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i retroscena del colpo di stato in Venezuela
- Subject: i retroscena del colpo di stato in Venezuela
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it> (by way of Associazione PeaceLink <info at peacelink.it>)
- Date: Fri, 12 Apr 2002 18:41:21 +0200
I retroscena del colpo di stato in Venezuela - Il golpe ai tempi della globalizzazione - di Alessandro MarescottiGolpe in Venezuela. La globalizzazione muta i protagonisti dei colpi di stato e se nel 1973 il golpe aveva il volto di Pinochet oggi ha il volto del presidente della confindustria venezuelana, Pedro Carmona Estanga. Il presidente venezuelano Hugo Chavez, democraticamente eletto, da tempo non era gradito alla Casa Bianca e recentemente era entrato in rotta di collisione con Bush. Vediamo perché.
CHAVEZ, "DECISAMENTE IRRITANTE"Hugo Chavez il 10 agosto 2000 fece scandalo: incontrò Saddam Hussein, primo leader politico a rompere l'isolamento dell'Irak dall'inizio della Guerra del Golfo. Chavez offerì all'Irak appoggio perché sia messo fine all'embargo che grava sul Paese dal 1990. Il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Richard Boucher, definì "decisamente irritante" il fatto. Chavez era impegnato in un tour di dieci giorni che lo porterà in tutti i Paesi appartenenti all'Opec, l'organizzazione che riunisce alcuni degli Stati esportatori di petrolio: sosteneva la necessità che l'Opec tagliasse la produzione giornaliera di barili di petrolio per mantenere alti i prezzi del greggio. Il Pentagono fece sapere che gli USA stavano "perdendo la pazienza". Chavez rispose: "Io, se voglio, vado pure all'inferno". Aggiungendo: "Che cosa ci possiamo fare se gli americani si seccano? Noi abbiamo una dignità, e il Venezuela è un Paese sovrano. Ha il diritto di prendere le decisioni che ritiene nel proprio interesse". E di un altro imperdonabile peccato si era già macchiato il suo governo: quello di aver rotto dichiaratamente l'isolamento di Cuba non nascondendo anzi la propria ammirazione per Fidel e per l'esperienza rivoluzionaria cubana.
PETROLIO PER DARE AI POVERI E TOGLIERE AI RICCHIMa ritorniamo al petrolio. Chavez intendeva fissare un livello internazionale del prezzo del petrolio (25 dollari al barile): i paesi produttori avrebbero fatto scattare automaticamente un aumento della produzione se le quotazioni del barile fossero salite, decidendo una diminuzione della produzione se i prezzi fossero scesi sotto la soglia prevista. In pratica Chavez aveva un'idea di autodeterminazione e di indipendenza che non era gradita alla Casa Bianca: gli Usa dipendono massicciamente dal petrolio del Venezuela. Il Venezuela è l'unica nazione dell'America Latina a far parte dell'Opec, organizzazione centrata sulle nazioni del Medio Oriente. Prima di Chavez il Venezuela era noto all'interno dell'Opec per la scarsa adesione alle restrizioni imposte dal cartello dei Paesi produttori. Con Chavez la politica di scambio stava cambiando: vendeva petrolio a un prezzo ridicolo a Cuba, puntando ad un innalzamento dei prezzi negli scambi verso Usa e paesi ricchi. E negli Usa, dopo due anni di politica estremamente cauta condotta dai democratici nei suoi confronti (proprio per l'importanza del paese nel settore energetico), i repubblicani nel 2001 cominciarono ad accusare Chavez di appoggiare i gruppi guerriglieri di tutta la zona andina e percepiscono la sua politica come ulteriore elemento di instabilità. La Casa Bianca ha puntato a bloccare l'economia interna venezuelana, come nel 1973 fece per Salvator Allende, sostenendo un coacervo di forze che facevano resistenza a Chavez. E vediamo perché.
LE RIFORME MAL DIGERITEIl 13 Novembre 2001 in diretta televisiva, Chavez ha annunciato il passaggio di un vasto pacchetto di riforme economiche, ben 49, che intendevano modificare, a volte anche radicalmente, i più differenti settori dell'economia del paese: i più controversi sono quelli relativi alla Legge sulla terra e a quella
sugli Idrocarburi.La Legge sulla terra avrebbe permesso al governo di confiscare e ridistribuire terreni privati coltivati che eccedano una certa dimensione e che siano giudicati improduttivi; la legge dava inoltre allo stato il potere di controllare l'utilizzo agricolo dei terreni. Inoltre gli agricoltori dovranno mostrare i titoli di proprietà delle terre che utilizzano a iniziare dal 18 Dicembre (8 giorni dopo l'entrata in vigore della legge) onde evitare l'espropriazione. Il Miami Herald, riportando uno studio fatto dall'Istituto Nazionale Agricolo del Venezuela, stima che quasi il 95% dei proprietari terrieri nel paese non possiede titoli legali delle proprie proprietà.
