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dieci riflessioni a un anno dalla guerra
--- Bombe per Milosevic, carte bollate per Pinochet ---
Dieci riflessioni a un anno dalla guerra
1. Per assicurare alla giustizia Augusto Pinochet si e' svolta una
raffinata battaglia legale. La battaglia l'ha vinta Pinochet senza sparare,
come invece fece nel 1973. All'ex torturatore cileno sono state
riconosciute tutte le garanzie giuridiche che ad un qualsiasi "cittadino
del mondo" spettano. E ad esse si sono aggiunte persino considerazioni
umanitarie a tutela della salute e dell'eta' di Pinochet. In questa
battaglia legale si e' anche arrivati a mettere fuori gioco, in Gran
Bretagna, Lord Hoffmann, un giudice "colpevole" di essere troppo vicino ad
Amnesty International. Tutta la vicenda si e' giocata (e si e' persa) sulle
regole del diritto internazionale. Per quanto frustranti esse sono state
sostenute e nessun politico ha detto: "Dobbiamo dare un colpo a Pinochet".
Veltroni un anno fa disse in TV, con voce grave: "Dobbiamo dare un colpo a
Milosevic".
Con Pinochet nessun capo di stato, di fronte alle difficolta' e agli
ostruzionismi frapposti dal collegio legale dell'ex-dittatore, ha pensato
di ammazzare Pinochet. Non lo ha detto Clinton, non lo detto Blair, non lo
ha detto D'Alema, non lo dice nessuno.
2. Gli stessi Clinton, Blair e D'Alema invece non hanno nascosto invece
l'obiettivo di "togliere di mezzo" il dittatore Milosevic con missili e
bombardamenti aerei. Per lui - con la guerra - era stata in altri termini
emessa un anno fa una sentenza di morte. Il giorno che fosse stato fatto
saltare in aria avremmo visto Clinton, Blair e D'Alema dire: "Abbiamo
eliminato Milosevic, finalmente". A chi avesse chiesto se questo violava il
diritto internazionale, la risposta sarebbe stata: il fine giustifica i
mezzi. Morale: un obiettivo desiderabile non tollera oggi i "limiti" e il
"garantismo" imposti dal diritto internazionale.
3. Che dire di queste vicende parallele di Pinochet e Milosevic?
Semplice: per Augusto Pinochet sono valse le "frustranti" regole del
diritto internazionale, per Milosevic no. Bombe per Milosevic, carte
bollate per Pinochet. Non sono riusciti neppure a tenerlo in gabbia il
dittatore, hanno fatto finta di credere a referti medici fasulli, lo hanno
trattato coi guanti quei leader europei progressisti che nel 1973
applaudivano gli Inti Illimani cantando "El Pueblo Unido".
4. Si potrebbe affermare che eliminare Milosevic aveva una sua "attualita'"
e "utilita'" mentre eliminare Pinochet sarebbe stato un gesto puramente
nostalgico: occorreva sbarrare la strada a Pinochet ieri... (ma gli Usa lo
sostennero tramite la Cia). Brutte storie, Clinton ha chiesto perdono per i
tanti dittatori e i troppi torturatori di tal fatta sostenuti a suon di
dollari, addestrati direttamente nelle scuole di tortura della Cia, di cui
si attende ancora la chiusura ufficiale. Ma il passato e' chiuso. E
tuttavia fu con quella esibizione golpista nell'America Latina, ben lordata
di sangue e propagata in mondovisione, che il governo statunitense fece
efficacemente comprendere ai comunisti italiani che avrebbero fatto la fine
di Allende se non avessero capito, come poi ha fatto D'Alema, la strada da
prendere per salvarsi la pelle e andare al governo, salvando capra e
cavoli. E' dallo spauracchio del golpe e dal sacrificio di Allende che
nasce la rinuncia all'intransigenza, la liquidazione di forme troppo
popolari e partecipate di democrazia, la china del trasformismo e
dell'accomodamento alla logica del piu' forte e infine l'abbraccio fra Bill
e Massimo. Insomma, tutto in linea con la tradizione moderata
risorgimentale in cui Cavour raccomandava di creare troppe aspettative nel
popolo, isolando il "Bertinotti" di allora, cioe' Mazzini.
5. Troppo ampia e' la visuale che si apre, chiudiamola subito e limitiamoci
all'attualita'.
Lasciamo a chiunque il compito di valutare l'utilita' di una guerra che, un
anno dopo, ha aumentato la violenza in Kossovo rendendo impossibile la
convivenza che prima era difficilissima, operando il degrado del male in
una situazionme ancora peggiore: di male in peggio, a schemi rovesciati,
con i perseguitati trasformati in persecutori ancora piu' incattiviti. Ecco
che la violenza - gia' di per se' repellente come mezzo - ha conseguito un
obiettivo nefasto, smentendo la teoria (che vede le BR e la Nato
abbeverarsi allo stesso pozzo) secondo cui con mezzi cattivi si possano
conseguire fini buoni. Non stupisce che un ex sessantottini che ieri
lanciavano le molotov e oggi sono ministri, come il ministro "verde" degli
esteri tedesco, possano essere stati i maggiori sostenitori dei
bombardamenti Nato sulle citta' della Jugoslavia.
