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La nonviolenza e' in cammino. 351
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 351 del 14 febbraio 2002
Sommario di questo numero:
1. "Palermo chiama": appello per l'assemblea nazionale antimafia a Roma il
23 febbraio
2. Francesco Saverio Borrelli, relazione all'inaugurazione dell'anno
giudiziario
3. Luce Fabbri, l'essenziale
4. Peppe Sini, Raimondo Pesaresi
5. Riletture: Rossana Rossanda, Anche per me
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. APPELLI. "PALERMO CHIAMA": APPELLO PER L'ASSEMBLEA NAZIONALE ANTIMAFIA A
ROMA IL 23 FEBBRAIO
[Da Palermo Anno Uno (palermoannouno@libero.it) riceviamo e diffondiamo il
seguente documento redatto insieme al Centro Impastato di Palermo che viene
proposto alla riflessione di quanti sono impegnati contro la mafia e per la
democrazia. Insieme al documento "Palermo anno uno" ha dffuso anche il
seguente comunicato: "Confermiamo la data dell'Assemblea nazionale antimafia
che, come gia' avvertito con il messaggio dello scorso 12 gennaio, si terra'
a Roma, in Campidoglio, la mattina del 23 febbraio 2002. Com'era
nell'intento dei proponenti dell'iniziativa partita da Palermo, ci si e'
impegnati per raggiungere il massimo d'integrazione e di coinvolgimento di
tutte le realta', associative e non, sensibili ai temi della giustizia e
della democrazia. Per questo, come previsto e ove possibile, ci siamo
raccordati con altre iniziative, in particolare con quella di "Libera"
nazionale, facendo convergere le diverse iniziative in un'unica, grande
assemblea che, ribadiamo, si terra' a Roma, in Campidoglio, il 23 febbraio
2002 alle ore 9. Inoltre, considerando utile ed opportuno che tutti i
soggetti e le Associazioni che hanno aderito all'iniziativa "Palermo chiama
contro la mafia" offrano all'assemblea nazionale un apporto d'idee, Palermo
Anno Uno e il Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato"
offrono un contributo programmatico - sostanziato in un documento di analisi
e proposta allegato a questa nota informativa - che si sottopone alla
valutazione, e all'eventuale adesione, dei sopracitati soggetti ed
associazioni. S'invitano, pertanto, tutti coloro che hanno risposto
all'appello di "Palermochiama contro la mafia", e quanti volessero ancora
farlo, a volere fare pervenire, non oltre il 18 febbraio, la propria
adesione al documento e/o, anche, eventuali contributi. Auspichiamo un
massiccio e tempestivo riscontro alla proposta del documento sopra
richiamato, soprattutto, da parte di chi ha gia' dato adesione
all'iniziativa dell'Assemblea nazionale antimafia"]
Palermo chiama... contro la mafia, contro la legalizzazione
dell'illegalita', per la difesa della democrazia e della Costituzione.
Dopo le stragi del '92 e del '93 la lotta contro la mafia ha segnato dei
punti importanti a proprio favore, con nuove leggi, gli arresti e le
condanne di capi e gregari, le inchieste sui rapporti tra mafiosi e
politici. La societa' civile ha risposto con grandi manifestazioni, la rete
di comitati e associazioni si e' infoltita e diffusa, si sono costituite le
associazioni antiracket e si sono moltiplicate le iniziative nelle scuole e
nei quartieri e finalmente ha cominciato a prendere corpo l'uso sociale dei
beni confiscati ai mafiosi.
Successivamente i mafiosi hanno cambiato strategia, controllando la
violenza, e la cosiddetta "mafia invisibile" e' stata scambiata per
sconfitta o inesistente. C'e' stato un arretramento dell'azione
istituzionale, la legislazione ideata e attuata in un'ottica di emergenza,
in risposta alla sfida mafiosa, e' stata smantellata o attenuata, la
collaborazione con la giustizia e' stata scoraggiata, l'azione dei
magistrati e' diventata sempre piu' difficile, la responsabilita' politica
di cui parlava la Commissione antimafia nel 1993 e' rimasta sulla carta e,
paradossalmente, si sono moltiplicate le richieste di risarcimento rivolte a
giornalisti, studiosi e familiari delle vittime, allo scopo d'instaurare un
clima d'intimidazione nei confronti di chiunque intenda far conoscere,
commentare o studiare il persistente fenomeno delle contiguita' tra
politica, mafia e affari.
Il nuovo governo ha sancito e potenziato, fino alle estreme conseguenze,
questa inversione di rotta. Non si tratta solo di "convivere con la mafia",
come ha dichiarato il ministro Lunardi, che vuole realizzare in gran fretta
faraoniche e discutibili opere pubbliche eliminando o riducendo i controlli
di legalita'; non si tratta soltanto della sanatoria dell'abusivismo
edilizio, cavallo di battaglia del presidente della Regione siciliana, ma di
una strategia lucidamente perseguita di legalizzazione dell'illegalita'. Nei
primi cento giorni del governo Berlusconi sono state approvate una serie di
leggi a tutela degli interessi privati e per assicurare l'impunita' dei
potenti, come la depenalizzazione del falso in bilancio, l'inutilizzabilita'
delle rogatorie internazionali per insignificanti vizi di forma, le
facilitazioni per il rientro dei capitali dall'estero senza adeguati
strumenti di contrasto delle varie forme di riciclaggio internazionale. La
vicenda dell'accordo sul mandato di arresto europeo, condizionato
all'obiettivo di eliminare dalla Costituzione l'obbligatorieta' dell'azione
penale e l'indipendenza dei pubblici ministeri dall'esecutivo, e' un preciso
ricatto: si vuole far credere che sia l'Unione Europea a imporre mutamenti
radicali e pericolosi che invece fanno parte integrante della strategia
governativa.
Gia' prima, le violenze durante il G8 di Genova e, poi, la rimozione di Tano
Grasso da Commissario antiracket e la riduzione delle scorte ai magistrati
piu' esposti nella lotta alla mafia e alla corruzione hanno svelato la vera
natura del governo, la sua concezione dell'ordine pubblico e la sua volonta'
di occupare le istituzioni e smantellare la lotta contro la mafia.
Mentre nulla finora e' stato fatto per risolvere il conflitto di interessi,
che non riguarda solo il Presidente del Consiglio (e i progetti in cantiere
sono tutt'altro che accettabili), gli attacchi alla magistratura hanno
assunto il carattere di un vero e proprio conflitto istituzionale che tende
ad eliminare o ridurre drasticamente l'indipendenza del potere giudiziario,
mettendo quindi in discussione un pilastro della democrazia. Con la scusa
della lotta al terrorismo, il progetto sulla riforma dei servizi segreti,
sottraendoli a ogni controllo, sarebbe un altro passo sulla strada della
legalizzazione dell'illegalita'.
