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La nonviolenza e' in cammino. 362




LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO



Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di 
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it



Numero 362 del 22 settembre 2002



Sommario di questo numero:

1. Giobbe Santabarbara, dal punto di vista dell'umanita'

2. Charles C. Walker, manuale per l'azione diretta nonviolenta (parte prima)

3. Mary Wollstonecraft, la prospettiva

4. Congresso del Movimento Nonviolento: "La nonviolenza e' il varco attuale 
della storia"

5. Su "Nigrizia" di settembre un dossier sulla nonviolenza

6. Il secondo volume dei "Quaderni Satyagraha"

7. Svoltosi il convegno nazionale del Cem

8. Riletture: AA. VV., L'altro sguardo

9. Riletture: Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz, Decalogo

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'



1. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: DAL PUNTO DI VISTA DELL'UMANITA'

Se una cosa ho imparato e' che nel prendere decisioni occorre porsi dal 
punto di vista dell'umanita'. E giudicare valida e degna di essere compiuta 
solo quell'azione che ogni essere umano possa a sua volta compiere. E fare 
agli altri solo quel che ammetteresti che chiunque altro possa fare a te.

E poiche' sento che preferisco per me la vita alla morte, analogamente ad 
ogni altro essere umano devo riconoscere il diritto a vivere, e quindi devo 
ritenere che a nessuno debba essere dato il potere di uccidere, poiche' non 
ammetterei che altri abbia il potere di uccidere me, e  cosi' penso che 
abbia diritto di pensare chiunque.

E poiche' la mia persona consiste in cosi' larga misura del contributo che 
gli altri mi recano (le cose che so, le tecniche e i manufatti che uso, 
l'ambiente in cui vivo cosi' come la presenza antropica lo ha fortemente 
modificato) io sento di essere fatto dei doni dall'umanita' arrecatimi. 
Come potrei non sentirmi solidale con l'umanita' intera?

Cosicche' a chiunque mi chiedesse di accettare che esseri umani altri 
esseri umani uccidano, a chiunque mi chiedesse di ammettere che persone 
vengano addestrare a divenire omicide, a chiunque mi chiedesse di 
consentire che si costruiscano cose chiamate armi il cui fine e uso e' 
togliere la vita a degli esseri umani, una e la stessa e' la mia risposta: no.

Ma questa domanda non mi viene posta in forma di parole, essa resta 
implicita ed il mio silenzio a questa domanda non pronunciata ma 
concretamente agita dai poteri assassini e' gia' un avallo e una 
complicita'. Cosicche' anche la mia risposta deve essere un fare oltre che 
un dire, e questo fare e' la nonviolenza, l'opposizione concreta, 
materiale, effettuale, alla violenza, alle sue strutture, alle sue 
ideologie; l'opposizione a tutte le uccisioni, l'opposizone a tutte le 
guerre, l'opposizione a tutti gli eserciti e i gruppi armati come che si 
chiamino, l'opposizione a tutte le armi.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita': la mia umanita', l'umanita' di 
tutti, l'umanita' intera.

La nonviolenza e' una scelta di lotta: di lotta integrale e intransigente 
contro la violenza, di lotta per l'umanita'.



2. MATERIALI. CHARLES C. WALKER: MANUALE PER L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA 
(PARTE PRIMA)

[Proponiamo ai nostri interlocutori questo vecchio ma sempre utile manuale, 
riprendendolo dall'edizione italiana rivista e integrata a cura del 
Movimento Nonviolento; Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta 
nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonvioento, Perugia 1982. L'opuscolo 
integrale (noi qui presenteremo solo  la parte del manuale di Walker  vero 
e proprio, l'opuscolo presenta anche altri materiali) puo' essere richiesto 
al Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 
0458009212, e-mail: azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org]

* Introduzione

Questo Manuale non e' un'opera definitiva che esaurisca ogni aspetto 
dell'azione diretta nonviolenta (non fosse altro, va ricordato che siamo 
ancora nell'infanzia di questo metodo; ma dice peraltro Capitini: "La 
ragione, messa al servizio dell'orientamento nonviolento, escogitera' mille 
altre cose"). Non si presume ne' che tutte le forme dell'azione nonviolenta 
debbano essere quelle secondo i modelli qui esposti a grandi linee, ne' che 
tutti i suoi suggerimenti siano applicabili a qualsivoglia situazione. 
Senza pensare quindi ad una sorta di ricettario bell'e pronto e sicuro per 
ogni evenienza, questo lavoro va inteso come semplice guida e aiuto per 
coloro che vengono trovando nella nonviolenza il principio ideale e lo 
strumento pratico nella doverosa indispensabile lotta per la pace e la 
giustizia sociale - di la' dall'indifferenza e dall'inerzia degli uni, o 
gli orrori e le follie della violenza "giusta" degli altri.

Va di contro notato che il Manuale include aspetti che ogni buon 
organizzatore saprebbe d'ordinario prevedere e fronteggiare da se', senza 
bisogno di richiamarli esplicitamente; ma tali considerazioni dettagliate 
possono avere tuttavia la loro utilita', perche' talvolta si tende a 
trascurarle, o perche' riguardano problemi peculiari al metodo di azione 
nonviolenta, o anche perche' molti militanti nonviolenti sono giovani e 
inesperti.

Un indubbio valore di questo Manuale e' che esso promuove la democrazia di 
base. Il dirigente che, tutto solo, intende le dinamiche di una lotta e sa 
le tecniche per condurla, dispone di un monopolio del potere. Il potere 
deriva a coloro che comprendono cio' che sta accadendo. Quando la 
conoscenza e la comprensione sono condivise, piu' persone possono assumere 
una parte responsabile nelle decisioni. Quanti credono nella democrazia di 
base troveranno che i suggerimenti proposti in questo Manuale aiutano a 
rendere un gruppo, un movimento, piu' democratico ed i suoi partecipanti 
piu' responsabili.

Anche a questo riguardo vale sottolineare che, se gli aspetti organizzativi 
sono nel Manuale molto accentuati, essi devono sempre venir considerati nel 
quadro d'insieme, assegnando loro un posto subordinato rispetto ai valori e 
obiettivi basilari dell'agire nonviolento.



