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da Belgrado: Ya Basta, gli amici del Partjia Rada e i comunisti jugoslavi




Sui comunisti jugoslavi, la D.O.S. e i loro amici nel mondo. 

- Ya Basta e Radio Onda D'Urto 
- Un articolo di F. Grimaldi dall'Ernesto 

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Ha scritto Yabasta su noomc-it@egroups.com: 

" L'intervista che segue è stata realizzata il 5 gennaio 2001 con Nenad, un 
rappresentante del Partjia Rada (Partito del lavoro), e trasmessa sulle 
frequenze di Radio Onda D'Urto durante la trasmissione "Ostavka!". Questa 
formazione politica è l'unica attualmente in Jugoslavia a dichiararsi 
comunista e ad aver rappresentato una convinta opposizione a Milosevic nel 
corso deglianni '90. Fondata da dissidenti politici in carcere sotto Tito, sono 
ora pronti a fronteggiare l'ingresso dell'economia jugoslava nella rete del 
mercato globale.. "

Il Partito del Lavoro unica formazione attuale comunista schierata in 
opposizione al governo Milosevic? Una affermazione perlomeno inesatta, 
come pure è falso far credere che in Jugoslavia non esistano da tempo 
partiti comunisti di ispirazione sia comunista "ortodossa" che titoista e 
quindi jugoslavista, che per di più mai abbiano "rappresentato una convinta 
opposizione a Milosevic": qui sotto allego la lista dei partiti che si sono 
presentati alle elezioni federali di fine settembre, e per la Serbia a quelle 
nazionali di dicembre. Come si può vedere, le formazioni dichiaratamente di 
ispirazione comunista e operaista non sono poche, e buona parte di esse 
raccolgono più voti del Partjia Rada di Nedar (Radio Onda D'Urto ha mai 
pensato di intervistare qualche loro rappresentante? E se no, perchè?). 
In occasione delle elezoni di dicembre, queste formazioni si sono unite in 
una lista comune denominata Komunisticka Radnicka Koalicija - Coalizione 
Comunista Operaia, abbreviato "KORAK" (che significa "il passo", quasi a 
dare il senso di un passo avanti). A questa coalizione si e' infine aggregato 
anche il partito comunista di tradizione cominformista di Branko Kitanovic 
NKPJ, e dunque la lista ha assunto il nome KORAK-NKPJ. 
Questa formazione politica non ha poi potuto presentarsi effetivamente alle 
elezioni per un vizio formale (tempi di presentazione delle liste). Essa era 
accreditata di un consenso attorno al 6% e quindi con buone possibilità di 
entrare in parlamento (soglia del 5%). Sarà per la prossima volta, Nato e 
uranio permettendo. 

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RISULTATI DEI PARTITI COMUNISTI ED OPERAI ALLE ELEZIONI
PARLAMENTARI DELLA RF DI JUGOSLAVIA, 24/9/2000

Estratto dei risultati ufficiali pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della RFJ il 
2/10/2000 (Fonte: contatti a Kragujevac ed in Germania)

Numero degli aventi diritto al voto: 7 216 920

*** CAMERA DEI DEPUTATI

Votanti: 5 003 640

DOS      2 005 319     55 seggi
SPS/JUL  1 595 551     46 seggi
SNP        104 198     28 seggi
(...)
NKPJ   35 740   NOVA KOMUNISTICKA PARTIJA JUGOSLAVIJE (B. 
KITANOVIC)  
RP     12 192   RADNICKI POKRET (KRAGUJEVAC) 
JK      5 105   JUGOSLAVENSKI KOMUNISTI (D. DRASKOVIC) 
SKJ-S   2 278   SAVEZ KOM. JUGOSLAVIJE U SRBIJI - KOMUNISTI 
SUBOTICE 
SKJ-CG  1 946  
SAVEZ KOM. JUGOSLAVIJE - KOMUNISTI CRNE GORE 
JUL-CG  1 627  JUGOSLAVENSKA UDRUZENA LEVICA ZA CRNU GORU

*** CAMERA DELLE REPUBBLICHE

* SERBIA

Votanti: 5 003 640

DOS	2 097 701	10 seggi
SPS/JUL	1 652 025	 7 seggi
(...)
Partiti comunisti: risultati non pervenuti

* MONTENEGRO

Votanti:  123 047

SNP	102 256		19 seggi
(...)
JK        796   JUGOSLAVENSKI KOMUNISTI (D. DRASKOVIC)
JUL-CG  1 925   JUGOSLAVENSKA UDRUZENA LEVICA ZA CRNU GORU
SKJ-CG  1 236   SAVEZ KOM. JUGOSLAVIJE - KOMUNISTI CRNE GORE

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Per quanto riguarda il KORAK, ecco il loro comunicato: 

"Partendo dal indispensabile bisogno di difendere gli interessi della classe 
operaia, dei contadini e di tutti i creatori dei valori esposti allo sfruttamento 
del capitale, e esprimendo la volontà dei propri membri e organi in questo 
momento storico, i delegati dei partiti operai e comunisti, il giorno 3.11.2000 
a Belgrado, hanno accettato 
UN ACCORDO DI COALIZIONE DEI PARTITI COMUNISTI E OPERAI 
DI PRESENTARSI UNITI ALLE ELEZIONI IN SERBIA"

Gli otto articoli dell'Accordo:
1 - gli obiettivi alle elezioni della Coalizione
2 - i rapporti fra i membri della stessa
3 - la lista
4 - comunicazioni con la pubblica opinione
5 - il "quartiere generale" per le elezioni
6 - i mezzi materiali
7 - il corpo del coordinamento
8 - accettazione dell'Accordo