Di fronte a una situazione cosi' grave non possiamo limitarci a protestare,
occorre una mobilitazione, la piu' ampia e capillare possibile, che rilanci
la lotta contro la mafia e promuova delle vere e proprie vertenze dei
movimenti della societa' civile e delle forze democratiche contro
l'illegalita' legalizzata.
Pertanto, dopo avere lanciato un appello in cui esprimevamo le nostre
preoccupazioni, ci incontriamo a Roma il 23 febbraio 2002 con le
associazioni, i movimenti, le forze politiche e sindacali, e tutti coloro
che hanno a cuore le sorti della democrazia e della convivenza pacifica, in
un'assemblea nazionale per riflettere insieme e preparare una serie di
iniziative che diano una risposta adeguata all'attacco alla nostra
democrazia.
I temi che intendiamo proporre come contributo alla discussione sono:
1. l'abolizione delle leggi che legalizzano l'illegalita', aderendo
all'appello lanciato, tramite MicroMega, da alcuni dei piu' autorevoli
intellettuali italiani per un referendum abrogativo delle norme sul falso in
bilancio e sulle rogatorie;
2. la difesa dei principi della Costituzione che garantiscono l'indipendenza
della magistratura e l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge;
3. la difesa della liberta' di informazione, di opinione e di ricerca,
garantita dalla Costituzione, con una nuova regolamentazione legislativa in
materia di diffamazione e la costituzione di un Fondo di solidarieta';
4. la riaffermazione della distinzione, proposta dalla Commissione
parlamentare antimafia del '93, tra responsabilita' penale e responsabilita'
politica (spetta alle assemblee rappresentative, e ad ogni forza politica al
proprio interno, individuare e stigmatizzare tutti quei comportamenti che,
indipendentemente dall'accertamento di eventuali reati di esclusiva
competenza della magistratura, siano ritenuti incompatibili con l'esercizio
di funzioni politiche);
5. l'opposizione alle misure di ridimensionamento di importanti norme
antimafia quali l'applicazione dell'articolo 41/bis, la protezione dei
testimoni e dei collaboratori di giustizia e l'utilizzo delle loro
dichiarazioni, le forme di tutela e protezione di magistrati e altri
soggetti impegnati nella lotta alle mafie, spacciandoli per misure
tecnico-giuridiche ed amministrative per la razionalizzazione dell'azione
dello Stato.
Nel denunciare il clima complessivo di grave delegittimazione dei
protagonisti e dei simboli del movimento antimafia, che induce a considerare
la lotta alla criminalita' organizzata e alla corruzione politica e
finanziaria una stagione ormai superata, Palermo chiama a una mobilitazione,
la piu' ampia possibile, che, a partire da questa assemblea, si sviluppi nei
prossimi mesi per ritrovarci in una grande manifestazione nazionale, da
tenersi a Palermo in occasione del decennale delle stragi di Capaci e via
D'Amelio.
Assemblea nazionale a Roma in Campidoglio contro la mafia e per la
democrazia il 23 febbraio 2002 alle ore 9.
2. DOCUMENTI. FRANCESCO SAVERIO BORRELLI: RELAZIONE ALL'INAUGURAZIONE
DELL'ANNO GIUDIZIARIO
[Riportiamo il testo integrale della relazione del procuratore generale di
Milano Francesco Saverio Borrelli, tenuta all'inaugurazione dell'anno
giudiziario il 12 gennaio 2002. Il testo abbiamo ripreso da "Peacelink
News", che lo ha tratto dal sito www.manipulite.it]
Signor Presidente, Signori Presidenti di Sezione, Signori Consiglieri della
Corte di Appello di Milano adunati in Assemblea Generale; Colleghi Sostituti
Procuratori Generali; Signor Presidente del Tribunale per i Minorenni,
Signor Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni,
Signor Presidente del Tribunale di Sorveglianza, Signori Presidenti dei
Tribunali Ordinari e Signori Procuratori della Repubblica del Distretto,
Signori Magistrati Onorari tutti; Signori Dirigenti, Funzionari
amministrativi, impiegati degli uffici giudiziari del Distretto;
nell'accingerci a celebrare la cerimonia di inaugurazione dell'anno
giudiziario 2002 nelle forme previste dagli artt. 88 e seguenti
dell'Ordinamento Giudiziario e' doveroso rivolgere anzitutto il nostro
pensiero e il nostro ossequio al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi, Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, idealmente
presente tra noi, instancabile cultore e animatore di una coscienza civica
che dall'ambito nazionale si allarga alla patria europea e al mondo contro
ogni particolarismo localistico; virtuale altissimo garante della unita'
talvolta problematica tra i poteri dello Stato tutti promananti e percio'
legittimati, direttamente o mediatamente, dalla volonta' del popolo
italiano; tutore dei meccanismi e dei valori del progetto democratico
tracciato nella Costituzione nata - lo si ricordi - dalla Resistenza contro
il regime del ventennio e dunque anche presidio di resistenza contro ogni
altro regime possibile o futuro.
Esprimo, come gia' nelle occasioni precedenti, la devota riconoscenza mia e
del mondo giudiziario del Distretto a Sua Eminenza il Cardinale Carlo Maria
Martini, da ventidue e vorremmo augurarci per molti anni ancora Arcivescovo
di Milano, la cui costante presenza alle cerimonie inaugurali riflette su
queste una luce che, al di la' delle dimensioni tecnica e istituzionale,
conferisce loro, o ne svela, una valenza di piu' ampio respiro comunitario e
spirituale.
Ringrazio altresi' per la loro presenza il Vice Presidente del Parlamento
Europeo On. Guido Podesta', il Prefetto Dott. Bruno Ferrante, il Generale
della Squadra Aerea Giulio Mainini, Comandante della Prima Regione Aerea e
del Presidio Militare di Milano, il Generale di Corpo d'Armata Mariano
Ceniccola, Comandante Interregionale dei Carabinieri "Pastrengo", il Tenente
Generale Bruno Viva, Comandante del Corpo d'Armata di Reazione Rapida, il
Generale di Divisione Angelo Ferraro, Comandante Interregionale della
Guardia di Finanza, l'avv. Giovanni Di Cagno, rappresentante del Consiglio
Superiore della Magistratura, di cui e' componente, il rappresentante del
Ministero della Giustizia Giovanni Schiavone; porgo il mio saluto, ancora,
alla Vice Presidente della Giunta Regionale On. Viviana Beccalossi, alla
sempre deliziosamente gentile Presidente della Provincia On. Ombretta Colli,
al Vice Sindaco di Milano Sen. Riccardo De Corato, al Questore Dott.
