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Re: referendum 15 giugno
- Subject: Re: referendum 15 giugno
- From: "IGER" <info at iger.org>
- Date: Tue, 10 Jun 2003 12:10:20 +0100
-----Messaggio Originale----- Da: "slaicobasmilano" <slaicobasmilano at libero.it> A: <dirittiglobali at peacelink.it> Data invio: martedì 10 giugno 2003 8.27 Oggetto: referendum 15 giugno > Se non volete piu' ricevere messaggi dallo Slai Cobas, rimandate indietro > questo messaggio (funzione rispondi) , anche senza alcuna indicazione, > direttamente alla casella mittente. Verrete cancellati dal nostro > indirizzario. > Avvertenza: qualcuno nel tempo ha cambiato indirizzo di posta elettronica ed > è capitato che ci rimandasse indietro il messaggio con il nuovo indirizzo. > Segnalateci l'indirizzo a cui vi abbiamo mandato il messaggio, altrimenti > non è detto che siamo in grado di capire chi dobbiamo cancellare. Grazie! > > Sito: http://www.slaicobasmilano.org > casella principale: slaimilano at slaicobasmilano.org > Tel. /Fax 02.8392117 > > > In allegato un contributo dello Slai Cobas sul referendum del 15 giugno > > > > > 15 giugno, referendum sull'art. 18: > chi invita all'astensione o a votare no, > vuole ridurre i diritti di tutti i lavoratori. > Per difendere le condizioni di lavoro e > i diritti di tutti i lavoratori, è necessario > votare SÌ al referendum del 15 giugno. > > I lavoratori, tutti i lavoratori, hanno dei buoni motivi per votare SÌ. Noi > non siamo stati tra i sostenitori di questo referendum, riteniamo ancora > profondamente sbagliati i tempi e i modi con cui è stato promosso e abbiamo > pure molte riserve sul metodo referendario. Ma la situazione politica > creatasi impone che, senza indugio, il 15 giugno si debba votare SÌ. Questa > è una condizione necessaria, anche se da sola non sufficiente, per > contrastare l'attacco governativo e padronale in corso e per creare > rapporti di forza migliori per organizzare la difesa di tutti i lavoratori, > anche di quelli privi totalmente di diritti, come gli "interinali", i > "tempo determinato", i "Co. Co. Co. (collaborazione coordinata > continuativa", gli apprendisti ... > > Estendere i diritti rafforza TUTTI i lavoratori > L'estensione dell'art. 18 anche nelle aziende di sotto dei 15 dipendenti (5 > nel settore agricolo), non è solamente un problema di giustizia "astratta", > di diritto, di equità, di applicazione a tutti della stessa legge. Il > diritto al reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza > giusta causa anche in queste aziende è nell'interesse di tutti i > lavoratori. Quanto più i diritti sono estesi e assumono la forma di leggi > esigibili da chiunque, tanto più le condizioni salariali e normative di > tutti i lavoratori sono migliori. Un lavoratore con pochi o nessun diritto, > è un lavoratore pagato di meno, che non può organizzarsi sindacalmente, non > può rivendicare diritti minimali (maternità, ferie, straordinari in busta > paga, .... pur se sanciti per legge), non può salvaguardare la propria > salute (immaginatelo che richiede l'applicazione della legge 626 o > l'intervento dell'ASL), non può difendere la propria dignità umana > (molestie sessuali, ...). Il fatto che esista una consistente quota di > lavoratori (circa 3 milioni) che non possono "godere" di tutto questo, > seppur assunti a tempo indeterminato (quindi costretti per tutta la vita > all'arbitrio padronale), ha un effetto "deprimente" sulle condizioni > salariali e normative di tutti i lavoratori. > L'obiettivo di governo e padronato è quello di ridurre i diritti (e i > salari) a tutti i lavoratori e di portarli il più possibile allo stesso > livello dei lavoratori con pochi o, addirittura, nessun diritto. Tutte le > leggi per "flessibilizzare" il lavoro, dal "pacchetto Treu" del Centro > Sinistra all'odierno "libro bianco" di Maroni, sono finalizzate a levare > diritti contrattuali e individuali per ridurre il costo del lavoro. I > diritti, infatti, sono sia un "costo" per i padroni, una quota di salario > che si vuole eliminare per conservare i profitti, sia uno strumento > fondamentale per difendere la propria dignità umana individuale nei posti > di lavoro e la base per