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Art. 18 Anarchici per il SI
- Subject: Art. 18 Anarchici per il SI
- From: "comunismo libertario" <comunismolibertario at firenze.net>
- Date: Tue, 10 Jun 2003 09:52:14 +0200
15 giugno Un SI per battere le destre. Il 15 giugno il quesito è molto semplice: stare con i lavoratori o contro di loro. Seppure brutalizzato è questa l'essenza della contesa. Noi non abbiamo dubbi. Affermare ed estendere un diritto che incide direttamente sulla vita di milioni di lavoratori è una battaglia che non può e non deve essere "glissata" con elucubrazioni politiciste, o con purismi ideologici. Le posizioni assunte dall'Ulivo e dallo stesso partito dei D.S. non hanno alcuna rispondenza con il quesito referendario, queste si misurano non con la dignità e la libertà dei lavoratori, quanto piuttosto con i precari equilibri interni ai partiti, ovvero con la necessità di pagare un gravoso dazio a quei settori di piccola e meno piccola imprenditoria di cui sono espressione politica settori consistenti dello stesso ulivo e dei D.S.. Né crediamo vi siano valide argomentazioni ideologiche che ci possono consentire di sfilarci da questo appuntamento. Affermare, infatti, che il referendum è un pericoloso terreno istituzionale e che è solo la lotta di classe a garantire i diritti e le libertà dei lavoratori significa, in questa particolare situazione, fare un'affermazione di per sé valida, ma priva di qualsiasi capacità d'incidenza sullo stato dei rapporti di forza tra le classi. Nessuna estraniazione è consentita perché il terreno del confronto politico e dello scontro sociale non è determinato e non è determinabile secondo le nostre aspettative, né secondo le aspettative di singole forze politiche e\o sindacali per quanto grandi e forti possono essere. Il terreno sul quale si sviluppa il conflitto è sempre la risultante delle forze sociali che agiscono, ognuna con la propria strategia; è in questo contesto che si inserisce la nostra iniziativa politica. In questo agire vi deve essere la consapevolezza che l'affermazione dei No o l'invalidazione del referendum per la mancanza del quorum non passerà come acqua sotto ai ponti senza lasciare traccia. Questa evenienza negativa può segnare da un lato la chiusura di un ciclo di lotte che ha riaperto aspettative e soprattutto ha portato alla ribalta una nuova leva di giovani lavoratori disposti ad essere protagonisti del proprio avvenire; dall'altro dare nuovo slancio alle già vigorose politiche di smantellamento di ogni tutela del lavoro. L'affermazione del SI costringerà, di converso a prendere atto che la dignità dei lavoratori non è merce a disposizione né per grandi, né per piccoli padroni; consentirà lo sviluppo della lotta per estendere i diritti a tutte le forme di lavoro e, soprattutto, potrà aiutare a sviluppare un'azione concreta tesa a contrastare la frantumazione del lavoro in mille rivoli di iperflessibilità, vera ed unica lotta per l'estensione stabile dei diritti. Noi non abbiamo condiviso la scelta del referendum perché avalla l'idea che la dignità di un lavoratore diventi un diritto che si può sottoporre al volere di una maggioranza, quando siamo convinti dell'esatto contrario, ovvero che non vi possa essere legge o maggioranza che norma e legittimi comportamenti discriminatori a danno di fasce di lavoratori individuati sulla base della grandezza dell'azienda. Un diritto è tale se ha valore universale per cui non riconosciamo a nessuna maggioranza il potere di limitarlo e condizionarlo. Nella proposta del referendum il calcolo politico ha prevalso sugli interessi dei lavoratori. Chi ha proposto questo referendum non tenendo conto di questo aspetto espone tutti i lavoratori a subire una pesante controffensiva governativa e padronale. Se il No esce vincente dalle urne, avendo avuto la piena legittimazione di un verdetto "democratico", difficilmente potrà essere messo in discussione. Peraltro sia Rifondazione Comunista e sia settori della CGIL hanno chiaramente fallito rispetto alla prospettiva di un compattamento dei D.S. intorno al SI. Errore che trae origine da una analisi tutta politica delle dinamiche in campo, dove è prevalsa l'idea che l'anti Berlusconismo avesse fatto da collante, sottovalutando la composizione di classe di questo partito che invece è espressione di interessi di soggetti sociali che hanno rotto con le prospettive del mondo del lavoro. Sulla base di questo ragionamento crediamo che in positivo questa scadenza rappresenti l'occasione per comprendere, al di là degli schieramenti parlamentari, la vera incidenza della cultura liberale nel nostro paese. Aiuterà a mostrare l'esistenza di due destre, quella di Confindustria, Fini, Maroni e Berlusconi e quella di Confindustria, Fassino, Dalema e Rutelli. Aiuta a comprendere l'irrisorio peso specifico che ha il mondo del lavoro nella definizione delle strategie e programmi politici degli stessi partiti dei sinistra. Aiuta a comprendere la fragilità in cui versa oggi la classe operaia e il mondo del lavoro che non solo non riesce ad avere una forza politica e sindacale capace di interpretare i propri interessi, ma che vede larghi settori di questo mondo affidare le proprie sorti a soggetti politici e sociali espressione di interessi padronali. L'affermazione del SI sarà quindi non solo un chiaro messaggio a Berlusconi & co, ma rappresenterà anche un segnale inequivocabile al centro sinistra, che aveva ed ha nei propri progetti un ridimensionamento delle tutele dell'art. 18. IL 15 e 16 giugno sarà solo un momento del conflitto di classe, il SI darà fiducia alla lotta, in caso contrario nel tunnel delle sconfitte la luce si allontanerà.
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