6. Se qualcuno decidesse di fare una colletta per finanziare un killer ed
ammazzare Pinochet, verrebbe arrestato come terrorista anche se il lavoro
fosse "chirurgico" e non andasse di mezzo alcun bambino, alcuna donna,
alcun passante.
Se Clinton, Blair o D'Alema fanno una colletta di stato con i nostro soldi
per uccidere Milosevic verrebbero arrestati? Neppure per sogno! E a
definirli pubblicamente "terroristi" ci sarebbe da incorrere in una querela
o, nella migliore delle ipotesi, in una solenne deplorazione.
Al "terrorista" che mettesse una bomba sotto il sedere di Pinochet non
resterebbe che affermare amaramente: "Io vado in galera per aver eliminato
il tiranno senza uccidere un innocente, voi avete ucciso degli innocennti
senza eliminare il tiranno e siete capi di governo".
7. Ma cosa e' del resto il terrorismo?
Il terrorismo e' nato a volte per fini nobilissimi, si pensi alla
eliminazione del tiranno con gli attentati anarchici. Con il terrorismo si
sono accarezzati esiti auspicabili con mezzi brutali e violenti che avevano
in se' il pregio della "scorciatoia", scavalcando le regole e le
frustrazioni di stati e societa' in cui i potenti e i criminali avevano (e
hanno) vissuto nell'impunita', erigendo uno stato di diritto di facciata e
inefficiente e nascondendosi dietro di esso.
Ma la scorciatoia del terrorismo e della violenza - in cui piu' di
vent'anni fa hanno creduto le Brigate Rosse e in cui un anno fa (con la
guerra contro la Jugoslavia) hanno creduto anche Clinton, Blair e D'Alema -
demolisce le regole e crea un danno gravissimo a tutto cio' che abbiamo
eleborato per conseguire e assicurare stabilmente il superamento dell'etica
della clava e della brutalita'.
8. Di fronte alla tentazione e all'inganno del terrorismo c'e' chi vi ha
creduto in buona fede, perche' il tempo della pazienza a volte finisce e si
fa allora strada la voglia di scorciatorie. Non credo che l'etica delle
Brigate Rosse sia nata solo nella mente dei brigatisti: la voglia di "dare
un colpo", come disse Veltroni un anno fa (e non solo lui), alberga in
milioni di persone. Ed ecco l'esigenza di un grosso lavoro di educazione, a
partire dalla scuola. E' un lavoro pedagogico che andrebbe a delegittimare
nel cuore dei giovani e degli uomini in generale la logica della violenza.
Ne trarrebbe giovamento anche l'America, dove si va a scuola con la
pistola, anticipando il servizio militare e sostituendo nelle aule i
poligoni di tiro.
9. Con l'educazione alla pace e alla nonviolenza ne trarrebbe giovamento la
societa', dunque. Ma non tutto cio' che giova alle societa' giova ai loro
governi. Infatti l'educazione alla pace delegittimerebbe non solo la
violenza sociale ma porrebbe sotto critica anche quella istituzionale e le
lobby che pilotano la guerra. L'educazione di tal tipo coltiverebbe
coscienze troppo sveglie e sensibili per sostenere certi giochetti e tante
ipocrisie (vendiamo armi a chi fa stragi in Cecenia e in Kurdistan). E
dunque non aspettiamoci da Berlinguer che promuova una cultura che apra gli
occhi ai giovani (e agli stessi insegnanti). Certo lo vorremmo e lo avrebbe
sognato lui stesso qualche anno fa un po' di sano movimento di idee per la
pace nelle scuole: qualche marcetta pacifista l'ha fatta pure lui.
10. Ma oggi - per non creare problemi a nessuno e non pestare i calli ai
potenti - l'educazione e la pedagogia sono "neutre". Un tempo non riuscivi
a distinguere un chimico di destra da uno di sinistra: la chimica e' neutra
(?). Oggi la neutralita' e' entrata nel campo dell'educazione, ossia in
cio' che di meno neutro esista. Perche'? Per bloccare il nuovo ed espellere
dalla pedagogia il progetto del cambiamento sociale, quel compito che don
Lorenzo Milani, Danilo Dolci e Freire affidavano alla scuola e ad una nuova
educazione popolare.
Solo noi percio', dalla base, potremo quindi promuovere vera educazione,
l'educazione alla pace. Cominciamo da subito con i bambini e i ragazzi, su
Internet, nelle associazioni, dentro di noi. L'anno 2000 e' l'anno
internazionale per la cultura della pace e il decennio a venire e' dedicato
a questo compito che eleva gli uomini e produce in essi un dirompente
effetto: li fa pensare.
Alessandro Marescotti