garantire al meglio le condizioni collettive. > Se i lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato, interinali, > Co.Co.Co., apprendisti, ... godessero degli stessi diritti, anche > indipendentemente dalla razza e dalla nazionalità, tutti i lavoratori ne sa > rebbero rafforzati e potrebbero difendersi meglio; perché se così fosse le > condizioni di lavoro sarebbero levate all'arbitrio padronale, alla loro > determinazione sulla base del rapporto individuale tra lavoratore e > padrone, dove il primo è perdente e sconfitto in partenza, senza appello. > L'estensione dei diritti minimali è, quindi, un obiettivo nell'interesse di > tutti i lavoratori, e nella situazione politica attuale ci è imposto di > schierarci e di votare al referendum del 15 giugno. I lavoratori hanno > un'unica scelta per difendere i propri interessi, ed è quella di votare SÌ. > > Padroni e governo: cancellare tutti i diritti, diminuire i salari > Il 15 giugno non è in ballo solo un pronunciamento sull'estensione > dell'art. 18 nelle aziende al di sotto dei 15 dipendenti. Governo e padroni > vogliono usare la scadenza per sancire un consenso sociale alla > controriforma dei rapporti di lavoro che vuole introdurre il "libro bianco" > di Maroni. Il mancato raggiungimento del quorum o, peggio, la vittoria del > NO al referendum, sarebbero subito usati per giustificare l'introduzione > delle misure previste dalle "leggi delega" in discussione al Parlamento > (prima fra tutte la sospensione dell'art. 18 per i neo assunti nelle > aziende dove già si applica), sostenendo che dietro di esse vi è la volontà > della maggioranza degli italiani. > Governo e padroni vogliono ottenere questa sanzione, pensando in questo > modo di azzerare la protesta sociale contro la modifica dell'art. 18 che > nei mesi scorsi si è espressa in massa nelle piazze. Il loro obiettivo è > quello di usare il referendum quale trampolino di lancio per azzerare tutti > i diritti, di tutti i lavoratori. > L'attacco ai diritti è una precondizione per l'ulteriore estensione della > flessibilizzazione dei lavori e per la diminuzione dei salari. Il governo e > la Confindustria puntano a scardinare i meccanismi contrattuali esistenti > per ottenere un generale abbassamento dei livelli salariali (diretti e > indiretti). Come scritto nel programma elettorale del governo Berlusconi, > il fine è quello di sbarazzarsi dei vari livelli contrattuali e > dell'attuale legislazione del lavoro per introdurre la "libera > contrattazione tra datore di lavoro e lavoratore", ossia per reintrodurre > l'arbitrio padronale in tutti i posti di lavoro. > Tutti i lavoratori, per contrastare questo disegno, devono necessariamente > votare SÌ il 15 giugno. Il mancato raggiungimento del quorum o, peggio, la > vittoria del no, sarebbero il preludio di un inasprimento dell'attacco in > corso su diritti, salari e pensioni. > > L'estensione dell'art. 18 aumenta la disoccupazione? > La campagna contro i lavoratori è in pieno svolgimento. La Confindustria > richiede a gran voce "l'ammodernamento" della legislazione del lavoro e il > suo presidente D'Amato si lamenta della lentezza con cui il governo procede > nelle "riforme" (ossia nell'approvazione delle leggi delega sul mercato del > lavoro e nell'ulteriore riduzione delle pensioni). > I settori padronali più direttamente interessati ad impedire l'affermazione > del SÌ al referendum hanno addirittura costituito un "Comitato per il NO", > che si è impegnato in un'offensiva "terroristica" su quelli che sarebbero > gli effetti di un'estensione del diritto al reintegro nel posto di lavoro > in caso di licenziamento senza giusta causa. > Billè, presidente della CNA, capofila del Comitato per il NO, ha sostenuto > che una vittoria del SÌ porterebbe alla perdita di 100.000 posti di lavoro. > Il ministro del Welfare Roberto Maroni continua a sostenere che un tale > risultato renderebbe più difficile combattere la disoccupazione. > L'argomentazione è sempre la stessa, usata sia dal Centro Sinistra per > giustificare il pacchetto Treu, sia dal Centro Destra per legittimare la > controriforma Maroni: con queste misure si aumenta l'occupazione. Per > estensione, la vittoria del