Re: CONAD - demonizzare la RSI o demonizzare l'impresa profit? (lunghetto)



Siccome sono stato tirato in mezzo (mio malgrado), mi vedo costretto a
rispondere.

Non credo di avere mai detto che l'impresa profit è male per definizione,
anzi secondo me questo è un modo sbagliato di porre la questione.

A mio avviso è invece importante che non si faccia confusione tra
responsabilità
sociale d'impresa e la prospettiva dell'economia solidale, sono due cose
molto diverse. A questo proposito trovo utile il libro di Razeto "Le imprese
alternative" (Ed. EMI). Razeto identifica quali sono i fattori necessari ad
un'impresa (forza lavoro, tecnologia, mezzi di lavoro, fattore finanziario,
fattore gestionale) e pone come questione principale per analizzare un tipo
di impresa quale sia il fattore che predomina, ovvero quello che orienta le
scelte. Il problema, per come lo vedo io, sorge quando il capitale (fattore
finanziario) è quello che predomina, quello in base al quale vengono prese
le decisioni, come avviene normalmente nelle SpA che sono aziende create per
fornire utili agli azionisti.

La cosa è sostanzialmente diversa quando è il fattore lavoro che predomina.
O ancora meglio, un insieme di fattori tra cui il lavoro, le esigenze della
comunità locale, i bisogni dei consumatori, etc. (approccio
"multi-stakeholder"). Nel mio ideale l'impresa dell'economia solidale nasce
per soddisfare le esigenze di chi lavora e di chi utilizza i suoi prodotti e
servizi, ed il capitale è solo uno strumento. Esistono migliaia di
cooperative, io non le conosco tutte, ci saranno anche un sacco di
contraddizioni e di limiti, ma quando una cooperativa funziona si pone
proprio in questa prospettiva.

Quando ho scritto il libro "Costruire economie solidali" (Ed. EMI),
l'esempio migliore che ho trovato per spiegare questo concetto è il gruppo
basco di Mondragon: "un gruppo che oggi conta 160 cooperative, 60'000
lavoratori e 23 impianti di produzione all'estero. Nel 2001 le vendite del
gruppo corrispondono a 8'100 milioni di Euro, con una crescita del 15%
rispetto all'anno precedente. Il gruppo opera nei campi della distribuzione
e dell'industria: componenti, edilizia, impianti ed elettrodomestici;
comprende anche un centro di ricerca e sostiene l'università di Mondragón.
   Le cooperative del gruppo MCC basano la loro attività su dieci principi:
  1. Ammissione aperta
  2. Organizzazione democratica
  3. Sovranità del lavoro
  4. Natura strumentale e subordinata del capitale
  5. Gestione partecipativa
  6. Pagamento di solidarietà
  7. Intercooperazione
  8. Trasformazione sociale
  9. Universalità
10. Educazione
Considerare il capitale come un mezzo strumentale porta a fissare un limite
alla sua remunerazione. In questo modo gli utili della attività vengono
utilizzati per finanziare un fondo di educazione e promozione sociale e per
sostenere gli investimenti della cooperativa e lo sviluppo del sistema; una
parte degli utili viene inoltre suddivisa tra i soci-lavoratori.  Anche se
il caso andrebbe analizzato meglio, si tratta di un esempio di come la
logica d'impresa possa contenere al suo interno principi di cooperazione,
sviluppo locale, formazione, partecipazione ed utilizzo strumentale del
capitale."

Oppure si potrebbe parlare delle fabbriche "recuperate" argentine o di molte
altre cooperative. Mia moglie, ad esempio, lavora in una cooperativa
impostata in questo modo.

Insomma, credo che abbia senso chiedersi quali sono gli strumenti
imprenditoriali che abbiamo a disposizione e preferire quelli più utili
allo scopo che abbiamo in mente. In questo senso mi sembra più efficace
un'impresa che abbia nel suo codice genetico la predominanza dei fattori
lavoro, costruita su processi di democrazia interna e per soddisfare le
esigenze della propria comunità, piuttosto che inserire dei "vincoli
aggiuntivi" ad un meccanismo nato per produrre reddito.

Penso che la responsabilità sociale di impresa possa essere utile, ma credo
anche che ci voglia ben altro. Benvengano quindi le imprese "for profit" che
adottano codici e regole aggiuntivi, ma per favore non facciamo un calderone
unico tra economia solidale e responsabilità sociale di impresa.

Dico questo perché spesso ascolto dei discorsi che vanno proprio in questa
direzione (non mi riferisco a Nicoletta). Sono discorsi che iniziano dicendo
che ci sono imprese for-profit che fanno delle belle cose e ci sono anche
imprese non-profit che fanno delle cose cattive, per concludere che tra
for-profit e non-profit non c'è nessuna differenza, basta fare delle cose
buone. Secondo me invece il motivo per cui un'impresa nasce, il modo in cui
funziona e prende le sue decisioni sono fattori per nulla secondari.

Ciao

Andrea Saroldi
www.retegas.org - www.retecosol.org

----- Original Message -----
From: "Patrizio" <patsuppa at inwind.it>
To: <consumocritico at peacelink.it>
Sent: Saturday, February 12, 2005 10:37 PM
Subject: Re: CONAD - demonizzare la RSI o deminizzare l'impresa profit?]


> Il 12 Feb 2005, alle 18:58, Nicoletta Landi ha scritto:
>
> > Diciamo che e' da tempo che vlevo discutere su questo in lista RES.
> > Gia' piu' volte Saroldi ha cercato di farmi entrare nella zucca il
> > concetto che impresa profit e' male per definizione (che ne e' dei
> > perdenti nella competizione, ecc). Ma io c'ho la zucca dura e vivo nel
> > 2005. Riprovate, magari questa volta entra  :).
>
> forse è vero quello che ti dice andrea, o forse non lo è del tutto...
> questo ragionamento mi interessa e mi piacerebbe sentire anche
> altri punti di vista. Non ho risposte, ma vorrei sviluppare queste idee
> in lista.
>
> faccio questo ragionamento: l'impresa profit "compete" nel
> mercato. come nella legge della giungla (estremizzo), il più forte
> (perchè ha prodotti migliori, o perchè li sa promuovere meglio, o
> perchè qualcuno l'aiuta) vince. e il perdente? a casa: chiude o viene
> "assorbito" da qualcun altro.
>
> ora, molti di noi, immagino, lavorano in imprese "profit". anche il
> contadino da cui, per esempio, vado a prendere le carote, o la
> cantina dove compro il vino sono, che lo vogliamo o no, imprese
> profit. piccole ma profit.
>
> allora: c'è un limite in cui il "profit" è accettabile? e se c'è, qual'è
il
> limite? il fatturato? il numero dei dipendenti? o che altro?
>
> per la coop, credo, il discorso sia simile. se la coop decide di fare
> un percorso "virtuoso", possiamo accettarlo come consumatori
> critici? o diciamo che, nonostante tutto, non ci interessa?
> io credo che occorrerebbe, in questo caso, vedere quali iniziative
> costringe a prendere la SA8000. poi potremo decidere se ci basta.
>
> ciao
> patrizio
>