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Notizie Est #261 - NATO/Jugoslavia/Kosovo



"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani

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NOTIZIE EST #261 - NATO/JUGOSLAVIA/KOSOVO
22 settembre 1999
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CHE PROBLEMA, PER LA NATO, SE MILOSEVIC NON SI 
FOSSE ARRESO...
(a cura di Dusan Radulovic - "Vreme", 28 agosto 
1999, sulla base del servizio di BBC Newsnight 
del 20 agosto 1999)

[NOTA: Per alcuni giorni ancora "Notizie Est" 
avra' cadenza quotidiana, con la distribuzione 
di materiali riguardanti il periodo precedente 
la ripresa delle pubblicazioni. Nei prossimi 
numeri, tra le altre cose, pubblicheremo 
un'intervista di "NIN" a Momcilo Trajkovic, 
leader del Movimento Serbo di Resistenza, 
relativa alle sue proposte di cantonizzazione, e 
un commento sull'esodo di serbi e rom dal Kosovo 
- a.f.]

[...] Il testo che segue e' stato redatto sulla 
base del riassunto della summenzionata 
trasmissione della BBC pubblicato su Internet, 
nonche' sulla trascrizione di brani della 
medesima trasmissione diffusi nel programma 
della redazione serba della BBC, messici 
cortesemente a disposizione dai colleghi di 
Londra.

Il giornalista Marc Urban ha condotto 
un'indagine su quanto ha preceduto i 
bombardamenti della NATO contro la Jugoslavia e 
quanto e' avvenuto durante la loro effettuazione 
e dopo di essi. Ha parlato con i diretti 
partecipanti e la sua trasmissione ha suscitato 
numerose reazioni [...].

All'inizio della trasmissione Marc Urban osserva 
che gli esperti erano ben lontani dall'avere 
raggiunto un pieno consenso e che la maggior 
parte delle persone che hanno deciso e diretto 
l'intera campagna riteneva che la "conduzione di 
una guerra contro Slobodan Milosevic avrebbe 
potuto rivelarsi un'impresa dagli esiti ignoti". 
Il vicesegretario di stato americano Strobe 
Talbott ha detto alla BBC che "i rapporti 
all'interno della NATO si erano fatti sempre 
piu' complicati e sarebbe stato difficile 
preservare l'alleanza se Slobodan Milosevic non 
si fosse arreso il 3 giugno".

Definito nell'emissione come "una delle persone 
che fanno parte del team di politica estera piu' 
vicino al presidente USA Bill Clinton", Strobe 
Talbott afferma che "per fortuna il conflitto e' 
finito come era finito". L'autore della 
trasmissione afferma inoltre che dall'estate 
scorsa, quando la NATO per la prima volta ha 
iniziato a pensare seriamente a un intervento, 
fino all'ultimo giorno dei bombardamenti 
all'inizio di giugno, vi sono stati enormi 
problemi per fare concordare le posizioni dei 
membri dell'organizzazione in merito a un uso 
comune della forza.

"Nel corso dei bombardamenti, non solo e' stato 
difficile raggiungere un accordo sull'impiego di 
truppe di terra contro il presidente Milosevic, 
ma addirittura lo stesso proseguimento dei 
bombardamenti e' stato messo in questione 
all'interno della NATO". Ricordando che per la 
decisione e' necessario l'assenso di tutti i 19 
membri del Patto Atlantico, Marc Urban afferma 
che "si e' raggiunto un accordo solo sui 
bombardamenti, perche' i 'falchi' premevano per 
ogni variante (militare), ivi inclusa 
un'invasione totale, mentre le 'colombe' 
insistevano per una pausa nei bombardamenti". Il 
risultato e' stato quello di ignorare i chiari 
avvertimenti degli esperti della NATO (riguardo 
ai possibili effetti e conseguenze) e tutto 
questo solo per conservare l'istituzione del 
consenso.