* Sommario del Manuale per l'azione diretta nonviolenta

I. Preparazione.

II. Lancio di un programma costruttivo.

III. Aspetti generali del metodo.

IV. L'addestramento.

V. Il piano dell'azione.

VI. I preparativi dell'azione.

VII. Studio della situazione legale.

VIII. Messa a punto di una disciplina collettiva.

IX. Sviluppo di una campagna di propaganda.

X. Raduno dei partecipanti.

XI. Inizio dell'azione.

XII. Come fronteggiare le rappresaglie.

XIII. Mantenere la vitalita' del movimento.

XIV. I dirigenti.

XV. Quando la lotta si prolunga.



* Sezione I. Preparazione



A. Scegliere e presentare chiaramente gli obiettivi, come ad esempio:

1. Mettere in risalto una situazione ingiusta.

2. Far uscire da un vicolo cieco un negoziato in corso.

3. Protestare contro un abuso.

4. Mobilitare l'appoggio del pubblico.

5. Abolire una palese ingiustizia.



B. Sviluppare la volonta' di resistere

1. Diffondere continuamente le notizie e i commenti appropriati, con un 
appello all'azione immediata.

2. Analizzare le diverse eventualita' e alternative:

a) Inadeguatezza dei metodi impiegati finora per affrontare il problema;

b) Possibilita' che si scateni della violenza e si determini una situazione 
irrazionale o incontrollabile;

c) Le alternative offerte da un'azione diretta nonviolenta.

3. Mettere gli scettici e gli indifferenti di fronte al problema.

4. Esporre alle vittime una migliore situazione (per es., i vantaggi 
dell'abolizione di insediamenti e servituí militari).

5. Intraprendere un'azione pionieristica - ad es., infrangere un divieto, 
ponendo cosi' in risalto la "propaganda del fatto".



C. Mettersi in rapporto con organizzazioni similari

1. Consultare le organizzazioni che hanno scopi identici o affini ai tuoi, 
la cui base puo' essere influenzata dalla tua azione.

2. Consultare i gruppi alleati o simpatizzanti della zona dove avra' luogo 
l'azione.

3. Assicurarsi i nomi e gli indirizzi delle persone che possono collaborare 
sul luogo.

4. Evitare di diffondere dei piani definitivi d'azione; ricercare il parere 
e l'assistenza di tutti ad ogni livello di sviluppo della situazione.

5. Se dei gruppi rifiutano la loro collaborazione, adottare una politica di 
neutralita' piuttosto che di ostilita'.



* Sezione II. Lancio di un programma costruttivo



A. Definizione: e' un programma con cui si colpisce un male alla radice, si 
viene in aiuto alle vittime, si esemplificano in atto gli atteggiamenti 
nonviolenti, e si sviluppa cio' che Vinoba Bhave chiama "il potere di 
indipendenza del popolo".



B. Valori interni di un programma costruttivo:

1. Tutti si mettono al lavoro immediatamente.

2. Aiuta i partecipanti a comprendere meglio il problema e le sue implicazioni.

3. Fornisce un creativo antidoto all'apatia e al risentimento.

4. Sviluppa le qualita' necessarie alla resistenza nonviolenta: 
autodisciplina, perseveranza, pazienza, fiducia in se', rispetto 
dell'altro, sopportazione delle fatiche, spirito d'iniziativa, accettazione 
gaia della disciplina collettiva, ecc.

5. Costruisce l'appoggio popolare.

6. Esemplifica l'atteggiamento di servizio disinteressato alla comunita', 
ispirando cosi' fiducia nel movimento e nella sua lealta'.



C. Esempi di lavoro costruttivo in preparazione dell'azione nonviolenta:

1. Campi di lavoro.

2. Cooperative.

3. Assistenza alle vittime dell'ingiustizia.

4. Opere di carita' e assistenza a persone sofferenti o disagiate.

5. Lavoro in enti di servizio comunitario.

6. Doposcuola.



D. Complemento all'azione diretta

Nessuna "bonaccia" nel movimento allorche' la campagna d'azione diretta e' 
sospesa.

Dopo un periodo di estrema tensione nervosa, risulta specialmente utile un 
lavoro costruttivo, e in particolare quello implicante un lavoro fisico.



* Sezione III. Aspetti generali del metodo



A. Sette fasi dell'azione diretta nonviolenta

1. Indagine. Determinare:

a) Fatti e atteggiamenti riguardanti il male in questione;

b) Forze implicate nella situazione: sociali, politiche, economiche, ecc.;

c) Struttura del potere della comunita';

d) Ruolo della stampa, della polizia, dei dirigenti politici;

e) Atteggiamento dei principali gruppi della comunita';

f) Situazione legale;

g) Responsabili delle decisioni politiche;

h) Fonti delle voci in circolazione;

i) Fatti reali che sottostanno a ricorrenti racconti romanzati;

j) Prossimi passi che gli enti della comunita' e/o taluni dirigenti sono 
preparati a fare.

2. Negoziato:

a) Sulla base dei fatti constatati, ricercare una politica per il cambiamento;

b) Esser certi di trattare con coloro che hanno il potere di cambiare o 
influenzare la politica in corso;

c) Utilizzare tutte le organizzazioni disponibili nella comunita', capaci 
di negoziare;

d) Registrare dettagliatamente lo sviluppo del negoziato.

3. Mobilitazione dell'opinione pubblica:

a) Utilizzare i grandi mezzi di informazione: radio, TV, giornali; 
procurare articoli, notizie, foto, interviste;

b) Servirsi di oratori, riunioni pubbliche e private, rappresentazioni 
cinematografiche e teatrali;

c) Suscitare discorsi e dibattiti pubblici, prediche;

d) Pubblicare bollettini speciali, volantini, opuscoli; riprodurre articoli 
e discorsi;

e) Effettuare sondaggi dell'opinione pubblica;

f) Sollecitare dichiarazioni pubbliche di personalita' importanti, fatte a 
nome proprio o dell'organizzazione alla quale appartengono;

g) Incoraggiare l'adozione di risoluzioni di sostegno e pubblicizzarle;

h) Raccogliere petizioni;

i) Svolgere manifestazioni, assemblee;

j) Organizzare rappresentanze e delegazioni;

k) Fare appello a organizzazioni speciali: religiose, operaie, contadine, 
educative, giovanili, femminili, professionali, commerciali, politiche, 
etniche, ecc.

l) Intrattenere colloqui costanti con i dirigenti della comunita'.

4. Appelli straordinari:

Appello alle massime autorita' istituzionali, locali o nazionali. 
Dichiararsi disponibili ad accettare l'arbitrato o le offerte di mediazione 
sia di un organismo che agisca in nome di un ente locale o governativo, sia 
di un comitato apposito di cittadini.

5. Atti di sacrificio:

a) Un giorno o piu' di digiuno, di preghiera;

b) Offrire una concessione importante, qualora non costituisca una 
violazione di principio o non vada sostanzialmente contro il fine perseguito;

c) Rinunciare a onorificenze o ricompense elargite dai fautori 
dell'ingiustizia.

6. Ultimatum:

a) Esporre le lagnanze precise, i precedenti tentativi di negoziato, le 
concessioni offerte e l'accoglienza che fu loro riservata;

b) Poiche' tutte le azioni anteriori non hanno dato alcun risultato o 
solamente causato degli indugi o perfino rappresaglie, fissare una data 
limite per il conseguimento di rivendicazioni minime;

c) Informare per iscritto i responsabili della politica in atto; cosi' pure 
ogni altra persona che possa esservi implicata.