CONTESTATO DA LATIFONDISTI, SINDACALISTI E PETROLIERIEcco perché i grandi latifondisti li abbiamo visti protestare in piazza. La terra agli indios poveri sarebbe stata una vera ingiustizia, per loro. In piazza, con i latifondisti, sono scesi negli scorsi giorni anche gli industriali e i sindacati. Ma perche' anche i "sindacati" sono scesi in piazza contro Chavez? Ecco svelato il mistero: Chávez aveva dichiarato di voler "demolire" l'ex Confederazione dei lavoratori del Venezuela, tanto burocratica quanto corrotta, per creare una centrale sindacale "bolivariana"; il governo aveva poi deciso di considerare come rappresentanti della "società civile" solo le organizzazioni non governative (Ong) non finanziate dall'estero. La legge sugli Idrocarburi - l'altra molto contestata - capovolgeva vent'anni di liberalizzazione nell'industria del settore. Nella riforma era prevista la maggioranza del governo nella proprietà di tutte le nuove joint ventures legate al settore petrolifero, e veniva inoltre decretato l'innalzamento delle royalties che le compagnie straniere devono allo stato, passando dall'attuale 16,6% al 30%. Una manovra che va in piena controtendenza rispetto al trend mondiale; negli ultimi anni infatti le potenti compagnie petrolifere erano riuscite, in molti dei paesi produttori di petrolio, a far scendere le royalties che andavano corrisposte ai governi. Una misura che stando ad alcuni commenti riportati dal Financial Times avrebbe inciso sullo sviluppo di molti progetti, rendendoli da un punto di vista economico poco attraenti. E la globalizzazione è appunto questo: niente intralci, boicottiamo gli impiccioni, facciamo crollare l'economia delle nazioni che si pongono di traverso. E Chavez, tentando di coinvolgere l'Opec in questo disegno di recupero del potere contrattuale degli stati, era un impiccione a livello internazionale. L'amministrazione Chavez era considerata un governo radicale, dotata per di più di con un mandato popolare che legittimava riforme di vasta portata. Chavez era un militare, ma democraticamente eletto. L'allora sindaco di Molfetta, Guglielmo Minervini, un pacifista allievo di don Tonino Bello, era andato nel marzo del 1999 a far visita ai molfettesi emigrati in Venezuela. Dichiarò: "Il recente cambio di regime politico che ha condotto al governo il militare Chavez sta suscitato diffuse speranze di moralizzazione della vita pubblica,
di giustizia sociale e di stabilità economica". "PARA LIMPIAR TOTA ESA MIERDA"Ma oggi Chavez viene definito "populista" e basta quella parola per liquidarlo senza neppure sentire il bisogno di spiegare quanto qui abbiamo cercato di raccogliere e raccontare. Di Chavez si racconta la sua storia di colonello golpista del febbraio '92 ma non il suo successivo successo democratico in elezioni libere che, con 57% dei voti, lo avevano catapultato alla presidenza. Con lui partiti e partitini - prevalentemente nazionalisti e di sinistra - del "Polo Patriottico"; di fronte a lui il suo popolo, centinaia di migliaia di descamisados in rappresentanza di quell'80% dei 23 milioni di venezuelani ridotti alla fame in uno dei paesi più ricchi del mondo, che l'avevano appena eletto presidente della repubblica "para limpiar toda esa mierda". Dall'altra parte, fisicamente assenti ma presentissimi, gli sconfitti del "Polo democratico" e "il putrido sacco di tutti i corrotti", con dentro gli esponenti del "patto tacito" fra i poteri forti che dalla cacciata dell'ultimo dittatore militare, il generale Marcos Pérez Jiménez nel '58, aveva governato la democrazia venezuelana per 41 anni filati. L'oligarchia, gli imprenditori pubblici e privati, la banca, la burocrazia, i sindacati, i giudici, i militari, la chiesa cattolica e i due grandi partiti tradizionali del duopolio di governo - i social-democratici di Acción democratica e i social-cristiani del Copei - che da allora si erano alternati ogni cinque anni al palazzo stile rococò di Miraflores, e che nelle elezioni del 6 dicembre avevano raccolto, insieme, la miseria di meno del 9% dei voti. Era il 6 dicembre 1998 e Chavez aveva impresso al Venezuela una svolta mediante regolari elezioni monitorate a livello internazionale: per gli Usa c'era Jimmy Carter, l'ex presidente americano in veste di osservatore per elezioni giudicate "a rischio". Ora il golpe fa capire che quelle elezioni non avevano dato buoni frutti, e la Casa Bianca usa oggi il sistema di Vittorio Emanuele II il quale a metà Ottocento avvisava gli elettori che avrebbe fatto ripetere le votazioni se il verdetto non fosse stato di suo gradimento.