LA PREPARAZIONE DELL'INTERVENTO
La trasmissione, a tale proposito, riporta le 
parole del capo del Comitato militare della 
NATO, il generale tedesco Klaus Neumann, che 
l'estate scorsa, in occasione della prima 
discussione di un'eventuale intervento in 
Jugoslavia da parte del Patto Atlantico, ha 
detto di sentirsi in dovere di ammonire 
formalmente le istanze politiche piu' alte della 
NATO che "bisogna essere pronti a un'escalation 
del conflitto se con la prima azione militare 
(il bombardamento) non si otterranno gli 
obiettivi politici desiderati". Il suo 
ammonimento realtivo alla necessita' di essere 
pronti a un'azione militare a diversi livelli, 
fino all'invasione totale, e' stato in 
quell'occasione ignorato. Lo stesso generale 
Neumann ha aspramente criticato 
l'indisponibilita' degli USA a mettere in campo 
anche forze di terra qualora si fosse reso 
necessario. L'autore della trasmissione afferma 
quindi che il rifiuto degli Stati Uniti di 
coinvolgere truppe di terra ha limitato la 
liberta' di azione della NATO fino all'ottobre 
dello scorso anno.

Delle successive trattative, fino alla fine di 
quelle di Rambouillet, cosi' come degli incontri 
con il presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, 
ha parlato nel corso della trasmissione 
l'inviato speciale americano Richard Holbrooke. 
"Gli ho chiesto se capiva quello che sarebbe 
successo (nel caso che le trattative fossero 
fallite). 'Lo so, ci bombarderete', mi ha detto 
Milosevic. Allora gli ho detto che volevo essere 
molto chiaro, l'azione sarebbe stata fulminea, 
spietata e senza compromessi. Ha risposto con 
grande freddezza: 'Il vostro (degli USA) impegno 
e' terminato, non ci saranno piu' trattative e 
voi ci bombarderete'. Milosevic e il suo vertice 
militare sapevano che gli attacchi aerei 
sarebbero cominciati".

Quando il 13 ottobre dell'anno scorso la NATO ha 
concordato un piano per i bombardamenti, che e' 
stato poi attivato nel marzo del 1999, i governi 
dei paesi membri hanno rifiutato perfino anche 
solo di mettere a punto dei piani preliminari 
per l'impiego di truppe di terra e per la 
conduzione di una guerra nel paese, cosa di cui 
successivamente, dice Marc Urban, i funzionari 
americani hanno cercato di dare la colpa ai 
membri europei dell'alleanza. Perfino quando i 
19 paesi della NATO hanno concordato nel giugno 
di quest'anno di inviare forze internazionali in 
Kosovo (KFOR), l'intera operazione e' stata 
rimandata di 24 ore perche' le truppe americane 
non erano pronte per l'inizio dell'azione.

LE FASI "DUE" E "TRE"
"Qual era il motivo di tutto questo?", si chiede 
l'autore e risponde: "la Casa Bianca ha 
rifiutato di approvare l'approdo (in Grecia) 
delle sue truppe e la loro inclusione 
nell'azione congiunta fino a quando non fosse 
stato assolutamente sicuro che sarebbero entrate 
senza alcun combattimento in Kosovo. Il 
presidente Clinton e' stato inflessibile nella 
sua decisione che le azioni di guerra dovevano 
essere compiute esclusivamente dall'aria. Era 
pronto a prendere seriamente in considerazione 
l'impiego di truppe di terra solo quando il 
presidente Milosevic avesse accettato le 
condizioni (della NATO), cessando ogni 
resistenza. E comunque, quali sarebbero state le 
possibilita' che un'operazione di terra 
ottenesse l'approvazione di tutti i membri della 
NATO? Oggi e' chiaro - limitatissime".

