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Re: Uno sguardo sulla potente Lobby Ebraica di Mark Weber



Quel pezzo di Del Monte rivela una cosa soltanto: che la distanza tra chi si
dice della sinistra israeliana e i sionisti è molto minore di quella tra i
primi e gli antimperialisti.
----- Original Message -----
From: "Luca Tancredi Barone" <lt.barone@tin.it>
To: <pace@peacelink.it>
Sent: Friday, November 08, 2002 6:33 PM
Subject: Re: Uno sguardo sulla potente Lobby Ebraica di Mark Weber


> Su questo discutibile pezzo, trovate un ottimo articolo sul
> Manifesto di ieri, a questo link.
>
> http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/07-Novembre-2002/art91.html
>
>
>
>
>  Che succede, compagni di Action for Peace?
> Ebrei contro l'occupazione: «Perché un testo revisionista
> nel sito contro la guerra di Sharon?»
> MARINA DEL MONTE *
>
> Ho sempre considerato Action for Peace espressione pratica
> della possibilità di coordinamento tra diverse realtà
> dell'universo pacifista. Leggo quindi con estremo stupore
> che ad inviare l'orrido pezzo revisionista ad una mailing
> list di compagni è il suo Gruppo di Ricerca. Autore del
> testo Mark Weber (nulla a che vedere con il sociologo Max
> Weber), uno dei maggiori esponenti del revisionismo
> americano, direttore di quella che nella presentazione del
> testo viene definita «prestigiosa rivista», organo ufficiale
> dell'Institute for Historical Review. Molti esponenti di
> questo movimento si sono distinti proprio per le proprie
> tesi negazioniste dell'Olocausto. Inoltrare in tal modo un
> testo, senza commenti, può equivalere al condividerlo. Fino
> ad oggi mi era capitato di trovare riferimenti tratti dal
> sito revisionista soltanto sui siti del Msi Fiamma Tricolore
> e su quello di Radio Islam. Cosa succede, compagni? A cosa
> si deve questo cambiamento di rotta, che niente ha a che
> vedere con il quotidiano impegno da parte di Action for
> Peace per l'affermazione delle idee di pace, giustizia, non
> violenza, solidarietà? In che modo si colloca questo testo
> all'interno dell'obiettivo condiviso di fare Cultura di
> Pace? Più volte nel testo compare il concetto di «potente
> lobby ebraica», termine che dovrebbe essere bandito dal
> vocabolario di ogni compagno in quanto utilizzato per le
> proprie finalità razziste dal fascismo e dall'antisemitismo.
> Evocare l'Olocausto per sponsorizzare l'insediamento di
> nuovi coloni, la costruzioni di muri, l'espulsione dei
> palestinesi, è un errore culturale prima che politico, che
> presta il fianco al bieco revisionismo di chi vuole ridurre
> o addirittura negare la memoria storica di una tragedia. Che
> esista un nesso tra l'Olocausto e la nascita dello Stato
> d'Israele è fuor di dubbio. Ma la storia non può essere
> cancellata; con essa è nostro impegno fare quotidianamente i
> conti. Soltanto un pensiero primitivo può sperare che
> cancellando l'Olocausto si possa automaticamente ricomporre
> la questione palestinese. «Non è il movimento che sostiene
> la causa palestinese composto dagli stessi compagni che si
> battono con ogni mezzo contro ogni forma di antisemitismo,
> che lottano quotidianamente contro i rigurgiti fascisti e il
> razzismo strisciante?» Il carattere retorico della frase
> interrogativa di Jacopo Venier non mi appare più così
> scontato. Che dire del riferimento, contenuto nel testo,
> allo stereotipo dell'ebreo attaccato al danaro, uno tra i
> capisaldi della propaganda antisemita di tutti i tempi, da
> quella di stampo cristiano a quella fascista. E ancora non
> voglio neppure nominare un antisemitismo di sinistra.
> L'utilizzo, nel testo, di citazioni tratte da autori di
> origine ebraica rappresenta la ciliegina sulla torta: un
> sottile tentativo di strumentalizzazione, utilizzato anche
> nei confronti del nostro gruppo «Ebrei contro l'Occupazione»
> dall'opportunismo di alcuni «compagni» per beghe di partito.