Vincenzo Boncoraglio, al Presidente e all'intero Consiglio dell'Ordine degli
Avvocati di Milano, alle illustri Rappresentanze degli Ordini Forensi di
altri Paesi, ai Parlamentari presenti, al Presidente del Tribunale
Amministrativo Regionale, al Presidente della Sezione Giurisdizionale e al
Procuratore Regionale della Corte dei Conti, ai Magnifici Rettori delle
Universita', ai Dirigenti delle articolazioni locali delle Amministrazioni
dello Stato, ai vertici delle Forze Armate e delle Polizie, ai
rappresentanti della cultura, del giornalismo, del mondo dell'economia.
Porgo il mio saluto, infine, ai cittadini, anzi "alle loro maesta', i
cittadini", come soleva dire il compianto Prefetto Carmelo Caruso,
avvicinati oggi da un lodevole interesse a questa cerimonia, del resto non
esoterica nonostante il paludamento, ma a loro destinata.
*
Come molti dei presenti gia' sanno, il limite di tempo assegnato al discorso
del Procuratore Generale non permette un consuntivo analitico degli eventi
giudiziariamente rilevanti ne' del lavoro svolto dai vari uffici. Per una
meno sommaria informazione rinvio i cortesi ascoltatori alla lettura delle
relazioni pubblicate nella seconda parte del volumetto oggi distribuito.
Quanto alle tabelle statistiche richiamo le consuete riserve e avvertenze
circa le incongruita' derivabili dal non ancora completato assestamento
interno dei dati e circa l'inevitabile divario tra i dati stessi, aventi
carattere prettamente giudiziario, e la realta' esterna, ben lungi
dall'essere tuta visibile, o ugualmente visibile, o tempestivamente
visibile, nello specchio dell'attivita' della Magistratura. Per il Tribunale
di Milano, peraltro, un Ufficio delle Statistiche, recentemente costituito
sotto la guida di un magistrato, sta operando con esemplare cura una
integrale revisione critica dei dati e delle metodiche, che risultera'
utilissima per i fini dell'organizzazione generale del Tribunale stesso.
*
Per quanto riguarda in generale il livello di funzionalita' degli uffici,
l'osservazione rivela un ventaglio alquanto diversificato di situazioni
locali. Ma anche dove la pressione dei carichi civili e penali e' molto
rilevante in rapporto alle risorse umane, le situazioni vengono fronteggiate
dappertutto onorevolmente.
Il bilancio globale si attesta su valori di sostanziale equilibrio tra
entrate e uscite, cioe' tra nuove iscrizioni e definizioni, sebbene il
recupero di velocita' e il raggiungimento dell'obiettivo di una giustizia
mediamente e non solo saltuariamente rapida, o almeno ragionevole nei suoi
tempi, siano ancora abbastanza problematici. La lentezza dei processi
davanti alle magistrature ordinarie e', del resto, male comune a molti paesi
anche europei, e forse in alcuni persino piu' grave che da noi. In qualche
caso le statistiche ufficiali paiono delineare una diminuzione delle
pendenze vuoi civili che penali, che, se rispondente al vero, e' foriera di
speranza nel progresso. Piu' di un capo di ufficio esprime valutazioni
positive circa gli effetti dell'unificazione dei giudici e dei pubblici
ministeri di prima istanza, dell'accresciuta area della competenza
monocratica, dell'aggregazione di giudici onorari alle sezioni civili
stralcio, del piu' frequente ricorso al rito penale abbreviato. Prosegue,
per la Corte d'Appello, un andamento positivo di riduzione delle pendenze
sia civili che penali, donde la legittima aspettativa di un miglioramento
della situazione.
Comune a tutti i capi degli uffici e' la lamentela per le scoperture, in
alcuni casi scandalose, negli organici del personale amministrativo, che
vanificano in parte gli sforzi dei magistrati, confondono i profili
professionali e generano disordine quando non autentici e gravi disservizi
negli adempimenti che precedono e che seguono l'udienza. Il problema ha una
delle sue concause nell'esiguita' della componente settentrionale nelle leve
degli amministrativi, e anche in una certa proclivita' del Ministero della
Giustizia a favorire il ritorno di dipendenti nei luoghi d'origine
dell'Italia centro-meridionale.
Comunque possa valutarsi la situazione del Distretto in termini oggettivi,
mi preme porre in evidenza come da nessun ufficio provengano manifestazioni
di sconforto ne' opinioni di sconfitta, al contrario rilevandosi in tutti, a
cominciare dai capi, la ferma volonta' di risolvere ad ogni costo le
difficolta' con l'impegno, il sacrificio, l'intelligenza nell'ottimizzazione
delle risorse disponibili. E' questo un dato di carattere morale, ma con un
suo riflesso pragmatico, che fa onore ai Colleghi e alla civilta' lombarda
di cui tutti, per nascita o per adozione, ci sentiamo impregnati.
Particolare attenzione e' stata dedicata negli ultimi tempi alla formazione
professionale sotto un triplice aspetto: la creazione, presso sedi
accademiche, delle scuole di specializzazione a partire da questo mese di
gennaio per laureati che aspirano alla magistratura, all'avvocatura o al
notariato, sotto la guida di docenti universitari, di professionisti e di
magistrati; il tirocinio degli uditori giudiziari senza funzioni, nonche'
dei giudici di pace di nuova nomina; l'aggiornamento e l'arricchimento
culturale, o formazione permanente, a vantaggio di tutti i magistrati togati
e onorari, con iniziative tra l'altro di studio di tutte le piu' importanti
leggi civili e penali di nuova emanazione. Analoghe, e molto ben concepite
attivita' di formazione vengono svolte da funzionari esperti presso la
Scuola per la pubblica amministrazione a vantaggio del personale
amministrativo dei vari livelli.
*
Per quanto riguarda in particolare la giustizia penale, vari procuratori
della Repubblica del Distretto addebitano genericamente al vigente codice di
procedura penale e alle recenti novelle la causa della lentezza dei
procedimenti; mentre la riforma del giudice unico e l'ampliamento della
competenza monocratica ricevono valutazioni negative per l'accresciuto
numero di udienze che sottrae tempo alle indagini, positive invece per
l'incremento di produttivita' in termini di sentenze. La posizione piu'
ottimistica trova concordi vari presidenti di tribunale, alcuni dei quali
sottolineano il notevole aumento della quota di definizioni con rito
abbreviato e il deciso avvio di una fase di riduzione delle pendenze.
Non condivido, se non per aspetti particolari, l'atteggiamento critico e
sostanzialmente misoneista di chi indiscriminatamente deplora le novelle. Se
alcuni appesantimenti potevano ragionevolmente evitarsi, il nucleo delle
innovazioni, e principalmente il diritto alle investigazioni difensive,
attua ne' piu' ne' meno che la parita' delle parti e costituisce mero
sviluppo della concezione accusatoria che ha informato il codice Pisapia
Vassalli e alla quale personalmente ho plaudito fin dall'inizio.
