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per de-iscriverti dalla lista economia, è una procedura automatica , ma lo devi
fare dalla stessa mail con cui ti sei iscritta a suo tempo.
----- Original Message -----
Sent: Tuesday, June 06, 2006 7:51
AM
Subject: Re: mercati e legalità
Scusa, allora, perchè ricevo le mail su questo indirizzo se
non sono nel database?
Il 05/06/06, ANDREA
AGOSTINI < lonanoda at tin.it> ha
scritto:
lo farei volentieri ma non posso non sei nel
mio detabase con questo indirizzo
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Original Message -----
Sent:
Monday, June 05, 2006 6:52 PM
Subject:
Re: mercati e legalità
Vorrei cancellarmi
2006/6/5, ANDREA AGOSTINI <lonanoda at tin.it>:
da lavoceinfo.it 29-05-2006 Mercati e legalità Francesco
Vella
L'ultima legislatura ha segnato un momento importante nel
diritto dell'economia: riforme come quella delle società e delle
procedure concorsuali hanno modificato un ordinamento ormai obsoleto che
condizionava le potenzialità di sviluppo delle imprese. Sarebbe
sbagliato se il nuovo Governo cedesse a tentazioni giacobine
smantellando un impianto legislativo che ha, invece, bisogno ancora di
sedimentazione e sperimentazione per entrare a pieno regime e dare i
suoi frutti.
Le garanzie per imprese e
investitori Questo non significa, però, rinunciare ad alcuni incisivi
interventi assolutamente necessari, e colpevolmente tralasciati, proprio
per far funzionare quelle riforme. Non si tratta solo della ormai
scontata esigenza di un riequilibrio dell'apparato sanzionatorio che,
una volta demolite, queste sì, le norme a protezione di interessi
personali, rappresenti un buon presidio alla veridicità dei dati
contabili delle imprese. C'è, infatti, bisogno di un generale
rafforzamento dell'insieme delle tutele, usando un termine molto di moda
potremmo dire della legalità, nella regolamentazione dell'attività di
impresa. Così, se nel diritto societario va attentamente rimeditato
il complesso dei controlli giudiziari sulle irregolarità gestionali,
sensibilmente indeboliti dalla riforma in particolare per le società non
quotate, nella disciplina delle procedure concorsuali deve essere
recuperato il ruolo di garanzia del giudice non solo nelle procedure
ordinarie, ma anche e soprattutto in quelle straordinarie, dominate da
un presenza pervasiva e troppo discrezionale della pubblica
amministrazione. Sempre nella prospettiva di un rafforzamento delle
garanzie, bisogna riprendere il percorso, interrotto nella scorsa
legislatura, per introdurre strumenti che consentano un rapido,
efficiente e poco costoso accesso alla giustizia per gli investitori
colpiti dai grandi crac. Una equilibrata disciplina della class action,
che tenga conto dei limiti di compatibilità del nostro ordinamento,
rappresenta un mezzo di tutela economica per tutti coloro che hanno
poche disponibilità per affrontare lunghi processi. E una forma di
giustizia più selettiva rispetto ai rimborsi generalizzati previsti
dall'ultima Finanziaria Inoltre, la sua efficacia deterrente, senza,
ovviamente, avere effetti "miracolistici", può contribuire a prevenire
il ripetersi di fenomeni di criminalità economica.
Buoni giudici per buone regole Tutti
questi interventi presuppongono, però, un adeguamento della
organizzazione e della qualificazione professionale dei giudici per
offrire soluzioni adeguate e tempestive ai nuovi compiti. E
presuppongono, quindi, il superamento delle forti resistenze corporative
che finora hanno impedito di creare una giustizia specializzata. Non
solo gli avvocati, timorosi di una riduzione del volume di attività, ma
anche una buona parte dei giudici hanno bloccato tutte le proposte,
contenute già nell'originario progetto di legge della riforma
societaria, per creare sezioni specializzate in materia societaria e
finanziaria. In sostanza, anche per i magistrati deve valere il banale
principio della qualità dei servizi offerti, per garantire una effettiva
tutela ed equità nei rapporti tra imprenditori, consumatori e
investitori. D'altronde, uno strumento così rilevante, ma anche delicato
e sofisticato, come la class action, in mano a un magistrato privo di
approfondite conoscenze e non coadiuvato da una adeguata organizzazione,
corre il pericolo di avere effetti esattamente opposti a quelli
desiderati.
