R: CONAD - demonizzare la RSI o deminizzare l'impresa profit?]



Molto interessante il dibattito. Personalmente lo vivo da un bel po'. Da
qualche anno mi ritengo un consumatore che acquista criticamente (anche se
leggendo le mail di questa lista, ad esempio la prospettiva vegana, sono
assai lontano dalla rivoluzione). Ma intervengo qui con un altra veste: come
titolare di una piccola azienda familiare che ha scelto di certficarsi
sa8000. Ditta familiare significa, che la ditta era di mio nonno, poi
passata a mio padre, adesso a me e mio fratello. Totale 6 dipendenti + 3
soci. Dopo aver studiato concetti come lo sviluppo sostenibile, essermi
formato nella prospettiva dell'economia ecologica, e quindi aver riempito il
cervello di tanta teoria, ho ripiegato sulla ditta di famiglia, cercando di
contaminarla con tante belle idee. Bè mi sono accorto subito che i margini
di azione son davvero ridotti, soprattutto per chi non ha molte risorse da
investire.
Per farla breve comunque abbiamo deciso che la SA8000 ci piaceva proprio
come strumento, per non cogliere l'occasione di usarla per rivelare
all'esterno chi eravamo, quali erano ( e sono) i nostri valori fondanti. Un
percorso non obbligato da nessuno (nessun cliente ce lo aveva vivamente
caldeggiato) ma voluto al di là della logica economica: è la cosa che più
volte ci hanno chiesto altri imprenditori (di imprese più grandi), quando,
invitati ai convegni, ci chiedono "ma chi ve lo ha fatto fare?". Noi
rispondiamo la volontà di comunicare all'esterno chi siamo, e se volete
quella di distinguerci da un'altra parte dell'imprenditoria nazionale che va
in un'altra direzione (ma chi ci ha fatto la domanda continua a non capire).
Ma mi sto di nuovo dilungando...

Due punti mi interesserebbe chiarirmi con il vostro aiuto:

1) un'altra economia passa o non passa dalla produzione di profitto? Per
qualsiasi impresa è vitale la produzione di un utile: senza di esso per
definizione l'impresa chiude. Possiamo discutere di quali sono i modi
corretti da un punto di vista morale (vedi arresto amministratore Conad,
vedi Parmalat), da un punto di vista ambientale (ENI in sicilia, etc etc) da
un punto di vista sociale (vedi morti sul lavoro, vedi lavoro nero, etc
etc), di produrre tale utile oppure dobbiamo partire dal presupposto che
tale utile (il profitto) non deve essere prodotto? Se quest'ultima è la
scelta, esattamente come funziona l'alternativa? (Ho comprato ieri il libro
di gesualdi è spero anch'io di trovarci qualcosa di illuminante). Se
l'alternativa deve essere radicale o "rivoluzionaria" e se qualcuno l'ha
trovata e la sta vivendo, vorrei mi rispondesse ad alcune domande: oltre a
consumare in maniera critica, e tenere i risparmi in maniera critica, il
proprio reddito e il reddito che verrà lasciato in eredità ai propri figli è
completamente sconnesso dal modello di sviluppo che ha al suo centro il
profitto? Chiedo questo perchè ho incontrato persone che hanno abbracciato
uno stile di vita alternativa, autoproducono molto, consumano molto meno
della famiglia "media", hanno un impronta ecologica assolutamente al di
sotto di quella media italiana: se guardo ai loro lavori trovo: ricercatori
universitari, dipendenti del settore pubblico, contadini. Nessuno di loro
trae di che vivere da un modello altro: il pubblico si finanzia con le tasse
sulla produzione di ricchezza, di valore aggiunto, di profitto...il
contadino se vuole mettere da parte qualcosa per i propri figli (e ancora
non ho trovato nessuno che vi rinunci) deve prima o poi ricorrere al
mercato, sperando di ricavare un surplus rispetto alle proprie necessità
quotidiane..........davvero se avete esempi sono il primo ad esserne
interessato....