7. Azione diretta (vedere C qui di seguito)

Non intraprendere l'azione diretta che come ultimo ricorso, quando tutti 
gli sforzi di persuasione siano falliti, quando l'attesa mostra di far 
peggiorare la situazione, e la sola alternativa sarebbe di perpetuare uno 
stato di cose intollerabile.



B. Tre avvertenze

Non rompere mai definitivamente i negoziati:

a) Prima o poi sara' necessario riprenderli in ogni caso;

b) I negoziatori delle parti avverse possono vedersi l'un l'altro come 
esseri umani, non come degli ostacoli o delle persone senza scrupoli che 
cercano soltanto il proprio vantaggio;

c) Ciascuna parte puo' cosi' rispondere a tono alle false voci o alle 
interpretazioni inesatte circa la propria posizione;

d) Evitare i mercanteggiamenti e le piccole controversie.

2. Tenere costantemente al corrente della situazione quelli che parteggiano 
per te:

a) Far uscire articoli e notizie nei relativi organi d'informazione, e 
nella stampa;

b) Tenere riunioni periodiche;

c) Poicheí il costo della lotta puo' essere alto e la sua durata 
considerevole, un appello all'azione diretta puo' risultare efficace solo 
quando i partecipanti potenziali sono, come i dirigenti, convinti che 
nessun'altra via onorevole puo' essere intrapresa.

3. Cooperare con la parte avversaria su questioni onorevoli, ad esempio 
unendosi ad essa in una iniziativa a favore della comunita'.



C. Forme e aspetti dell'azione diretta nonviolenta

1. Picchetto, veglia in un luogo simbolico.

2. Pedinamento (presenza insistente, anche con telefonate, per ricordare ad 
una persona l'immoralita' del suo comportamento).

3. Digiuno o sciopero della fame.

4. Noncollaborazione (ad es. di ditte che rifiutano appalti per la 
costruzione o manutenzione di centrali nucleari, o di installazioni militari).

5. Boicottaggio.

6. Sospensione del lavoro per un breve periodo.

7. Sciopero.

8. Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso).

9. Occupazione (ad es., entrare in un luogo vietato e rifiutarsi di uscire).

10. Disobbedienza civile (es.: rifiuto della chiamata militare, di pagare 
la percentuale di tasse destinata al bilancio militare, di prestare 
giuramento).

11. Migrazione.

12. Manifestazioni varie: cortei, marce, proteste, assemblee, ecc.



D. Un insieme di forza e di persuasione

1. L'azione diretta nonviolenta unisce la forza sociale della protesta e 
della noncollaborazione alla forza morale della sofferenza volontariamente 
accettata per il bene degli altri.

2. Anche l'azione in se' puo' essere considerata come una forma di 
persuasione: il suo scopo e' di modificare le convinzioni e la volonta' 
della parte avversa.



* Sezione IV. L'addestramento



A. Studiare la teoria e la pratica della nonviolenza.



B. Studiare nei dettagli alcune grandi campagne nonviolente.



C. Osservare, se possibile, un'azione diretta in atto.



D. Organizzare delle riunioni pubbliche all'aperto (sono degli eccellenti 
modelli di quanto bisognera' affrontare in seguito a piu' larga scala).



E. Organizzare un gruppo di studio periodico, e per il quale potra' servire 
questo manuale.



F. Organizzare un seminario sulla nonviolenza:

1. Esporre a grandi linee la teoria e la pratica della nonviolenza.

2. Studiare fotografie, diapositive o films riguardanti manifestazioni sia 
nonviolente sia violente.

3. Preparare e tenere una riunione pubblica all'aperto.

4. Eseguire la "drammatizzazione" o "gioco dei ruoli" (sotto forma 
teatrale, viene riprodotta una situazione conflittuale di idee o di interessi).



G. Badare al buon comportamento individuale:

1. Pulizia della persona e degli abiti.

2. Pulizia dell'ambiente personale circostante.

3. Puntualita'.

4. Buon umore.

5. Note particolari:

Il gruppo sara' accusato di esser sporco, disordinato, malfido, nevrotico, 
ecc. L'abitudine a modi ordinati rafforza il rispetto di se' e quello pubblico;

b) Ad evitare superbia o presunzione circa questa disciplina, temperarne le 
virtu' con spirito umoristico.



H. Familiarizzarsi con l'esercizio regolare della meditazione.



I. Far uso di trattenimenti collettivi: il cantare in coro, la danza, il 
racconto di fatti eroici e costruttivi, le meditazioni di gruppo, i pasti 
in comune.



J. Sviluppare capacita' personali che al momento giusto saranno necessarie 
per il compimento di incarichi determinati; ad es.:

1. Uso efficace del materiale.

2. Lavori manuali.

3. Comunicazione verbale: facilita' di parola, resoconti, ecc.

4. Comunicazione non verbale: il modo in cui ci si comporta, in cui si 
ascolta, ecc.

5. Padronanza di se stessi.

6. Partecipazione ad incarichi futuri (determinazione del ruolo del 
partecipante; che lo capisca bene; che sia ben disposto a compierlo, e ne 
sia ben capace).



K. Stabilire diversi programmi di addestramento che possano essere adattati 
a bisogni, tempi, partecipanti diversi.



L. Ammettere che ogni addestramento di questo tipo e' 
provvisorio.  Distinguere tra "addestramento generale" e quello particolare 
che si applica a un progetto d'azione determinato.



M. Le abitudini e le capacita' sviluppate nel condurre un lavoro 
costruttivo, rafforzeranno la fiducia nel tipo di forze su cui fa 
assegnamento la nonviolenza.

(Continua)



3. MAESTRE. MARY WOLLSTONECRAFT: LA PROSPETTIVA

[Da Mary Wollstonecraft, I diritti delle donne, Editori Riuniti, Roma 1977, 
p. 65. Mary Wollstonecraft, intellettuale e militante femminista e 
libertaria, compagna di William Godwin, visse, scrisse, opero' nel 
Settecento (mori' nel 1797), ma la sua opera e' di un valore perenne e 
merita di essere riletta oggi. In italiano sono disponibili il suo 
capolavoro saggistico scritto nel 1792 (appunto I diritti delle donne, 
tradotto venticinque anni fa oltre che dagli Editori Riuniti  - dalla cui 
edizione citiamo - anche dalle Edizioni Elle (sempre nel 1977, col titolo 
Il manifesto femminista); ed il suo romanzo (con larghi tratti 
autobiografici) scritto nel 1788, Mary (Savelli, Roma 1978)]

Nella grande prospettiva di creature umane.



4. DOCUMENTI. CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO: "LA NONVIOLENZA E' IL 
VARCO ATTUALE DELLA STORIA"

[Pubblichiamo la relazione introduttiva del XX congresso del Movimento 
Nonviolento svoltosi a Ferrara il 12-14 aprile 2002. Tutti i materiali 
congressuali sono disponibili nel sito del movimento, www.nonviolenti.org]

"La nonviolenza e' il varco attuale della storia" e' il titolo, tratto da 
Elementi di un'esperienza religiosa di Aldo Capitini, scelto per il nostro 
XX Congresso.