Le Autorità di controllo Analoghe
resistenze hanno frenato un'altra importante riforma utile per la
"legalità" sui mercati finanziari. Si è ripetuto fino alla noia come la
causa principale dei recenti scandali siano state le evidenti lacune nel
sistema dei controlli, interni ed esterni. Ma mentre per i primi con la
legge sul risparmio si è posto qualche rimedio, per i secondi si è fatto
poco. Incrementare i poteri delle Autorità e dare loro strumenti rapidi
e incisivi è importante, ma gli ultimi dissesti mettono in evidenza come
il vero problema sia quello di una razionalizzazione e riorganizzazione
delle competenze per evitare che si creino aree grigie che possono
incentivare comportamenti elusivi o illeciti. La legge sul risparmio
è intervenuta solo sulla concorrenza bancaria, ma non ha operato nessuna
semplificazione. Al contrario, nella classica zona Cesarini, il Governo
ha pensato bene di rifilarci una nuova e fantomatica "commissione per la
tutela del risparmio" della quale nessuno ha finora capito quali siano i
compiti. Insomma, la confusione regna sovrana. E dalle future
aggregazioni e concentrazioni sui mercati nasceranno nuove esigenze di
controlli più stringenti ed efficaci che l'attuale assetto di vigilanza
non soddisfa. Ad esempio, nella turbolenta vicenda Unipol-Bnl in pochi
hanno colto il vero problema che quella aggregazione avrebbe generato e
cioè il fatto che quando nasce un grande operatore polifunzionale non è
ben chiaro chi e come debba esercitare il controllo (la normativa sui
conglomerati è alquanto confusa). Il rischio è quello di inutili
sovrapposizioni e soprattutto di una mancanza di chiarezza circa
l'attribuzione di responsabilità per gli interventi preventivi e
successivi nelle ipotesi di patologia. Senza tener conto, poi, dei costi
che i grandi gruppi devono affrontare nell'interloquire con molti
organismi di controllo, ciascuno con il suo linguaggio e i suoi
poteri.
Un nuovo Testo unico bancario? In
conclusione, un futuro legislatore attento ai bisogni di correttezza e
trasparenza di imprese e mercati, più che andare alla ricerca di nuove
regole, dovrebbe occuparsi di una "buona applicazione" di quelle già
esistenti, con un'unica, ma importante eccezione: il Testo unico
bancario. È una normativa relativamente recente, ma che alla prova
dei fatti, non ha sempre garantito criteri di vigilanza efficaci,
oggettivi e uniformi. Ad esempio, l'uso illegittimo che per lungo tempo
si è fatto dei poteri autorizzatori per difendere l'"italianità" del
sistema creditizio, e il rischio che una banca al cui interno si sono
manifestati fenomeni di criminalità economica potesse acquisire, sempre
per un uso disinvolto di quei poteri autorizzatori, il controllo di
altre banche, dimostrano come un ripensamento complessivo su questi
aspetti sia necessario. Anche in questo caso, deve essere un
ripensamento equilibrato e senza spiriti giacobini, tenendo presente che
i controlli di stabilità sulle banche sono un bene prezioso per i
mercati, ma debbono, appunto, essere rispettosi dei mercati e lontani da
ogni tentazione dirigistica. La speranza è che il Parlamento trovi i
tempi e le energie necessarie per programmare seriamente una così
importante riforma.
