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Belgrado: università. Srbijanka Turajlic
L'intervista che segue è stata realizzata e trasmessa in diretta sulle
frequenze di Radio Onda d'Urto all'interno del programma "Ostavka!" il 26
maggio 2000 (giorno di chiusura delle università della Serbia) con la prof.
Srbijanka Turajlic, docente universitaria espulsa dalla sua professione
accademica a Belgrado per attività contraria al regime. In materia di
insegnamento universitario il panorama legislativo non è cambiato. Per
apportare modifiche e ripristinare uno statuto che si possa definire
democratico, sarà necessario attendere una più compatta maggioranza a
livello federale delle forze democratiche (che potrebbe scaturire dalle
prossime elezioni per il solo parlamento federale che si terranno il
prossimo marzo 2001). A tutt'oggi infatti, all'interno del parlamento che
governa le due repubbliche costitutive della Jugoslavia (Serbia e
Montenegro), in seguito all'astensione del partito montenegrino anti-regime
di Djukanovic (che prenderà invece parte alle prossime), la coalizione di
Milosevic detiene ancora la maggioranza relativa. E' al tempo stesso ben
triste dover attendere che forze politiche come il DOS (Opposizione
Democratica di Serbia), che in tema di economia propinano soluzioni
inaccettabili, mettano mano all'impianto legislativo jugoslavo e attuino il
ripristino di un sistema che si possa dichiarare nei fatti democratico. Va
da sé però che ogni apertura agli elementari diritti umani, come quello
all'istruzione, sia ben accetta da qualunque parte essa provenga.
d-- Qual è la materia d'insegnamento che hai esercitato durante la tua
carriera come docente?
Sono un ingegnere elettrico ed ho insegnato questa materia presso la facoltà
di Ingegneria di Belgrado per circa 30 anni. Sono stata poi espulsa lo
scorso giugno (1999, ndr) e da allora non mi è stato possibile trovare uno
sbocco a questa mia professione all'interno della repubblica di Serbia. Così
ho fatto richiesta presso le università del Montenegro dove ora insegno ed
inoltre mantengo alcuni contatti con la repubblica serba di Bosnia dove
svolgo alcune attività.
d-- Quali sono le motivazioni che hanno portato alla tua espulsione
dall'università di Belgrado?
Ufficialmente la ragione per la quale sono stata espulsa è che non mi sarei
presentata sul posto di lavoro per 5 giorni consecutivamente. Cosa che è tra
l'altro vera dal momento che mi trovavo a casa con un regolare permesso per
malattia rilasciato da un medico ufficiale e di cui il dipartimento era
stato informato. In ogni caso di questo non ne hanno voluto tener conto ed è
stato per loro un ottimo pretesto per allontanarmi. Del resto in questi
ultimi anni mi sono spesso esposta in prima persona per fronteggiare il
rettore e le leggi antidemocratiche emanate in tema di università, per cui
devono aver pensato che rimuovermi dalla carica che ricoprivo all'interno
del dipartimento dovesse essere un'ottima mossa per stabilizzarne
l'attività.
d-- Come è cambiata la professione di docente universitario in Jugoslavia in
questi ultimi anni?
L'atmosfera è tale che i giovani hanno cominciato per così dire ad istruirsi
per conto loro. Attualmente il tremendo cambiamento ti porta a percepire
oltremodo di essere comunque obbligato a fare quello che stai facendo. Non
puoi metterti in testa di fare qualcosa di tua iniziativa se non ciò che il
rettore ordina a te di fare. Ci si ritrova così in un contesto di paura,
scoraggiamento, anche diffidenza tra colleghi. Tutto questo crea
un'atmosfera tutt'altro che stimolante sia per chi insegna che per chi
apprende o per chi si getta nella ricerca o insegue un dottorato. Posso
portarti i dati che riguardano il dipartimento di ingegneria elettrica
presso cui insegnavo: tra docenti e assistenti eravamo circa 200, negli
ultimi 18 mesi 58 di questi hanno lasciato l'insegnamento. Solo pochi tra
questi come me sono stati espulsi di fatto, la maggior parte, in particolare
gli assistenti al di sotto dei 30 anni, hanno preferito uscire da
quell'ambiente chiuso e restrittivo per cercare fondi altrove per la
ricerca, spesso all'estero: è un vero disastro.
d-- Nonostante questo tu vivi ancora a Belgrado, dove ti trovi al momento di
questa intervista, e segui da vicino l'attività universitaria belgradese.