E' da dire, piuttosto, che ogni ampliamento di garanzie e/o di poteri deve
essere utilizzato linearmente per gli scopi cui il legislatore l'ha
destinato, non distorto a danno del procedimento e del suo fine ultimo, e
cio' non sara' possibile se non accettando una deontologia professionale e
una conduzione processuale a tolleranza zero. Il codice civile conosce il
divieto degli atti di emulazione. Un moderno codice deontologico dovrebbe
sanzionare come oltraggio alla giustizia ogni esercizio di diritti
all'interno del processo che abbia come unico scopo quello di nuocere o
recare ritardo al processo stesso: e mi astengo dal citare gli esempi, pur
clamorosi, offerti da esperienze in corso.
L'apparato della giustizia penale si e' arricchito da pochi giorni di una
nuova articolazione, grazie all'entrata in vigore della legge che ha
attribuito un'area di competenza, appunto, penale al giudice di pace. A
questo stuolo di magistrati onorari, le cui benemerenze nel settore della
giustizia civile si rinnovano gia' da sei anni, formulo gli auguri piu'
fervidi per i loro nuovi compiti.
*
In ordine alla giustizia civile, le voci dei presidenti del tribunale
sembrano accordarsi su una nota di relativo ottimismo, giustificato da un
superamento piu' o meno marcato del numero delle causa definite rispetto a
quelle sopravvenute, sicche' in quasi tutte le sedi le pendenze
risulterebbero in diminuzione. Le relazioni dei capi degli uffici
giudicanti, per vero, ad eccezione della relazione del Presidente del
Tribunale di Monza, sono alquanto parche di considerazioni sui temi della
giustizia civile, anche per quegli aspetti che nel divenire, nell'evolversi
della legislazione dovrebbero destare piu' vivo interesse negli operatori e
curiosita' negli osservatori.
*
Una menzione particolare spetta al funzionamento della giustizia nel campo
minorile.
Preme a questa Procura Generale segnalare l'impegno quantitativamente e
qualitativamente cospicuo del Tribunale e della Procura della Repubblica per
i Minorenni nei compiti di estrema delicatezza e formidabile rilevanza umana
e civica attribuiti loro dall'ordinamento.
Tale impegno e' rispecchiato non soltanto dall'oggettivita' del lavoro
svolto, che, si badi, possiede una valenza virtuale oltrepassante i confini
del settore specifico con la sperimentazione di alcuni istituti suscettibili
di transitare utilmente dal laboratorio minorile al mondo della giustizia
per gli adulti. E' rispecchiato anche dalla pregevole completezza delle
relazioni che i capi dei due uffici hanno elaborato, dall'accorata, generosa
partecipazione etica ed emotiva che gli autori hanno posto in tali documenti
nell'affrontare le vaste problematiche della loro attivita' quotidiana,
dall'ampiezza degli orizzonti strategici delineati, in definitiva dalla
fortissima vocazione professionale che ne traspare. Le difficolta' che la
giustizia minorile incontra provengono dalle caratteristiche di un contesto
sociale, di estensione distrettuale, in cui l'attenzione alla condizione
dell'infanzia e in genere dell'eta' evolutiva deve abbracciare uno spettro
che va dalla poverta' avventurosa e spaesata delle famiglie degli immigrati
alle isole esclusive dei clan nomadi, dalle aree anarcoidi e violente delle
periferie urbane agli ambienti delle famiglie piu' o meno, ma neppure
sempre, in crisi, appartenenti alle fasce piccolo-medio-borghesi della
societa', e talvolta alto-borghesi. Il denominatore comune generatore del
disagio e' rappresentato dalla carenza di un'autentica cultura
dell'infanzia, a volte necessitata dalle circostanze, a volte frutto di
disattenzione, spesso causata dall'incapacita' negli adulti di trasmettere
valori che si discostino dall'ideologia di un'identita' cercata, secondo la
nota espressione di Erich Fromm, nell'avere piuttosto che nell'essere.
I problemi dell'adozione e dell'affidamento sono spesso sollevati dai media,
ma per lo piu' con distorsioni finalizzate a mozioni affettive di dubbia
lega, che talvolta privilegiano una sorta di diritto proprietario sul minore
legato al sangue, talaltra l'aspirazione genitoriale delle coppie sterili,
talaltra ancora gli investimenti affettivi dell'adulto: ben raramente
valutandosi le situazioni con il criterio, enunciato a parole, della
centralita' dell'interesse del minore.
*
La carrellata sul funzionamento degli uffici del Distretto non potrebbe
chiudersi senza la menzione piu' che lodevole dell'attivita' del Tribunale
di Sorveglianza, intorno a cui nella primavera scorsa erano state suscitate
polemiche abbastanza pretestuose e non del tutto limpide, paradossalmente in
coincidenza con il pressoche' totale riassorbimento dell'arretrato. Il T. di
S., nonostante l'inadeguatezza del suo organico anche in paragone con altri
uffici omologhi, con un poderoso sforzo lavorativo ha definito tra l'ottobre
1999 e il giugno 2001 ben 31.501 procedimenti, riducendo la pendenza a 5.390
numeri, pari ad un terzo circa delle sopravvenienze annuali. E non vi e' chi
non comprenda quanto la messa a regime giovi agli interessi stessi dei
detenuti sotto il profilo della sollecitudine nell'esame dei loro ricorsi.
Sulla situazione delle carceri non mi stanchero' di stigmatizzare come
medievali la realta' e la sottostante, latente ideologia di un sistema
custodiale che alla privazione della liberta' personale aggiunge quote
indebite di sofferenza psichica e fisica talvolta degradante per i reclusi;
a maggior ragione, la drammatica, assoluta intollerabilita' di una siffatta
condizione per i ristretti in custodia cautelare.
*
Per quanto riguarda le tipologie dei materiali transitati attraverso i
meccanismi giudiziari, nel campo civile viene riscontrato in tutto il
Distretto un aumento del contenzioso lavoristico e previdenziale, in parte
dovuto all'affluenza di cause attinenti al rapporto di pubblico impiego
passate in tempi recenti alla competenza del giudice ordinario.
Pesante e' tuttora il contenzioso in materia di locazioni, sebbene mostri
varianti legate a situazioni particolari di disponibilita' di alloggi sul
mercato e a fattori socio-economici non uniformi nelle province.
Un complessivo incremento si registra nei numeri delle cause di separazione
e di divorzio.
Stabile nell'insieme e' il panorama delle dichiarazioni di fallimento.
Nei restanti settori non vengono segnalate variazioni che caratterizzino il
periodo in esame rispetto agli anni precedenti.