Il giornalista della BBC constata: "Alla fine e' 
diventato chiaro che alcuni membri della NATO 
sono quasi riusciti a ottenere successo nel 
tentativo di dichiarare una pausa nel 
bombardamenti di obiettivi in Jugoslavia e che 
l'America e' stata costretta a impedirlo - con 
mezzi corretti, ma anche scorretti". L'Italia 
gia' dopo due giorni dall'inizio dell'operazione 
aerea congiunta ha suggerito il raggiungimento 
di un'intesa diplomatica, si dice poi nella 
trasmissione. Alcuni paesi, tra i quali la 
Francia, la Germania, l'Italia e la Grecia hanno 
deciso gia' nelle primissime fasi 
dell'operazione di non essere disponibili a 
un'escalation dei bombardamenti oltre 
determinati limiti e quindi praticamente hanno 
reso nulli i piani che essi stessi avevano 
approvato gia' il 13 ottobre 1998, nonostante il 
terzo giorno dell'operazione "questi dissidenti 
avessero approvato il passaggio alla 'fase due', 
che prevedeva il bombardamento delle forze 
armate jugoslave e dei magazzini militari". 
Tuttavia, Marc Urban afferma che i suddetti 
paesi non erano disposti ad approvare il 
passaggio alla 'fase tre', con la quale si 
prevedeva di colpire obiettivi come centrali 
elettriche o edifici nel centro di Belgrado 
utilizzati dal regime di Milosevic".

Tali paesi ritenevano che le loro argomentazioni 
fossero "assolutamente inattaccabili, per il 
semplice motivo che nella risoluzione di 
intervento adottata nel precedente mese di 
ottobre, approvata dal piu' alto corpo politico, 
il Consiglio della NATO, si affermava a chiare 
lettere che ogni escalation della campagna 
doveva ottenere l'approvazione unanime di tutti 
gli stati membri". Tuttavia, si afferma poi 
nella trasmissione della BBC, il 30 marzo Havier 
Solana, il comandante in capo della NATO, il 
generale americano Wesley Clark, e il generale 
Neumann hanno comunicato insieme agli 
ambasciatori dei paesi membri che veniva 
annullato non solo il vecchio piano delle fasi 
previste, ma che non valeva piu' nemmeno la 
"garanzia politica" (il consenso in caso di 
adozione di qualsivoglia modifica dei piani di 
guerra). Dopo avere ottenuto la promessa che la 
NATO avrebbe colpito "esclusivamente obiettivi 
militari", i dubbiosi alleati hanno accettato di 
appoggiare questa modifica. Il generale Clark ha 
ordinato quindi di colpire alcuni obiettivi 
della 'fase tre', come l'edificio a Usce, la 
residenza nella via Uzicka 15 e la 
Radiotelevisione Serba, obiettivi il cui 
bombardamento i paesi prima menzionati avevano 
rifiutato di approvare.

Il generale Clark ha successivamente adottato 
decisioni soprattutto dopo consultazioni 
telefoniche con "leader chiave che erano a 
favore del bombardamento di alcuni obiettivi 
particolarmente sensibili". A tale proposito, 
egli dichiara nel corso della trasmissione: "per 
ogni singolo obiettivo dovevo discutere della 
proposta con ogni singolo governo. Stabilivo 
quali erano i governi piu' inflessibili e quali 
quelli piu' nervosi e provvedevo io stesso a una 
selezione degli obiettivi in modo tale da 
conservare il supporto e la coesione. Non ho 
tuttavia consultato sempre coloro che 
desideravano che alcuni obiettivi fossero 
esclusi". Marc Urban quindi osserva che "molti 
all'interno della NATO pensano che il comandante 
militare abbia fatto l'unica cosa che poteva 
fare per vincere la guerra in presenza di 
numerosi e rigidi limiti politici" e cita una 
fonte anonima secondo cui "non e' possibile 
condurre la guerra nelle sale dei politici".

DESIDERIO DI VITTORIA
"Poiche' il summenzionato dilemma politico-militare non e' stato risolto nel 
corso dei bombardamenti contro la Jugoslavia", commenta l'autore della 
trasmissione, "i ministri dei paesi membri hanno continuato ad affermare che la 
NATO colpisce solo obiettivi militari, anche se era perfettamente chiaro che la 
maggioranza della gente non poteva certo ritenere tali le emittenti TV o le 
centrali elettriche. Se voleva vincere, la NATO doveva semplicemente mettere da 
parte quei membri che rifiutavano una piena collaborazione. I paesi che 
cercavano di ostacolare l'escalation rifiutano oggi di parlare di un impegno in 
prima persona nel corso dei bombardamenti o affermano di avere impedito al 
generale Clark di andare oltre". Nella trasmissione della BBC quest'ultima 
affermazione viene argomentata con la dichiarazione del presidente francese 
Chirac secondo cui "bisogna ringraziarlo (Clark) per il fatto che sul Danubio 
c'e' ancora un ponte integro".