I firmatari dell'Accordo sono i seguenti partiti:

1. Comunisti jugoslavi (Jugoslovenski komunisti)
2. Lega dei comunisti jugoslavi (Savez komunista Jugoslavije)
3. Lega dei comunisti jugoslavi in Serbia (Savez komunista Jugoslavije u 
Srbiji)
4. Classe operaia jugoslava (Jugoslovenska radnicka klasa)
5. Lega dei comunisti jugoslavi - Partito comunista della Serbia (Savez 
komunista Jugoslavije - Komunisticka partija Srbije)
6. Centro Tito (Centar Tito)
7. Partito operaio jugoslavo (Radnicka stranka Jugoslavije)
8. Lega degli operai della Jugoslavia (Savez radnika Jugoslavije)
9. Partito comunista jugoslavo (Komunisticka partija Jugoslavije)
10. Partito socialista popolare jugoslavo (Socijalisticka narodna stranka 
Jugoslavije)
11. Movimento operaio (Radnicki pokret)
12. Lega degli operai della Serbia (Savez radnika Srbije)

E' previsto per la primavera il Congresso in cui tutti questi partiti dovrebbero 
unirsi in uno. Sono piccoli partiti nati qua e là durante gli anni '80 o '90, che 
pensano che uniti saranno più forti e potranno fare di più.

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Riguardo poi ai 18 partiti e partitini che formano la coalizione del DOS vi 
riporto un articolo dall'Ernesto al riguardo, così vi fate un'idea dei compagni 
di viaggio del Partito del Lavoro - Partjia Rada e del suo leader Nedar, citato 
nell'articolo (non un semplice "rappresentante"), nel loro assalto alla radio 
nazionale e al Parlamento, dove hanno avuto cura di distruggere le schede 
votate a scanso di reali e serie controverifiche. Prima di rispondermi a male 
parole vi prego di leggere con attenzione non tanto le considerazioni 
dell'autore ma i nomi e le organizzazioni che vi compaiono e i loro intrecci. 

Infine, mi scuso con gli iscritti a questa lista che non sono interessati a 
queste specifiche tematiche, ma i ricorrenti messaggi di Yabasta-Ostavka e 
specificatamente le inesattezze e la disinformazione contenute in 
quest'ultimo necessitavano un intervento di informazione umilmente più 
seria. 

Giorgio Ellero
<glr_y@iol.it>

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Jugoslavia: i rivoluzionari della D.O.S. e i loro alleati

Non mi riesce di ricordare un altro caso in cui uno Stato assediato e in 
guerra abbia consentito la formazione di una quinta colonna interna delle 
proporzioni di quella jugoslava. O un altro caso in cui l’intera opposizione - 
salvo alcune formazioni comuniste post-titine di scarsissimo peso numerico 
nazionale - si ponesse al soldo ed agli ordini di potenze straniere. Deve 
essere merito della “dittatura” di Slobodan Milosevic, sotto la cui ferula 
hanno potuto fiorire una maggioranza di mezzi d’informazione ferocemente 
critici del tiranno, nonché formazioni politiche che facevano i pendolari con 
Sofia, Podgorica o Zagabria per seguire corsi di presa del palazzo condotti 
dalla CIA, o ricevevano bauli pieni di dollari, riempiti da emissari del 
banditismo speculativo internazionale, come il pluriinqui-sito e 
pluricondannato ebreo ungherese George Soros, fiduciario del FMI, o 
direttamente dalla Casa Bianca di cui Soros era consigliere per i paesi 
dell’Est europeo e per i Balcani. Quel Soros inquisito anche in Italia per 
l’assalto alla lira del 1992 che ci costò 47 miliardi di dollari, bruciati dalla 
Banca d’Italia per sostenere la nostra valuta, nonché una svaluta-zione del 
30%, grazie alla quale i nostri gioielli di famiglia, le industrie di Stato, finirono 
sul mercato internazionale a prezzi stracciati. Quel Soros il cui Fondo 
d’investimento Quantum Fund, con sede nel paradiso fiscale delle Antille 
olandesi, fu perseguito per collegamenti con i cartelli della droga 
colombiana. Quel Soros il cui International Crisis Group, think tank del 
Pentagono per il Balcani, ordinò al governatore ONU del Kosovo, Kouchner, 
di occupare le più grande miniere d’Europa, Trepca, di proprietà jugoslava, 
per poi conferirle a un consorzio a guida statunitense, capeggiato dall’ex-
segretario alla Difesa, Cheney. Quel Soros che, quando nel maggio ’99 e in 
pieno bombardamento incontrai apertamente,  in un palazzo del centro di 
Belgrado, il coordinamento delle ONG jugoslave e della “società civile “, 
Comitato Helsinki e Donne in Nero in testa, mi fu indicato come  munifico 
finanziatore di quasi tutte queste formazioni. Nel solo settembre 2000, alla 
vigilia del “putsch di popolo”, organizzato, infiltrato e guidato da 2000 sgherri 
paramilitari, molti travestiti da poliziotti, del sindaco di Cacak, Velimir Ilic, 
dalle teste rasate di Zoran Djindjic (l’impresentabile “guida rivoluzionaria” 
che, essendosi venduto a tedeschi e americani e avendo fornito alla Nato le 
mappe dei siti da bombardare, ha dovuto presentare la “rivoluzione 
democratica” con la faccia del meno screditato Vojislav Kostunica), e dai 
militanti di Otpor, gli stanziamenti ufficiali USA alla DOS, Opposizione 
Democratica Serba, sono stati di 700 milioni di dollari: 77 deliberati dal 
governo, 105 dal Senato, 500 dalla Camera dei Rappresentanti. A paragone 
dell’Italia, della sua popolazione e del suo reddito medio, sarebbero 17.000 
miliardi, una finanziaria, che un governo straniero (e nemico) avrebbe fornito 
ai partiti d’opposizione: reato di corruzione e addirittura di alto tradimento 
per qualsiasi paese del mondo. Oltre ai soldi, già in precedenza un flusso 
inarrestabile ai gruppi della società civile, Otpor in testa, e ai loro mezzi 
d’informazione, Radio B2-92 e Studio B (di Vuk Draskovic) per citare solo i 
più noti, l’appoggio statunitense e di vari paesi Nato prendeva la forma di 
equipaggiamenti e macchinari: computer, ricetrasmittenti, fotocopiatrici, 
stampanti, attrezzature d’ufficio, fax, e quei telefonini di cui pareva che ogni 
singolo membro di Otpor facesse esibizione nel gestire le manifestazioni 
della “rivolta democratica”, culminata nell’incendio del Parlamento, nella 
distruzione delle schede che avrebbero consentito un riesame del voto, nella 
devastazione delle sedi del PSJ  e della JUL, nella caccia all’uomo 
protrattasi per parecchi giorni dopo la promessa di Kostunica: “niente 
revanscismi e violenze” (altri cellulari, si ricorderà, furono distribuiti agli amici 
interni perché segnalassero a Bruxelles obiettivi da colpire).