2) la sa8000. Uno strumento. Al momento almeno in Italia quello più valido
per "verificare" il grado di responsabilità sociale delle imprese. Volete un
po' di critiche da uno che si è certificato?
a) Devo pagare il mio certificatore (nel mio caso, poichè non sono un grande
cliente, non è possibile forzare la mano, ovvero corrompere il
certificatore, per lui il gioco non vale la candela) ma cosa accade quando
l'impresa da certificare è grande quasi quanto il certificatore, o magari di
più?
b) Devo ispezionare la mia catena di fornitura. Secondo voi se un mio
fornitore usa lavoro nero, il giorno dell'ispezione (che deve essere
concordato) mi farà trovare il lavoratore senza contratto sul posto di
lavoro?
c) Controllo della catena di fornitura: se mi trovo di fronte una
multinazionale (la sola ad avere il prodotto che mi serve) che mi nega la
volontà di collaborare...pensate che se la minaccio di cambiare fornitore
(io che rappresento lo 0,01% del suo fatturato) mi darà ascolto? E io che
faccio? Faccio a meno di quel prodotto, ovvero interrompo la mia produzione?
d) Ci certifichiamo , scriviamo sui nostri prodotti che siamo certificati.
Secondo voi quanti sono i consumatori che conoscono la sa8000? E quanti di
quelli che la conoscono scelgono il mio prodotto perchè appunto fatto da
un'impresa certificata?
e) Nel controllo della catena di fornitura, qualcuno dei fornitori non vuole
collaborare (all'inizio per la verità quasi nessuno, poi dopo ore di
spiegazioni, etc, più della maggioranza), penso sai cosa faccio: metto sul
mio sito web la lista dei buoni e dei cattivi: i fornitori che collaborano e
quelli che non collaborano. Non posso: devo avere il permesso (vedi legge
privacy) di ognuno di loro: secondo voi chi non collabora mi darà il
permesso di metterlo nella lista nera?
f) Ogni ispezione costa, e i fornitori non sono immutabili, variano con la
vita dell'azienda: i costi non finiscono mai......a chi posso rivolgermi, a
quale associazione, per sapere qualcosa in più su quel fornitore? Forse
spenderi meno e sarei più convinto che davvero è uno che rispetta lo
standard. Esiste una associazione in grado di svolgere questo ruolo?

Eppure nonostante questo è lo strumento più valido a disposizione di un
impresa per manifestare un percorso di responsabilità sociale. E se
considerate che il governo lo ha da sempre osteggiato, che confindustria lo
affossa, equiparandolo ai codici di condotta o ai bilanci sociali....bè
forse vale la pena analizzarlo bene prima di buttarlo via.

Molte altre cose mi frullano per la testa...ma non vorrei aver "pisciato
fuori dal vaso ".......

saluti

lele
----- Original Message -----
From: Patrizio <patsuppa at inwind.it>
To: <consumocritico at peacelink.it>
Sent: Saturday, February 12, 2005 10:37 PM
Subject: Re: CONAD - demonizzare la RSI o deminizzare l'impresa profit?]


> Il 12 Feb 2005, alle 18:58, Nicoletta Landi ha scritto:
>
> > Diciamo che e' da tempo che vlevo discutere su questo in lista RES.
> > Gia' piu' volte Saroldi ha cercato di farmi entrare nella zucca il
> > concetto che impresa profit e' male per definizione (che ne e' dei
> > perdenti nella competizione, ecc). Ma io c'ho la zucca dura e vivo nel
> > 2005. Riprovate, magari questa volta entra  :).
>
> forse è vero quello che ti dice andrea, o forse non lo è del tutto...
> questo ragionamento mi interessa e mi piacerebbe sentire anche
> altri punti di vista. Non ho risposte, ma vorrei sviluppare queste idee
> in lista.
>
> faccio questo ragionamento: l'impresa profit "compete" nel
> mercato. come nella legge della giungla (estremizzo), il più forte
> (perchè ha prodotti migliori, o perchè li sa promuovere meglio, o
> perchè qualcuno l'aiuta) vince. e il perdente? a casa: chiude o viene
> "assorbito" da qualcun altro.
>
> ora, molti di noi, immagino, lavorano in imprese "profit". anche il
> contadino da cui, per esempio, vado a prendere le carote, o la
> cantina dove compro il vino sono, che lo vogliamo o no, imprese
> profit. piccole ma profit.
>
> allora: c'è un limite in cui il "profit" è accettabile? e se c'è, qual'è
il
> limite? il fatturato? il numero dei dipendenti? o che altro?
>
> per la coop, credo, il discorso sia simile. se la coop decide di fare
> un percorso "virtuoso", possiamo accettarlo come consumatori
> critici? o diciamo che, nonostante tutto, non ci interessa?
> io credo che occorrerebbe, in questo caso, vedere quali iniziative
> costringe a prendere la SA8000. poi potremo decidere se ci basta.
>
> ciao
> patrizio
>
> --
> Mailing list Consumo Critico dell'associazione PeaceLink.
> Per CANCELLAZIONI: http://www.peacelink.it/mailing_admin.html
> Se non riesci, scrivi a nicoletta at peacelink.org
> inserendo "cancella" nel Soggetto.
> Si sottintende l'accettazione della Policy Generale:
> http://www.peacelink.it/associazione/html/policy_generale.html
>


 
 
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