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Notizie Est #262 - Kosovo
- To: "Notizie Est" <est@ecn.org>
- Subject: Notizie Est #262 - Kosovo
- From: "Est" <est@ecn.org>
- Date: Thu, 23 Sep 1999 19:37:25 +0100
- Organization: est
- Posted-Date: Thu, 23 Sep 1999 19:51:06 +0200
- Priority: normal
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NOTIZIE EST #262 - KOSOVO
23 settembre 1999
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LA CANTONIZZAZIONE DEL KOSOVO E LA POLITICA SERBA
intervista a Momcilo Trajikovic, a cura di
Svetlana Djurdjevic Lukic - ("NIN", 26 agosto
1999)
[Pubblichiamo, a titolo documentativo,
un'intervista al leader del Movimento di
Resistenza Serbo del Kosovo, Momcilo Trajkovic,
uscita sul settimanale di Belgrado "NIN" nel
momento in cui era stata avanzata la proposta di
cantonizzazione del Kosovo, a fine agosto. Come
abbiamo gia' riportato in altri materiali,
Trajkovic gode di importanti appoggi presso la
lobby serba negli Stati Uniti, paese dove si e'
recato a piu' riprese in visita ufficiale
durante il periodo della guerra in Kosovo (prima
dei bombardamenti), parlando tra le altre cose
al Congresso. Trajkovic, con il vescovo
Artemije, ha fatto parte fino a ieri della
"consulta" di Kouchner, dalla quale si e'
dimesso per protestare contro la creazione del
"Kosovo Protection Corps", ed e' indirettamente
legato all'opposizione di Belgrado, in
particolare a Milan Panic. Va tuttavia ricordato
che ha cominciato la sua carriera politica come
uomo di Milosevic, diventando il primo
amministratore del Kosovo dopo la cancellazione
dell'autonomia politica di quest'ultimo - a.f.]
D: A quanto pare la sua proposta di
cantonizzazione del Kosovo non e' ancora
riuscita a ottenere l'appoggio di alcuna parte.
R: E' naturale che gli albanesi rifiutino questa
proposta, perche' sottrae loro definitivamente
la possibilita' di realizzare un Kosovo
indipendente e di creare un potere tramite il
quale angariare i serbi, renderli ineguali. Se
la accettassero, dovrebbero rinunciare ai loro
obiettivi. La parte albanese non e' sincera
nell'implementazione della Risoluzione delle
Nazioni Unite, ovvero nella realizzazione degli
obiettivi della comunita' internazionale. Il
progetto di cantonizzazione renderebbe
impossibile la pulizia etnica e creerebbe le
condizioni per un ritorno dei serbi, che
costituirebbe un colpo per la sostanza del
separatismo albanese. Allo stesso tempo, si
verrebbero in tal modo a creare le basi per la
conservazione di un Kosovo multietnico e per
l'avvio di processi democratici. Senza i serbi
la comunita' internazionale non ha risposte a
questo problema. Comunque, nell'ambito della
riunione del Consiglio temporaneo tenutasi di
recente le cose in un certo modo si sono mosse.
A quanto pare la comunita' internazionale non
rifiutera' a priori la cantonizzazione, come
invece sembrava in principio. Addirittura un
certo numero di albanesi si e' dimostrato
disponibile a parlare di cantonizzazione, a
condizione che le venisse data un'altra forma,
nel senso della difesa dei serbi. Il fatto che
la discussione sulla cantonizzazione non sia
ancora terminata, nell'ambito del Consiglio
temporaneo, dimostra che non e' facile
accettarla, ma e' ancora piu' difficile
rifiutarla. Tutto cio' e' la conseguenza
dell'incapacita' di assicurare la sicurezza dei
serbi.
Un grande problema e' costituito dal fatto che
il nostro progetto non venga spiegato in Serbia.
