borsa il miracolo che non ci sara'



da affari e dinanza 
Borsa,il miraggio di un rally che non ci sarà

GIUSEPPE TURANI

Gli esperti di Borsa continuano a litigare fra di loro sui numeri, sui p/e,
sulla possibile crescita degli utili, sull'andamento dei vari settori, e
sulle altre storie del genere molto particolari e molto precise. Ma alcune
cose cominciano a essere chiare. La prima è che quasi più nessuno crede a
un effettivo, importante e prolungato rally delle Borse mondiali. Nessuno
crede, cioè, che la stagione dell'Orso possa chiudersi per lasciare posto,
e rapidamente, a quella del Toro. E questo per una serie di ragioni tutte
molto evidenti. La prima è che, al di là dei numeri e dei rapporti, le
Borse mondiali viaggiano come dentro una nebbia fitta. Quando si scopre che
società importanti come Enron e WorldCom avevano falsificato i conti fino
al punto da stravolgerli, è chiaro che nessuno si fida più di niente. E
quindi non si sa più che cosa è quotato in Borsa. Basterebbe già questo
scoraggiare i possibili acquirenti.
Ma questo è solo uno degli elementi, anche se molto importante. Nel conto
si potrebbe anche aggiungere che ci sono alcuni settori hitech (dai Pc ai
telefonini) fino a ieri di sicuro successo e crescita che invece, e
improvvisamente, non appaiono più tanto promettenti. E si sa che questi
settori poi si trascinano dietro altri comparti, come il software, i chips,
ecc. Insomma, c'è una maggior incertezza rispetto anche solo a due mesi fa.
Poi c'è il contesto internazionale che appare quanto mai vago anch'esso,
quando non addirittura pericoloso. Il Giappone continua a gemere e a non
ripartire, l'Europa avanza zoppicando, ma dietro l'angolo (dopo la crisi
argentina) c'è, lo spettro di una possibile crisi brasiliana che potrebbe
travolgere mezza America latina, se non tutta, trascinando nella polvere le
solite grandi banche d'affari internazionali.
A tutto questo si aggiunga che i focolai di tensione internazionali, a
partire dalla Palestina, sono sempre lì che ardono. Grandi riunioni, grandi
discussioni, ogni tanto qualcuno parte e va in missione, ma i focolai sono
sempre lì che bruciano. E dietro a tutto ci sono ancora l'incubo della
possibile guerra dell'America all'Iraq e l'altrettanto possibile nuovo
attacco terroristico contro l'America o contro un altro importante
obiettivo occidentale. Come si vede, il contesto generale non è tale da
spingere la gente a investire i propri soldi su società che potrebbero
avere vi bilanci taroccati e che potrebbero ritrovarsi dentro una bufera
politicomilitare di vaste proporzioni. La strada per ricostituire un minimo
di propensione a investire appare quindi lunga e piena di buche.