora lasciate
che ve lo enunci interamente.

Primo, noi dichiariamo la nostra dedizione al primo sistema di valori.
Quello che è elusivo, astratto, e non remunerativo. Noi crediamo nel codice
morale conosciuto generalmente come Dio (e i miei amici atei che hanno anche
firmato questa lettera dovranno perdonarmi - noi tutti crediamo in Dio, il
vero Dio, non quello dei rabbini o degli Ayatollah).Crediamo che non ci sia
spazio per il codice tribale, che il codice tribale semplicemente camuffa l'
idolatria, un idolatria con la quale noi non dovremmo cooperare. Coloro che
lasciano prendere il sopravvento a una simile idolatria finiranno per l'
essere loro stessi delle offerte incenerite.

Secondo, noi (così come altri gruppi che sono anche più disprezzati e
molestati) mettiamo i nostri corpi sul fronte, nel tentativo di prevenire la
prossima guerra. La più inutile, idiota, crudele e immorale guerra nella
storia di Israele.

Noi siamo il ragazzo cinese davanti al carro armato. E tu? Se non sei in
vista, allora vuol dire che probabilmente sei dentro il carro armato, a dare
indicazioni all'autista.


Assaf Oron  Sergente First Class  Fanteria