> Sono convinta che il sostegno alla causa palestinese non
> possa in alcun modo pregiudicare la pratica
> dell'antifascismo. Da essi deve trarre origine e vigore il
> nostro impegno per la pace e l'autodeterminazione dei
> popoli. Concordiamo con la necessità di scindere ogni
> riferimento all'Olocausto ed evitare ogni confusione di
> termini fra governo israeliano e stato d'Israele, tra
> Israele e mondo ebraico nell'affrontare la drammaticità
> della questione israelo-palestinese. Tale sovrapposizione è
> pericolosissima per l'esistenza culturale della stessa
> Israele. La diffusione di un simile testo rischia di
> cancellare ogni nostro sforzo fatto in tal senso come «Ebrei
> contro l'occupazione». Ma se ci sono, tra i compagni,
> elementi che su questa confusione giocano e giocano duro,
> alimentando l'odio verso il popolo ebraico piuttosto che
> favorire la pacifica coesistenza dei due popoli, allora
> questi elementi vanno isolati. Sono sintomi gravi,
> pericolosissimi, che vanno rintuzzati sul nascere, e il
> tacerli assume l'aspetto di connivenza. Da essi prendiamo le
> distanze, come ebrei dissidenti e come marxisti. Ma non
> pensavamo che queste distanze - come noi hanno fatto in
> questi giorni la Cgil e l'Arci - dovessimo prenderle anche
> da Action for Peace.
>
> * di Ebrei contro l'occupazione
>
> "Action for Peace.Info" wrote:
> >
> > A cura del Gruppo ricerca dell'Action for Peace
> >
> > Uno sguardo sulla potente Lobby Ebraica
> >
> > di Mark Weber
> >
> > Mark Weber è il direttore del Institute for Historical Review. Ha
studiato
> > storia all'università dell'Illinois (Chicago), all'Università di Monaco
di
> > Baviera, alla Università statale di Portland e all'Indiana University
> > (M.A.,1977). Per nove anni è stato editore della prestigiosa rivista
dell'
> > IHR il Journal of Historical Review.
> >
> > Institute for Historical Review Http://www.ihr.org
> >
> > Per decenni Israele ha violato i principi codificati del diritto
> > internazionale e sfidato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite a
> > proposito dei territori palestinesi occupati, delle uccisioni extra
> > giudiziarie e dei suoi ripetuti atti d'aggressione militare. Gran parte
del
> > mondo considera la politica israeliana, e specialmente la sua
oppressione
> > dei Palestinesi, come vergognosa e criminale. Questa opinione comune
> > internazionale è riflessa, per esempio, in numerose risoluzioni dell'ONU
> > che condannano Israele e che sono state approvate da schiaccianti
> > maggioranze.
> >
> > "Il mondo intero - ha recentemente affermato il segretario generale
delle
> > Nazioni Unite Kofi Annan - chiede che Israele si ritiri (dai territori
> > palestinesi occupati). Ed io non credo che il mondo intero possa essere
in
> > errore. (1)
> >
> > Solo negli Stati Uniti i politici ed i media sostengono ancora
fedelmente
> > Israele e la sua politica. Per decenni gli Stati Uniti hanno fornito ad
> > Israele un cruciale sostegno militare, diplomatico e finanziario oltre
ad
> > un aiuto economico annuo di più di tre miliardi di dollari. Perché gli
> > Stati Uniti restano il solo bastione di supporto per Israele? Il Vescovo
> > del Sud Africa Desmond Tutu, che fu insignito nel 1984 del premio Nobel
per
> > la Pace, ha candidamente illustrato la ragione: "Il governo d'Israele è
> > posto su di un piedistallo (negli Stati Uniti) e la sua critica è
> > immediatamente sospettata d'antisemitismo. La gente di questo paese ha
> > paura di dire pane al pane e vino al vino perché la lobby ebraica è
> > potente, molto potente.(2)
> >
> > Il Vescovo Tutu dice il vero. Sebbene gli ebrei costituiscano solo circa
il
> > tre per cento della popolazione degli Stati Uniti, essi controllano un
> > immenso potere ed esercitano un'influenza molto maggiore di quella
d'ogni
> > altro gruppo etnico o religioso. Come l'autore ebreo e professore di
> > Scienze Politiche Benjamin Ginsberg ha argutamente mostrato: "Dagli anni
> > sessanta gli ebrei sono arrivati a detenere una considerevole influenza
in
> > America sull'economia, la cultura, la vita politica ed intellettuale.
