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inquinamento atmosferico: la guida alla legislazione (a cura di PeaceLink)
La crescente attenzione sull'inquinamento atmosferico hanno
indotto PeaceLink a creare un gruppo di ricerca per fornire ad
amministratori, consiglieri comunali, provinciali e regionali, una base
di riferimento per meglio operare e per meglio difendere ed applicare i
diritti dei cittadini. Le norme che garantiscono il rispetto del diritto
costituzionale alla salute dovrebbero diventare oggetto di studio anche a
scuola per riunificare cultura e vita, teoria e pratica: in breve, per
rendere i cittadini protagonisti, partecipi e consapevoli.
Il lavoro che segue è un
primo risultato di questo gruppo di ricerca, i cui risultati saranno
posti in pubblica consultazione su Internet nel sito tarantino di
PeaceLink all'indirizzo
www.taras.it
Su questo sito già da
ora i cittadini possono consultare un dossier che contiene una guida alla
lettura dei dati ambientali.
RAPPORTO DEL GRUPPO DI RICERCA
L’adozione di provvedimenti in materia di inquinamento ambientale
rappresenta il momento finale di un’attività che si articola nella
raccolta dei dati e nel confronto tra i dati raccolti e valori fissati da
disposizioni normative.
Difatti, è facile rilevare che l’allarme inquinamento consegue al
raffronto tra valori numerici: quelli relativi agli inquinanti rilevati
in un dato giorno in una data zona della città, e quelli denominati di
“attenzione” e di “allarme”.
Tutto ciò trova fondamento in precise disposizioni normative.
In primo luogo, i valori numerici indicati come “di attenzione” e
“di allarme” sono quelli stabiliti nella Tabella 1 dell’allegato 1 del
Decreto del Ministro dell’ambiente di concerto con il Ministro
della Sanità 15 aprile 1994.
Sul punto v’è da premettere che questo Decreto è stato emanato in
attuazione del Decreto del Presidente della Repubblica n.203/1988
ad oggi, ed in attesa dell’attuazione del decreto legislativo n.351/1999,
il testo normativo principale in materia di emissioni inquinanti e
del Decreto del Ministero dell’ambiente, di concerto con il Ministro
della Sanità, 20 maggio 1991.
In particolare, gli articoli 3 e 4 di tale DPR demandano al Presidente
del Consiglio dei Ministri ed al Ministro dell’ambiente
- la fissazione e l’aggiornamento di valori limite e valori guida di
qualità dell’aria (Art.3 comma 1, competenza del Presidente del Consiglio
dei Ministri che fissa ed aggiorna tali valori con decreto, su proposta
del Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri della sanità e
dell’industria, del commercio e dell’artigianato);
- la fissazione e l’aggiornamento delle linee guida per il contenimento
delle emissioni e dei valori minimi e massimi di emissione (Art.3 comma
2, competenza del Ministro dell’ambiente di concerto con i Ministri della
sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la
conferenza dei presidenti delle giunte regionali).
Fatta questa premessa, i livelli di attenzione e di allarme rappresentano
punti di riferimento importantissimi per l’adozione di provvedimenti atti
a prevenire episodi acuti di inquinamento atmosferico (Articolo 1 DM 15
aprile 1994).
Inoltre, tali livelli sono soggetti ad adeguamenti: secondo quanto
dispone l’articolo 6 del DM citato, il Ministro dell’ambiente, di
concerto con il Ministro della sanità, aggiorna entro il 30 settembre di
ogni anno i livelli di attenzione e di allarme.
Cosicché, mentre i livelli di attenzione e di allarme sono soggetti ad
aggiornamenti annuali, non lo sono i concetti di stato di attenzione e di
stato di allarme, poiché individuati in relazione ai primi.
Difatti,
- per stato di attenzione si intende una situazione di
inquinamento atmosferico che, se persistente, determina il rischio che si
raggiunga lo stato di allarme;
- per stato di allarme si intende una situazione di inquinamento
atmosferico suscettibile di determinare una condizione di rischio
ambientale e sanitario.