Ma cosa e' accaduto con la Germania e l'Italia, che avevano proposto di 
effettuare una pausa nei bombardamenti, si chiede Marc Urban. "Londra e 
Washington ritenevano che sarebbe stata una catastrofe e non hanno consentito 
nemmeno che si accennasse a una tale idea, per non dire poi di discuterne 
formalmente. Il ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, che e' stato il 
piu' energico nel chiedere un'interruzione dei bombardamenti, oggi afferma di 
avere dovuto accettare che queste cose non possono funzionare in un'alleanza, 
perche' il processo e' eccessivamente complicato. Quello che dopo 
l'accettazione da parte di Milosevic di ritirarsi (dal Kosovo) alcuni leader 
hanno definito come un "trionfo della decisione con cui ha operato la NATO", 
oggi viene considerato come un trionfo di una brutale alleanza diretta da 
Washington. "Quando faceva loro comodo, per impedire l'interruzione dei 
bombardamenti, per esempio, si appellavano allo statuto dell'alleanza che 
richiede l'unanimita' per l'adozione di decisioni, mentre quando si cercava 
un'escalation degli attacchi, Washington ha trovato il modo di aggirare questa 
stessa regola", dice l'autore della trasmissione, aggiungendo: "Per coloro che 
hanno adottato le decisioni valeva la regola di Machiavelli, secondo cui il 
fine giustifica i mezzi. E questo perche' sembrava loro terribile anche solo 
pensare alla possibilita' di un'umiliante dissoluzione della NATO".

UNA NUOVA DIVERGENZA
La trasmissione della BBC ha riportato anche le riflessioni del diplomatico 
americano Strobe Talbott riguardo a cosa avrebbe potuto accadere se all'inizio 
di giugno Slobodan Milosevic non avesse accettato di ritirarsi dal Kosovo. 
"Avremmo proseguito con i bombardamenti", ha affermato. "Sarebbe stato sempre 
piu' difficile governare le tensioni nei rapporti tra la NATO e la Russia. 
Ritengo che per gli alleati sarebbe stato sempre piu' difficile anche solo 
conservare la reciproca solidarieta' e la decisione nell'agire. Non penso che 
sarebbe stato possibile, in tal caso, risolvere il problema in alcuni giorni e 
ritengo una fortuna che il conflitto sia terminato nel modo che abbiamo visto e 
nelle condizioni che abbiamo visto". A Strobe Talbott e' stato poi chiesto se 
secondo lui l'entrata delle truppe russe in Kosovo e la presa di controllo 
dell'aeroporto di Slatina presso Pristina avrebbe potuto essere all'origine di 
uno scontro tra le forze NATO e i soldati russi, o addirittura di un conflitto 
piu' largo tra i due: "Ritengo che vi sia stata una tale possibilita'", ha 
risposto Talbott e ha aggiunto di "non essere nella posizione di confermare" se 
il generale Clark abbia ordinato con parole precise ai soldati britannici di 
scontrarsi con i russi, ma di essere in grado di 
affermare che in quell'occasione vi e' stato 
grande nervosismo per lo sprint finale dei russi 
a Pristina. "Non vedo a chi avrebbe potuto 
portare qualcosa di buono - con la possibile 
eccezione del presidente Milosevic, che 
probabilmente ha riso di cuore guardando la 
scena da Belgrado", ha concluso il diplomatico 
americano

Alla fine, la NATO non e' nemmeno riuscita a 
trovare una soluzione durevole al problema del 
Kosovo, ritiene Marc Urban. "Gli alleati si sono 
di nuovo divisi riguardo alla questione del 
futuro del Kosovo. L'America e' a favore 
dell'indipendenza per gli albanesi locali, 
mentre i tedeschi e i francesi sono aspramente 
contrari. In assenza di condizioni di guerra 
come sono state quelle recenti, sara' molto 
difficile conservare l'unita' tra i paesi membri 
nella soluzione di questo e di altri problemi 
futuri", si afferma alla fine dell'emissione 
speciale sul Kosovo, trasmessa il 20 agosto dal 
secondo canale della BBC di Londra.


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