Gli
> > ebrei hanno giocato un ruolo centrale nella finanza americana durante
gli
> > anni ottanta ed essi sono stati i maggiori beneficiari di fusioni e
> > riorganizzazioni economiche. Oggi, sebbene appena il 2% della
popolazione
> > nazionale sia ebraica, quasi la metà dei suoi miliardari è ebrea. I
vertici
> > degli uffici esecutivi dei tre maggiori network televisivi e i quattro
> > maggiori proprietari degli studios cinematografici sono ebrei come i
> > proprietari dei più influenti giornali, il New York Times .Il ruolo e
> > l'influenza degli ebrei nella politica americana è egualmente
> > significativo. Gli ebrei sono meno del tre per cento della popolazione
> > nazionale ma comprendono l'undici per cento di quello che gli studi
> > definiscono l'élite nazionale. Inoltre gli ebrei costituiscono più del
25%
> > delle élite giornalistica e editoriale, più del 17% dei leader
d'importanti
> > organizzazioni di volontariato ed interesse pubblico e più del 15% degli
> > alti ranghi dell'amministrazione statale. (3)
> >
> > Stephen Steinlights ex-direttore del National Affairs of the American
Jews
> > Committeee similmente rilevava "lo spropositato potere politico" degli
> > ebrei che è " senza dubbio il più grande rispetto ad ogni altro gruppo
> > etnico/culturale in America." Egli proseguiva spiegando che "il potere e
l'
> > influenza economica degli ebrei sono concentrate in modo spropositato a
> > Hollywood, nella televisione e nell'industria mediatica. (4)
> >
> > Due ben noti scrittori ebrei, Seymour Lipset ed Earl Raab scrivevano nel
> > loro libro Jews and the New American Scene del 1995: "Durante gli ultimi
> > tre decenni, gli ebrei (negli Stati Uniti) hanno superato il 50% tra i
> > maggiori 200 intellettuali . il 20% tra i professori nelle università
più
> > prestigiose . il 40% tra i soci dei maggiori studi legali a New York e a
> > Washington . il 59% dei direttori, scrittori, e dei produttori delle 50
> > maggiori pellicole cinematografiche dal 1965 al 1982, e il 58% dei
> > direttori, scrittori e produttori in due o più serie televisive di prima
> > serata. (5)
> >
> > L'influenza dell'ebraismo americano a Washington, notava il quotidiano
> > israeliano Jerusalem Post "è largamente sproporzionata rispetto alle
> > dimensioni della comunità, ammettono i leader ebrei ed americani. Ma
così è
> > l'ammontare della somma di denaro che essi elargiscono per le campagne
> > (elettorali)." Uno dei membri dell'influente Conference of Presidents of
> > Major American Jewish Organizations "stimava che gli ebrei hanno da soli
> > contribuito con il 50% dei fondi per la campagna di rielezione del
> > Presidente Bill Clinton del 1996. (6)
> >
> > "E' completamente privo di senso cercare di negare la realtà del potere
> > ebraico ed il suo predominio nella cultura popolare" ammette Michael
Medved
> > un noto scrittore e critico cinematografico ebreo "Ogni lista dei più
> > influenti produttori cinematografici produrrebbe una preponderante
> > maggioranza di riconoscibili nomi ebraici. (7)
> >
> > Una delle persone che ha più attentamente studiato questo argomento è
> > Jonathan J. Goldberg, adesso editore dell'influente settimanale della
> > comunità ebrea Forward. Nel suo libro Jewish Power del 1996 scriveva:
"Nei
> > settori chiave dei media, specialmente negli studi cinematografici di
> > Hollywood, gli Ebrei sono così numericamente dominanti che definire
questi
> > affari sotto controllo ebreo è poco più che un'osservazione statistica .
> > Hollywood alla fine del ventesimo secolo è ancora un'industria con una
> > pronunciata coloritura etnica. Praticamente tutti i capi delle
produzioni
> > cinematografiche sono ebrei. Scrittori, produttori, e anche i meno
evoluti
> > direttori sono in larga maggioranza ebrei - un recente studio ha
mostrato
> > come superino il 59% tra i produttori di film a budget più elevato. Il
peso
> > di tanti ebrei in una delle più lucrose ed importanti industrie
americane
> > conferisce loro uno straordinario potere politico.
> >
> > Essi sono la maggior riserva di denaro per i candidati Democratici. (8)
> >
> > Specularmente alla loro forte presenza nei media americani gli ebrei
sono
> > abitualmente descritti come molto intelligenti, altruistici, degni di
fede,
> > compassionevoli e meritevoli di simpatia e sostegno. Mentre milioni di
> > americani si adattavano prontamente a queste immagini stereotipate
qualcuno
> > non si lasciava impressionare. "Sono molto arrabbiato con qualcuno degli
> > ebrei - dichiarava l'attore Marlon Brando in un intervista del 1996 -
essi
> > sanno perfettamente che tipo di responsabilità possiedono. Hollywood è
> > governato dagli ebrei, ed essi dovrebbero manifestare una grande
> > sensibilità per la gente che sta soffrendo. (9)
> >
> > A Well - Entrenched Factor
> >
> > Il potere d'intimidazione della "lobby ebraica" non è un fenomeno
recente,
> > ma è stato da molto tempo un importante fattore della vita sociale
> > americana. Nel 1941 Charles Lindbergh parlò della pericolosità del
potere
> > ebraico nei media e nel governo. Il timido trentanovenne - famoso in
tutto
> > il mondo per il suo primo ed epico volo transatlantico del 1927 da New
York
> > a Parigi, - si rivolgeva a settemila persone a Des Moines, Iowa,
l'undici
> > settembre del 1941 illustrando il pericolo del coinvolgimento degli
Stati
> > Uniti nella guerra che si stava svolgendo in Europa. Egli spiegò che i
tre
> > più importanti gruppi di pressione che spingevano gli Stati Uniti verso
la
> > guerra erano i britannici, gli ebrei e l'amministrazione di Roosevelt. A
> > proposito degli ebrei egli disse: "Il più grande pericolo per questo
paese
> > sta nelle loro immense proprietà e nella loro grande influenza nel
nostro
> > cinema, sulla nostra stampa, la nostra radio e il nostro governo." E
> > aggiunse: "Per ragioni che sono comprensibili dal loro punto di vista,
che
> > non è il nostro per il motivo che essi non sono americani, desiderano
> > coinvolgerci nella guerra. Noi non possiamo biasimarli poiché essi
> > perseguono quelli che ritengono essere i loro interessi ma dobbiamo
> > difendere i nostri. Noi non possiamo seguire le naturali pulsioni e i
> > pregiudizi degli altri popoli per condurre il nostro paese alla
distruzione.
> >
> > Nel 1978, l'autore ebreo americano Alfred M. Lilienthal scrisse nel suo
> > dettagliato studio The Zionist Connection scrisse: "Come è stata imposta
la
> > volontà sionista al popolo americano? .E' la 'Jewish connection', la
> > solidarietà tribale tra correligionari, l'incredibile vantaggio sui non
> > ebrei, che ha forgiato questo potere senza precedenti . Nelle grandi
aree
> > metropolitane la 'Jewish-Zionist connection' pervade completamente gli
> > influenti circoli finanziari, commerciali, sociali e ricreativi. (10)
> >
> > Il risultato del dominio ebraico sui media, scriveva Lilienthal, è che
la
> > copertura informativa delle notizie sul conflitto Israelo - Palestinese
> > nella televisione e sulla stampa americana è inesorabilmente a favore d'
> > Israele. Ciò si manifesta per esempio nel deformante ritratto del
> > "terrorismo" palestinese. Come puntualizza Lilienthal: " I reportage
> > unilaterali sul terrorismo, in cui la causa non è mai relazionata all'
> > effetto, sono possibili perché la più efficiente parte della 'Jewish
> > connection' è probabilmente il controllo dei media."
> >
> > One - sided 'Holocaust' History
> >
> > Il controllo ebraico della vita culturale ed accademica ha avuto un
> > profondo impatto sul modo in cui gli americani guardano al loro passato.
In
> > nessun posto più che nella campagna mediatica sull'Olocausto e sul
destino
> > degli ebrei in Europa durante la seconda guerra mondiale la visione
giudeo
> > - centrica della storia è più radicata.