I protagonisti minori dell’operazione colpo di stato, accanto a Djindjic, al suo 
(e di Kostunica) Partito Democratico Serbo e alla folla, imbarcata da tutta la 
Jugoslavia, di gente terrorizzata dalle incombenti minacce belliche della 
Nato, consapevoli del vicolo cieco in cui era finito Milosevic, speranzose del 
bengodi assicurato dalla fine delle sanzioni e dall’arrivo del libero mercato, 
sono stati una quindicina di partitini del due o tre per cento. Alternativa 
Democratica di Neboja Covic, una specie di berluschino fino al ’96 sindaco 
di Belgrado, poi cacciato per corruzione: aveva tra l’altro trafficato perché 
fosse la sua ditta a fornire i tubi per la gassificazione della città; il partito 
democristiano di Batic, un’emana-zione della poco influente e reazionaria 
Chiesa Ortodossa; il Partito Socialdemocratico, di maggiore rilievo, dell’ex-
generale Vuko Obradovic, già delatore degli anti-Tito negli anni ’70, cacciato 
dall’esercito per traffici in Krajna, poi grande boss dell’export-import 
borsanerista sotto l’embargo; il partitino liberale dell’ex-comandante delle 
Forze Armate, Perisic, accusato all’Aja e intercettato mentre implorava l’ 
Albright di non farlo arrestare e quindi passato armi e bagagli agli ordini di 
Washington; Azione Democratica, fratello del partito islamista di Izetbegovic, 
capeggiato da Suleiman Ugljanin e attivo nel separatimso  del Sangiaccato; 
altri partiti minori separatisti della Vojvodina, come quello a maggioranza 
ungherese di tipo Lega che, con il 19% dei voti della minoranza vanta il 51% 
dei seggi nel parlamento regionale, e ultimamente ha chiesto una modifica 
alla Costituzione federale che prevedesse una propria Carta fondante, una 
propria magistratura, propri poteri legislativi ed esecutivi in tutte le materie, 
escluse, per ora,  difesa e politica estera. Si tratta fondamentalmente di 
espressioni di interessi economici, mascherati da rivendicazioni etniche o 
localistiche, tutti in rabbioso contrasto tra loro e che per Kostunica 
costituiscono il più frammentato e litigioso dei blocchi sociali, oggi tenuto 
insieme dalla minaccia delle formazioni paramilitari di Djindjic e dalla 
famelica attesa delle remunerazioni occidentali di tutti quanti. Completano il 
panorama partitini da prefisso telefonico come Nuova Serbia, Nuova 
Democrazia, Socialdemocrazia Unita, Lega Socialdemocratica della 
Vojvodina, Coalizione di Vojvodina, Riforma Democratica di Vojvodina,  i 
quali hanno tutti in comune un ristretto radicamento territoriale, rivendicazioni 
di carattere leghista, programmi di liberismo campanilistico e la 
subordinazione politica al capofila Djindjic.

Di particolare interesse sono però, più dinamiche dei principali partiti politici 
tradizionali (quello Democratico e quello, nazionalista e ultraliberista, del 
Rinnovamento Serbo, rispettivamente di Djndjic e dell’ondivago monarchico 
Draskovic, latitante in Francia durante il putsch), le formazioni della 
cosiddetta “società civile”: Organizzazioni non governative, non riconosciute 
se non da interlocutori italiani, comitati per i diritti civili, come 
l’amerikanissimo Comitato Helsinki, associazioni varie e, su tutti, Otpor, il 
cosiddetto Movimento degli Studenti, erede della coalizione Zajedno, 
organizzatrice della manifestazioni degli anni ‘96-’97 che sfilavano per 
Belgrado con in testa la bandiera americana.

