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Re: La decrescita felice - secondo Maurizio Pallante
- Subject: Re: La decrescita felice - secondo Maurizio Pallante
- From: "Piero Nigra" <pnigra at libero.it>
- Date: Sat, 7 Jan 2006 18:55:05 +0100
Tutto sommato concordo con quanto afferma Nicoletta. Lavorare part-time è un'opzione accessibile solo a una ristretta fascia di popolazione. In una situazione "normale", una sola persona che lavora 40 ore in una famiglia media (due genitori e due figli) è spesso insufficiente per il mantenimento della stessa. Quasi sempre a lavorare a tempo pieno è il marito ma, per un'infinità di motivi ( non legati all'avidità di guadagnare di più per spendere di più), molte volte anche la moglie è "costretta" alle 40 ore, o, nel migliore dei casi, a un lavoro part-time. Credo che nella maggioranza dei casi ciò che guida il comportamento dei genitori non è l'avidità ma la necessità. Pochi affiderebbero la custodia dei loro figli a persone estranee, addirittura pagando, se potessero realmente non farlo. La coda ai caselli non la fanno solo i vacanzieri per dilapidare i risparmi di un anno o per andare a fare spesa ai grossi centri commerciali, ma la fa quotidianamente anche una miriade di lavoratori pendolari, che lavorerebbero volentieri, se potessero, vicino a casa loro. E' vero che fare la spesa dai produttori locali non si risparmia rispetto al supermercato (anzi, i supermercati si sono affermati proprio perché forniscono merci a prezzi concorrenziali rispetto ai produttori locali), però c'è il vantaggio (e coi tempi che corrono non è poco) di conoscere la provenienza dei prodotti acquistati. Non dimentichiamo, però, che sono gli stessi produttori locali, secondo la domanda e l'offerta, ad adeguarsi ai prezzi correnti. Per quanto riguarda il mercato equo-solidale penso che Germano abbia centrato perfettamente il punto. Alla fine dei conti il mercato equo-solidale è solo un'illusoria scappatoia che le multinazionali concedono ai poveri del mondo, facendo leva sulla sensibilità e sul cuore delle persone del mondo ricco, ma riusciranno a trasformare questa solidarietà umana in un loro guadagno. Purtroppo non sarà così facile cambiare il corso degli eventi ed eludere gli interessi delle multinazionali. Eppure non avrebbe senso parlare di sviluppo sostenibile fino a quando il mercato sarà gestito (e pilotato) dai potenti della Terra. Chi potrà però convincere gli Stati Uniti che sono loro la causa maggiore dell'inquinamento e dello spreco delle risorse del pianeta? O meglio, chi convincerà i cittadini americani a rinunciare alle loro comodità e ai loro privilegi, in cambio di una terra pulita e di una sovrana giustizia sociale? Chi potrà convincere le multinazionali che le foreste equatoriali sono patrimonio di tutta l'umanità, i "polmoni" del mondo e i serbatoi della biodiversità? Non hanno rinunciato neanche ai diritti sui brevetti dei medicinali salvavita per l'AIDS in Africa! E la promessa "rivoluzione verde", che doveva portare in dieci anni acqua, cibo e benessere a circa 700 milioni di disperati nel Terzo Mondo? Ebbene, la promessa é stata mantenuta e per 700 milioni di persone sono stati resi disponibili acqua, cibo, alloggio e un minimo di servizi pubblici. Nel frattempo, però, in quei dieci anni, la popolazione mondiale si é accresciuta di 800 milioni, vanificando gli sforzi di dieci anni, anzi, aggravando il problema. La stessa Cina, che a costo di immani (e inumani) sacrifici, sta rallentando il tasso di crescita della sua popolazione, si stabilirà probabilmente a un miliardo e mezzo di abitanti. Questo immenso "ibrido" politico sta accrescendo il suo PIL in proporzioni di boom economico continuo. Cosa ne sarà dell'ambiente e delle risorse del pianeta, quando un miliardo e mezzo di cinesi potranno a loro volta rivendicare tutte le comodità tecnologiche, che noi ben conosciamo? Chi li convincerà che solo gli americani e gli europei hanno questi "diritti"? Il sistema di mercato sembra un grosso "buco nero" che accentra su di sé ogni tipo di comportamento economico. Per esempio, in Brasile, i contadini disoccupati si coalizzano e occupano le terre incolte o poco sfruttate dei grandi proprietari terrieri. La tecnica consiste nel presidiare in massa dei terreni e resistere alle minacce della polizia. Una volta che il peggio é passato, il terreno espropriato é dato in gestione a delle famiglie di contadini senza terra, che di solito si associano in cooperative. Fin qui sembra che la lotta paghi ma volete sentire il proseguo