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Re: agricoltura:nel campo del grande disastro



ciao ti ricordi di me ? Lugnacco e dintorni....
ciao, franco siro e  carla----- Original Message -----
From: "Gianni Zampieri" <zampieri.gg@libero.it>
To: <pck-ecologia@peacelink.it>
Sent: Saturday, February 24, 2001 1:04 PM
Subject: R: agricoltura:nel campo del grande disastro


Perché questo come altri diversi precedenti msg mi arriva in lista
lavoro@peacelink.it  a cui non sono iscritto e se
rispondo, coma faccio ora, automaticamente assume il
pck-ecologia@peacelink.it che mi sembra la lista adeguata
all'oggetto ??

Grazie a chi vorrà illuminarmi.

Ciao,

Gianni.


-----Messaggio Originale-----
Da: "Andrea Agostini" <lonanoda@tin.it>
A: <lavoro@peacelink.it>
Data invio: mercoledì 14 febbraio 2001 19.00
Oggetto: agricoltura:nel campo del grande disastro


> dal corriere economia di lunedi 12 febbraio 2001
>
>
>
>
> AGRICOLTURA La mucca pazza non è piovuta dal cielo. E' il risultato della
> mancanza
>                       assoluta di strategie dei governi
>
> Nel campo del grande disastro Le coltivazioni della Valle Padana sono
>                le più intensive d'Europa. E il territorio ha la massima
> concentrazione                      di nitrati. Pratiche esasperate che
> hanno condotto a un'emergenza                       ecologica e
alimentare.
> Il tutto finanziato con denaro pubblico
>
>                       di Geminello Alvi
>
> L' epidemia ha disilluso i consumatori, prostra furiosamente allevatori e
> macellai                      costringe i governi ad un'emergenza di cui
> ogni giorno si disserta. Senza che si sia però ancora capito l'essenziale:
> un modello europeo d'agricoltura è finito. Mai prima i consumatori avevano
> disertato in questa misura i prodotti dell'Unione. Mai gli esborsi con cui
> sussidiare gli agricoltori avevano superato così i bilanci europei. E mai
> la furia di contadini e macellai era parsa così disperata, isolata e
> grottesca nel desiderio di tacitare i fatti e chiedere sussidi. I conti
> ecologici,                   economici, umani di questa agricoltura non
> tornano, s'intrecciano in un disastro, di cui però ancora non s'avverte la
> gravità. L'agricoltura è la negletta dell'economia. Copre in Europa
> soltanto il 2% del Pil e nemmeno il 5% dell'occupazione. Gli esoterismi
del
> sistema di sussidi della Ue interessano meno di new economy e Borsa.
Eppure
> tutti dovranno cominciare a adarvi. Il sostegno alla produzione bovina
> copre il 30% del prodotto, il che significa che più della metà dei redditi
> degli allevatori è pagato dai cittadini. Legittimo dunque chiedersi, dopo
> le carni a diossina e prioni: perché sussidiare questa agricoltura? E
> perché concederle altri                 sussidi? Ci sono solo 1,2 miliardi
> di euro rimasti nel bilancio agricolo. Ma assumendo consumi di  carne in
> crollo del 12%, gli obblighi comunitari implicano acquisti di un milione e
> più di tonnellate, per 3 miliardi; e siamo ottimisti. Gli si farà fronte
in
> parte riducendo i sussidi per  vacca nutrice, favorendo gli allevamenti
> estensivi. Ma il dubbio detto sopra resta legittimo. E non riguarda solo
la
> carne, ma un sistema in cui il 57,7% del valore aggiunto agricolo è
> sussidiato dalla spesa pubblica, e malgrado ciò produce beni nocivi a
> uomini, animali e terreni. Si può fingere di non accorgersene; ma non
> sarebbe un agire realistico coi consumatori. Solo  dei disperati, come
sono
> ormai allevatori e macellai, possono incolpare l'allarmismo di ministri o
> giornali. Anche perché non è escluso che in futuro il dubbio sui sussidi
> possa evolvere nell'opinione pubblica in attitudine antieuropea ed
> ultraliberista. Si potrebbe pretendere di cessare i sussidi, e importare
> carne da Usa od Argentina. Tra l'altro i prezzi internazionali sono
>              di almeno un 25% per cento minori di quelli europei, e dunque
> ci guadagneremmo. Ma per quanto estrema, neppure questa ricetta
> risolverebbe il problema. Gli Usa nutrono a iniezioni di ormoni proibite
in
> Europa le loro carni; e il sostegno per agricoltore negli Usa supera
quello
> europeo. Ma neppure la versione liberista più morbida, importare più
> mangimi e soia, funziona. Si tratta di prodotti anche transgenici. E non
> solo la loro coltivazione è proibita in Europa, ma trovarla sull'etichetta