Zajedno aveva come figura guida Vesna Pesic, fondatrice del Centro 
d’Azione contro la Guerra, e poi presidente dell’Alleanza Civica Serba che 
animò le grandi manifestazioni della seconda metà degli anni ’90 e dalla cui 
costola fu partorita Otpor (Resistenza). L’affiancava Sonia Licht, presidente 
della Fondazione Soros (Open Society) a Belgrado e anche lei portavoce 
del movimento (i dirigenti sia dell’Alleanza Civica, sia di Otpor hanno intensi 
contatti con i Centri Sociali del Nord Est, dei quali, invitati da Radio 
Sherwood, sono stati ripetutamente ospiti). Interessante il curriculum di 
Vesna Pesic. Docente all’United States Institute of Peace (USIP) nel ‘94-’95, 
Pesic è un tipico esponente dell’opposizione di estrema destra emersa in 
Europa Orientale dopo il l989, finanziata da fondazioni e agenzie occidentali 
e, spesso, del tutto apertamente dallo stesso governo USA. Nel l985 aveva 
fondato l’Helsinki Committee di Serbia, Questo comitato venne creato 
durante la Guerra Fredda per condurre campagne di diffamazione contro 
l’Unione Sovietica. Dal Comitato Helsinki scaturì nel 1990 il Movimento 
Europeo di Serbia. Il Movimento Europeo è una lobby filo-britannica, 
composta da elementi delle classi più abbienti, creata da Wisnton Churchill 
nel 1948 per sostenere l’egemonia britannica sulla Comunità Europea. 
Quanto all’USIP, si tratta di un’agenzia governativa statunitense, fondata dal 
Congresso “per rafforzare la capacità della Nazione di promuovere soluzioni 
appropriate (ricatti FMI, e poi bombe ed embargo. Ndr.) per i conflitti 
internazionali”. Il Consiglio d’amministrazione dell’USIP è nominato 
direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, ed è presieduto dal vice-
segretario di Stato per i servizi d’informazione e la ricerca. 
L’ingresso nell’Istituto è negato a chiunque si opponga al libero mercato, alla 
Nato e alla presenza statunitense in Europa. A Vesna Pesic fu assegnato nel 
1993 il Premio Democrazia della Fondazione Nazionale per la Democrazia 
(National Endowment for Democracy), un ente formalmente indipendente, 
ma finanziato dal Congresso e punta di lancia dell’espansionismo e 
interventismo USA. Tale premio è stato assegnato in passato a personaggi 
di sicuro affidamento imperialista come Vaclav Havel (il presidente ceco che 
indicò come suo successore Madeleine Albright), la stessa Albright, Jimmy 
Carter, Walter Mondale, George Mitchell. Nel 1998, Vesna Pesic fu 
candidata dagli americani al Premio Nobel. 

Otpor, spuntato nel 1999, sempre nell’ambito della coalizione di ONG serbe 
antigoverna-tive e definitosi, a dispetto dell’età media dei partecipanti, sui 
35 anni, “movimento degli studenti”, definito indistintamente da tutte le aree 
di opinione italiane espressione della democrazia progressiva serba, se non 
addirittura movimento rivoluzionario di sinistra, aveva per simbolo il pugno 
chiuso della rivolta parigina su fondo rosso (diventato nero nel giorno della 
presa del Parlamento). Tutti i suoi aderenti si dicono anche membri del 
Partito Democratico di Djindjic. Sociologicamente è un fritto misto 
interclassista di studenti della piccola e media borghesia, commercianti, 
pescicani della borsa nera e, come manovalan-za, sottoproletari delle 
periferie urbane. Un membro di Otpor confessò di aver assassinato il 
governatore socialista della Vojvodina, vicinissimo a Milosevic. Una 
manifestazione significativa di Otpor fu, nel corso della campagna elettorale, 
l’allestimento a Kragujevac di una serie di stelle a cinque punte comuniste, di 
ghiaccio, circondate da candele che ne provocavano lo scioglimento, sotto 
uno striscione su cui si leggeva “Dopo 50 anni è ora di seppellire il 
comunismo in Jugoslavia”. Militanti di Otpor furono, insieme alle teste rasate 
di Djindjic e ad una polizia privata, le forze d’urto negli assalti al parlamento 
federale e a quello serbo, nonché nella successiva epurazione violenta di 
funzionari, sindacalisti, manager di Stato, cittadini comuni non aderenti 
all’allora opposizione.  

Per chiarirne natura politica ed obiettivi economico-sociali conviene far 
parlare direttamente i due portavoce, Jelena e Ivana, in due interviste 
rilasciate rispettivamente agli amici di Radio Sherwood (organo dei Centri 
del Nord-Est) e al giornalista e scrittore belga Michel Collon. Riportiamo 
alcune risposte.

“ Otpor è nato da un’idea dei giovani che sono insoddisfatti di come stanno 
andando le cose in questo paese, e che vogliono vivere e pensare 
liberamente come nel resto del mondo. Noi vogliamo creare un nuovo 
sistema dove sarà possibile vivere ed esprimersi normalmente. Ci finanzia 
la gente che ci vuole aiutare… Tutto quello che facciamo, lo facciamo perché 
vogliamo entrare in Europa, vogliamo essere parte dell’Europa. 
Collaboriamo con tanti paesi europei e tanti ci appoggiano… Per quanto 
riguarda il Kosovo…si sa bene di chi è la colpa (Milosevic) e noi stiamo 
cercando di dimostrarlo. Vogliamo far capire alla gente chi è il colpevole… E 
anche la colpa dei bombardamenti è del nostro presidente Milosevic… Noi 
siamo isolati da tutto il resto del mondo per colpa di loro due (Milosevic e 
Mira Markovic. N.d.R.) e non è giusto. Anche qua c’è gente che vuole 
viaggiare, vuole conoscere e ha molto da offrire.”