*
Con riferimento al campo penale mi limito a toccare alcuni argomenti
(criminalita' minorile, delitti politici, mafia, reati contro la pubblica
amministrazione, reati sessuali), rinviando per il resto alla lettura della
seconda parte del volumetto.
*
La criminalita' minorile appare preoccupante non tanto per il numero dei
procedimenti, che e' diminuito, quanto per la natura e la qualita' dei
reati, con apporto non trascurabile alle statistiche da parte di rampolli di
classi abbienti, totalmente insensibili verso il problema della legalita';
ne' cio' stupisce, considerando l'inclinazione, diffusa con diverse
connotazioni in diversi strati sociali e facilmente penetrabile nella mente
dei giovani, ad interpretare la liberta' come franchigia personale da ogni
regola.
*
Sulla criminalita' politica, risparmiando all'uditorio ogni riflessione
tragicamente ovvia sui fatti che hanno sconvolto il mondo nel settembre
scorso, segnalo una indagine sul terrorismo internazionale di matrice
islamica, che ha svelato l'esistenza di un'organizzazione per procurare
supporti ad attivita' terroristiche da compiersi non in Italia, ma fuori,
piu' recentemente si e' indirizzata sulla ricerca dei probabili flussi di
finanziamento. Una seconda indagine riguarda gesta di matrice eversiva
anarchica da attribuirsi ad un movimento con obiettivi transnazionali
greco-italo-spagnoli. Una terza indagine punta su un gruppo che si denomina
NIPR (Nucei Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria), forse collegato con gli
autori dell'omicidio D'Antona.
Su tutt'altro piano si colloca il procedimento instaurato contro promotori e
componenti della Guardia Nazionale Padana per violazione del divieto di
associazioni a carattere militare, conclusosi a Busto Arsizio con
un'assoluzione piena recentissimamente confermata dalla Corte d'Appello.
*
La Direzione Distrettuale Antimafia fa notare una drastica contrazione delle
iscrizioni di procedimenti per associazione di stampo mafioso, che
trionfalisticamente potrebbe interpretarsi come frutto dell'intenso lavoro
degli anni scorsi, piu' realisticamente come diminuita percezione di un
fenomeno in ripresa, conseguenza della parallela, drastica contrazione del
numero dei collaboratori di giustizia, disincentivati da convergenti
fattori: le reazioni violente anche trasversali delle organizzazioni
criminali, l'atteggiamento genericamente sfavorevole di ampi settori della
classe politica, la delusione provata dai collaboratori, e quindi lo scoragg
iamento di altri, per le difficolta' nell'approvazione dei programmi di
protezione, quanto dire per il mancato adempimento degli impegni da parte
dello Stato, infine il varo della nuova normativa sull'argomento.
Donde grossi problemi nelle indagini venendo meno la possibilita' di
conoscere le associazioni dal loro interno ed i canali del riciclaggio, per
non parlare di quelli derivanti dai progressi della tecnologia al servizio
del crimine non sempre neutralizzabili con prontezza, dai tempi impiegati
perche' le segnalazioni di operazioni bancarie sospette giungano alle
procure, infine di quelli derivabili da malintese applicazioni della nuova
legge sulle rogatorie. Nell'area di competenza della Direzione Antimafia,
come e' noto, rientrano anche le associazioni comunque dedite al traffico di
stupefacenti, e le iscrizioni dei relativi procedimenti nel periodo
considerato sono aumentate ben dell'80% rispetto all'anno precedente.
*
Passando ai reati contro la pubblica amministrazione, e' sempre alta,
checche' scrivano i giornali da anni a questa parte sulla "fine di Mani
pulite", l'attenzione delle procure sui fatti di corruzione, nonostante
l'insofferenza degli ambienti volta a volta toccati dalle indagini.
Meritoriamente sollecita, davanti al Tribunale di Milano che ha destinato
due sezioni penali a tale materia, e' divenuta la fissazione dei
dibattimenti, con una favorevole ripercussione nell'aumento delle
definizioni con riti alternativi e nelle prevenzione dei troppo brevi
termini di prescrizione.
*
Nella maggior parte dei circondari le iscrizioni per reati di violenza
sessuale risultano in aumento, con qualche sottolineatura per quelli che si
verificano in ambiente familiare. Per i fini di una efficace prevenzione, ma
anche di una investigazione seria, sagace e sensibile sulle notizie di reato
o sulle situazioni sospette, occorrono una raffinata preparazione
professionale degli addetti ai servizi sociali, una formazione possibilmente
specifica dei referenti di polizia giudiziaria, una particolare
organizzazione del primo intervento sulle vittime sotto il profilo
psicologico e sotto quello medico-legale, un'attenzione instancabile volta a
neutralizzare durante le indagini e nel giudizio tutti i fattori possibili
di turbamento e distorsione delle fonti di informazione, e quando negli
episodi sono coinvolti minorenni un coordinamento incondizionato con
l'autorita' giudiziaria minorile.
Il fenomeno della pedofilia e' estremamente insidioso perche', a parte gli
aspetti brutali di certo disgustoso turismo geografico o elettronico,
talvolta germoglia in contesti ambigui dove la vocazione socialmente
apprezzata a curarsi di fanciulli e giovinetti si mescola con inclinazioni
meno confessabili, o magari se ne nutre. E la sua insidiosita' si manifesta
anche nelle velenose polemiche giornalisticamente sostenute che in
determinate occasioni si sono sviluppate attorno ad iniziative giudiziarie;
quasi che, di fronte ad un conclamato allarme su scala mondiale, la
morbosita' viziosa stia dalla parte degli inquirenti e mai dalla parte degli
inquisiti.
*
Mi consentira' il Presidente di spingermi un po' oltre il limite prefissato.
Un discorso sull'amministrazione della Giustizia non puo' oggi, non potrebbe
mai, senza rinunziare ad una dimensione civica, a una dimensione etica,
attestarsi dietro la barriera tecnica dell'esistente e ignorare gli scenari,
le negativita', le possibilita', le probabilita', le doverosita' che
sull'oggi incombono e che evocano le alternative del domani.
Non c'e' dubbio che la giustizia, come servizio che il cittadino si attende,
sia tuttora in crisi, quantunque l'individuazione delle reali cause in un
dominio della realta' cosi' complicato e complesso sia difficile ed
opinabile, per la non linearita' dei processi di interazione che puo' far
interpretare come causali nessi che sono soltanto di correlazione, o farne
fraintendere la freccia di direzione.
L'operatore del diritto, d'altronde, puo' indicare all'interno del
sottosistema questo o quell'elemento negativo, ma le vere cause delle
modalita' di funzionamento, o di disfunzionamento, della macchina risiedono
spesso all'esterno, e forse occorrerebbe chiedere ad economisti e sociologi
se la miastenia della giustizia, in quanto persistente, non sia per
avventura funzionale a determinati interessi, e a quali.