Oggi in particolare (venerdì 26 maggio 2000, ndr) sarà una giornata
impegnativa e a suo modo storica. Cosa succederà oggi nelle università di
Belgrado (l'intervista è stata realizzata per telefono alle 8.30 circa del
mattino, ndr)?
È davvero difficile spiegarlo. Gli studenti hanno programmato un presidio
alle 12 davanti all'ingresso della facoltà di Filosofia. Non posso sapere
quanti saranno gli studenti e gli insegnanti che si ritroveranno per
protestare contro l'ordine giunto solo ieri dal ministero dell'istruzione a
tutte le facoltà di concludere tassativamente con oggi tutte le lezioni e le
altre attività connesse all'insegnamento, quindi procedere alla chiusura
vera e propria degli atenei. Noi ancora ci stiamo domandando cosa significhi
realmente questo decreto, dal momento che senza ogni dubbio oggi le
università saranno prese d'assalto da migliaia di studenti nel tentativo di
farsi registrare le presenze ai corsi se non proprio gli esami, in modo da
potersi iscrivere per lo meno all'anno successivo. Senza contare che alcuni
indirizzi bene o male volgevano alla conclusione, altri sono ancora nel
mezzo dell'anno accademico. A questo vanno aggiunte le attività di
laboratorio, i seminari, per i quali non si sa se verranno sottoposti a
questo decreto o faranno storia sé. D'altra parte il decreto emanato chiede
espressamente la stretta applicazione delle ordinanze esposte, che per
quanto ne so prevedono la chiusura degli edifici e delle strutture degli
atenei e la proibizione agli studenti di farvi ingresso a partire dalla
prossima settimana, anzi sono invitati a tornarsene ognuno a casa propria.
Questo comporterà senza dubbio che anche gli studenti che mai hanno
partecipato alle proteste e che sono a favore del regime si troveranno in
una situazione tale da dover reagire di fronte ad una palese ostruzione
della loro professione. Una marea di ragazzi è quindi prevista per oggi nei
dintorni delle università nel disperato tentativo di ottenere nell'arco di
una giornata quello che avrebbero dovuto portare a termine in quest'ultimo
mese del semestre. Sono convinta che nei prossimi giorni vedremo diverse
proteste un po' da parte di tutti gli studenti, quelli opposti a Milosevic e
anche quelli a favore.
d-- Secondo una tua opinione perché dal ministero sarebbe arrivato un ordine
di questo tipo e proprio in questo momento?
Perché il regime in questo modo vuole costringere tutti quegli studenti che
non sono di Belgrado a far ritorno alle proprie città di provenienza. Così
insieme alle università come naturale saranno chiusi anche i residence per
studenti e migliaia di loro dovranno tornare a casa perché non c'è altro
modo per trovare una sistemazione in una città già messa a dura prova dalle
migliaia di profughi giunti da tutte le parti della ex-Jugoslavia. D'altra
parte le università aperte sono di fatto anche un luogo fisico dove gli
studenti possono trovare lo spazio per organizzare e dar vita alle proprie
attività di protesta. L'obiettivo è quindi quello di disperdere le migliaia
di studenti protagonisti delle recenti manifestazioni di piazza e negare a
loro gli spazi dove queste stesse manifestazioni sono state pensate e
organizzate.
d-- Di fatti noi siamo stati abituati soprattutto ultimamente a seguire
l'attività dei movimenti studenteschi opposti al regime. Ma in quali forme
si è espressa in questi ultimi anni l'opposizione dei docenti schierati a
fianco degli studenti contro il regime?