PERCHE' VOTARONO CHAVEZ? Ma perché gli elettori avevano scelto Chavez?I venezuelani si chiedevano dove fossero finiti i 300 miliardi di dollari incassati dal petrolio negli ultimi 25 anni. Negli ultimi 20 anni i venezuelani hanno visto evaporare il 70% del potere d'acquisto dei loro redditi. La disoccupazione era al 40%, i bambini e gli adolescenti senza scuola erano il 45%, secondo la Banca mondiale solo il 4% della popolazione aveva accesso alla giustizia. Chavez era stato votato per questa rabbia popolare e aveva portato - dopo le elezioni - il salario minimo da 175 dollari al mese a 190, divorato all'istante dal 40% di inflazione. Aveva cambiato i manager statali del petrolio. Già, aveva toccato quei dirigenti della Pdvsa, la compagnia petrolifera statale, con salari da 48mila dollari al mese e pensionati d'oro da 24mila dollari. Di chi erano le frodi fiscali e doganali che facevano sparire nelle banche di Miami o Ginevra 6 miliardi di dollari l'anno, l'equivalente dei due terzi del deficit fiscale del '98? E arriviamo ad un'altra pestata di piedi, quella ai sindacalisti corrotti. Molti dei 2000 dirigenti sindacali della poderosa Ctv - la Confederación de trabajadores de Venezuela - erano finiti sotto il torchio "giustizialista" di Chávez: dovevano spiegare perché erano diventati milionari dopo aver firmato contratti di lavoro, dei bidoni per i lavoratori in cambio di favori personali. La confindustria venezuelana - di concerto con questa burocrazia sindacale - è arrivata a pagare la giornata di lavoro a chi manifestava in strada in questi giorni a sostegno del golpe. Sotto la presidenza di Chavez viene revocata l'immunità a vita di politici e deputati accusati di corruzione. Vengono riconosciute garanzie costituzionali alla lingue e culture dei 500mila indios superstiti. Si proibisce la pena di morte, l'ergastolo, la tortura e "qualsiasi pena infamante". Si proibisce la privatizzazione del petrolio. Si riduce la settimana lavorativa da 48 a 44 ore. Si garantisce la proprietà privata subordinandone tuttavia per legge l'uso "all'interesse sociale". Si pongono limiti all'autonomia della Banca centrale. Ai tre poteri classici di Montesquieu, Chavez ne aggiunge un altro, il potere morale, da lui definito "la quarta gamba della democrazia", preso dall'ideario del suo idolo Simon Bolívar, col compito di vegliare sui giudici e contro la corruzione. Disse: "La voce del popolo è la voce di Dio e la voce dell'oligarchia è la voce del diavolo".
DI LUI SI E' DETTO TUTTODiversi giudizi vennero dati su Chavez: populista, dittatore in pectore, erede di Nasser, nuovo Gheddafi, comunista camuffato, amico di Castro, leader di un governo con troppi ministri che erano stati di sinistra, anti-capitalista, anti-liberista, sognatore bolivariano, visionario terzomondista. Ormai è impossibile verificarne la fondatezza: un colpo di stato lo ha spazzato via.
KEYNES FUORI TEMPO MASSIMOIn realtà Chavez ha applicato politiche ispirate a Keynes, finalizzate a una spesa pubblica orientata a stimolare la domanda, e al potenziamento dell'istruzione pubblica e del sistema sanitario. Aveva respinto la privatizzazione del sistema pensionistico. Insomma, sono politiche di una tranquilla sinistra che, alla luce dei tempi globalizzatori, viene dipinta come ingenua e demodé, però è temuta perché è un ostacolo ai desiderata in voga.
INVESTIRE NELL'ISTRUZIONEI consiglieri economici del governo proponevano un modello "umanista, autogestito e competitivo" nel quale "il principale investimento è l'istruzione, ossia il capitale umano". Chávez intendeva spendere in assistenza sociale - scuole, ospedali, case, tecnologia e sicurezza - i circa 2,1 miliardi di dollari che provengono dalle riserve di cambio della Banca centrale del Venezuela (Bcv).
POCO ADDOMESTICABILEChavez si era rivelato poco addomesticabile. Bush - e con lui i signori della globalizzazione - hanno premuto il bottone e ne hanno decretato la fine. Ma tutte queste cose non ce le spiegano quei telegiornali e quei giornalisti che - loro sì ben addomesticati - si limitano a far apparire un golpe militare come una festosa rivolta di tutto il popolo venezuelano contro Chavez, il populista.
Alessandro Marescotti redattore volontario del sito PeaceLink a.marescotti at peacelink.it www.peacelink.it ---------------------------------Questo testo può essere liberamente diffuso e pubblicato. Il testo si avvale delle molteplici informazioni tratte dai seguenti siti Internet:
http://www.cnnitalia.it/2000/MONDO/mediooriente/08/10/chavez http://www.tightrope.it/USER/CHEFARE/archivcf/cf53/chavez.htm http://www.cnnitalia.it/2000/MONDO/mediooriente/08/11/chavez/index.html http://www.fuoriluogo.it/arretrati/2001/gen_8.html http://www.equilibri.net/americhe/venezuelasciopero.htm http://www.iqsnet.it/quindicigiorni/marzo99/sinven.htm http://www.larivistadelmanifesto.it/archivio/1/1A19991210.html http://www.axiaonline.it/promemoria/mercati_emergenti/report_Venezuela.htm http://www.patchanka.it/_bakeka/0000013c.htm http://www.latinoamerica-online.it/archivio2001/sec44.html http://www.ilmanifesto.it/MondeDiplo/LeMonde-archivio/Novembre-2000/0011lm18.01.html
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