Il regime non ha una sua posizione, pur sapendo
che questa e' l'unica variante possibile, ma se
la accettasse, dovrebbe riconoscere il suo
errore: in primo luogo, di avere in passato
rifiutato tale progetto, in secondo luogo,
sarebbe costretto a sostenere un'iniziativa
promossa da noi, che invece accusano di
tradimento. Ne' il regime, ne' la comunita'
internazionale, ne' gli albanesi hanno alcuna
proposta che si discosti dai loro interessi. Il
regime punta al fallimento della missione
internazionale e non gli interessa apportare
delle correzioni che potrebbero migliorare la
situazione. Per il regime e' conveniente che i
serbi fuggano dal Kosovo, perche' puo' far
ricadere su di loro le proprie responsabilita'.
Con il silenzio del regime e di parte
dell'opposizione si perde una grande occasione e
presso il popolo rimane l'impressione che la
cantonizzazione sia qualcosa di poco chiaro. In
tal modo si lascia alla comunita' internazionale
la possibilita' di giustificare il proprio
rifiuto con una mancanza di legittimita', di
sostegno da parte degli altri attori della scena
politica serba. I rappresentanti della comunita'
internazionale che si oppongono lo fanno
ritenendo che la creazione di qualsiasi tipo di
confine interno cancellerebbe la multietnicita'
del Kosovo, che si tratterebbe di una forma di
spartizione. Questo dovrebbe essere il nostro
obiettivo, mentre invece e' solo un mezzo.
D: In che senso solo un mezzo?
R: Per noi si tratta di un mezzo perche' per il
progetto abbiamo fissato una scadenza di cinque
anni. In questo momento non c'e' un Kosovo
multietnico, e un tale Kosovo e' invece il
nostro fine, perche' e' l'unica possibilita' per
i serbi di rimanere qui. Da lungo tempo siamo
coscienti del fatto che il Kosovo non puo'
essere solo serbo, ma non deve essere nemmeno
albanese. Non rinunciamo a che dopo questi
cinque anni la tensione cali e che il Kosovo nel
suo complesso possa essere multietnico.
D: Qual e' la differenza tra la proposta di
trasferimento avanzata da Kouchner e la vostra
idea?
R: Kouchner vuole trasferire mille serbi da
Pristina a Gracanica, dalla citta' di Prizren a
Brezovica e cosi' via. In questo modo si viola
direttamente la multietnicita', perche' le zone
miste sono innanzitutto nelle citta'. Al di
fuori di esse, il Kosovo e per la maggior parte
costituito da enclave etniche rurali. Nella
nostra variante non ci sono trasferimenti, ma la
difesa dei serbi nei loro focolari, con un
rafforzamento delle enclave serbe e un ritorno
dei serbi, perche' si tratta di uno strumento
chiave per la soluzione della questione serba.
Nelle citta' rimarrebbe una rappresentazione
paritetica e un parlamento a due camere, perche'
non e' possibile un'esistenza dei serbi solo nei
villaggi. Il progetto dell'anno scorso ora e'
stato rivisto e reso conforme alla Risoluzione
1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite, perche' quello che ora abbiamo in Kosovo
e' un protettorato, non e' piu' Serbia. Vale a
dire, si crea un potere internazionale, che
verrebbe messo in atto dai serbi. Tutto sarebbe
sotto il controllo delle Nazioni Unite. A
Kosovska Mitrovica esiste una Camera nazionale
serba, a Gnjilane un Consiglio ecclesiastico
nazionale. La sola differenza delle
denominazioni di queste entita' dice che tra di
esse non c'e' collaborazione.
Il comitato di Gnjilane e' un corpo nazionale
della nostra Assemblea Ecclesiastico-Nazionale.
Nella regione di Kosovska Mitrovica agiscono
gia' sia il nostro movimento che gli altri
partiti. Per esempio, in quell'area e' molto
forte il comitato del Partito Democratico della
Serbia. Abbiamo partecipato alla riunione della
Camera nazionale serba a Kosovska Mitrovica,
abbiamo spiegato la cantonizzazione e abbiamo
ottenuto il loro sostegno politico. Ci siamo
messi d'accordo sul fatto che e' necessario
trovare la migliore forma per la costituzione di
una comunita' nazionale serba. La camera
nazionale del Kosovo e Metohija dovrebbe essere
l'entita' rappresentativa della comunita' etnica
serba, mentre l'Assemblea Ecclesiastico-
Nazionale dovrebber rimanere un'organizzazione
politica nazionale. Verra' creata una
coordinazione e stiamo lavorando a tale fine. E'
nostro desiderio che in tale camera vengano
inclusi i serbi che sono stati scacciati o si
sono trasferiti e in tal modo diamo prova di una
maggiore maturita' del regime, che ha dato vita
a un parlamento nazionale serbo in esilio.