Nell'invito abbiamo ricordato che quello scritto si apre con un capitoletto 
intitolato Al centro dell'umanita'. E' un appello ad essere consapevoli del 
proprio tempo, a sentire e soffrire i bisogni dell'umanita', ad assumere il 
proprio impegno, con una serissima ricerca. E' compito che riguarda tutti: 
"Non e' privilegio ne' speciale condanna di nessuno". Come prosecutori del 
Movimento da Capitini promosso, certamente riguarda noi.

Dall'ultimo Congresso sono passati due anni e un millennio e molte cose si 
sono succedute, che meriterebbero analisi non frettolose. Il Congresso 
vuole esserne un piccolo momento e questa ne e' una modesta introduzione. 
Credo si possa dire che la sommaria analisi compiuta nel passato Congresso 
resti confermata e si siano accentuate tendenze che avevamo individuato.

Il processo di globalizzazione nella produzione e circolazione di merci, 
nella riduzione a merce di ogni bene gia' comune, immateriale, vivente si 
e' esteso ed approfondito. Si continua a proporre un modello di sviluppo 
che rende sempre piu' ricca di beni e consumi una parte dell'umanita' e 
povera, sfruttata, emarginata, la restante maggior parte. Sviluppo della 
tecnica e competizione sui mercati, senza alcun limite che non sia quello 
dell'interesse delle classi privilegiate e dominanti, sono la risposta ad 
ogni problema.

Trascurabili effetti collaterali, che l'applicazione della ricetta 
permettera' di superare, sono i disastri umani, sociali, ambientali, nel 
frattempo prodotti in giro per il mondo. La politica, anche nelle 
democrazie occidentali (ed esempi migliori non se ne vedono), sia a scala 
mondiale che locale, e' ridotta al piu' ad amministrazione e garanzia, se 
necessario con l'impiego della massima violenza, del progresso 
tecnico-economico a vantaggio dei piu' forti.

*

La violenza crescente del modello unico

Nell'ultimo congresso abbiamo evocato il movimento del mondo evidenziandone 
la violenza strutturale. Gia' Horkheimer l'aveva descritta come un iniquo 
grattacielo settanta anni fa. Si continuano a sopraelevare i piani alti ed 
a scavare le cantine. Abbiamo richiamato le guerre multiformi, che i poveri 
inesorabilmente conducono tra di loro; il posto dominante degli USA, come 
paese guida e modello, in pace ed in guerra; la guerra dagli Stati Uniti 
condotta: giusta, umanitaria ed ora duratura e globale; il ruolo subalterno 
della Nato; l'accettazione e la pratica da parte del nostro Paese di un 
nuovo modello di "difesa" aggressiva, in spregio e violazione della nostra 
Costituzione; la riduzione dell'Europa ad Euro; lo stravolgimento del patto 
costitutivo della nostra Repubblica; la miseria della politica e della vita 
pubblica nel nostro Paese.

Ci pare che le tendenze individuate siano confermate ed abbiano segnato 
anzi un'accelerazione. L'inarrestabile marcia del "turbocapitalismo" e del 
neo-liberismo, che ha il suo motore negli USA, ha segnato una tappa 
importante con l'ingresso della Cina nel WTO.

L'attacco terroristico al World Trade Center ed al Pentagono ha agevolato 
la propensione del governo americano, forte del consenso popolare, del 
sostegno delle multinazionali, di straordinari armamenti, ad adottare 
decisioni unilaterali di guerra. Cio' si vuole proseguire con ogni mezzo, 
non escluso il ricorso al nucleare, contro chiunque sia ritenuto attentare 
alla sicurezza ed agli interessi degli Stati Uniti, solo, sicuro, baluardo 
della democrazia e della civilta' contro dittatura e barbarie.

L'esercizio in prima persona, da parte della superpotenza, del dominio 
oscura ogni sede condivisa. Il premio Nobel per la pace all'Onu rischia di 
essere alla memoria. Ben poco appaiono contare i vari G 7 o 8 e la stessa 
Nato: la parola decisiva spetta agli USA, quale che sia il tema in 
discussione. Anche l'Europa, pur formalmente impegnata in un 
approfondimento della sua costruzione unitaria (la Convenzione) ed in un 
allargamento a nuovi paesi, non riesce ad esprimere una propria posizione 
sui grandi temi. Si manifestano tendenze centrifughe e gare a chi e' piu' 
fedele servitore dell'America. In questa competizione il nostro governo 
appare particolarmente impegnato. Il riemergere del terrorismo 
internazionale ed interno, il conflitto israelo-palestinese, migrazioni 
massicce e disperate, la demolizione delle protezioni sociali producono una 
diffusa insicurezza che, anche nelle nostre societa' privilegiate, puo' 
portare ad accettare, se non a richiedere, limitazioni delle liberta' 
politiche, dei diritti di cittadinanza e soluzioni autoritarie.

Le sorti magnifiche e progressive del capitalismo ci sono quotidianamente 
decantate: generatore di una straordinaria forza produttiva, con il miglior 
impiego della tecnologia ed assicurazione di alti standard di vita 
materiale per gran parte della popolazione, stimolatore di mobilita' 
ascendente in una societa' stratificata in classi, condizione per la 
democrazia, promotore di una cultura dell'autonomia e della responsabilita' 
individuale, unica possibilita' di sviluppo dei paesi del Terzo Mondo, 
attraverso la loro inclusione nel sistema capitalistico internazionale.

*

La carenza di alternative credibili

Anche a dubitarne per le sempre piu' evidenti iniquita', contraddizioni, 
insostenibilita' del modello economico, sociale e politico proposto, 
bisogna riconoscere che l'assenza di credibili alternative gli ha conferito 
fin qui una grande forza anche sul piano culturale (una cultura anch'essa 
sempre piu' merce tra le merci, prodotta e distribuita da potenti 
multinazionali). E' un pensiero semplice, se pensiero si puo' chiamare: non 
ci sono alternative e dunque l'unica possibilita' e' percorrere 
disciplinatamente la strada che i padroni del mondo indicano. Dopo tutto in 
questo mondo ci stanno anche loro e non vorranno certo la loro rovina, 
visto che dispongono del massimo delle informazioni e della tecnologia, 
visto che sono quelli che ci stanno meglio. Che il mondo sia sostenibile 
ecologicamente, economicamente, socialmente e' loro precipuo interesse: 
salvando se' stessi salveranno anche il resto dell'umanita'.