Più interessante il colloquio con Ivana, a cui si aggiunge un altro dirigente, 
Nenad: 

“Tutti i nostri militanti sono anche membri del Partito Democratico (Djndjic. 
N.d.R.)…  Essere parzialmente controllati dalla CIA non mi disturba più di 
tanto…La Jugoslavia è un buon posto per investire, possiede miniere 
estremamente ricche, il Danubio ha grandi potenzialità elettriche, c’è una 
forza lavoro qualificata che lavora molto ed a basso prezzo, diciamo 200 
marchi (200.000 lire) al mese… è una situazione assai interessante per le 
multinazionali”.  
“E’ vero che Otpor, quanto meno i suoi dirigenti, sono pagati dalla CIA per 
mezzo della Fondazione Nazionale per la Democrazia (National Endowment 
for Democracy)?” 
“So bene che la CIA è impegnata in questa faccenda. Devono fare il loro 
lavoro e sono più forti dei nostri servizi segreti … Non possiamo resistere 
agli USA, loro devono fare il proprio lavoro e, di conseguenza, non mi 
imbarazza essere parzialmente controllato dalla CIA”. 
L’intervistatore ricorda ai suoi interlocutori che il capo della CIA, George 
Tennent, nell’estate del ’99 si era recato a Sofia per “istruire” l’opposizione 
serba e che lo scorso 28 agosto la BBC ha confermato che un corso CIA di 
“formazione speciale”, della durata di 10 giorni, era stato tenuto a militanti 
Otpor, sempre a Sofia. 
“Perché la CIA ha addestrato i nostri quadri e perché impegna tanto denaro 
per assumere il controllo su Otpor e sugli altri movimenti d’opposizione? 
Perché alla base di questi movimenti si trovano pure tante persone oneste 
che hanno molto da rimproverare a Milosevic ed ai partiti al potere, ma 
restano attaccati all’indipendenza della Jugoslavia…” 
Alla domanda  se Otpor non temesse che, quando le multinazionali avranno 
preso il controllo del paese, si abbasseranno fortemente tutti i salari allo 
scopo di elevare i profitti, la risposta è: 
“Cionondimeno sarebbe un gran bel affare per le multinazionali e noi 
cercheremo di mantenere il controllo”.

Radio B-92, poi ribattezzata, dopo una breve chiusura ordinata dalle autorità 
nel maggio ’99, dopo che la radio (come anche la Tv Studio-B) aveva 
incitato alla ribellione armata e all’uccisione dei capi del regime, Radio B2-
92, viene propagandata in Italia come voce della gioventù democratica e 
progressista. Suoi interlocutori particolarmente affettuosi sono ancora una 
volta le radio dei Centro Sociali del Nord Est. E qui non si può non notare la 
formidabile contraddizione tra un movimento (Centri del Nord Est, Cantieri 
Sociali, Radio Sherwood, ecc.) che, partecipando ai movimenti antiliberisti 
di Seattle, Praga, Bologna, Nizza con parole d’ordine antiliberiste e anti-
globalizzazione (evitando accuratamente i termini USA e imperialismo), si 
senta naturale alleato di forze serbe che tale liberismo capitalista e tale 
globalizzazione auspicano e che, per contribuire alla loro espansione, si 
fanno finanziare dalla CIA, dal governo USA, da Soros e relativi apparati 
sussidiari.

Non è questa la sede per allargare il discorso alla natura di queste ONG e 
delle ONG in generale, quelle cui pensa il bancario e presidente-in-pectore 
Antonio Fazio quando esalta il volontariato e il Terzo Settore e gli affida “il 
sociale”. Si tenga però presente il ruolo complementare alle grandi istituzioni 
finanziarie e commerciali, che articolano l’imperia-lismo americano, svolto 
da questi attivisti della “democrazia dal basso”. Identica è la visione 
antistatalista, l’avversione ad una mano pubblica che si assuma la difesa 
della collettività contro l’aggressione del potere economico privato. Identica 
è la spinta al federalismo, detto anche devolution, alla deregolamentazione, 
in Italia definita “democrazia municipale”. E’ ovvia la coincidenza tra 
antistatalismo e neoliberismo, dalla quale discende la benevolenza della 
Banca Mondiale verso le ONG. “In realtà i regimi neoliberali, la Banca 
Mondiale e le fondazioni occidentali (vedi la “Fondazione per una Società 
Aperta” di Soros) cooptano ed usano le ONG per sottrarre allo Stato 
nazionale le funzioni di protezione ed i servizi sociali tesi a compensare le 
vittime degli effetti determinati dalle grandi corporazioni multinazionali” 
(James Petras). Si comprende, perciò, perché i vertici dell’imperialismo 
USA abbiano in prima istanza curato la creazione e il rafforzamento in 
Jugoslavia di quella che, con un termine che annulla la lotta di classe, viene 
definita “società civile”.

Di questa strategia è impressionante documentazione il verbale di 
un’audizione del Senato USA (29 luglio 1999), cui erano stati invitati Robert 
Gelbard, inviato speciale di Clinton nei Balcani (poi in Indonesia) e regista 
dello smembramento della Jugoslavia; James Pardew Jr., consigliere del 
Presidente e segretario di Stato per l’attuazione di Dayton e degli accordi 
sul Kosovo; e, come presidente di commissione, il senatore Gordon Smith. 
In essenza la discussione vede Gelbard e Pardew illustrare a Smith le 
operazioni di sostegno finanziario all’opposizione jugoslava, in Serbia e 
Montenegro, con particolare riferimento al “movimento degli studenti” e ai 
media come B2-92.