SÌ al referendum impedirebbe questo risultato. > > Innanzitutto non si capisce bene perchè se vincesse il SÌ immediatamente ci > sarebbero 100.000 licenziamenti. > Chi ha assunto questi lavoratori non ne avrebbe più bisogno? Se non ne ha > bisogno, perchè mai non li licenzia oggi, quando potrebbe farlo > tranquillamente poiché nella sua azienda non si applica l'art. 18? Simili > argomentazioni non hanno alcun valore, ma sono fatte circolare e presentate > come vere solo perché dette in televisione, a trasmissioni cui non sono > chiamati mai a parlare i lavoratori che subiscono quotidianamente la > tragedia della mancanza di diritti. > Neppure si capisce perché se vincesse il SÌ sarebbe più difficile > "combattere" la disoccupazione. Probabilmente si vuole dire che se il > referendum avesse questo esito i padroni sarebbero meno propensi ad > assumere? Se stiamo parlando di un'esigenza concreta, dettata dal ciclo > economico, si dice una stupidaggine. Un datore di lavoro assume perché si > amplia il ciclo produttivo e ha bisogno di più dipendenti per seguirlo e > reggere la concorrenza. Quindi il referendum non c'entra nulla. Se invece > diciamo che un padrone preferisce assumere lavoratori senza diritti, per > ottenere più profitti e poter fare il bello e cattivo tempo con tutti i > dipendenti senza alcun problema o contestazione, allora stiamo dicendo le > cose come stanno, senza maschere. > Infine va sfatato il cuore dell'argomentazione padronale e governativa, > l'aumento dell'occupazione. Questa non aumenta grazie a qualche legge, > anche se viene promesso in fase di campagna elettorale, ma solo ed > esclusivamente se il ciclo economico è in fase ascendente. Questo non > avviene da tempo e le misure del pacchetto Treu non hanno aumentato > l'occupazione, nè quelle delle leggi delega di Maroni lo faranno. Queste > leggi favoriscono un travaso del lavoro da delle condizioni maggiormente > garantite a nuove condizioni meno garantite e "sicure". La > flessibilizzazione sempre più forsennata di questi anni non ha > significativamente aumentato l'occupazione totale, l'ha trasferita dalle > condizioni "tipiche" a quelle "atipiche". Per tanti neo assunti con > contratti a termine, Co.Co.Co., ... ci sono stati più o meno altrettanti > licenziati, cassaintegrati ed espulsi nelle grandi fabbriche. La cosiddetta > base occupazionale non aumenta in modo significativo da tempo e non lo farà > nel prossimo futuro. > L'aumento dell'occupazione è uno specchietto per le allodole, che sta > tragicamente sperimentando sia chi è espulso dal lavoro, sia chi è assunto > nelle forme "atipiche". > > Un vasto fronte contro i lavoratori il 15 giugno > Non sono solo il governo Berlusconi e il padronato, però, non vogliono > l'estensione dell'art. 18. La gran maggioranza dell'Ulivo è anch'essa > schierata contro, come pure Cisl e Uil. Non deve stupire che le > argomentazioni sono le stesse. Qualche esempio? > Violante, presidente dei deputati DS, sostiene che l'estensione dell'art. > 18 sarebbe "un duro colpo per il mondo imprenditoriale italiano". L'ex > ministro Visco è per il no, come pure Rutelli e Castagnetti della > Margherita. Quest'ultimo ha anche sostenuto: "Un commerciante o un > artigiano che ha un dipendente è imprenditore ma insieme anche lavoratore. > Non possiamo complicargli la vita". Evidentemente, diciamo noi, poco > importa che l'intera esistenza di un lavoratore sia dannatamente complicata > dalla totale assenza di diritti esigibili nel posto di lavoro. > Ma non basta, Enrico Letta, economista della Margherita, in un convegno > organizzato dal giornale "Il Riformista" (organo di D'Alema) ha enunciato > con chiarezza la posizione dell'Ulivo sull'art.18: va cancellato per tutti > e sostituito con una nuova legge che sostituisca il reintegro con > l'indennizzo e diffonda l'arbitrato al posto del ricorso alla magistratura. > Quando da più parti dell'Ulivo si dice che il referendum sarebbe > controproducente, l'obiettivo reale, al di là delle parole e delle > giustificazioni, è questo. A tale scelta si è infine accodato lo stesso > Cofferati, dopo aver costruito la propria immagine sulla "difesa dei > diritti" e sulla manifestazione dei