Ad opporsi sembravano restare solo relitti, statuali o politici, del 
socialismo reale (che non possiamo rimpiangere per la burocrazia opprimente 
e privilegiata, l'inefficienza economica, l'autoritarismo, il 
totalitarismo) ovvero stati dittatoriali, movimenti fondamentalisti o 
peggio (che propongono alternative che ignorano i piu' fondamentali diritti 
dell'uomo, e soprattutto della donna).

*

Un movimento ampio, da Seattle in poi, e il varco necessario della nonviolenza

Ma da Seattle in poi, per indicare un luogo ed un tempo, le cose sono 
cambiate. Un complesso movimento e' venuto affermando che un altro mondo e' 
possibile. Svolge in forme inedite la sua opposizione e la sua ricerca. 
Collega gruppi sociali, culture, generazioni, esperienze, sensibilita' 
diverse, in differenti luoghi del mondo. Sembra rappresentare, seppure 
embrionalmente, quella risposta che Capitini indicava con chiarezza 
concludendo il suo scritto testamentario, "Attraverso due terzi di secolo", 
alla vigilia dell'operazione alla quale non e' sopravvissuto:

L'Europa, unita al Terzo Mondo e al meglio dell'America, elaborera' la piu' 
grande riforma che mai sia stata comune all'umanita', quella riforma che 
rendera' possibile abolire interamente le diseguaglianze attuali di classi 
e di popoli, e abolire le differenze tra i "fortunati" e gli "sfortunati".

Non e' il primo, grande movimento internazionale che si pone questo 
ambizioso obiettivo. Importante sarebbe evitare errori che in passato hanno 
decretato il fallimento.

Un punto cruciale e' La scelta dei mezzi. E' il titolo anche del 
capitoletto che segue il gia' citato Al centro dell'umanita' nel libro di 
Capitini. L'autore osservava, si era negli anni '30, il diffondersi della 
violenza in cui confluivano l'impazienza di ottenere e la non 
considerazione degli altri che sembrano del tutto estranei a noi, per il 
successo che essa procura a piu' breve scadenza. Ed aggiungeva: resta da 
vedere a che cosa si riduce la mia vita dopo, e se non sorgeranno prima o 
poi cinquanta al posto di quello che ho ucciso.

Analisi ed interrogativi sembrano attuali. Resta da vedere se sapremo dare 
la risposta che cosi' Capitini indicava: "salira' l'ansia appassionata di 
sottrarre l'anima ad ogni collaborazione con quell'errore, e di instaurare 
subito, a cominciare dal proprio animo (che e' il primo progresso), un 
nuovo modo di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci e' estraneo se 
ci si deve stare senza amore, senza un'apertura infinita dell'uno verso 
l'altro, senza un'unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire. 
Questo e' il varco attuale della storia".

E' il varco della nonviolenza, che e' sotto i nostri occhi oggi, come lo 
era settanta anni fa per il giovane Capitini (che dietro spessi occhiali 
vedeva con straordinaria precisione). Il passaggio e' faticoso e richiede 
rinunce, messe in discussione di privilegi, sicurezze materiali e 
culturali. E' davvero lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe alle capre 
duro varco (Dante).

Si comprende cosi' che, nonostante la sua accresciuta visibilita' e, 
diremmo, evidenza, si tenda ad evitarlo. Si ritiene, anche in buona fede, 
di averlo gia' varcato, come se bastasse proclamarsi nonviolenti, adottare 
una o piu' delle numerose tecniche che alla nonviolenza si richiamano, 
senza mettere in discussione l'atteggiamento profondo nei confronti del 
"nemico", senza tenere sempre al centro l'obiettivo dell'iniziativa di 
liberazione, per tutti, che si e' intrapresa. L'esperienza ci mostra che 
pratiche violente, inizialmente limitate e quasi simboliche, hanno 
inquinato e distrutto movimenti importanti, dei quali si era sopravvalutata 
la capacita' di autodepurazione. Di fronte alla repressione, che c'e' e ci 
sara', da parte di chi vede minacciati i propri privilegi e' importante che 
sia mantenuto il massimo di coerenza tra fini perseguiti e mezzi praticati. 
La violenza culturale, strutturale e diretta, che caratterizza il nostro 
mondo e che si pretende la difesa delle conquiste della civilta' umana, e' 
solo alimentata, per nulla scalfita, da dirottatori che abbattono torri, da 
ragazze e ragazzi che si fanno esplodere cercando di uccidere quanta piu' 
gente possibile, da assassini che sparano in nome delle BR. Chi pensa 
diversamente piu' che essere andato alla scuola di qualche cattivo maestro, 
sembra aver fatto i compiti con il bidello di Nanterre.

E' un varco che non si vuole passare. Lo abbiamo detto nell'invito. Neppure 
alla fine della guerra fredda, ed alle guerre per procura di quel periodo, 
e' seguito un serio impegno di pace. In modi nuovi, ma non meno 
preoccupanti ed inquietanti che nel passato, si riafferma, il diritto del 
piu' forte: "might is right", per dirlo nella lingua dell'impero. E' 
l'imperativo categorico, veramente globale, che trova applicazione 
all'interno dei paesi ricchi e dei paesi poveri, nei rapporti tra i paesi, 
le classi, le persone. Si ribadiscono diritti umani universali, a quelli di 
prima generazione se ne aggiungono altri, si disegna faticosamente una 
giurisdizione planetaria di tutela, ma questa difficile costruzione appare 
fragile quando i potenti sanciscono impunita' ed improcessabilita' proprie 
e dei loro servi, inventano, fuori di ogni garanzia, procedure e pene per 
colpire il terrorismo o ogni comportamento che al terrorismo si ritenga di 
poter collegare. Conquiste del diritto internazionale sono spazzate via e 
liberticide legislazioni di emergenza si fanno strada un po' in tutti i paesi.

Tanto piu' importante e' dunque il sorgere di un movimento, caratterizzato 
dall'impegno personale e diretto, dal sentirsi interpellato da ogni momento 
internazionale in cui si discutono i temi della fame, della poverta', dei 
commerci, dell'ambiente, della pace e della guerra, per far sentire una 
voce diversa, spesso critica ed alternativa, rispetto a quelle dei governi 
e delle istituzioni sovranazionali.

Le diversita' di formazione, di analisi, di proposta all'interno di questo 
movimento sono grandi. La sua larga diffusione ed il suo progressivo 
radicamento in vari paesi evidenziano anche piu' le assenze importanti. I 
contatti progressivi, la costruzione di momenti di confronto globali e 
locali, l'esperienza di iniziative e manifestazioni condotte in diversi 
contesti sono tuttavia incoraggianti elementi di una formazione comune, di 
una analisi che si va precisando, di una strategia non contradditoria. La 
consapevole opposizione a questo "liberismo" ed all'uso della guerra come 
solutrice dei conflitti e' gia' una acquisizione ed una realta' operante, 
della quale governi e multinazionali debbono sempre piu' tener conto.

