Re: La decrescita felice - secondo Maurizio Pallante



Tutto sommato concordo con quanto afferma Nicoletta. Lavorare part-time è
un'opzione accessibile solo a una ristretta fascia di popolazione. In una
situazione "normale", una sola persona che lavora 40 ore in una famiglia
media (due genitori e due figli) è spesso insufficiente per il mantenimento
della stessa. Quasi sempre a lavorare a tempo pieno è il marito ma, per
un'infinità di motivi ( non legati all'avidità di guadagnare di più per
spendere di più), molte volte anche la moglie è "costretta" alle 40 ore, o,
nel migliore dei casi, a un lavoro part-time. Credo che nella maggioranza
dei casi ciò che guida il comportamento dei genitori non è l'avidità ma la
necessità. Pochi affiderebbero la custodia dei loro figli a persone
estranee, addirittura pagando, se potessero realmente non farlo.
La coda ai caselli non la fanno solo i vacanzieri per dilapidare i
risparmi di un anno o per andare a fare spesa ai grossi centri commerciali,
ma la fa quotidianamente anche una miriade di lavoratori pendolari, che
lavorerebbero volentieri, se potessero, vicino a casa loro.
E' vero che fare la spesa dai produttori locali non si risparmia rispetto al
supermercato (anzi, i supermercati si sono affermati proprio perché
forniscono merci a prezzi concorrenziali rispetto ai produttori locali),
però c'è il vantaggio (e coi tempi che corrono non è poco) di conoscere la
provenienza dei prodotti acquistati. Non dimentichiamo, però, che sono gli
stessi produttori locali, secondo la domanda e l'offerta, ad adeguarsi ai
prezzi correnti.
Per quanto riguarda il mercato equo-solidale penso che Germano abbia
centrato perfettamente il punto. Alla fine dei conti il mercato
equo-solidale è solo un'illusoria scappatoia che le multinazionali concedono
ai poveri del mondo, facendo leva sulla sensibilità e sul cuore delle
persone del mondo ricco, ma riusciranno a trasformare questa solidarietà
umana in un loro guadagno. Purtroppo non sarà così facile cambiare il corso
degli eventi ed eludere gli interessi delle multinazionali. Eppure non
avrebbe senso parlare di sviluppo sostenibile fino a quando il mercato sarà
gestito (e pilotato) dai potenti della Terra. Chi potrà però convincere gli
Stati Uniti che sono loro la causa maggiore dell'inquinamento e dello spreco
delle risorse del pianeta? O meglio, chi convincerà i cittadini americani a
rinunciare alle loro comodità e ai loro privilegi, in cambio di una terra
pulita e di una sovrana giustizia sociale? Chi potrà convincere le
multinazionali che le foreste equatoriali sono patrimonio di tutta
l'umanità, i "polmoni" del mondo e i serbatoi della biodiversità?
Non hanno rinunciato neanche ai diritti sui brevetti dei medicinali
salvavita per l'AIDS in Africa! E la promessa "rivoluzione verde", che
doveva portare
in dieci anni acqua, cibo e benessere a circa 700 milioni di disperati nel
Terzo Mondo? Ebbene, la promessa é stata mantenuta e per 700 milioni di
persone
sono stati resi disponibili acqua, cibo, alloggio e un minimo di servizi
pubblici. Nel frattempo, però, in quei dieci anni, la popolazione mondiale
si é
accresciuta di 800 milioni, vanificando gli sforzi di dieci anni, anzi,
aggravando il problema. La stessa Cina, che a costo di immani (e inumani)
sacrifici, sta rallentando il tasso di crescita della sua popolazione, si
stabilirà probabilmente a un miliardo e mezzo di abitanti. Questo immenso
"ibrido" politico sta accrescendo il suo PIL in proporzioni di boom
economico continuo. Cosa ne sarà dell'ambiente e delle risorse del pianeta,
quando un miliardo e mezzo di cinesi potranno a loro volta rivendicare tutte
le comodità tecnologiche, che noi ben conosciamo? Chi li convincerà che solo
gli americani e gli europei hanno questi "diritti"? Il sistema di mercato
sembra un grosso "buco nero" che accentra su di sé ogni tipo di
comportamento economico.