Crimini e misfatti
delle imprese Grazia Mannozzi Marco
Arnone
In Italia, la responsabilità amministrativa delle imprese
derivante da delitto è stata introdotta solo con il decreto legislativo
231/2001 e segue consolidate esperienze internazionali. Ha ovviamente
anche una valenza preventiva perché sollecita le imprese a dotarsi di
meccanismi e procedure (i cosiddetti compliance programs) volti, ex
ante, a impedire che dipendenti o manager commettano illeciti negli
interessi dell'azienda ed, ex post, a fungere da elementi in grado di
elidere o di attenuare la colpevolezza dell'ente. A cinque anni dalla
introduzione della legge si può tentare un primo bilancio sulla sua
efficacia.
Bilancio di una legge Anzitutto, va
precisato che la responsabilità amministrativa dell'impresa può sorgere
solo per effetto della commissione di un reato, da parte di una persona
fisica, tra quelli espressamente e tassativamente previsti dal decreto
legislativo 231/2001. Il catalogo dei reati era inizialmente
limitato a poche fattispecie: alcuni delitti contro la pubblica
amministrazione (corruzione, concussione, malversazione), e le frodi in
sovvenzioni. Con interventi successivi, sono state incluse le falsità in
monete e nelle carte di pubblico credito, i reati societari, i delitti
con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico e
alcuni delitti contro la personalità individuale (come la riduzione in
schiavitù); le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili
e, relativamente al crimine organizzato transnazionale, il riciclaggio,
l'associazione per delinquere (anche di stampo mafioso o finalizzata al
traffico illecito di stupefacenti), la violazione delle norme sulla
immigrazione e i delitti di "intralcio alla giustizia" sono stati
aggiunti agli inizi del 2006. Nonostante l'ampliamento, sono reati
di realizzazione statisticamente limitata e ciò può minare l'effettività
delle norme sulla responsabilità penale delle imprese. Le ipotesi
potenziali più ricorrenti sono costituite, stando ai dati Istat, dalla
truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e dai
reati contro la pubblica amministrazione, tipicamente la corruzione. Uno
screening del marzo 2006 dell'archivio della Corte di cassazione per
verificare come la law in the books si sia trasformata in law in action,
ha dato risultati per certi aspetti sorprendenti: non vi sono ancora
state condanne a carico di imprese bensì soltanto una decina di
ordinanze di applicazione di misure cautelari e due sentenze di
legittimità in materia di reclamo avverso l'emissione di misure
cautelari. La quasi totalità delle ordinanze, inoltre, è relativa a
episodi di corruzione realizzati da persone fisiche nell'interesse
dell'impresa, e perciò riconducibili a essa e non, come ci si sarebbe
potuto aspettare, a truffe aggravate o a reati societari.
....... Si potrebbe ipotizzare che
negli anni 1992-1996 siano stati commessi più episodi di corruzione che
in passato. L'ipotesi più plausibile è invece che in quel periodo vi è
stata una brusca emersione della "cifra nera": ce lo fa pensare l'indice
di percezione della corruzione elaborato da Transparency International,
che dal 2001 indica un peggioramento della situazione italiana, dopo il
miglioramento seguito alla "moralizzazione" avviata con Mani pulite.
Quanto all'andamento delle persone condannate, sembra risentire in
misura tutto sommato modesta del picco di denunce avutosi tra il 1992 e
il 1996, indicando probabilmente una limitata efficacia del sistema
complessivo di repressione. Corruzione e concussione (e falso in
bilancio) emergono in misura esigua poiché raramente vengono a
conoscenza dell'autorità per effetto della spontanea denuncia di un
'attore' o 'spettatore': almeno in passato, si sospettava la
realizzazione di un falso in bilancio quando emergeva un episodio
rilevante di corruzione. Se dunque la corruzione è già di per sé un
reato a elevata cifra nera, il falso in bilancio - tipico reato
dell'impresa - ha con molta probabilità un indice di occultamento ancor
più elevato. Fenomeno ulteriormente aggravato dalla riforma attuata con
il decreto legislativo 61/2002, che ha creato un meccanismo repressivo
dei reati societari di per sé "debole", per effetto sia della
prescrizione breve, sia del regime di procedibilità a querela introdotto
per le ipotesi di falso in bilancio che comportano un danno ai soci o ai
creditori. Nella prospettiva di medio periodo, dunque, la scarsa
frequenza statistica dei reati-base che comportano la responsabilità
dell'impresa e le recenti riforme sul falso in bilancio, renderanno
molto limitata l'applicazione delle norme sulla responsabilità ex
crimine della persona giuridica, almeno in questo settore. Rischia di
essere un complesso di norme raffinatissime che accedono, però, a una
realtà criminosa scarsamente afferrabile e che per di più ha in Italia
ha una "percentuale di chiarimento", l'accertamento giudiziale della
sussistenza di un illecito a partire dalla denuncia,
bassissima.