Il contributo, che come amici della nonviolenza siamo chiamati a dare, e' 
quello di valorizzare il patrimonio di lotte, esperienze e tecniche alla 
nonviolenza ispirate, e collaborare a che mai si smarrisca lo stretto 
legame tra fini da raggiungere e mezzi impiegati.

E' percio' di somma importanza l'ulteriore estensione e radicamento del 
movimento. Porto Alegre ne e' stato un momento importante. Altri ne 
seguiranno. E' necessario che a questi appuntamenti e nell'azione e 
riflessione del movimento le organizzazioni, che si richiamano al pensiero 
ed alla pratica della nonviolenza, avanzino la loro proposta. Sappiano 
portare un'aggiunta importante e forse decisiva allo sviluppo, quantitativo 
e qualitativo, del "movimento dei movimenti".

*

Per una internazionale nonviolenta

Le notizie che abbiamo delle riflessioni ed attivita' che War Resisters' 
International e Ifor (come MN e MIR ne siamo le espressioni in Italia) 
svolgono a partire dagli USA, contrastandone la deriva bellicista, sono 
incoraggianti. E' un invito per il nostro piccolo Movimento ad assumere con 
piu' decisione il compito di un piu' stretto legame internazionale, con una 
maggiore presenza, intanto, alle iniziative di War Resisters'. Da non 
perdere la conferenza che l'organizzazione terra' in agosto a Dublino: 
"Storie e strategie - Resistenza nonviolenta e cambiamento sociale".

Utilissimo per il nostro lavoro sara' il confronto e le relazioni con 
attivisti nella promozione della giustizia sociale, provenienti da tutto il 
mondo, per discutere insieme su come rendere il mondo meno violento e 
militarizzato. Soprattutto dopo l'11 settembre, il livello di violenza tra 
le nazioni, ma anche all'interno delle societa', e' cresciuto enormemente, 
come dimostrato dal ricorso sempre piu' frequente e massiccio all'impiego 
della forza militare. Paura ed incertezza sono all'ordine del giorno. La 
costruzione di una societa' pacifica e giusta e' estremamente difficile. 
L'approccio nonviolento ai problemi sociali e' compito straordinario che 
implica seri rischi personali. Impegno della Conferenza e' lo sviluppo di 
nuove strategie nonviolente per porre fine alla minaccia del terrore, ma 
anche per svelare e scardinare la violenza istituzionale.

Occorre trovare nuovi modi per ascoltare ed entrare in dialogo con tutte 
quelle persone che, nelle nostre societa', trovano l'approccio pacifista e 
nonviolento troppo difficoltoso. Dobbiamo realizzare l'internazionale della 
nonviolenza e renderla un modello di globalizzazione dal basso. Diversi 
gruppi tematici sono stati programmati: - economia, militarizzazione e 
globalizzazione - Violenza nella societa' e potere della nonviolenza - 
Violenza interetnica e violenza all'interno degli stati - Sessismo e 
razzismo in relazione al militarismo e alla guerra - Obiettori di 
coscienza, veterani e antimilitarismo - Strategie per l'apertura dei 
confini: asilo ed emigrazione - Introduzione alla nonviolenza - A colloquio 
col passato.

Saranno inoltre tenute assemblee plenarie, con alcuni casi di studio per 
stimolare il dibattito tra i partecipanti. Scopo delle assemblee e' far 
luce su rilevanti questioni politiche e strategiche. Argomenti previsti 
sono: - Che ruolo giocano le storie nelle nostre strategie? - Il processo 
di pace in Irlanda - Il collegamento tra la violenza nella vita quotidiana 
e la violenza a livello globale - Militarismo, antimilitarismo e societa' 
civile - Impegno popolare e strategie nonviolente.

Si e' insistito su questo aspetto internazionale giacche' le speranze di 
costruttivo contributo alla soluzione dei sanguinosi e complessi conflitti 
in atto, a partire da quello forse piu' inestricabile e, per molti motivi, 
sommamente doloroso tra israeliani e palestinesi, sono in gran parte 
affidati alla capacita' di mettere in campo iniziative ispirate al pensiero 
ed all'esperienza nonviolenta.

Cio' e' vero a partire dall'obiezione di coscienza, dal rifiuto della 
demonizzazione del nemico e della santificazione delle stragi magari 
accompagnate dal martirio, dalla costruzione e mantenimento di relazioni 
tra le parti su temi e valori comuni. E' importante che questa 
consapevolezza cresca anche nelle parti non direttamente impegnate nel 
conflitto. In tal modo possono farsi strada alternative alla violenza 
estrema tra i confliggenti o ad un, sia pur preferibile, compromesso 
imposto. Sono soluzioni che non affrontano e non avviano a composizione, ma 
esasperano ed approfondiscono le ragioni del conflitto e ne preparano 
ulteriori e piu' distruttivi.

*

I corpi civili di pace, una aggiunta per l'Europa

Anche in ambito europeo e' necessario che la "nonviolenza europea" trovi un 
punto di incontro, non casuale e sporadico, a partire dal rilancio 
dell'idea dei corpi di pace. C'e' un grande lavoro da compiere: di 
conoscenza, di contatti, di momenti di riflessione e di azione comuni. La 
costruzione dell'Europa non puo' che migliorare con l'aggiunta della 
nonviolenza. E' un ambito nel quale molto e' da fare e sperimentare.

Anche per questo aspetto e' importante che il Movimento si faccia promotore 
di iniziative condivise tra tutte le forze che, sul piano nazionale e 
locale, si richiamano alla nonviolenza. In questa direzione avevamo 
ritenuto gia' nel passato Congresso di offrire un esempio significativo con 
un rapporto, che avevamo indicato come federativo, tra noi ed il MIR. 
Qualche passo e' stato fatto, ma e' ancora molto limitato. Ci auguriamo che 
un contributo venga anche da questo Congresso.

*

Dalla Marcia per la Nonviolenza, lo stimolo per una iniziativa specifica

Nella stessa direzione si collocava anche la Marcia per la nonviolenza, che 
abbiamo realizzato con un buon successo, nonostante incomprensioni e 
difficolta' sulle quali non e' il caso qui di tornare. Si pone anche a 
questo Congresso l'interrogativo aperto se e quale iniziativa possa 
costituire un momento di unita' e visibilita' della costruzione di un 
progetto degli amici della nonviolenza, che si ritrovano sotto sigle 
differenti, in gruppi locali, operanti in diverse realta'. E' nostra 
convinzione che un lavoro comune, con obiettivi chiari e condivisi di 
quanti si richiamano al messaggio della nonviolenza non sia orgogliosa 
separazione dal generico pacifismo, ne' rottura di piu' ampie unita', ma 
necessaria aggiunta e proposta costruttiva al rifiuto, nel nostro paese 
ancora largo e diffuso, della guerra come strumento di soluzione dei problemi.

