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maxioperazione contro il terrorismo: chiusi 10 siti Internet in Italia
Dopo l’11 settembre e i terribili fatti accaduti, Internet è stata
monitorata e scandagliata fin nelle viscere alla ricerca di terroristi e
fiancheggiatori. E’ notizia di queste ore che dieci siti Internet
italiani siano stati chiusi nell’ambito di un’operazione antiterrorismo.
Uno di questi risulterebbe essere a Taranto. Filtrano voci di pagine web
su cui si sarebbero trovate informazioni su come costruire ordigni o cose
simili. In tali casi basta un semplice sospetto e scatta la
perquisizione. La memori mi torna al 3 giugno del 1994, data in cui la
Guardia di Finanza di Taranto fece irruzione armi alla mano
nella stanza dove era in funzione il “nodo telematico” centrale di
PeaceLink. Fu sequestrato il computer più una notevole quantità di
supporti informatici e di documentazione. L’accusa era in buona sostanza
di pirateria telematica; si ipotizzava che dietro il “paravento” di
PeaceLink si nascondesse un traffico illegale di vendita di software
piratato “a mezzo collegamento telefonico (con modem)” come precisò a suo
tempo il pubblico ministero nel mandato di perquisizione. Ai finanzieri
fu risposto e dettato un secco comunicato: “PeaceLink, di cui Taras
Communication è il sistema centrale, si è sempre battuta contro la
pirateria informatica e telematica di ogni tipo”. Questo rimase nel
verbale di perquisizione. Partirono alcune interrogazioni parlamentari a
cui dovette rispondere l’allora ministro della Giustizia Alfredo Biondi,
con non poco imbarazzo dato che riconobbe, nella sua risposta scritta, la
“meritoria” attività svolta da PeaceLink. Particolarmente dura fu
però l’autodifesa del capitano della Guardia di Finanza che guidò
l’operazione: “Ai militari è stato riferito che per accedere ai programmi
pirata era necessario fare versamenti, che variavano dalle 50.000 alle
200.000 lire, su un conto corrente”. Ma se ciò fosse stato vero, sul
conto corrente sarebbe dovuti affluire dai due ai tre milioni al giorno,
oltre un miliardo l’anno. Invece di controllare il magro conto corrente,
fu avviato un processo che durò cinque anni e che portò alla piena
assoluzione: il fatto non sussisteva. Giunsero fin dall’inizio
dell’inchiesta attestazioni di solidarietà da tutto il mondo, dalla
California all’Australia. Quell’azione di sequestro avrebbe potuto
stroncare una rete giovane come PeaceLink: era nata da soli due anni e
mezzo. Rafforzò invece il senso di unità e mise alla prova il carattere.
Non partì mai da PeaceLink un atto d’accusa contro la magistratura;
PeaceLink recentemente ha anzi portato, insieme a Libera, la sua
solidarietà alla magistratura di fronte agli attacchi di cui è oggetto;
tuttavia furono messe in luce le macroscopiche e grossolane stranezze
dell’indagine di cui non vennero mai resi noti i reali ispiratori, ossia
gli informatori da cui scaturirono le notizie false che furono raccolte
dalla Guardia di Finanza e poi passate al magistrato. C’era abbondanza di
materiale per scrivere un libro, e infatti sulla vicenda fu scritto nel
1999 da Carlo Gubitosa il libro “Italian Crackdown”, edito dalla Apogeo.
La storia che ha coinvolto PeaceLink mi ha insegnato ad essere sempre
cauto di fronte alle spettacolari azioni condotte contro il “lato oscuro”
della telematica: allora noi eravamo il lato oscuro. Ho conosciuto
persone - accusate di pedofilia su Internet che nulla avevano a che
fare con la pedofilia. Ho saputo di errori tecnici di indagine che
avrebbero dovuto consigliare maggiore cautela. Per questa ragione oggi
sono un osservatore attento ma non grido facilmente al “terrorista
telematico”: lasciamo che i fatti siano analizzati, approfonditi,
ponderati in tutti i loro retroscena. Due parole sui retroscena.
Chiediamoci: chi ha scritto i manuali per preparare le bombe che si
trovano su Internet? Qui si apre un penoso aspetto della vicenda: vari
manuali di terrorismo che sono su Internet possono derivare dagli
opuscoli scritti dai servizi segreti americani. A pagina 106 di un libro
scritto tra l’altro da un colonnello della Guardia di Finanza (Umberto
Rapetto e altri, “Genitori occhio ad Internet!”, ed.EPC) vi sono alcune
immagini di “terrorismo fai da te”, così presentate: “Le immagini che
seguono sono la riproduzione elettronica disponibile in Internet di un
manuale che “si presume” abbia diffuso la CIA anni fa per la liberazione
del Nicaragua e perché “sabotare la tirannia marxista serve a vendicare
la memoria di Sandino”. Il manuale sarebbe stato realizzato a fumetti per
consentire la fruizione dei messaggi anche da parte di persone incapaci
di leggere o a ridottissima scolarità”. Oggi esistono sparpagliati
nel mondo molteplici manuali di terrorismo che sono stati distribuiti da
chi oggi si lamenta del terrorismo. Non è un mistero che ufficiali
talebani siano stati addestrati in Scozia quando erano definiti
partigiani e non terroristi. Sarebbe veramente paradossale se, sul
sito Internet di Taranto sequestrato, gli inquirenti si trovassero di
fronte a materiale scritto e distribuito in Nicaragua anni fa per i
nobili scopi della guerra fredda: si potrebbe allora processare un
agente di servizi segreti amici?
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink