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Reportage dal Kivu, dove la popolazione congolese resisteall'occupazione





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fonte: il manifesto
del 29 giugno 2000
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Il mistero dell'isola del Kivu

Reportage dal Kivu, dove la popolazione congolese resiste all'occupazione
di Ruanda e Burundi
HABIBOU DOGO - BUKAVU

Dall'alto della cabina di comando il capitano controlla con fermezza una
vecchia ruota di timone.
Scruta l'orizzonte nell'intento di schivare gli innumerevoli isolotti
coperti di vegetazione tropicale.
Il "Rafiki" (in swahili "amico"), il suo vecchio battello dipinto di
giallo, assicura il collegamento tra Goma e Bukavu (Kivu) in poco piu' di
otto ore.
Il tragitto costa 13 dollari, una follia, ma tanti sono i commercianti con
il loro fagottone di fagioli e manioca che affrontano il lungo viaggio.
Il tempo e la ristrettezza degli spazi, favoriscono le conversazioni.

Tutti sanno pero' che c'e' sempre qualche spia del Rcd (Coalizione
congolese per la democrazia, la ribellione al potere in Kivu) che stimola
le discussioni politiche e poi, chi parla troppo, sara' segnalato ai
servizi segreti.
Il battello costeggia l'isola di Idjiwi lussureggiante lembo di terra in
mezzo al lago risparmiato dalla guerra, la cui produzione agricola
rifornisce Goma, Bukavu e Kibuye in Ruanda.

Ma l'isola e' anche al centro di vari misteri.
Un abitante dell'isola, sul Rafiki racconta dei giacimenti del nuovo
minerale, il coltan, una miscela di cobalto e wolframio, utilizzati
nell'industria aerospaziale e degli armamenti.
"I ruandesi stanno estraendo il coltan nella foresta, in zone interdette
alla popolazione.
Utilizzano gente di fuori, forse prigionieri, che controllano piu' facilmente".

Gli abitanti di Idjwi hanno notato la presenza di bianchi, accompagnati da
militari ruandesi, trasportare equipaggiamenti sofisticati su grossi
fuoribordo e fare rilievi.
"L'isolotto a nord di Idjiwi e' stato fatto ripulire dalla popolazione e
poi ne hanno impedito l'accesso".

In Kivu molti sono coscienti che l'obiettivo di questa guerra non e' la
sicurezza per le frontiere.
Non solo oro, diamanti, legni pregiati vengono portati con piccoli aerei
ogni giorno in Ruanda e Uganda, ma intere fabbriche, come lo zuccherificio
di Kiliba, sono state smontate e i macchinari trasferiti oltre frontiera.
"Il comptoir del tantalio estratto nel nord Kivu si trova all'ambasciata
Usa di Kigali" ci raccontano.

Nella capitale ruandese capita di incontrare giovani tutsi, eleganti, che
non nascondono di lavorare "per una ditta che estrae diamanti".
"Vado spesso a Goma e Kisangani" ci aveva detto uno di loro.
Anche le imposte passano nel paese confinante.

"E' da sempre il saccheggio di questo Kivu ricco, sul quale vive una
popolazione sempre piu' povera" sintetizza un intellettuale.

Il Rafiki si avvicina al piccolo porto di Bukavu.
La citta' fatta di colline di argilla rossastra che si gettano nel lago in
quattro "dita", le penisole che ospitano le grandi ville coloniche e che la
rendono speciale.
I quartieri popolari si inerpicano per chilometri.
Quando piove la terra diventa fango appiccicoso.
Sulle colline si formano dei gradini nel fango che, quando seccano, sono
percorsi incessantemente da donne con enormi sacchi sulla schiena,
trattenuti da una fascia di stoffa sulla fronte.
Altre portano sulla testa una tavola sulla quale sono disposti i luccicanti
somoza, pesciolini di lago, che iniziano cosi' l'essiccazione.

Nonostante Bukavu sia occupata dalla stessa fazione della ribellione che ha
sede a Goma, appena sbarcati vengono controllati passaporti e bagagli.
L'atmosfera e' piu' tesa.
Frequenti sono i fuoristrada dell'Armee patriotique rwandese carichi di
militari con i mitra spianati.
Per strada ognuno cerca di fare i fatti suoi.

Quando ci si apparta, invece, la gente ama parlare.
La societa' civile e le confessioni religiose (cattolici, protestanti e
musulmani) sono uniti nel rifiutare l'occupazione.
"A Goma c'e' meno confronto con l'Rcd.
Per noi invece e' chiaro: l'invasione di Ruanda e Burundi (quest'ultimo non
e' ufficialmente presente in Congo, ma schiera un certo contingente
militare nel sud Kivu, ndr) deve finire, poi possiamo parlare di
riconciliazione" dice un prelato, "qui non ci sono stati problemi
interetnici.
A Bukavu possiamo solo parlare di un'occupazione di truppe straniere".

Bukavu e' quasi monoetnica, alla maggioranza bashi si aggiunge una
minoranza barega.
I tutsi del sud Kivu sono i banyamulenge, pastori nomadi degli altopiani a
ovest di Uvira che non si sono mai realmente integrati.
Con l'arrivo dei ruandesi sono venuti in citta' ottenendo posizioni di potere.
Il professor Mulago (fondatore e primo rettore dell'Universita' cattolica
di Bukavu) spiega: "I tutsi non sono accettati qui a Bukavu.
Vogliono solo posti di responsabilita".

La risposta della societa' civile all'occupazione e' stata compatta.
L'8 marzo ha protestato con "il giorno senza donne": le donne di Bukavu non
sono uscite in strada.
In seguito con lo "sciopero della birra", quando per due settimane non si
sono consumate le bevande prodotte dalla Bralima, fabbrica nazionale oggi
in mano al Rcd.
E le domeniche senza messe per protestare contro l'allontanamento
dell'arcivescovo Emmanuel Kataliko.

"E' una resistenza attiva non violenta della popolazione contro l'occupazione.
I congolesi al contrario dei loro vicini - spiega un giovane di un
organismo di sviluppo riferendosi alla ferocia dei ruandesi - rispettano la
vita umana.
Si cerca di far capire agli invasori che non li accettiamo".

Ma la repressione e' forte.
Sparizioni, arresti arbitrari, assassini e torture nelle prigioni.
"Un amico fitoterapista e' stato arrestato perche' accusato di aver curato
i mayi mayi" racconta il responsabile di un'associazione per la difesa dei
diritti umani.
La notte sono frequenti i furti organizzati: "Sono militari, arrivano in
macchina e comunicano con gli altri via radio - racconta una religiosa - si
appostano dietro la porta e cercano di entrare".

La citta' si organizza.
Quando qualcuno e' assediato i vicini, armati di fischietti e pentole,
risvegliano tutto il quartiere per allontanare gli aggressori.

Se la situazione a Bukavu e' tesa, e' nell'interno che si perpetrano i piu'
atroci massacri.
L'ultimo, tremendo, a Katogota, un villaggio a 60 km sud della citta'.
A meta' maggio la rappresaglia per l'uccisione di quattro militari del Rcd,
tra cui un ufficiale, hanno portato a 91 morti accertati e 300 dispersi.
I cadaveri venivano dissotterrati e gettati nel fiume Rusizi, che segna il
confine con il Burundi.

"Dobbiamo continuare a cercare l'appoggio internazionale - sostiene
l'attivista - se non si avra' consenso sul problema congolese a quel
livello, non risolveremo la situazione".




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