D: Quanti funzionari del Partito Socialista
Serbo sono rimasti in Kosovo?
R: Molto pochi, si possono contare sulle dita. I
presidenti dei comuni di Kosovo Polje, Lipljan,
Strpce e alcuni altri ancora. Sembra che a parte
Zoran Andjelkovic [il governatore del Kosovo,
nominato da Milosevic prima dei bombardamenti -
N.d.T.] e la missione guidata dall'ambasciatore
Vukicevic, i rappresentanti dello stato e i
funzionari del Partito Socialista si rechino
soprattutto in visita nei comuni settentrionali
intorno a Kosovska Mitrovica, dove vi e' la
richiesta di separazione e unione alla Serbia.
D: E' la sindrome della Krajina. Quando hanno
mollato Knin, hanno trattenuto la Slavonia
orientale, lo Srem occidentale e la Baranja e
successivamente, a un determinato momento, li
hanno ceduti.
R: Ora la Camera di Kosovska Mitrovica e' in
mano a forze nazionali coscienti, il cui piano
non e' il trasferimento a nord, bensi' il
ritorno dei serbi nelle altre aree del Kosovo.
Nell'area attualmente ci sono circa diecimila
profughi. Allo stesso tempo, si tratta di una
"riserva" in cui vengono tenuti coloro che sono
obbedienti al regime - i dipendenti di vari
servizi, che fanno finta di lavorare per il
Kosovo, mentre a Brzeca c'e' una Camera
Temporanea del Kosovo, che cerca di amministrare
anche gli edifici rasi al suolo. Andjelkovic
cerca sinceramente di fare qualcosa, ma non ha
diritto a posizioni autonome. Consciamente o
inconsciamente gioca un gioco molto pericoloso
per il popolo serbo: cerca di dare vita a una
finzione della permanenza di un potere del
regime di Milosevic e della Serbia. Nei fatti,
qui non esiste piu' un potere serbo. Sono
fuggiti i deputati federali e quelli della
repubblica, che ora possiamo ammirare a Belgrado
nelle sedute parlamentari come rappresentanti di
questo popolo.
Quando recentemente i socialisti del Kosovo si
sono recati da Milosevic, quest'ultimo ha detto
loro di resistere fino al 19 settembre. Se dopo
tale data nulla cambiera', penso che il popolo
li scaccera' a badilate. Quando erano li', hanno
criticato la creazione di un parlamento serbo in
esilio e Milosevic ha risposto loro: perche' vi
rompono le scatole, ecco, voi siete il
parlamento, organizzatevi e lavorate. Cosi' nei
villaggi intorno a Pristina e' stato creato un
nuovo parlamento con dei ministeri del tutto
nuovi per l'educazione, il
commercio, la sanita'. Ora mimano una specie di governo. Milosevic ha accettato
la Risoluzione del Consiglio di sicurezza, che vuol dire protettorato, il
Kosovo continuera' a essere sotto il potere della comunita' internazionale e
quando quest'ultima si sara' pienamente imposta, il popolo rimarra' nuovamente
deluso.
D: Il suo progetto di cantonizzazione presuppone un ritorno alle condizioni di
prima della guerra e il ritorno di coloro che si sono trasferiti in precedenza.
Non ritiene che sia irreale?
R: Perche' irreale? Io non credevo che gli albanesi avrebbero fatto quello che
hanno fatto, ed ecco che e' successo. Sembra irreale anche che io sia vivo e
che le parli qui a Pristina. Ma se la situazione attuale venisse riconosciuta,
sarebbero riconosciute anche la persecuzione e la pulizia etnica. Dobbiamo
porci come obiettivo quello di rimediare alle ingiustizie, che tornino quelli
che lo desiderano, anche se se ne sono andati prima dei bombardamenti. Sarebbe
inumano vietare a chiunque di tornare, indipendentemente da quando se ne e'
andato.