Ma e' crisi solo quantitativa, di tempi e di produttivita', o anche
qualitativa? E' pura e semplice insufficienza di risorse? E' inadeguatezza
culturale degli operatori? Si e' per avventura generato un contesto che ha
gradualmente marginalizzato la giustizia, quale fino ad oggi l'abbiamo
intesa?
Il prestigio della magistratura, diciamolo, e' scaduto agli occhi
dell'utente, l'imparzialita' viene piu' sovente posta in dubbio, le
competenze in campi specialistici a volte difettano, le oscillazioni
giurisprudenziali sottraggono certezze e quindi valenza al diritto, i gradi
di giudizio si moltiplicano anche per effetto di frequenti irruzioni della
Corte di Cassazione nel merito fattuale delle vicende, il rapporto tra
operatori ed utenti e' deteriorato, talvolta, per difetti di comunicazione e
percio' di comprensione tra il mondo della giustizia ed il mondo esterno.
A monte di cio', abbiamo una iper-normazione all'inseguimento spasmodico del
mito della completezza dell'ordinamento, laddove sarebbe saggio arretrare su
una legislazione per principi piuttosto che per regole e regolette.
Di tali aspetti negativi, e della non riducibilita' della crisi a un fatto
di insufficienza numerica degli organici si va prendendo coscienza
nell'ambito dell'ordine giudiziario, purche' la spinta alla modernizzazione,
per le mani di chierici di recente ordinazione, non scivoli verso concezioni
aziendalistiche e produttivistiche che con la giustizia, come con
l'insegnamento, come con la sanita' pubblica, ben poco hanno da spartire.
Ma bastera'?
La qualita' del servizio giustizia reso ai cittadini dipende certo dal
livello intellettuale, professionale, morale degli appartenenti all'ordine
giudiziario, tuttavia dipende in pari misura dalla capacita' e volonta'
negli altri poteri di fornire alla magistratura gli strumenti necessari per
garantirne l'indipendenza e l'efficacia di azione, e dal clima di fiducia e
di rispetto che il contesto crea intorno ad essa nella comunita' nazionale,
oggi anche in quella internazionale.
Non sembra che gli scenari attuali giustifichino, in linea generale,
valutazioni ottimistiche, non fosse altro per il continuo parlare e scrivere
di riforme della giustizia, quando in realta' il nostro mondo, dopo aver
attraversato una stagione di incisivi cambiamenti ordinamentali e
processuali, avrebbe bisogno semmai di una fase di assestamento ermeneutico
e non del preannunzio di ulteriori scosse telluriche, con il senso di
precarieta', di disimpegno, di protratta incertezza che ne puo' derivare.
*
Ma c'e' dell'altro. Le riforme annunciate, meglio minacciate ad ogni pie'
sospinto con trasparenti intenti punitivi verso una magistratura certamente
non al massimo dell'efficienza ma altrettanto certamente indipendente, ben
poco hanno a che fare con l'efficienza.
Si parla di separazione delle carriere - piu' blandamente, ma
ingannevolmente, delle funzioni - tra requirenti e giudicanti, proprio
mentre con le scuole postuniversitarie di specializzazione si punta su una
formazione culturale comune tra varie categorie di operatori del diritto e
con l'ampliamento della giurisdizione onoraria si aprono occasioni di osmosi
tra il mondo forense e quello giudiziario.
Una scelta, la separazione, che, se motivata dalla temuta arrendevolezza dei
giudici ai pubblici ministeri (ma non si citano, a disdoro di questi ultimi,
proprio le alte percentuali delle assoluzioni?) dovrebbe almeno essere
supportata da studi sul campo e da monitoraggi; ma che, per ferrea analogia,
dovrebbe portare a maggior ragione verso la separazione delle carriere tra
giudici di primo grado, giudici del riesame, giudici di appello, giudici di
legittimita'.
Se motivata invece dall'intenzione di vincolare il pubblico ministero
all'esecutivo, come con ingenua imprudenza si e' fatto capire in Parlamento,
vulnererebbe indirettamente la stessa indipendenza del giudice penale e la
signoria della legge, tanto piu' quando si realizzassero anche la ventilata
distinzione organizzativa e funzionale della polizia giudiziaria dal
pubblico ministero, e la formulazione di direttive di priorita'
nell'esercizio dell'azione penale che non potrebbero non essere
politicamente connotate.
*
Si afferma, ancora, la necessita' di combattere il crimine transnazionale
senza l'impaccio delle frontiere, ma di fatto allo spazio giuridico europeo
si e' tentato, per fortuna con mezzi tecnicamente inidonei, di frapporre
ostacoli, con la legge sulle rogatorie, e con le riserve unilaterali
all'estradizione semplificata - alias mandato di arresto europeo - e
l'orchestrazione di campagne di rabbiosa informazione.
*
Si parla di riforma del sistema elettorale del Consiglio Superiore della
Magistratura, spacciando la soppressione delle liste concorrenti come
benefico strumento per emarginare le formazioni interne all'Associazione
Nazionale Magistrati, e si ignorano i ricchi fermenti di riflessione che
tutte queste hanno immesso nella vita della magistratura, soprattutto si
apre la strada a pratiche occulte di intesa per il coagulo di voti su
candidature di fatto.
*
Di altri fenomeni di questa sconcertata fase della nostra civilta' giuridica
deve farsi menzione. Le accuse generiche di parzialita' preconcette,
formulate contro i giudici, con l'insistenza martellante degli imbonimenti
televisivi, da rappresentanti anche elevati della classe politica;
l'analfabetismo storiografico che ha indotto qualcuno a lanciare come
anatema contro i magistrati la parola "giustizialismo", che nel secolo XX ha
indicato una certa ideologia di destra basata sull'interclassismo e su un
populismo demagogico dominato dal ruolo carismatico del capo; la
manipolazione della pubblica opinione italiana e straniera, cui uffici
giudiziari vengono indicati con il pronto e prono ausilio di media come
centrali rivoluzionarie promotrici di complotti internazionali o come
falsificatori di documenti (qualcuno ha rievocato recentemente il calunniato
"pretore rosso" di fascistica memoria, del quale parlava il mio maestro
Piero Calamandrei nell'Elogio dei giudici; ma gia' Adam Smith,
centocinquant'anni prima, osservava che chi contrasta gli affaristi legati
al potere politico si espone ad accuse infamanti, accuse, minacce); la
reinvenzione della storia giudiziaria, quando pacchi interi di sentenze di
condanna, spesso patteggiate a seguito di confessione, vengono attribuiti ad
una guerra civile condotta da magistrati contro elites politiche della prima
Repubblica affossatesi in realta' da sole, tra l'esecrazione anche di molti
odierni convertiti, nelle sabbie mobili della corruzione piu' sfacciata (ma
forse la sentenza della Corte di Strasburgo sul caso Craxi e' gia' stata
dimenticata); la minaccia di provvedimenti disciplinari contro magistrati
che esprimono su problemi generali e tecnici il proprio libero pensiero di
cittadini e di esperti; la volgarizzazione di questioni giuridiche -
costituzionali e procedurali - per slogan gridati, con voluta ignoranza dei
reali contenuti di testi normativi, sentenze, ordinanze, anche da parte di
firme autorevoli del giornalismo, per poter demonizzare questo o quel
magistrato o collegio giudicante magari poi attaccandolo con esposti o
denunzie; la riduzione infine delle protezioni a magistrati esposti a rischi
di incolumita' personale per vendette mafiose e/o per rancori politici
sapientemente attizzati, conseguente, come e' accaduto a Milano, a
irremovibili determinazioni discendenti per li rami dell'obbediente
burocrazia (alludo, si', alludo alla riduzione o soppressione della
protezione nei confronti di alcuni pubblici ministeri, che per caso, per
puro caso, sono gli stessi che sostengono l'accusa contro il capo del
governo).