Esiste un gruppo di docenti chiamati "Comitato per la Difesa della
Democrazia all'interno delle Università", che si è dato molto da fare per
organizzare le proteste dell'inverno tra il '96 e il '97 e attualmente sta
lavorando con l'Associazione dei docenti e dei ricercatori universitari. Il
loro numero in ogni caso è molto inferiore attualmente rispetto al tempo di
quelle manifestazioni. Da un lato perché molti di quei docenti hanno
abbandonato la carriera universitaria, dall'altra perché quelli che hanno
deciso di restare si sono in un modo o nell'altro rassegnati e si
barcamenano nel tentativo di non dare troppo fastidio e trarre da questo
allineamento forzato lo spazio vitale necessario per portare avanti le
proprie ricerche e condurre la propria professione. In sostanza si
rinchiudono all'interno dei meccanismi di ateneo e non si occupano di affari
politici, ma credo che questa loro tattica sia destinata a collassare. Mi
spiego: questo può andar bene fin tanto che i propri studenti sono liberi di
frequentare le proprie lezioni, ma quello che è successo in queste
settimane, dagli arresti alle selvagge aggressioni e pestaggi nei confronti
degli studenti fino a questa chiusura anticipata delle università, dall'oggi
al domani potrebbe portar loro a doversi schierare, dal momento che sono i
primi testimoni di ciò che sta avvenendo.
d-- Quali sono in particolare tra le leggi ultimamente emanate in tema di
università quelle a compromettere il normale svolgimento della vita di
ateneo?
L'attuale ordinamento si per se stesso cancella qualsiasi forma di autonomia
dell'università. Ciascuna persona è direttamente nelle mani della volontà
del rettore, buono o cattivo che sia. Penso che il problema stia tutto qui:
puoi essere nominato o assunto o espulso soltanto per effetto della volontà
del rettore. E' lui che di fatto dispone del tuo destino e non è tenuto a
giustificarsi con nessuno e non c'è nessuna chiara via legale attraverso la
quale tu possa difendere i tuoi diritti. Senza bisogno di aggiungere altro,
queste figure di rettore-padrone sono direttamente nominate dal governo
dietro la indispensabile condizione che siano membri del partito al potere e
che a questo si sottomettano di fronte a qualsiasi scelta da compiere.
Questo meccanismo ha creato un senso di insicurezza tra i docenti, dal
momento che non c'è modo di difendere le proprie posizioni di fronte a
questo ordinamento antidemocratico. Se un docente non dimostra sottomissione
al proprio rettore ha tutto da perdere: non gli viene concesso l'anno
sabbatico, non gli viene concesso di recarsi a convegni, partecipare a corsi
d'aggiornamento, recarsi all'estero per seminari anche qualora i fondi
fossero messi a disposizione dall'università ospitante, non vengono concessi
investimenti per i propri piani di ricerca. L'intera attività accademica di
ciascun docente è monitorata da vicino costantemente, come fosse un pupazzo
i cui fili siano nelle mani del rettore. Per quanto riguarda la mia materia
in effetti si potrebbe continuare ad insegnare senza grossi traumi, infondo
io insegno fatti empirici. Ben diversa è la situazione per quei docenti che
insegnano materie umanistiche o discipline umanistiche e storiche che sono
chiamati ad esporre che cosa sono i totalitarismi e non possono farlo. Tutto
ciò è assai frustrante. La stessa cosa vale anche per gli studenti, che
possono essere puniti o sospesi per la loro attività i quali contro queste
disposizioni non possono opporre nulla.
A cura di Michelangelo Severgnini
la trasmissione "Ostavka!" va in onda tutti i venerdì dalle 18.20
sulle frequenze di Radio Onda d'Urto
(FM 98.0 per Milano, 106.5 per Brescia)
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