I livelli di attenzione e di allarme sono definiti come le
concentrazioni di inquinanti atmosferici che determinano lo stato di
attenzione e di allarme. In particolare, lo stato di attenzione e di
allarme vengono di norma raggiunti quando, al termine del ciclo di
monitoraggio, si rileva il superamento per uno o più inquinanti, dei
rispettivi livelli di attenzione e di allarme.
Com’è di tutta evidenza, dal combinato disposto degli articoli 2 e 4
comma 3 del DMA 15 aprile 1994, si desume che la verifica in ordine alla
presenza nell’aria di fattori inquinanti in misura superiore ai limiti
stabiliti dallo stesso DM determina uno stato di attenzione ovvero uno
stato di allarme con la conseguente adozione, da parte dell’autorità
competente, di provvedimenti atti a far rientrare nella norma i valori
stessi.
Cosicché, nel solco tracciato dal DPR n.203/1988, il riferimento
normativo principale è dato dal DMA 15 aprile 1994 i cui allegati
fissano, ad oggi, i valori definiti in termini di “livello di attenzione”
e “livello di allarme”.
Finora si sono esaminate le fonti normative statali: v’è da rilevare che
la Regione svolge un ruolo di grande importanza nella determinazione di
valori limite di qualità dell’aria e di valori di emissione. (cfr. Legge
regionale Puglia n.7/1999)
Difatti, a norma 4 del DPR n.203/1988, è di competenza delle
Regioni:
- la fissazione di valori limite di qualità dell’aria, compresi tra i
valori limite e i valori guida ove determinati dallo Stato, nell’ambito
dei piani di conservazione per zone specifiche nelle quali ritengono
necessario limitare o prevenire un aumento dell’inquinamento dell’aria
derivante da sviluppi urbani o industriali (lettera b);
- la fissazione di valori guida della qualità dell’aria coincidenti o
compresi nei valori guida, ovvero ad essi inferiori, nell’ambito
dei piani di protezione ambientale per zone determinate, nelle quali è
necessario assicurare una speciale protezione dell’ambiente (lettera
c);
- la fissazione dei valori delle emissioni di impianti, sulla base della
migliore tecnologia disponibile e tenendo conto delle linee guida fissate
dallo Stato e dei relativi valori di emissione (lettera d);
- la fissazione, per zone particolarmente inquinate o per specifiche
esigenze di tutela ambientale, nell’ambito dei piani di rilevamento,
prevenzione, conservazione e risanamento del proprio territorio, di
valori limite delle emissioni più restrittivi dei valori minimi di
emissione definiti nelle linee guida (lettera e).
Com’è di tutta evidenza, in tal modo il legislatore nazionale ha ampliato
i poteri delle Regioni, stabilendo che le stesse prendendo in
considerazione situazioni caratterizzate da particolare rischio
ambientale possano ridurre i valori guida rispetto a quelli
stabiliti dalla legislazione nazionale ovvero valori limite delle
emissioni più restrittivi rispetto a quelli stabiliti in applicazione
delle linee guida.
Per dare attuazione al DPR n.203/1988 nella parte relativa alle
competenze delle Regioni è intervenuto il Decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989 che si propone di fissare
criteri di indirizzo e coordinamento nelle attività amministrative delle
Regioni, al fine di stabilire una uniformità dell’azione amministrativa
in materia di inquinamento atmosferico.
Sul punto, è interessante rilevare che le competenze regionali sono
ribadite dalla legge Regione Puglia n.17/2000 (Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi in materia di tutela ambientale), in particolare
dall’articolo 15.
Anche la raccolta dei dati è soggetta a disciplina normativa.
Difatti, viene facile domandarsi: come si giunge a dire che quel giorno a
quella data ora in una certa zona della città si è registrata la presenza
di ad esempio biossido di azoto in misura superiore al valore
fissato come “livello di attenzione”?