*

Il contributo nella Rete di Lilliput

In questo ambito un rilievo tutto particolare assume l'impegno che i 
componenti del Movimento danno nella Rete Lilliput. Si tratta di un 
progetto del quale siamo stati tra i primi e convinti promotori, anche se 
non risultiamo nelle "tavole di fondazione".

L'opzione nonviolenta ha mostrato di essere una scelta comune e da 
approfondire nelle sue implicazioni e traduzioni. Il rafforzamento della 
rete, la valorizzazione delle diversita' delle sue componenti, il dialogo 
che nei gruppi di lavoro tematico intreccia diverse esperienze, conoscenze, 
sensibilita', l'attenzione nella costruzione dei nodi locali sono 
essenziali perche' il progetto della rete si sviluppi con quella serieta', 
autorevolezza e capacita' di coinvolgimento che ne hanno caratterizzato 
l'avvio. Altre, diverse, rispettabili aggregazioni, come quelle che piu' o 
meno si riconoscono in social forum, possono dare e ricevere utili 
contributi nella costruzione di comuni strategie proprio in ragione della 
capacita' delle Rete Lilliput di essere se stessa. Cioe' una rete capace di 
mettere a frutto la complessita' degli interessi dei suoi componenti, la 
continuita' di azione, la forza di attrazione nei confronti di realta' 
organizzate, e anche di singoli interessati, in un percorso caratterizzato 
da uno stretto e sempre verificato rapporto di coerenza tra fini e mezzi e 
cioe' in un percorso di nonviolenza. Perche' l'altro mondo possibile possa 
cominciare a concretarsi occorre un profondo mutamento sociale, e noi siamo 
convinti, con Capitini, che La nonviolenza e' il punto della tensione piu' 
profonda del sovvertimento di una societa' inadeguata. Non occorre di meno. 
Anche per questo la nonviolenza si presenta come varco.

*

Un movimento dal basso, per la difesa e l'allargamento della democrazia

Anche nel quadro politico italiano, la cui mediocrita' ci pare di 
confermare, emergono elementi di novita'. Questo e' vero non solo nella 
resistenza tenace che donne ed uomini della politica hanno pure 
manifestato, in parlamento e fuori, nei confronti di scelte di guerra, 
spese militari, repressione, limitazione di diritti, nuovi privilegi 
concessi ai gia' privilegiati, peggioramento delle norme e dei 
comportamenti nei confronti degli immigrati... Si e' manifestata anche una 
volonta' di protagonismo di altri soggetti, spesso dal basso, un'uscita 
dalla delega rassegnata, in manifestazioni di massa che i disumani 
comportamenti di Genova non hanno scoraggiato, in grandi assemblee, inedite 
marce aperte da professori universitari, inviti a resistere di magistrati, 
girotondi in vari luoghi ed una straordinaria e partecipatissima 
manifestazione promossa dal maggior sindacato italiano.

Si tratta di cose molto differenti tra loro e che richiedono analisi. Qui 
solo si sono richiamate per confermare ancora una volta che si avverte 
l'esigenza di strumenti di integrazione della democrazia rappresentativa e 
della sua rappresentazione/sostituzione mediatica. Questi strumenti si 
intravvedono nella partecipazione diretta, nei forum, nelle assemblee. Si 
avverte il vuoto lasciato da una pur deficitaria democrazia fondata sui 
partiti, che, da strumento di partecipazione ed espressione, si erano fatti 
sequestratori del potere del cittadino "sovrano".

Gia' all'indomani della liberazione Capitini aveva indicato quel rischio ed 
avviato l'importante esperienza dei COS, scuola di capacita' critica e di 
autogoverno. E' un terreno di ricerca da esplorare con attenzione ed 
apertura. Abbiamo conosciuto stagioni di assemblearismo, promosso dal basso 
e dall'alto, da destra a sinistra che non hanno lasciato eredita' sempre 
convincenti. Vediamo ora proposte piu' strutturate di "agende" e bilanci 
partecipati. Questo ci spinge a cercare ancora, con intelligenza e passione.

Augurale per il Congresso potrebbe essere il tenersi a Ferrara dove, in un 
convegno del maggio del '48, Capitini formulo' la proposta di una comunita' 
aperta, internazionalmente federata, e nelle singole sue parti decentrata, 
articolata e atta a dissolvere ogni forma di privilegio e di oppressione.

*

La trasformazione dell'economia

Anche sul terreno dell'alternativa economica, del modo di produrre e di 
consumare, dove il neoliberismo celebra i suoi fasti in assenza di 
credibili concorrenti, siamo chiamati a dare un contributo. Anche qui 
sembra di poter cogliere l'esigenza di un cambiamento profondo del modello 
dominante.

Il breve ma denso saggio di Nanni Salio, Elementi di un'economia 
nonviolenta, costituisce un utile punto di riferimento. Dobbiamo promuovere 
approfondimenti e confronti, sia sulle diagnosi di fondo che sulle proposte 
di resistenza e transizione ad un nuovo modello. Sbaglieremmo a crederlo, 
come in passato e' avvenuto, gia' dato nelle sue linee essenziali. 
Esperienze microeconomiche, riflessioni su quanto avviene a livello macro 
resteranno al centro della nostra attenzione e ci attendiamo un contributo 
di proposta dalla commissione. Uno stimolo per tutti sara' certo il saluto 
che Yunus portera' alla nostra seduta domenicale.

Un cambiamento negli stili di vita e' certo possibile a partire da noi. Al 
centro dell'agire sono persone, ci ricordava sempre Capitini. Ma sono 
necessarie sponde istituzionali e l'avvio di processi di grande mutamento 
economico. Pensiamo "solo" all'uso dell'automobile, alla violenza che vi e' 
connessa: culturale (l'automobile rende stupidi e aggressivi), strutturale 
(consumi energetici, stravolgimento delle citta' e degli spazi urbani, 
incubatori di violenza), diretta (le migliaia e migliaia di morti ammazzati 
sulle strade, di invalidati e di asfissiati nelle citta'. Ferrara, citta' 
delle biciclette, vanta un triste primato).

*

Il decennio per l'educazione alla pace e alla nonviolenza

Violenza crescente avvertiamo anche nelle nostre realta' privilegiate. Il 
disagio di gruppi emarginati e delle giovani generazioni si esprime troppo 
spesso in forme violente, che trovano quale risposta accentuazione della 
repressione e inasprimento di pene. La ricomparsa del terrorismo spinge 
ancor piu' in questa direzione. Anche importanti conquiste, come 
l'abolizione dei manicomi, tendono ad essere rimesse in discussione, come 
non ricordassimo i guasti e gli orrori della segregazione. C'e' una 
violenza diffusa e crescente nella nostra societa' dai banchi di scuola, ai 
luoghi di lavoro, di svago, familiari: violenze grandi e piccole (ma ogni 
dose puo' essere una overdose) nei confronti dei soggetti deboli, violenza 
degli emarginati, violenza degli uomini nei confronti delle donne e 
l'elenco potrebbe continuare. Sono ambiti nei quali molto c'e' da lavorare 
per riconoscere, prevenire, trasformare i conflitti, affrontare disagi e 
sofferenze. Molti tra noi sono gia' impegnati in questa azione, che e' 
collegata ad un quadro piu' generale. Il decennio per l'educazione alla 
pace e alla noviolenza per le giovani generazioni non si e' aperto certo 
sotto buoni auspici. E' cessata persino la pubblicazione del Corriere 
internazionale dell'Unesco, promotore dell'iniziativa. E' una ragione di 
piu' per accrescere il nostro impegno, sicuri di trovare volonterosi e 
capaci operatori che lavorano con i medesimi obiettivi.

