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Turchia: prima i diritti umani poi l'ingresso in Europa



*Turchia: prima i diritti umani poi l'ingresso in Europa*

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La delegazione di osservatori della società civile internazionale, 
composta da rappresentanti delle associazioni e liberi professionisti di 
tutta Europa, si è recata in Turchia per monitorare il rispetto dei 
diritti umani nelle principali città kurde. La delegazione ha annotato 
un lieve miglioramento nei territori kurdi: i festeggiamenti per il 
Newroz, il capodanno kurdo, sempre caratterizzati da repressioni e 
violenze da parte del governo, si sono svolte pacificamente.

Il 28 marzo in Turchia si sono tenute le elezioni amministrative che 
hanno visto vincere il partito al governo, "Giustizia e Sviluppo" (AKP), 
del primo ministro Recep Tayyip Erdogan.

Il risultato politico era stato già annunciato: l’AKP ha ottenuto il 42% 
dei consensi (circa l’8% in più rispetto alle politiche del 2002) contro 
l'opposizione di centrosinistra (Chp) che ha ottenuto il 15%. Secondo 
alcuni la vittoria elettorale del partito di governo è da imputare alla 
politica populista del premier: l’annunciata adesione all’Unione 
Europea, l’approvazione di un importante programma di riforme volte a 
consolidare gli investimenti esteri, la posizione assunta nei confronti 
della guerra all’Iraq. Secondo l’opinione di altri il deludente 
risultato del Chp è da riconoscere nella mancanza di strategia del 
partito stesso.

In realtà, come è stato denunciato dai rappresentanti dell’Associazione 
per la Pace presenti in Kurdistan, si sono registrati brogli elettorali, 
tangenti, minacce ed intimidazioni oltre ai violentissimi scontri con 
più di 400 feriti ed altrettanti arrestati. Cartelle ritrovate 
accartocciate sui marciapiedi o bruciate nei cestini della spazzatura, 
capi villaggio corrotti o minacciati. Gli stessi sindaci neo-eletti sono 
stati minacciati e non hanno potuto neanche festeggiare la vittoria 
raggiunta.

In realtà la politica di modernizzazione e riformista di Erdogan è tutta 
volta a far apparire la Turchia un Paese rinnovato pronto ad entrare 
nell’Unione Europea e non a migliorare il tessuto sociale. Infatti ad 
oggi non vi è alcun rispetto dei diritti umani né delle minoranze 
etniche: il 70% della popolazione curda vive sotto il livello di 
sopravvivenza, si registrano 25.000 prigionieri politici, oltre a casi 
di tortura ed esecuzioni illegali. Anche alla minoranza cristiana è 
riservato lo stesso trattamento. La lingua kurda in pratica non è 
riconosciuta, come è vietata, di fatto, la libertà di espressione e di 
religione. A questo si aggiunge il problema dei profughi: 4 milioni 
fuggiti dai circa 4000 villaggi distrutti dall’esercito “per motivi di 
sicurezza interna” e mai più ricostruiti.

Nessun rispetto né tutela delle minoranze, brogli elettorali, nessuna 
politica ambientale (la storica valle del Monsur destinata a scomparire 
sotto le acque delle dighe in costruzione da parte dal governo), nessun 
rispetto dei diritti umani per una Turchia prossima ad entrare 
nell’Unione Europea!

In realtà la Turchia ha sempre rivestito un ruolo fondamentale sul piano 
politico-strategico-militare per l’Unione Europea: la sua amicizia con 
Israele, e la sua vicinanza con l’Europa, l’Iraq, la Siria, l’Iran e le 
repubbliche dell’ex Unione Sovietica, la rende un partner fondamentale 
per la politica del Mediterraneo.

Così gli standard minimi di democrazia non risultano essere criterio 
sufficiente per rifiutare l’adesione della Turchia all’Unione Europea.

*
Associazione per la Pace*

*Ufficio stampa*