tre milioni a Roma in difesa ... > dell'art. 18. Sarebbero questi i difensori dei lavoratori contro il Centro > Destra di Berlusconi? Tutti i lavoratori devono ben meditare a proposito, e > non delegare a nessuno la difesa dei propri interessi. > > > I limiti del referendum e dei suoi promotori > Abbiamo anticipato all'inizio le nostre perplessità su questo referendum. I > suoi promotori lo presentano come una sorta di "sbocco politico" del > movimento di massa sceso in piazza l'anno scorso per difendere l'art. 18. > Se così fosse vorrebbe dire che è tutt'ora in piedi un movimento di > resistenza, in grado effettivamente di influenzare tutte le classi sociali > nelle votazioni, a prescindere dal consenso elettorale di cui godono il > Centro Destra e la maggioranza dell'Ulivo, entrambi contro l'ampliamento > dell'art. 18. > In realtà, oggi, quel movimento non è in piazza e non ha fatto un percorso > tale da rendere certo il passaggio dalla difesa all'offensiva per > l'estensione a tutti delle garanzie previste dall'art. 18. Non siamo certo > in presenza di una situazione di lotte sociali così vaste e diffuse da > obbligare con la mobilitazione il Parlamento ad approvare leggi > maggiormente favorevoli ai lavoratori, come avvenne con lo Statuto dei > Lavoratori (di cui fa parte l'art. 18) imposto dalle lotte operaie del > 1969-1970. > La scelta referendaria rischia, per un errore di calcolo nei tempi e nei > modi, di condurre ad una sconfitta simile a quella fatta dall'allora PCI e > dai sindacati con il referendum sulla "scala mobile". In quell'occasione il > movimento di piazza venne dirottato sul terreno elettorale e perse nel > confronto tra tutte le classi, tra i "cittadini"; in quest'occasione il > referendum è sostitutivo della mobilitazione di massa e presenta come unico > fine possibile alle lotte operaie e proletarie il confronto elettorale. > Quando sarebbe necessario organizzare una lotta continuativa in tutti i > posti di lavoro per difendere i diritti, per contrastare le leggi delega > sul mercato del lavoro (i cui lavori procedono tranquillamente in > Parlamento), per gettare le basi di una futura offensiva in termini di > condizioni di lavoro e di diritti, il principale se non l'unico orizzonte > proposto è quello di una scadenza elettorale, cui sono chiamati a votare > "tutti" (quindi anche i padroni) sui diritti dei lavoratori. > Per noi è stato un errore promuovere questo referendum, la lotta reale e > concreta dei lavoratori non si può sostituire con le consultazioni > elettorali, nè si può far finta che ci sia se invece non c'è. Per questo > non abbiamo partecipato al Comitato per il SÌ e non abbiamo raccolto le > firme. > Ma oggi il referendum c'è e lo scontro politico sul tema dei diritti ci è > imposto da quanti vogliono levarli a tutti i lavoratori. Nell'attuale > situazione la mancanza del quorum al 15 giugno, o peggio, la vittoria del > NO, farebbero da battistrada alla cancellazione per tutti dell'art. 18 e ad > un successivo attacco ancora più virulento ai diritti e alle condizioni dei > lavoratori. > Per questo occorre votare SÌ > al referendum del 15 giugno > Indubbiamente questo non basta. Occorre organizzarsi in tutti i posti di > lavoro per contrastare le leggi delega sul mercato del lavoro, le > esternalizzazioni, il furto del TFR e l'annunciata ennesima riduzione delle > pensioni, i contratti a perdere che ci sono imposti, i licenziamenti che > continuano nelle grandi fabbriche. Ma anche tutto questo sarà più difficile > se non ci sarà uno "scatto d'orgoglio" il giorno del referendum, se i > lavoratori non parteciperanno in gran numero dando il segnale che hanno > compreso che in gioco non è solamente l'estensione dell'art. 18, ma la > difesa delle condizioni di tutti, che non accettano l'arbitrio padronale > quale stile di vita all'interno dei posti di lavoro. > > Slai Cobas > Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale > Coordinamento Provinciale di Milano - Viale Liguria 49, 20143 Milano, tel. > fax. 02.8392117 > internet: sito : http://www.slaicobasmilano.org, @mail: > slaimilano at slaicobasmilano.org > fip 4.6.2003 > > >
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