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Re: CONAD - demonizzare la RSI o demonizzare l'impresa profit? (lunghetto)
- Subject: Re: CONAD - demonizzare la RSI o demonizzare l'impresa profit? (lunghetto)
- From: "CoCoRiCo" <cocorico at inrete.it>
- Date: Sun, 13 Feb 2005 21:24:43 +0100
Siccome sono stato tirato in mezzo (mio malgrado), mi vedo costretto a rispondere. Non credo di avere mai detto che l'impresa profit è male per definizione, anzi secondo me questo è un modo sbagliato di porre la questione. A mio avviso è invece importante che non si faccia confusione tra responsabilità sociale d'impresa e la prospettiva dell'economia solidale, sono due cose molto diverse. A questo proposito trovo utile il libro di Razeto "Le imprese alternative" (Ed. EMI). Razeto identifica quali sono i fattori necessari ad un'impresa (forza lavoro, tecnologia, mezzi di lavoro, fattore finanziario, fattore gestionale) e pone come questione principale per analizzare un tipo di impresa quale sia il fattore che predomina, ovvero quello che orienta le scelte. Il problema, per come lo vedo io, sorge quando il capitale (fattore finanziario) è quello che predomina, quello in base al quale vengono prese le decisioni, come avviene normalmente nelle SpA che sono aziende create per fornire utili agli azionisti. La cosa è sostanzialmente diversa quando è il fattore lavoro che predomina. O ancora meglio, un insieme di fattori tra cui il lavoro, le esigenze della comunità locale, i bisogni dei consumatori, etc. (approccio "multi-stakeholder"). Nel mio ideale l'impresa dell'economia solidale nasce per soddisfare le esigenze di chi lavora e di chi utilizza i suoi prodotti e servizi, ed il capitale è solo uno strumento. Esistono migliaia di cooperative, io non le conosco tutte, ci saranno anche un sacco di contraddizioni e di limiti, ma quando una cooperativa funziona si pone proprio in questa prospettiva. Quando ho scritto il libro "Costruire economie solidali" (Ed. EMI), l'esempio migliore che ho trovato per spiegare questo concetto è il gruppo basco di Mondragon: "un gruppo che oggi conta 160 cooperative, 60'000 lavoratori e 23 impianti di produzione all'estero. Nel 2001 le vendite del gruppo corrispondono a 8'100 milioni di Euro, con una crescita del 15% rispetto all'anno precedente. Il gruppo opera nei campi della distribuzione e dell'industria: componenti, edilizia, impianti ed elettrodomestici; comprende anche un centro di ricerca e sostiene l'università di Mondragón. Le cooperative del gruppo MCC basano la loro attività su dieci principi: 1. Ammissione aperta 2. Organizzazione democratica 3. Sovranità del lavoro 4. Natura strumentale e subordinata del capitale 5. Gestione partecipativa 6. Pagamento di solidarietà 7. Intercooperazione 8. Trasformazione sociale 9. Universalità 10. Educazione Considerare il capitale come un mezzo strumentale porta a fissare un limite alla sua remunerazione. In questo modo gli utili della attività vengono utilizzati per finanziare un fondo di educazione e promozione sociale e per sostenere gli investimenti della cooperativa e lo sviluppo del sistema; una parte degli utili viene inoltre suddivisa tra i soci-lavoratori. Anche se il caso andrebbe analizzato meglio, si tratta di un esempio di come la logica d'impresa possa contenere al suo interno principi di cooperazione, sviluppo locale, formazione, partecipazione ed utilizzo strumentale del capitale." Oppure si potrebbe parlare delle fabbriche "recuperate" argentine o di molte altre cooperative. Mia moglie, ad esempio, lavora in una cooperativa impostata in questo modo. Insomma, credo che abbia senso chiedersi quali sono gli strumenti imprenditoriali che abbiamo a disposizione e preferire quelli più utili allo scopo che abbiamo in mente. In questo senso mi sembra più efficace un'impresa che abbia nel suo codice genetico la predominanza dei fattori lavoro, costruita su processi di democrazia interna e per soddisfare le esigenze della propria comunità, piuttosto che inserire dei "vincoli aggiuntivi" ad un meccanismo nato per produrre reddito. Penso che la responsabilità sociale di impresa possa essere utile, ma credo anche che ci voglia ben altro. Benvengano quindi le imprese "for profit" che adottano codici e regole aggiuntivi, ma per favore non facciamo un calderone unico tra economia solidale e responsabilità sociale di impresa. Dico questo perché spesso ascolto dei discorsi che vanno proprio in questa direzione (non mi riferisco a Nicoletta). Sono discorsi che iniziano dicendo che ci sono imprese for-profit che fanno delle belle cose e ci sono anche imprese non-profit che fanno delle cose cattive, per concludere che tra for-profit e non-profit non c'è nessuna differenza, basta fare delle cose buone. Secondo me invece il motivo per cui un'impresa nasce, il modo in cui funziona e prende le sue decisioni sono fattori per nulla secondari. Ciao Andrea Saroldi www.retegas.org - www.retecosol.org ----- Original Message ----- From: "Patrizio" <patsuppa at inwind.it> To: <consumocritico at peacelink.it> Sent: Saturday, February 12, 2005 10:37 PM Subject: Re: CONAD - demonizzare la RSI o deminizzare l'impresa profit?] > Il 12 Feb 2005, alle 18:58, Nicoletta Landi ha scritto: > > > Diciamo che e' da tempo che vlevo discutere su questo in lista RES. > > Gia' piu' volte Saroldi ha cercato di farmi entrare nella zucca il > > concetto che impresa profit e' male per definizione (che ne e' dei > > perdenti nella competizione, ecc). Ma io c'ho la zucca dura e vivo nel > > 2005. Riprovate, magari questa volta entra :). > > forse è vero quello che ti dice andrea, o forse non lo è del tutto... > questo ragionamento mi interessa e mi piacerebbe sentire anche > altri punti di vista. Non ho risposte, ma vorrei sviluppare queste idee > in lista. > > faccio questo ragionamento: l'impresa profit "compete" nel > mercato. come nella legge della giungla (estremizzo), il più forte > (perchè ha prodotti migliori, o perchè li sa promuovere meglio, o > perchè qualcuno l'aiuta) vince. e il perdente? a casa: chiude o viene > "assorbito" da qualcun altro. > > ora, molti di noi, immagino, lavorano in imprese "profit". anche il > contadino da cui, per esempio, vado a prendere le carote, o la > cantina dove compro il vino sono, che lo vogliamo o no, imprese > profit. piccole ma profit. > > allora: c'è un limite in cui il "profit" è accettabile? e se c'è, qual'è il > limite? il fatturato? il numero dei dipendenti? o che altro? > > per la coop, credo, il discorso sia simile. se la coop decide di fare > un percorso "virtuoso", possiamo accettarlo come consumatori > critici? o diciamo che, nonostante tutto, non ci interessa? > io credo che occorrerebbe, in questo caso, vedere quali iniziative > costringe a prendere la SA8000. poi potremo decidere se ci basta. > > ciao > patrizio >
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