Per esempio, in Brasile, i contadini disoccupati si coalizzano e
occupano le terre incolte o poco sfruttate dei grandi proprietari terrieri.
La tecnica consiste nel presidiare in massa dei terreni e resistere alle
minacce della polizia. Una volta che il peggio é passato, il terreno
espropriato é dato in gestione a delle famiglie di contadini senza terra,
che di solito si associano in cooperative. Fin qui sembra che la lotta paghi
ma volete sentire il proseguo della storia? Le cooperative s'indebitano fino
al collo per modernizzare il loro lavoro, nell'agricoltura, nella
trasformazione e
nella piccola industria, per cercare di essere "più competitivi" nel mercato
locale. Sapete chi sono di solito i referenti commerciali di queste
cooperative? Le multinazionali europee ed americane! Ragionando in modo
positivo si potrebbe dire che, intanto, questa gente ha trovato un lavoro
(che nelle regole del mercato e della competizione significa però che altri
hanno perso il loro posto di lavoro), realisticamente, però, si può
costatare che il grande capitale ha trovato mano d'opera a basso costo,
approfittando di quei poveretti che sono costretti ad un auto sfruttamento
intensivo, per pagare dei debiti che probabilmente non riusciranno mai ad
estinguere. E la storia continua....
La decrescita "felice" di alcuni sarà solo lo spunto per una crescita
"infelice" di molti altri, per cui non la credo una soluzione di
cambiamento. Non credo nemmeno possibile un mercato diverso da quello
attuale, penso invece che la soluzione consista proprio nel fare a meno del
mercato. Solo quando il produttore e il consumatore saranno lo stesso
soggetto cesseranno le contraddizioni economiche e le ingiustizie sociali.
Per fare questo non è necessario sconvolgere il mondo e le sue istituzioni:
è sufficiente che a livello locale si crei la cooperazione di un determinato
numero di persone per un'auspicata autosufficienza economica ed ecologica.
Affidare alla buona volontà e all'educazione dei singoli individui la
soluzione delle contraddizioni del mercato ha una valenza limitata, perché
da soli ci è consentito solo di soffrire o gioire secondo le nostre
individuali capacità. La regola aurea cristiana che ha citato Germano,
"quello che desideri che gli altri ti facciano, similmente tu fallo a loro",
potrà essere messa in pratica solo con la cooperazione attiva col nostro
prossimo, che come dice la parola stessa, non sono gli individui all'altro
capo del mondo, ma sono i nostri vicini di casa, i nostri parenti, i nostri
colleghi di lavoro. E' giusto, nel frattempo, non disdegnare l'aiuto a chi
soffre lontano da noi, ma non deve essere l'alibi per pacificare la nostra
coscienza. Forse ci è più facile contribuire a un'adozione a distanza
piuttosto che guardare il bambino di una nostra vicina per un pomeriggio.
Oppure esporre la bandiera di pace sui nostri balconi e poi litigare col
vicino di casa perché il suo cane ha fatto la pipì sulla ruota della nostra
macchina.... Se il mercato ci ha educati a una coscienza individuale, per
evadere il mercato è necessaria una coscienza collettiva. Quello che
realisticamente potremmo fare ora è solo costituire formalemente dei gruppi
di aiuto reciproco, in tutte le nostre quotidiane attività.
L'autosufficienza a livello locale sarà una futura (ma logica) conseguenza
della nostra capacità di solidarizzare col nostro prossimo. Tante piccole
realtà locali autosufficienti che collaborano tra loro non è forse la
soluzione che anche la natura ci offre? Il nostro corpo non è forse un'unica
entità formata dalla cooperazione di migliaia di miliardi cellule autonome
nel loro metabolismo e di dimensioni finite? Dovremmo osservare la natura
anche nel suo aspetto comportamentale, non soltanto estetico: avrebbe molto
da insegnarci.

Scusate la lunghezza dello scritto. Un saluto.
Piero