Smith esordisce con la domanda circa come gli USA possono aiutare coloro 
in Serbia che cercano di eliminare il “regime dittatoriale” di Slobodan 
Milosevic. Dopo lo scambio iniziale su modi e mezzi di aiuto, vengono 
ammessi anche Sonja Biserko, presidente del Comitato di Helsinki in 
Serbia e, insieme a Sonia Licht (Fondazione Soros) e Vesna Pesic 
(Alleanza Civica delle ONG), leader della “società civile” serba; James 
Hooper, direttore del Balkan Action Council e consigliere dell’UCK, padre 
Irinej Dobrijevic, emissario del patriarca ortodosso Pavle (che poi benedisse 
gli assalitori del Parlamento) e John Fox direttore della sede di Washington 
dell’Open Society di George Soros. 
Rilevato che tutto è pronto perché un’opposizione finalmente unita (DOS) 
scenda in piazza e che la Chiesa Ortodossa Serba si è pronunciata per la 
liquidazione del regime, Smith afferma che tutto questo ha “enormi 
implicazione per la Nato e il suo futuro”. Punta di lancia delle prossime 
operazioni dovranno essere, attraverso l’appropriato uso dei fondi stanziati, 
l’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati (UNHCR), già impegnato in 
Montenegro a finanziare l’addestramento delle milizie del malavitoso 
Djukanovic condotto da specialisti delle britanniche SAS (Special Air 
Services: l’equivalente degli squadroni della morte latino-americani),  le 
organizzazioni civili serbe, in particolare il “movimento degli studenti” (Otpor), 
i sindacati “indipendenti” (quelli della caccia all’uomo ai sindacalisti Zastava, 
dopo l’elezione di Kostunica) e i media “indipendenti” (B2-92, Studio-B).
Viene ricordato che per la Legge sulla Democratizzazione della Serbia, 
presentata dal senatore Jesse Helms (quello della legge Burton-Helms 
contro Cuba), erano stati stanziati per questi destinatari, il giorno prima, 100 
milioni di dollari. Gelbard passa poi a elencare i fattori che avrebbero 
indebolito Milosevic: il successo della campagna di bombardamenti, 
l’occupazione del Kosovo da parte della KFOR, l’ottimo funzionamento (sic) 
dell’amministrazione ONU in Kosovo, l’incriminazione al Tribunale dell’Aja, 
l’isolamento internazionale attraverso l’embargo. Gelbard insiste sulla 
necessità di assistere con maggiore impegno le “forze del cambiamento 
democratico all’interno della società civile, in particolare i mezzi 
d’informazione”. “A tutti costoro abbiamo ripetutamente intimato di mettere 
da parte le differenze ed unirsi nel proposito di rovesciare il regime. Il 
cambio in Serbia può solo venire dall’interno. Noi dobbiamo rafforzare 
l’azione dell’opposizione, fornire equipaggia-mento, allargare la portata dei 
media, ma non risusciremo mai a conquistare i cuori e le menti del popolo 
serbo. Ciò può solo accadere se l’opposizione presenta una valida 
alternativa democratica, economica e politica”. 
Ricordato che nei due anni trascorsi, gli USA avevano finanziato 
l’opposizione con 16.5 milioni di dollari, Gelbard insiste perché questo 
sforzo vada integrato con i “tre livelli delle sanzioni” che “con gli europei 
siamo del tutto d’accordo di mantenere”. Prosegue Gelbard: ”Noi stiamo 
assistendo una vasta gamma di gruppi democratici, tra cui le ONG, partiti 
politici, media indipendenti, il movimento dei giovani (Otpor) e i sindacati 
indipendenti. Il nostro coordinamento con gli europei, anche per quanto 
riguarda il lato Kosovo (pulizia etnica dei serbi ad opera dell’UCK. N.d.R.) è 
perfetto. Stiamo anche incoraggiando l’impegno attivo delle realtà regionali 
del Sud Est europeo e in particolare i vicini della Serbia  perché mettano 
all’opera la propria esperienza di transizione” (A Budapest ed a Sofia furono 
poi creati i centri CIA di formazione dei quadri serbi). “Infine, stiamo dando 
tutto l’appoggio possibile al governo riformista della Repubblica del 
Montenegro”. 
L’inviato di Clinton specifica poi chi sono gli interlocutori USA 
dell’opposizione serba che hanno distribuito i 16,5 milioni: varie ONG, tra le 
quali AID, National Democratic Institute, International Republican Institute,  
National Endowment for Democracy, organizzazioni tutte di estrema destra, 
in gran parte già attive nei putsch o sovvertimenti in Guatemala, Panama, 
Grenada, Haiti, Cile, Indonesia, Grecia, Turchia, Romania e in genere 
nell’Est europeo. “Abbiamo tuttora notevoli somme a disposizione per la 
società civile e i progetti di democratizzazione, e le stiamo utilizzando in 
questo momento, anche per fornire assistenza tecnica e consigli politici di 
prim’ordine, soprattutto a quelle organizzazioni giovanili che collaborarono 
con noi già ai tempi delle manifestazioni nel 96-97. Quanto ai sindacati 
indipendenti serbi, un gran lavoro è stato compiuto dalla nostra centrale ALF-
CIO che interagisce costantemente con loro. Su una scala economica più 
ampia, il nostro Centro per l’Impresa Privata Internazionale sta preparando 
un programma diretto agli imprenditori ed agli economisti indipendenti, 
particolarmente a quelli raggruppati nel Gruppo dei 17. Con riferimento ai 
media indipendenti ci muoviamo su due fronti. Per primo stiamo allargando 
la copertura che raggiunge la popolazione serba, completando quello che 
chiamiamo il cerchio intorno alla Serbia, una rete di stazioni che comprende 
Voice of America, Radio Free Europe e altre emittenti su modulazione di 
frequenza. Radio Free Europe trasmette in serbo per circa 14 ore al giorno. 
Inoltre stiamo rafforzando gli stessi media indipendenti della Serbia… AID e 
altri donatori internazionali (Soros) stano mettendo in opera una proposta di 
ANEM, la rete elettronica indipendente della Serbia, per l’assistenza a 
stazioni radiofoniche e televisive e il collegamento tra di loro. Altri programmi 
serviranno alla formazione di giornalisti, al sostegno alla stampa locale, a 
collegamenti Internet”. 
Gelbard si dilunga poi sulle varie forme di collaborazione che dovranno 
essere offerte dai paesi confinanti, con la “loro grande esperienza di 
transizione alla democrazia”: Albania, Kosovo, Montenegro, Croazia, 
Slovenia, Ungheria, Cechia, Romania, Bulgaria, Macedonia. “In particolare 
riteniamo che il presidente montenegrino Milo Djukanovic (incriminato dalla 
giustizia italiano per contrabbando e narcotraffico. N.d.R.) possa diventare 
un efficace contrappeso a Milosevic. Negli ultimi mesi, gli USA gli hanno 
fatto pervenire 20 milioni di dollari e abbiamo creato un gruppo di lavoro 
congiunto per modernizzare l’economia montenegrina. Anche qui il nostro 
canale é l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (opportunamente per 
l’incarico di Alto Commissario appare favorita Emma Bonino. N.d.R.). 
Djukanovic potrà ben essere il faro-guida per l’opposizione serba.”