> non piace ai consumatori neppure negli Usa. Un articolo del New York Times
> del 25 gennaio scorso illustra conclusivamente la débâcle del cibo
> biotecnologico. Il dubbio non può insomma trovare una soluzione liberista,
> almeno a breve termine.
> Ma neppure si può tollerare il sostegno a un'agricoltura nociva per la
>                 salute dell'uomo e dell'ambiente. Sia detto di sfuggita,
ma
> polli o suini                      inondati d'antibiotici o coltivazioni
> esasperate sono per salute e territorio                      in Italia un
> danno forse maggiore di mucca pazza. Ma i calanchi,
> l'impoverimento dello humus verso soglie già inquietanti, la resistenza
dei
>                      virus agli antibiotici, fanno meno notizia. E allora
> non c'è altra soluzione                      possibile: occorre intanto
> riorientare i sussidi, con misura e buon senso,                      verso
> un'agricoltura più estensiva. Ad esempio favorendo allevamenti
>         inseriti nel ciclo naturale di letamazioni, foraggio e pascolo,
> orientati                      quindi non dal modello della fabbrica, ma
in
> filiere naturali di                      autosufficienza nel territorio e
> biodiversità.
> Del resto Agenda 2000 asseconderebbe questa direzione. I piani europei
>                 prevedono di ampliare i sussidi in proporzione a prati e
> pascoli dei vari                      allevamenti, e di convertire quote
di
> sussidi in sostegni all'ambiente. E il                      ministro
> tedesco, signora Kuenast, fa bene a voler accrescere entro dieci
>           anni dal 2% al 20% la parte dei prodotti biologici-biodinamici
> nei consumi                      alimentari tedeschi. Come ha ragione il
> commissario europeo Fischler a                      dire insufficiente una
> proporzione del 14% di spesa alimentare nei bilanci
> europei delle famiglie. I prezzi agricoli devono aumentare e notevolmente;
>                     così da facilitare una conversione inevitabile.
> Consumeremo forse meno carne bovina e nutrita con più fibra e meno
>             mangimi, ma questo, si mettano il cuore in pace macellai e
> allevatori                      intensivi, sarebbe un bene. Tanto più in
> Italia dove la situazione è quella                      assurda riassunta
> nelle due cartine. Concentriamo nelle pianure lombarde
> alte densità di nitrati e massime concentrazioni di bovini per ettaro di
>                   pascolo. Un ciclo disastrato: terreni in cui l'humus si
> assottiglia e falde                      inquinate. Mentre «in assenza di
> riutilizzo nella concimazione agricola lo                      smaltimento
> dei liquami genera i principali apporti di elementi
> eutrofizzanti, come nitrati e fosfati a carico del sistema idrico». E
> mentre                      in Italia sono scomparsi milioni di capi e
> razze autoctone, e più di metà                      del territorio, adatto
> tra l'altro a pascolo e foraggio, è derelitto. Non sensi
>   economici ed ecologici. Abbiamo coi sussidi della Ue germanificato
>               all'italiana gli allevamenti, senza averne i caratteri
> ambientali, e non                      badando neppure a crearne sul
> territorio di adeguati.
> E pensare che basterebbe riconvertire il set aside in foraggi, per coprire
>                     circa il 20% del fabbisogno bovino. Ma misure come
> questa o il                  ristabilimento d'altre filiere naturali
> richiederebbero un'idea originale,                      nostra,
> d'agricoltura. Quanto è mancato agli ultimi governi. Tornati da
>          Bruxelles con più sussidi, beati per aver eluso i vincoli che
> scoraggiavano                      gli allevamenti intensivi. Non c'è
> un'idea di agricoltura o di riequilibrio del
> territorio. Chiacchiere a non finire sì, e soldi pure. Ma vengono i
brividi
> a                      pensare alle Regioni e ai fondi per lo sviluppo
> rurale. Urge un disegno,                      un'idea di forma
> dell'agricoltura. Non sarà quella di mezzadri e fittavoli
>    d'una volta. Ma nemmeno può essere il capannone industriale o la
>              desolazione delle colline rasate dai bulldozer. Misfatti non
> solo estetici,                      come conferma mucca pazza. E pagati
> inoltre, con vasti sussidi, da                      consumatori e
> contribuenti.
>