*
Bene, tutto cio' procede in direzione esattamente opposta alla
valorizzazione del ruolo del magistrato come scudo della legalita', alla
cultura della fiducia nei meccanismi talora laboriosi e complicati per la
ricerca della verita', al mantenimento di un clima di serenita' che permetta
al giudice di operare senza timori e senza aspettative personali, alla
solidale unita' delle istituzioni cui tanto spesso esortava il mio illustre
predecessore Adolfo Beria d'Argentine.
*
Nessuna istituzione, nessun principio, nessuna regola sfugge ai
condizionamenti storici e dunque all'obsolescenza, nessun cambiamento deve
suscitare scandalo, purche' sia assistito dalla razionalita' e purche' il
diritto, inteso come categoria del pensiero e dell'azione, non subisca
sopraffazione dagli interessi. Ai guasti di un pericoloso sgretolamento
della volonta' generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita
del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, e'
dovere della collettivita' resistere, resistere, resistere, come su una
irrinunciabile linea del Piave.
*
Ringrazio il Signor Presidente e l'inclito uditorio per avermi prestato
cosi' prolungata attenzione e chiedo, con una personalissima nota di
profonda ammirazione, che venga aperto per il Distretto di Milano l'anno
giudiziario 2002.
3. MAESTRE. LUCE FABBRI: L'ESSENZIALE
[Il seguente passo abbiamo estratto dall'ampia, bella intervista di Cristina
Valenti a Luce Fabbri apparsa su "A. Rivista anarchica" n. 247 dell'estate
1998, disponibile nella rete telematica alla pagina web
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/247/22.htm
Luce Fabbri, straordinaria pensatrice e militante anarchica, educatrice
profonda e generosa, un punto di riferimento per tutti gli amici della
dignità umana e della nonviolenza. Nata il 25 luglio 1908, figlia di Luigi
Fabbri (il grande militante e teorico libertario collaboratore di Errico
Malatesta), dal 1929 in esilio dapprima a Parigi, poi a Bruxelles e via
Anversa in America Latina, a Montevideo in Uruguay, ove da allora risiederà
(ma ancora sovente molto viaggiando); la morte la coglie il 19 agosto 2000,
operosa fino alla fine, sempre attiva, generosa, mite, accogliente; sempre
lucida, sempre limpida, per sempre Luce. Opere di Luce Fabbri: per un primo
avvio segnaliamo l'ampia e preziosa intervista a cura di Cristina Valenti:
Luce Fabbri, vivendo la mia vita, apparsa su "A. rivista anarchica"
dell'estate 1998 (disponibile anche nella rete telematica alla pagina web:
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/247/22.htm ). Tra le sue opere in volume
ed in opuscolo segnaliamo: a) scritti politici: Camísas negras, Ediciones
Nervio, Buenos Aires 1935; (con lo pseudonimo Luz D. Alba), 19 de julio.
Antología de la revolución española, Colección Esfuerzo, Montevideo 1937;
(con Diego Abad de Santillan), Gli anarchici e la rivoluzione spagnola,
Carlo Frigerio Editore, Lugano 1938; La libertà nelle crisi rivoluzionarie,
Edizioni Studi Sociali, Montevideo 1947; El totalitarismo entre las dos
guerras, Ediciones Unión Socialista Libertaria, Buenos Aires 1948; L'
anticomunismo, l'antimperialismo e la pace, Edizioni di Studi Sociali,
Montevideo 1949; La strada, Edizioni Studi Sociali, Montevideo 1952; Sotto
la minaccia totalitaria, Edizioni RL, Napoli 1955; Problemi d'oggi, Edizioni
RL, Napoli 1958; La libertad entre la historia y la utopía, Ediciones Unión
Socialista Libertaria, Rosario 1962; El anarquismo: mas allá de la
democracia, Editorial Reconstruir, Buenos Aires 1983; Luigi Fabbri. Storia d
'un uomo libero, BFS, Pisa 1996; Una strada concreta verso l'utopia,
Samizdat, Pescara 1998; La libertad entre la historia y la utopía. Tres
ensayos y otros textos del siglo XX, Barcelona 1998; b) volumi di poesia: I
canti dell'attesa, M. O. Bertani, Montevideo 1932; Propinqua Libertas, di
prossima pubblicazione; c) scritti di storia e di critica letteraria:
Influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1810-1853),
Ediciones Nuestro Tiempo, Montevideo 1966; L'influenza della letteratura
italiana sulla cultura rioplatense (1853-1915), Editorial Lena & Cía. S. A.,
Montevideo 1967; La poesía de Leopardi, Instituto Italiano de Cultura,
Montevideo 1971; Machiavelli escritor, Instituto Italiano de Cultura,
Montevideo 1972; La Divina Comedia de Dante Alighieri, Universidad de la
República, Montevideo 1994. Ad essi si aggiungono i saggi pubblicati nella
"Revista de la Facultad de Humanidad y Ciencias" di Montevideo, e gli
interventi e le interviste su molte pubblicazioni, e le notevoli
traduzioni -con impegnati testi propri di introduzione e commento- (tra cui,
in volume: di opere di Nettlau, di Malatesta, del padre Luigi Fabbri, e l'
edizione bilingue commentata del Principe di Machiavelli). Opere su Luce
Fabbri: un punto di partenza e' l'utilissimo dossier, Ricordando Luce
Fabbri, in "A. rivista anarchica", n. 266 dell'ottobre 2000, pp. 28-41]
Credo che per l'anarchismo sia essenziale il valore attribuito alla liberta'
della persona, credo che sia questo il valore centrale, accompagnato alla
solidarieta' in campo economico al posto della competitivita'. Ovvero il
socialismo, perche' il mio anarchismo e' il socialismo libertario. (...) noi
riteniamo che il socialismo e' liberta' e che non lo si puo' costruire senza
liberta'. E la liberta' dev'essere basata sulla solidarieta' perche' senza
solidarieta' non e' realizzabile. (...) Penso che sia questo per noi il
principio centrale, quello piu' importante, cosi' come e' centrale
l'antimilitarismo che e' la derivazione logica dell'amore per la liberta'.