Decisivo, nello scenario della conquista della Federazione Jugoslava alla 
Nato e al libero mercato a dominio USA, è il ruolo del G17, nel cui 
programma di smantellamento delle garanzie sociali, dell’abbassamento del 
costo del lavoro e della cessione delle molte industrie ancora di Stato alle 
corporations euroamericane, si riconoscono ufficialmente tutti i protagonisti 
del putsch d’ottobre: da Djndjic a Kostunica (che però aggiunge la 
rivendicazione monarchica), da Draskovic a Otpor e a tutto l’arcipelago della 
cosiddetta “società civile”. 

Intervistato il 14 luglio 1999 dalla US Public Television, Veselin Vukotic, 
coordinatore del G17, si è spinto a dichiarare: ”Noi vogliamo essere una 
colonia aperta e una società aperta” (Open Society è appunto la ragione 
sociale delle organizzazioni accademiche e mediatiche di George Soros, 
già insignito della laurea Honoris Causa dell’Università di Bologna, rettore 
Roversi Monaco, alla presenza di Romano Prodi). Il G17 è finanziato dal 
Center for International Private Enterprise (Centro per l’Impresa 
Internazionale Privata) che a sua volta dipende da quello strumento di 
destabilizzazione dei paesi socialisti che é la già menzionata NED (National 
Endowment for Democracy), centro creato nella forma attuale nel 1983 come 
emanazione “culturale” della CIA. La NED foraggia intellettuali e leader 
d’opinione nel mondo (come documentano ampiamente gli studiosi di 
Montreal Michel Chossudowsky e Jared Israel, noti analisti delle vicende 
balcaniche), là dove  l’apparizione della CIA produrrebbe contraccolpi 
deleteri. Gli economisti del G17 occupano importanti cariche in seno alla 
Banca Mondiale (ecco la particolare predilezione per le “ONG” serbe, tipo 
Comitato Helsinki, Alleanza Civica e Otpor) e al Fondo Monetario 
Internazionale. Con l’ “opposizione democratica” arrivata al potere, sono loro 
che  gestiscono l’economia jugoslava. Il FMI non transige sulle funzioni 
dirigenziali dei suoi uomini. 

Chossudowsky e Israel rilevano l’identità del programma del G17 con le 
misure distruttive imposte a Russia, Ucraina, Bulgaria, Perù, Brasile e in 
molti altri paesi. Il FMI costringe i governi a sbarazzarsi delle protezioni 
sociali, dei sussidi a vitto, alloggio, trasporti e cure mediche (salvaguardia 
importante nella Jugoslavia di Milosevic). L’attuale gratuità di istruzione e 
sanità sarà la prima a cadere. Poi attraverso manipolazioni economiche (e 
qui entra in scena Soros) e nuove leggi conduce al fallimento le imprese 
pubbliche e quelle più rilevanti tra le private. A questo punto bande di ladroni 
internazionali sono in condizione di ricomprarle per quattro lire.

Nel 1989, quando una Jugoslavia debilitata dal debito estero conseguente 
alla crisi petrolifera e minacciata dalle rivendicazioni economiche (poi 
promosse ad etniche) delle repubbliche più ricche (Croazia, Slovenia) 
dovette subire il ricatto del FMI (da cui la nomea di Milosevic “uomo del FMI”, 
che fiorisce sulle labbra di esponenti di sinistra impegnati a trovare un 
contrappeso alla loro subalternità alla Nato), Veselin Vukotic, da ministro 
delle privatizzazioni nel governo Markovic, licenziò ben 600.000 lavoratori 
jugoslavi (su una forza lavoro di 2,7 milioni!). Adottò - e fu poi la rottura con 
Milosevic e il Partito Socialista e il suo passaggio tra le file dell’opposizione -
 il Financial Operations Act, un piano della Banca Mondiale che liquidò il 
50% dell’industria jugoslava, in gran parte autogestita. 1.100 aziende 
eliminate, prima della sua cacciata, tra il gennaio 1989 e il settembre 1990. 