D: I rappresentanti della comunita' internazionale accennano alla possibilita'
di elezioni in Kosovo nella prossima primavera, cosa che voi rifiutate fino a
quando non verra' risolto lo status della Provincia e i serbi non saranno
tornati.
R: Non prendo in considerazione nessuna elezione - in queste condizioni
prendiamo in considerazione anche la cessazione della collaborazione se
qualcosa verra' cambiato. Le elezioni saranno possibili solo quando si
creeranno le condizioni per un ritorno dei serbi in Kosovo. Purtroppo la Serbia
si comporta analogamente alla comunita' internazionale e agli albanesi. La
richiesta di elezioni in Serbia senza il Kosovo significa la rinuncia al
Kosovo. Se lo fanno ora, significa che ci hanno definitivamente abbandonati.
D: Non siete stati invitati alla manifestazione dell'opposizione del 19 agosto,
ma lei ha comunque affermato che siete soddisfatti del suo esito.
R: Sono soddisfatto dell'energia del popolo, che puo' cambiare la situazione.
Naturalmente, una manifestazione non risolve le cose. L'Alleanza per il
cambiamento ci ha invitati come ospiti, ma non come oratori. Ci ha quasi
abbandonati anche l'opposizione. Li abbiamo continuati a invitare e nessuno e'
venuto. Come possono pretendere di guidare uno stato, quando non hanno ritenuto
opportuno farsi vedere qui e si limitano unicamente a parlare dalle loro
poltrone? Non solo gli esponenti dei partiti, ma anche quelli dell'Accademia,
dell'Unione degli scrittori, quelli che hanno scritto tanti libri e studi e
pronunciato tanti discorsi sul Kosovo. Inviatiamo anche Seselj e Milutinovic a
visitare i trecentomila loro elettori, che hanno garantito loro la vittoria.
D: Lei e' deluso del comportamento del governo e dell'opposizione. La proposta
del governo montenegrino di ridefinire i rapporti all'interno della federazione
secondo lei significa direttamente una dissoluzione della Jugoslavia e un
Kosovo indipendente?
R: Finche' Milosevic rimane al potere a Belgrado, il Montenegro puo' rimanere
ancora cento anni in Jugoslavia e il Kosovo diventare indipendente.
Indipendentemente da quello che cerca il Montenegro, se Milosevic se ne andra'
dalla scena i processi di integrazione tra la Serbia e il Montenegro si
rafforzeranno, cosi' come quelli con il Kosovo. Il suo regime autocratico, che
allontana tutto da se', continuerebbe a governare anche se dovesse rimanere
solo nell'inferno. Se le forze democratiche conquistassero il potere in Serbia,
il separatismo del Montenegro non si rafforzerebbe, perche' oggi e' un fenomeno
provocato. Non ci sono altre difese dalla politica di Milosevic: o lo
sconfiggi, o ti soffoca. [...]
Le rivelero' un segreto: lunedi' scorso ho avuto una conversazione con Zoran
Andjelkovic e Stanislav Vukicevic, i maggiori rappresentanti del regime qui in
Kosovo, e abbiamo parlato di due aspetti chiave. Il primo e' la
cantonizzazione, in merito alla quale si sono pronunciati, soprattutto
Andjelkovic, del tutto positivamente. Egli ha detto che gia' in passato ha
proposto a Belgrado la riorganizzazione dei comuni nelle enclave serbe in
Kosovo e che non gli e' chiaro perche' la sua
proposta non e' stata accettata. Gli ho allora
proposto di sostenere pubblicamente la
cantonizzazione. La seconda cosa di cui abbiamo
discusso e' quella di un terzo rappresentante
dei serbi nel Consiglio temporaneo del Kosovo.
Hanno detto che era un'entita' fantasma
dell'occupante quando noi siamo entrati a farne
parte, ma che se ci entreranno loro, non si
trattera' piu' di collaborazionismo, bensi' di
collaborazione. Sono stati menzionati anche
alcuni nomi, assolutamente tutti del Partito
Socialista Serbo.
(titolo di "Notizie Est")
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