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R: Demografia, futuro, valori, nuovi esperti, etc. Re: R: stimate conseguenze del riscaldamento globale
T.R. Malthus (1798) sosteneva che la "causa naturale" che ostacola il
benessere degli uomini sarebbe in una ineluttabile legge biologica che
spingerebbe la popolazione a crescere piu' rapidamente dello sviluppo dei
mezzi di sussistenza. Non era pero' un grande progressista, dato che il suo
principio della popolazione lo porto' a sostenere che occorresse scoraggiare
i matrimoni precoci, abolire le leggi sui poveri ed altre forme di
assistenza pubblica, a dissuadere ogni azione rivolta al miglioramento
salariale.
Beninteso: le sue non erano risposte sbagliate ad una domanda giusta, al
contrario non poteva che rispondere con quegli, appropriati e pertinenti,
argomenti ad una questione completamente fuorviante.
Laura Conti, in un suo bellissimo libro ("Questo pianeta", Editori Riuniti,
1983), analizzando sul punto le argomentazioni prodotte da Malthus e quelle,
di segno completamente diverso, avanzate da Marx, riprende il concetto
malthusiano di diminuzione della produttività della terra, sostenendo che
occorresse introdurre tanto nella cultura occidentale, quanto nella stessa
analisi marxista, il concetto di limite delle risorse, l'idea della
produttività dell'energia in diminuzione con l'aumento della produttività
del lavoro.
In questa direzione, ha certo un senso introdurre una "coscienza del limite"
assoluto del pianeta, non valicabile da rivoluzioni tecnologiche per quanto
sofisticate.
Cio' tuttavia nulla ci dice del quando, del come e del perche' tale limite
viene avvicinato e valicato: della cultura della distruzione e
dell'appropriazione che si nutre di silenzio, di indifferenza, di interessi
corposi e di terribili schiavitu'.
La storia del XX secolo e' segnata da un'accelerazione impressionante dei
ritmi di produzione di merci e di consumo delle risorse: l'uso di
combustibili fossili e' cresciuto di quasi 30 volte e la produzione
industriale di oltre 50 volte, di cui la parte più consistente e'
concentrata tutta dopo il 1950: cio' e' forse dovuto al fatto di un
proporzionale aumento della popolazione mondiale?
Enzo Tiezzi, in un libro che ha costituito una pietra miliare per
l'ambientalismo ("Tempi storici, tempi biologici", Garzanti, 1984) ha
osservato che l'attivita' industriale sviluppata negli ultimi 20 anni ha
bruciato riserve fossili formatesi durante millenni sulla Terra immettendo
nell'atmosfera grandi quantita' di anidride carbonica; sul versante
dell'agricoltura, alla crescita esponenziale dell'uso di fertilizzanti
chimici, motivata da ben altre ragioni che l'alimentazione della popolazione
locale, ha determinato rendimenti decrescenti: il rapporto tra aumento di
cereali e aumento di fertilizzanti era circa 15 negli anni '50, si e'
ridotto a 7 negli anni '70, e' inferiore a 5 negli anni '80, ed oggi si
tenta la via che ben sappiamo degli OGM. Tutto cio' ha, di grazia, qualcosa
a che vedere con gli aumenti demografici - a parte i poco credibili pretesti
adoperati dalle multinazionali degli OGM -? Ogni tonnellata di carbone
bruciata produce 3 tonnellate di CO2, e cio' e' la causa immediata
dell'effetto serra e del riscaldamento del pianeta: la concentrazione di CO2
in atmosfera e' salita da 314 ppm nel 1958 a 334 ppm nel 1978. Prima della
rivoluzione industriale era di circa 270 ppm. Se continua tale tendenza, il
raddoppio della concentrazione di CO2 atmosferica potrebbe avvenire prima
del 2030. Puo' su questo influire in misura apprezzabile una diminuzione
quantitativa della popolazione?
Ha, infine, poco senso sostenere che la necessita' di riduzione demografica
riguardi innanzitutto il nord del mondo: di fronte ad una crescita
demografica pari a zero o negativa, e' chiaro che l'unico modo concreto di
ridurre la popolazione sarebbe quello di spararla...
Non nego affatto che la questione demografica abbia un senso grave, di
crescita civile, di educazione, con risvolti sanitari e sociali ecc.
Nego risolutamente che questa questione c'entri qualcosa con le cause vere
del sottosviluppo, delle devastazioni ambientali, della fame, dell'effetto
serra o del buco nell'ozono, e perfino con la scomparsa della foresta
amazzonica, la desertificazione ecc.
Chiamiamo le cose col loro nome, per favore. Abbiamo il coraggio di
affrontare il nodo "qualitativo" dello sviluppo e degli squilibri, e
ragioniamo su nuovi modelli di sviluppo sostenibile, su nuovi sistemi di
vita e contro-culture del consumo.
Qualcuno strabuzzera' magari gli occhi e volgera' altrove lo sguardo e il
pensiero: temi troppo grandi, che non rientrano in formule o petizioni, e
neppure in una sola battaglia con un solo tema e un solo protagonista.
Bravi. Avete centrato il cuore del problema.
Un saluto.
----- Original Message -----
From: <528390@hyperlinker.com>
To: <pck-ecologia@peacelink.it>
Sent: Friday, July 21, 2000 11:06 PM
Subject: Demografia, futuro, valori, nuovi esperti, etc. Re: R: stimate
conseguenze del riscaldamento globale
> Personalmente, concordo pienamente con quanto diceva Theobald
(http://www.resilientcommunities.org). I problemi fondamentali sono due:
consumi elevati (soprattutto troppo spesso ingiustificati) e popolazione in
eccesso già da tempo. E' da notare quanto queste due questioni sono
strettamente interrelate fra loro: ognuna alimenta l'altra e non si può
porre rimedio all'una senza sanare l'altra. (Si veda al riguardo lo studio
http://www.hyperlinker.com/spg/respg.pdf).
>
>
> L'appello è rivolto NON ai Paesi poveri, bensì è rivolto espressamente ai
Paesi ricchi che, oltre ad essere sovrappopolati, consumano pure tutto
quello che c'è da consumare non solo a casa propria ma anche quello che si
trova al di fuori dei loro confini.