La rottura tra Vukotic e il governo jugoslavo fu determinante per 
l’accelerazione del piano USA-tedesco di smembramento della Federazione 
e di conquista della Serbia. Corollari: affossamento dei salari, liquidazione 
dei programmi sociali, disoccupazione allo zenit. Il tentativo del Governo 
Federale di recuperare posizioni rispetto a questa catastrofe economico-
sociale venne poi frustrato dalle varie aggressioni fomentate dall’Occidente 
e dall’embargo. Oggi Vukotic svolge, per conto degli USA e del FMI, il lavoro 
di consigliere del montenegrino Djukanovic. Come Capo della Commissione 
per le Privatizzazione, ha sotto gli occhi il flusso del contrabbando di 
narcotici e carne umana dall’est europeo e di sigarette e droga da Svizzera 
e Grecia al Montenegro e da qui in Italia. E’ in poche parole uno dei motori 
della trasformazione della repubblica autonoma in Narcostato, sul modello 
del Kosovo affidato all’UCK e alle ONG. Il suo compito di disintegratore della 
Jugoslavia, Vukotic lo dimostrò anche quando nel giugno 2000, al momento 
della massima caccia all’uomo albanese contro i serbi, chiese di dare al 
Kosovo una moneta separata dal dinaro jugoslavo.

Altra figura di punta del G17 è Dusan Vujovic, già economista della Banca 
Mondiale. Nell’agosto del 2000 impose all’Ucraina un ennesimo, devastante 
“pacchetto di risanamento”. Il disastro ucraino era iniziato nell’autunno ’94, 
con la firma di un accordo con il FMI. In cambio di un modesto prestito di 360 
milioni di dollari, il FMI ha preteso che lo Stato cessasse di controllare il 
tasso di cambio della moneta. Quella è andata a picco e il prezzo del pane è 
aumentato del 300% in una sola notte. L’elettricità del 300%, i trasporti 
pubblici del 900%. Esattamente gli effetti che l’arrivo del capitalismo 
auspicato da Otpor stanno provocando in Jugoslavia.

L’elenco degli interventi occidentali (tedeschi e americani in testa) sulla 
Federazione Jugoslava, renitente al nuovo ordine economico, politico e 
militare mondiale, interventi occulti o manifesti, potrebbe continuare per 
molte pagine ancora. E ulteriormente si allungherà quando, come suole, 
negli USA si procederà alla desecretazione dei documenti inerenti al 
processo di disintegrazione dell’ultimo paese europeo non spontaneamente 
disposto a vendersi all’Impero. Gli storici avranno modo di dissipare 
definitivamente le nebbie con le quali non le destre, che fanno il loro 
mestiere, ma molte sinistre hanno avvolto la tragica realtà di un paese che, 
dopo una resistenza strenua ed eroica, ha dovuto cedere, più che al nemico, 
alla quinta colonna interna cui aveva consentito di formarsi. Quelle sinistre, 
più idealiste che marxiste, che privilegiano rapporti con forze nazionali 
collegate a quella sciagurata quinta colonna, con le quali concordano sul 
maggior rilievo da dare alla pagliuzza nell’occhio di un governante 
certamente, come tutti, imperfetto e responsabile di parecchio, piuttosto che 
alla trave che si proietta dagli occhi del mostro imperialista. Forse un giorno 
li raggiungerà una brezza di vergogna, quando per il popolo jugoslavo sarà 
troppo tardi. 
Non gli servirà allora, a distrarre se stessi e gli altri,  pronun-ciare i logori 
esorcismi: “Milosevic dittatore”, “regime fascista”, “ultranazionalista”. La ditta-
tura sarà arrivata davvero, e sarà quella degli ultranazionalismi euro-
americani, fascisti-camente capitalisti ed imperialisti. 

Chiudiamo con le parole pronunciate dalla figura-principe della “società 
civile” serba, Vesna Pesic, in un convegno organizzato ad ottobre a Torino 
dalla Fondazione Agnelli. 
“Ora che non c’è più Milosevic non dobbiamo più nasconderci, possiamo 
mostrare i nostri veri volti. Ad esempio, si accusa Kostunica di essere un 
nazionalista. E perché no? E’ nazionalista come Hashim Thaci (Comandante 
dell’UCK). E se alcuni paesi Nato dicono che si potrebbe dividere il Kosovo 
in due parti, perché no? Con Milosevic questa proposta non sarebbe stata 
presa neanche in considerazione, ma ora, senza più questo tumore 
cerebrale, se ne può parlare… Io non accetterei che l’ex-partito di Milosevic 
(PSJ) venga trattato come si farebbe in Inghilterra. Andrebbe smantellato del 
tutto come organizzazione criminale e malefica. Costoro vanno distrutti, 
devono sparire dal nostro orizzonte… La gente ha capito che non era la Nato 
il nostro nemico. E’ vero, ci hanno bombardato, ma come si potevano 
vedere gli americani come nemici? Forse gli albanesi, ma gli americani…”

Forse la Pesic è ancora in tempo per il Nobel. E c’è chi, dalle nostre parti, le 
ha dato una mano.

FULVIO GRIMALDI  PER L’ERNESTO - 18/10/00

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