La best practise della Banca
Mondiale Nella lotta alla criminalità d'impresa si iscrive, forse con
parametri di efficacia maggiori rispetto a quelli del diritto
penale-amministrativo italiano, l'attività di crime control della Banca
Mondiale, che si è di recente dotata di un sistema di giurisdizione
interna. La Banca Mondiale finanzia progetti di investimento in
paesi in via di sviluppo e in tale ruolo interagisce con centinaia di
imprese e individui. (2) Reprime con provvedimenti interni
(amministrativi) condotte (quali frode o corruzione) commesse da singoli
o da imprese che hanno avuto contratti in progetti che ha finanziato.
Dal 1999 al 2004 ha sanzionato, per essersi rese responsabili di fatti
di frode o corruzione, trentuno imprese con l'esclusione in via
temporanea o permanente dalle attività con la Banca, e otto imprese con
lettere di biasimo .
.............
La Banca Mondiale sta cercando inoltre di
ampliare il catalogo delle sanzioni per le imprese per modularle
rispetto alla tipologia delle violazioni commesse, valutando in
particolare la possibilità di introdurre misure di prevenzione, quali la
sospensione delle attività con imprese (o individui), mentre è ancora in
corso la procedura di indagine interna. Un ulteriore esempio di best
practice nella lotta alla corruzione internazionale è quello
statunitense, avviato con il Foreign Corrupt Practices Act (Fcpa) del
1977, precursore della convenzione Oecd del 1997. Il Fcpa "vieta alle
società americane di corrompere funzionari stranieri con la finalità di
ottenere o mantenere affari". (3) La legge prevede sanzioni molto severe
per le imprese: fino a 2 milioni di dollari per ogni singola violazione.
Il termine di prescrizione è di cinque anni, aumentabile di altri tre
nel caso di richiesta di prove all'estero. Questi esempi dovrebbero
essere uno stimolo anche per l'Italia a utilizzare in maniera più
incisiva gli strumenti di prevenzione e repressione del corporate crime
e a adottarne di nuovi. Occorrerebbe rafforzare l'ambito di
applicabilità della norma anche estendendo la responsabilità dell'ente a
quei reati originariamente previsti dalla legge delega e ancora esclusi:
specificamente, ai reati "a base rischiosa", come ad esempio quelli del
"produttore" - spesso economici nelle motivazioni (omicidi e lesioni
colpose e a seguito di violazioni delle normative antinfortunistiche,
disastri colposi eccetera), ma offensivi anche di beni diversi da quelli
economici, inclusa l'incolumità di una collettività di lavoratori o
consumatori o comunità di cittadini - nonché ai reati connessi alla
sicurezza sul lavoro o ai reati ambientali. (1) I dati derivano da
una più ampia ricerca empirica che G. Mannozzi e P. Davigo stanno
conducendo sulla risposta ordinamentale alla corruzione (in corso di
pubblicazione presso Laterza). (2) In media la Banca Mondiale approva
240 nuovi progetti l'anno e ha un portafoglio complessivo di circa 1400.
In totale, quindi, sono migliaia le imprese che hanno contratti con la
Banca . (3) Acquaviva, 2001, "La legislazione statunitense in materia
di lotta alla corruzione di fronte agli ultimi sviluppi internazionali",
Dir. Comm. Internaz., 3, p. 625.
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