Mi preme ringraziare, concludendo, quanti hanno collaborato piu' 
intensamente a mantenere presente ed operante il nostro Movimento tra molte 
difficolta'. Un ringraziamento particolare, che e' un abbraccio, va al 
nostro Presidente, che da tempo ci chiede di sollevarlo da questo impegno.

Il coordinamento credo abbia assolto con responsabilita' il mandato 
congressuale ed affrontato i temi nuovi che gli avvenimenti hanno proposto. 
Non sempre siamo riusciti a trovare la soluzione piu' convincente. Penso in 
particolare ad un importante confronto, tra noi avviato, sul valore della 
laicita' ed il senso dell'aggiunta religiosa, nel pensiero e nella pratica 
nonviolenta, al quale non abbiamo saputo dare sede e modalita' adeguate di 
svolgimento. E' un impegno, non il solo, consegnato al prossimo 
coordinamento. Buon congresso.



5. RIVISTE. SU "NIGRIZIA" DI SETTEMBRE UN DOSSIER SULLA NONVIOLENZA

Nel fascicolo di settembre di "Nigrizia", l'utilissimo mensile dell'Africa 
e del mondo nero, un utilissimo dossier di 16 pagine sulla nonviolenza. Ma 
tutta "Nigrizia" e' una voce di nonviolenza. Per contatti e per richieste: 
e-mail: redazione@nigrizia.it, sito: www.nigrizia.it



6. RIVISTE. IL SECONDO VOLUME DEI "QUADERNI SATYAGRAHA"

"Quaderni Satyagraha" (sottotitolo: "il metodo nonviolento per trascendere 
i conflitti e costruire la pace") e' la bella rivista edita dal Centro 
Gandhi di Pisa con il patrocinio del Centro interdipartimentale "Scienze 
della pace" dell'Universita' di Pisa.

E' in uscita il secondo volume; la notevole qualita' del primo (un volume 
di 160 dense pagine a firma di studiosi illustri) lascia pensare che i 
volumetti di "Quaderni Satyagraha" diverranno un punto di riferimento 
imprescindibile in Italia per la ricerca scientifica sui temi della pace e 
della nonviolenza. A tutti i nostri interlocutori rivolgiamo l'invito ad 
abbonarsi, ricevendo cosi' sia il primo volume gia' uscito, che il secondo 
in preparazione.

Indice del secondo numero:

- Gloria Gazzeri, Il magistero nonviolento di Tolstoj.

- Leone Tolstoj, La nostra concezione della vita.

- Antonino Drago, I maestri della nonviolenza e il crollo delle due 
superpotenze.

- Pat Patfoort, Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo cambiare il 
futuro.

- Ruben Dario Pardo, Il conflitto armato e i processi di resistenza civile 
nonviolenta  in Columbia.

- Giovanni Salio, Il secolo nucleare.

- Olivier Maurel, La violenza delle armi rende smemorati.

- Brian Martin, Fucili e rivoluzione.

- Romesh Diwan, Gandhi, Amartya Sen e il concetto di poverta'.

- Itala Ricaldone, Gandhi e l'ideale di un paese democratico.

- Paolo S. Nicosia, Caratteristiche e strumenti per conciliare o mediare 
una controversia.

- Pierluigi Consorti, Nuovi studi per la pace e servizio civile.

- Ylenia Sacco, Ziviler Friedensdienst (Il Servizio Civile di Pace Tedesco).

- Andrea Cozzo, Scienza, Conoscenza e Istruzione in Lanza del Vasto.

* L'abbonamento annuale e' di 30 euro, con bollettino postale intestato al 
Centro Gandhi, editore di Quaderni Satyagraha: Largo Duca d'Aosta 11, 56123 
Pisa, numero conto corrente postale: 19254531.

* Per gli insegnanti: in seguito alla Direttiva ministeriale del 17 Giugno 
2002, n. 70, art. 3, riguardante il "Rimborso spese personale docente per 
sottoscrizione abbonamenti a riviste specializzate", entro il 31 dicembre 
2002 i docenti di ogni ordine e grado possono inoltrare al dirigente 
scolastico della propria sede di servizio domanda di rimborso della spesa 
sostenuta nel 2002 per l'abbonamento a "Quaderni Satyagraha", allegando 
fotocopia del versamento fatto per l'abbonamento postale.



7. ESPERIENZE. SVOLTOSI IL CONVEGNO NAZIONALE DEL CEM

Si e' svolto a La Quercia (Vt) il 24-29 agosto il quarantunesimo convegno 
nazionale del CEM, la rete di educatori e di persone di volonta' buona 
tessuta dal Centro di Educazione alla Mondialita' dei missionari saveriani, 
che pubblica la rivista mensile "Cem mondialita'" (una lettura pressoche' 
indispensabile per chi si occupa di educazione, diritti umani, 
nonviolenza). Per contatti: "Cem mondialita'", tel. 0303772780, e-mail: 
cemmondialita@saveriani.bs.it, sito: www.saveriani.bs.it/cem



8. RILETTURE. AA. VV.: L'ALTRO SGUARDO

AA. VV., L'altro sguardo, Mondadori, Milano 1996, pp. 406, lire 15.000. Una 
antologia delle poetesse del Novecento, che e' anche un efficace invito ad 
approfondire la conoscenza delle opere delle 55 autrici proposte.



9. RILETTURE. KRZYSZTOF KIESLOWSKI, KRZYSZTOF PIESIEWICZ: DECALOGO

Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz, Decalogo, Einaudi, Torino 1991, 
1994, pp; 452, lire 16.000. Le sceneggiature originali (da cui i film in 
qualche punto si discostano) ed altri materiali del e sul capolavoro 
cinematografico di Kieslowski, una grande riflessione morale.



10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale 
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale 
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae 
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo 
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova 
il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, 
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di 
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza 
geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e 
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e 
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio 
comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono 
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e 
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto 
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, 
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, 
l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la 
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione 
di organi di governo paralleli.



11. PER SAPERNE DI PIU'

* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org 
; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it

* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della 
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in 
Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it 
; angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it

* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista 
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati 
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per 
contatti: info@peacelink.it



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO



Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di 
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it



Numero 362 del 22 settembre 2002