della storia? Le cooperative s'indebitano fino al collo per modernizzare il loro lavoro, nell'agricoltura, nella trasformazione e nella piccola industria, per cercare di essere "più competitivi" nel mercato locale. Sapete chi sono di solito i referenti commerciali di queste cooperative? Le multinazionali europee ed americane! Ragionando in modo positivo si potrebbe dire che, intanto, questa gente ha trovato un lavoro (che nelle regole del mercato e della competizione significa però che altri hanno perso il loro posto di lavoro), realisticamente, però, si può costatare che il grande capitale ha trovato mano d'opera a basso costo, approfittando di quei poveretti che sono costretti ad un auto sfruttamento intensivo, per pagare dei debiti che probabilmente non riusciranno mai ad estinguere. E la storia continua.... La decrescita "felice" di alcuni sarà solo lo spunto per una crescita "infelice" di molti altri, per cui non la credo una soluzione di cambiamento. Non credo nemmeno possibile un mercato diverso da quello attuale, penso invece che la soluzione consista proprio nel fare a meno del mercato. Solo quando il produttore e il consumatore saranno lo stesso soggetto cesseranno le contraddizioni economiche e le ingiustizie sociali. Per fare questo non è necessario sconvolgere il mondo e le sue istituzioni: è sufficiente che a livello locale si crei la cooperazione di un determinato numero di persone per un'auspicata autosufficienza economica ed ecologica. Affidare alla buona volontà e all'educazione dei singoli individui la soluzione delle contraddizioni del mercato ha una valenza limitata, perché da soli ci è consentito solo di soffrire o gioire secondo le nostre individuali capacità. La regola aurea cristiana che ha citato Germano, "quello che desideri che gli altri ti facciano, similmente tu fallo a loro", potrà essere messa in pratica solo con la cooperazione attiva col nostro prossimo, che come dice la parola stessa, non sono gli individui all'altro capo del mondo, ma sono i nostri vicini di casa, i nostri parenti, i nostri colleghi di lavoro. E' giusto, nel frattempo, non disdegnare l'aiuto a chi soffre lontano da noi, ma non deve essere l'alibi per pacificare la nostra coscienza. Forse ci è più facile contribuire a un'adozione a distanza piuttosto che guardare il bambino di una nostra vicina per un pomeriggio. Oppure esporre la bandiera di pace sui nostri balconi e poi litigare col vicino di casa perché il suo cane ha fatto la pipì sulla ruota della nostra macchina.... Se il mercato ci ha educati a una coscienza individuale, per evadere il mercato è necessaria una coscienza collettiva. Quello che realisticamente potremmo fare ora è solo costituire formalemente dei gruppi di aiuto reciproco, in tutte le nostre quotidiane attività. L'autosufficienza a livello locale sarà una futura (ma logica) conseguenza della nostra capacità di solidarizzare col nostro prossimo. Tante piccole realtà locali autosufficienti che collaborano tra loro non è forse la soluzione che anche la natura ci offre? Il nostro corpo non è forse un'unica entità formata dalla cooperazione di migliaia di miliardi cellule autonome nel loro metabolismo e di dimensioni finite? Dovremmo osservare la natura anche nel suo aspetto comportamentale, non soltanto estetico: avrebbe molto da insegnarci. Scusate la lunghezza dello scritto. Un saluto. Piero ----- Original Message ----- From: "Nicoletta Landi" <nicoletta at peacelink.org> To: <consumocritico at peacelink.it> Sent: Friday, January 06, 2006 11:03 PM Subject: La decrescita felice - secondo Maurizio Pallante > Ciao a tutti. > Ho appena finito di leggere il libro "La decrescita felice" di Maurizio > Pallante. Qualcuno di voi l'ha letto? > > Mi piacerebbe riassumerne alcuni punti essenziali riportandoli nell'area > consumocritico e ragionarci un po' insieme. Maurizio ci dai il permesso > editoriale? > > E' un libro piccolo ma agile, rapido, in 125 pagine copre molto sulla > decrescita, molte domande, qualche risposta veramente simpatica e nuova > che mi ha lasciato un buon sapore in bocca. > > Dopo il consumo critico, i piedi non possono che muoversi sulle pietre > successive, della sobrieta' e dell'autoproduzione. > Pertanto questi libri sono pietre miliari di una scuola di pensiero a > mio parere, che non si limita piu' a Francesco Gesualdi ma che si > allarga, come cerchi nel lago. > > Eppure ho dei pero'. > > Ho i miei pero', le mie domande, i miei: "non mi torna". > > Cosi', in attesa che molti di voi leggiate il libro, e che Maurizio ci > dia il permesso di pubblicarne qualche riga, parto in quarta con qualche > domandina su degli assiomi che mi sono noti ma che per me sono tutti da > dimostrare. > > 1) Se comprassimo meno, e avessimo meno desideri consumistici, non > avremo bisogno di lavorare cosi' tanto, ma invece potremo stare a casa > con figli e genitori, riscoprire le arti manuali, dedicarci ai > sentimenti invece che alla produzione/consumo di merci. > Si potrebbe fare un lavoro parttime e compensare con altre forme di > lavoro, il tempo speso in ufficio, schiavi di un capo che potrebbe > rivelarsi tiranno. > > 2) Stando piu' in casa avremo tempo per prenderci cura dei nostri cari, > senza affidargli a mani estranee pagate per questo, bambini e anziani,. > Le donne non avrebbero piu' bisogno di lavorare anch'esse come > produttrici di merci, ma potrebbero suddividersi con il marito un lavoro > a mezzo tempo. > > 3) Comprando direttamente dal produttore, saltiamo i passaggi intermedi, > e mangiamo meglio, con prezzi molto inferiori. > *********** > > Che ne pensate? Li ho riassunti un po' sbrigativamente ma credo di > essere stata oggettiva. > > Be', questi i miei commenti, un po' perplessi. > > 1) Lavorare parttime (all'interno di una societa' fulltime) e' un > miraggio. Non solo non e' praticabile nella maggior parte dei lavori, ma > sempre piu' amici e conoscenti sono costretti a lavorare ben oltre le 40 > ore. > Veramente si lavora tanto per soldi, per avere piu' soldi per comprare > merci e per mettersi in coda in autostrada? > Nella mia esperienza no. Per nulla. > > Siamo al limite della competizione, praticamente schiacciati su tutti i > fronti dal costo del lavoro oltre frontiera. > > Ma oltre a cio', perche' per avere un lavoro che dia soddisfazione > bisogna dimostrare il proprio talento e bisogna portare a termine i > progetti in tempo e con onore. Perche' mentre tu sei in parttime c'e' > chi lavora il triplo di te e, se anche ti e' possibile ottenere un > parttime, finisci nella cerchia di quelli che in ufficio non valgono un > tubo. Perche' se lavori non solo per portare a casa uno stipendio ma > perche' vuoi lavorare con cura, il parttime non e' una soluzione ma una > frustrazione. > > 2) Le donne hanno cominciato a lavorare per essere produttrici e > consumatrici di merci? > Mah, secondo me le donne hanno cominciato a lavorare per essere > indipendenti. Per avere il diritto di dire: "grazie, mi sono rotta le > scatole di te, grazie caro, ciao". Per sentirsi utili, come produttrici > di denaro e quindi di potere. Non ho taboo a parlare di questo. Nei > momenti della mia vita in cui ho avuto meno denaro a disposizione ho > sentito la fitta della dipendenza, della debolezza e della fragilita'. > E infine, le donne hanno cominciato a lavorare per avere voce, una voce > che uscisse dal voto elettorale e dalla casa. Una voce nelle aree dove > le decisioni vengono prese. > > 3) Saltare le intermediazioni costa meno? Questo l'ho sentito dire tante > volte. Ma purtroppo io non ci sono ancora riuscita. Ne' quando compravo > al GAS, ne' ora che uso un mercato dei produttori locali. > > Anche se persevero, ogni volta che mi avvicino al > mercato dei produttori locali, so gia' che spendero' .. e tanto. Ogni > volta che mio babbo va direttamente dal formaggiaio o dalla contadina, > torna a casa incavolato chiedendosi perche' le cose costino cosi' tanto. > Questo non significa che demordiamo. Ma purtroppo c'e' piu' di un motivo > per cui i beni al supermercato costano cosi' poco, e la via > dell'acquisto dal produttore ha un significato preciso e non e' quello > del risparmio. > > ************* > So bene che e' facile criticare e difficile proporre. > > Percio' onore a chi come Maurizio ha l'ardire di proporre. > La lettura del suo libro mi ha ridato energia e idee. > > Continuiamo a farci domande, e via via le risposte migliori verranno a > galla, come ravioli nella pentola :) > > un saluto affettuoso > > nicoletta > > ps per quanto riguarda il progetto "stili di vita" grazie a tutti. con > francesco stiamo preparando un progetto, basato sulle vostre risposte, > che arrivera' presto in lista. > > > -- > Mailing list Consumo Critico dell'associazione PeaceLink. > Per CANCELLAZIONI: http://www.peacelink.it/mailing_admin.html > Se non riesci, scrivi a nicoletta at peacelink.org > inserendo "cancella" nel Soggetto. > Si sottintende l'accettazione della Policy Generale: > http://www.peacelink.it/associazione/html/policy_generale.html >
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