4. MAESTRI. PEPPE SINI: RAIMONDO PESARESI
[Il testo che segue apparve sul settimanale viterbese "Sotto Voce" nel
fascicolo del 12 febbraio 1994, lo ripubblico senza modifiche. Raimondo
Pesaresi era deceduto da pochi giorni. Era stato preside e simbolo del liceo
di Viterbo negli anni della mia gioventu'. Non lo ho dimenticato]
La scomparsa di Raimondo Pesaresi ci priva di uno dei nostri maestri.
Per noi giovani allievi che ogni mattina entrando a scuola leggevamo quella
lapide che ricordava Mariano Buratti, torturato e assassinato dai
nazifascisti, quella scuola, la scuola del preside Raimondo Pesaresi, era
Mariano Buratti vivente: nel rigore morale, nella dignita' civile,
nell'impegno scientifico ed educativo, nel vertiginoso, straziante grido di
liberta' che dai precordi del mondo classico ai martiri della Resistenza si
prolungava a chiamarci alla lotta. La civilta', o la barbarie.
Raimondo Pesaresi, il filologo, l'umanista, l'educatore Raimondo Pesaresi,
era la nostra scuola.
Scuola di amore alla verita', di grata memoria ai buoni che furono, di
responsabilita' che ciascheduno ha da recare integra, e di civile convivere
e condursi.
L'amore per la verita': il rigore filologico, che scavava dentro le parole e
i discorsi; la ricerca labirintica e ardua e sottile ed infine l'abbagliante
scoperta dell'espressione esatta; l'intuizione, la penetrazione vivida e
gioiosa del pensiero autentico e pur sempre friabile, della verita'
interiore dell'uomo che il linguaggio deve rendere; lo sforzo di capire, di
capire l'altro, il suo vissuto, il suo mondo: il nostro mondo, il nostro
vissuto, l'altro che e' parte di noi. L'amore per la verita' che e' ad un
tempo amore di liberta', di uguaglianza, di fraternita'.
E il dovere della memoria: porsi, disporsi all'ascolto degli antichi maestri
e dei recenti; riflettere sui casi umani lungo le volute e le voragini della
storia; incessantemente riproporsi i quesiti piu' nitidi e i piu' sibillini,
condividere il pathos delle scelte e il tormento incandescente dei dubbi, la
processione del pensare e dell'agire; incessantemente rispondere alla
chiamata, alla voce che grida dal brulicante deserto del passato, dei
passati: schierarsi. O con gli oppressi o con gli oppressori; o con chi
anela liberta' o con chi la conculca; o con chi cerca luce o con chi impone
le tenebre. Era una scuola esigente. Era una scuola che non tradiva le
vittime. Era la scuola di Raimondo Pesaresi. E di Primo Levi, e di Giacomo
Leopardi.
Insegnava la responsabilita' che non si fraziona, la liberta' comune che va
edificata pietra su pietra: il tuo compito, il tuo dovere, che non puoi
eludere o delegare ad altri. Il rifiuto e lo sprezzo del sotterfugio, delle
meschinita'. Insegnava il cielo stellato e la legge morale.
Qui mi sovviene dei suoi maestri, quelli di cui ci parlava in un soffio, in
un sorriso, e c'era dentro tutto il dolore del mondo, e la dignita'
splendente dell'uomo: Gaetano De Sanctis che rifiuto' di giurar fedelta' al
regime; Piero Treves che rivendico' la greca liberta' mentre in Italia
imperava la tirannide; e Manara Valgimigli, e Concetto Marchesi, e ancora e
ancora, lungo una tradizione di studi classici che era innanzitutto
radicamento nei valori, fedelta' alla cultura, alla civilta', religione del
buono e del vero. Legame, solidarieta'.
La serena cordialita', il tratto amabile, i modi squisiti di Raimondo
Pesaresi: e quando entrava in classe a far lezione, e quando si consumava
insieme il rito della consegna delle pagelle (gli stavamo a cuore, davvero,
a quel preside: dovevamo essere degni del nome e dell'eredità di Mariano
Buratti), e quando ci capitava di incontrarlo fuori della scuola. E nei suoi
lavori su Erodoto e Demostene, nella sua indefessa e prestigiosa attivita'
scientifica oltre che pedagogica, nella pienezza e versatilita' della sua
opera: psicagogica, come avrebbe detto Maria Rosaria - ed anche lei, docente
ed amica amatissima, non e' piu'.
Negli anni del liceo scelsi la parte degli ultimi - che a quel luogo non
erano ammessi: per Pesaresi sento ancora una devozione filiale che so mi
accompagnera' per tutta la vita. Nell'ora delle scelte, che non termina mai,
per me conto' la sua lezione di serena dirittura, di amore alla verita', di
pietas per gli uomini che furono. E che sono, e che saranno.
La scuola intitolata al martire antifascista Mariano Buratti, la scuola di
Raimondo Pesaresi, ci insegno' molte cose che abbiamo dimenticato, ma
soprattutto questa, struggente, che rechiamo incisa nell'animo: che occorre
resistere contro la barbarie; che nulla di umano ci e' alieno e quindi
l'intera umanita' ci sta a cuore; che quand'anche fosse solo favola e sogno,
la virtu' e' l'unico bene che abbiamo.
5. RILETTURE. ROSSANA ROSSANDA: ANCHE PER ME
Rossana Rossanda, Anche per me, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 208. Questa
raccolta di scritti dal 1973 al 1986 su "Donna, persona, memoria" e' a
nostro avviso uno dei libri piu' belli della grande intellettuale e
militante politica.
Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio
Banfi, antifascista, dirigente del PCI (fino alla radiazione nel 1969 per
aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in
rapporto con le figure più vive della cultura contemporanea, fondatrice del
"Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata
da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di più
drammatica attualità e sui temi politici, culturali, morali più urgenti.
Opere di Rossana Rossanda: Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio
inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano
1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli,
Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo,
Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte,
resurrezione, immortalità, Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati
Boringhieri, Torino 1996. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale,
della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta
culturale e politica di Rossana Rossanda è tuttora dispersa in articoli e
saggi pubblicati in giornali e riviste.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 351 del 14 febbraio 2002