Questo accade grazie al sistema di monitoraggio, disciplinato dal Decreto
Ministeriale 20 maggio 1991
Questo decreto, che tra le altre ha la finalità di definire i
criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell’aria (Articolo
1 comma 1), stabilisce che i sistemi di rilevamento devono essere
progettati e realizzati secondo criteri indicati in allegato al decreto
stesso (Art.5), giungendo a prevedere la istituzione, con decreto del
Ministero dell’ambiente, di una commissione tecnico scientifica per
l’aggiornamento normativo e tecnologico delle reti e di altri sistemi di
rilevamento (Art.6).
Inoltre, lo stesso decreto ha istituito il censimento dei sistemi di
rilevamento, obbligando tutti i soggetti pubblici e privati titolari di
sistemi di rilevamento della qualità dell’aria a comunicare ai Ministeri
dell’ambiente e della sanità ed alla regione la scheda di identificazione
del sistema (Art.3).
La rete di monitoraggio della qualità dell’aria è articolata, a livello
nazionale S.I.N.A., Servizio informativo nazionale ambientale,
istituito dalla legge n.305/1989, regionale e provinciale.
Tra i compiti del S.I.N.A. vi sono quelli di individuare le cause degli
inquinamenti, la loro misura, la dinamica dei fenomeni di dispersione
degli inquinanti, anche ai fini della definizione degli standard di
qualità.
A livello nazionale le competenze relative al S.I.N.A. sono affidate
all'A.N.P.A..
A livello locale analoghe funzioni dovrebbero essere svolte dalle
A.R.P.A., anche attraverso le loro articolazioni provinciali. Per la
Puglia, l’A.R.P.A. è disciplinata dalla legge regionale 6/1999
Il D.M.A. 20/5/1991 dà ampio rilievo al livello provinciale del sistema
di monitoraggio, cui sono affidati i compiti di gestione
tecnico-operativa delle reti pubbliche, la supervisione dei sistemi di
rilevamento, la valutazione igienico-sanitaria dei dati (art.7 comma
2).
In questo quadro si nota l'assenza di un livello comunale di rilevamento,
a causa delle scelte del D.P.R. 203/88 che ha notevolmente ridimensionato
le competenze dei comuni in materia di inquinamento atmosferico,
limitandole al controllo di specifiche fonti di inquinamento (impianti
termici di uso civile e circolazione di autoveicoli).
I Comuni possono però istituire propri sistemi di monitoraggio sia
per delega di competenze, costituendo uno snodo essenziale delle reti
regionali e provinciali, sia in relazione alle proprie competenze sulla
circolazione degli autoveicoli.
Il d.lgs.285/92, infatti, consente ai comuni di istituire reti per il
monitoraggio della qualità dell'aria per raccogliere dati ai fini
dell'adozione di piani del traffico e l'eventuale adozione di misure
straordinarie per fronteggiare l'inquinamento
Sul punto, giova rilevare che i “Criteri ambientali e sanitari in base ai
quali i sindaci adottano le misure di limitazione della circolazione”
sono stati fissati con Decreto del Ministro dell’ambiente 23 ottobre
1998, di concerto con il Ministro della Sanità.
Per concludere, v’è da rilevare che il Decreto legislativo n.351/1999 si
propone di riordinare l’intera materia della valutazione e della gestione
della qualità dell’aria, in attuazione della direttiva 96/62/CE.
Peraltro, la norma dell’articolo 4 del suddetto decreto rubricata
“Valori limite, soglie di allarme e valori obiettivo”, prevede la
emanazione di Decreti Ministeriali la cui entrata in vigore secondo
quanto stabilito dall’articolo 13 determinerà l’abrogazione della
disciplina sin qui esaminata.
- Gruppo di Ricerca di PeaceLink su Diritto e Ambiente -
Il gruppo di ricerca è formato da:
Ilaria Leoni - avvocato - ilaleoni@libero.it
Giovanni Fiorino - avvocato - gifiorino@libero.it
Alessandro Marescotti - insegnante - a.marescotti@peacelink.it