> > Lo storico israeliano Yehuda Bauer professore all'università ebraica di
> > Gerusalemme ed esperto dell'Olocausto ha notato: "Sia se presentato
> > realisticamente o in modo inautentico, sia se compatibile con i fatti
> > storici o in contraddizione con questi, sia se rappresentato con empatia
e
> > comprensione o come un monumento al kitsch, l'olocausto è diventato un
> > simbolo dominante della nostra cultura . Difficilmente trascorre un mese
> > senza una nuova produzione televisiva, un nuovo film, un nuovo
spettacolo,
> > dei nuovi libri di prosa o poesia commercializzino il tema, e il flusso
è
> > in crescita più che in diminuzione.(11)
> > Le sofferenze dei non-ebrei non meritano le stesse attenzioni. Fuori dal
> > focus della vittimizzazione ebraica sono, per esempio, i milioni di
vittime
> > del colonialismo, quelle della Russia stalinista, più di dieci milioni
di
> > vittime del regime maoista in Cina e dai 12 ai 14 milioni di tedeschi,
> > vittime della fuga e delle espulsioni dal 1944 - 1949 in cui circa due
> > milioni persero la vita. La ben finanziata campagna mediatica ed
> > 'educativa' sull'Olocausto è di cruciale importanza per gli interessi di
> > Israele. Paula Hyman professore di storia ebraica moderna all'università
di
> > Yale ha osservato: "Con i ringraziamenti d'Israele, l'Olocausto può
essere
> > usato per prevenire le critiche politiche e sopprimere il dibattito;
esso
> > rinforza il senso degli ebrei di essere un popolo assediato che può
> > difendersi solo facendo affidamento solo su se stesso. L'invocazione
delle
> > sofferenze patite dagli ebrei sotto i nazisti,spesso, occupa il posto
delle
> > argomentazioni razionali ed è usato per convincere i dubbiosi della
> > legittimità dell'attuale politica del governo d' Israele. (12)
> >
> > Norman Finkelstein, autore ebreo che insegna scienze politiche all'
> > università di New York (Hunter College), scrive nel suo libro, The
> > Holocaust Industry (ed. italiana "L'industria dell'Olocausto" Rizzoli
> > 2002): "invocare l'Olocausto è un espediente per delegittimizzare ogni
> > critica rivolta agli ebrei. Attraverso il conferimento delle totale
> > impunità degli ebrei, il dogma dell'Olocausto immunizza Israele e
> > l'ebraismo americano da ogni legittima censura. L'ebraismo organizzato
ha
> > sfruttato l'olocausto nazista per deviare le critiche rivolte ad Israele
e
> > la sua moralmente indifendibile politica." Egli scrive della vergognosa
> > "estorsione di denaro" fatta alla Germania, alla Svizzera e ad altri
paesi
> > da Israele e dalle organizzazioni ebraiche "per estorcere miliardi di
> > dollari." "L'Olocausto -predice Finkelstein -può trasformarsi nella più
> > grande rapina della storia del genere umano. (13)
> >
> > "Gli ebrei in Israele si sentono liberi di effettuare ogni atto di
> > brutalità contro gli arabi"- scrive il giornalista israeliano Ari
Shavit -
> > "credendo con certezza assoluta, che ora, con la Casa Bianca, il Senato
e
> > molti dei media americani nelle loro mani, la vita degli altri non conta
> > come quella ebraica." (14)
> >
> > L'Ammiraglio Thomas Moorer, ultimo presidente del US Joint Chiefs of
> > Staff,ha parlato con schiettezza esasperata della supremazia
> > ebraico-israeliana negli Stati uniti: "Non ho mai visto un presidente -
non
> > importa chi egli sia - che li abbia contrastati (gli israeliani). E'
> > difficile anche solo immaginarlo. Essi hanno sempre ottenuto quello che
> > vogliono. Gli israeliani sanno sempre quello che succede. Arrivai al
punto
> > che mi era impossibile scrivere qualcosa sull'argomento. Se il popolo
> > americano capisse che tipo di dominio questa gente ha sul nostro governo
> > insorgerebbe in armi. I nostri cittadini certamente non hanno nessun
idea
> > di quello che succede. (15)
> >
> > Oggi il pericolo è più grande che mai. Israele e le organizzazioni
> > ebraiche, in collaborazione con le lobby filo-sioniste di questo paese
> > stanno incitando gli Stati Uniti - la maggior potenza mondiale militare
ed
> > economica - ad una nuova guerra contro i nemici d'Israele. Come ha
> > recentemente riconosciuto l'ambasciatore francese a Londra, Israele -
che
> > egli ha definito "that shitty little country" - è una minaccia per la
pace
> > mondiale. "Perché il mondo dovrebbe rischiare a causa di questa gente la
> > terza guerra mondiale? (16)
> >
> > Riassumendo: gli ebrei controllano un immenso potere ed esercitano una
> > pesante influenza negli Stati Uniti. "La lobby ebraica" è un fattore
> > decisivo per il sostegno statunitense ad Israele. Gli interessi
> > ebraico-sionisti non sono identici agli interessi americani. Nei
> > fatti,spesso, sono in conflitto. Fino a che la potentissima lobby
ebraica
> > rimarrà al suo posto non ci sarà fine alla sistematica distorsione degli
> > avvenimenti presenti e della storia, alla dominazione ebraico - sionista
> > del sistema politico degli Stati Uniti, all'oppressione sionista in
> > Palestina, al sanguinoso conflitto tra ebrei e non-ebrei nel Medio
Oriente
> > e alla minaccia israeliana alla pace.
> >
> > 1. Citato da Forward (New York City), 19 Aprile 2002, p.11.
> > 2. D. Tutu, "Apartheid in the Holy Land", The Guardian (Gran Bretagna),
29
> > Aprile 2002.
> > 3. Benjamin Ginsberg, The Fatal Embrace: Jews and the State (Università
di
> > Chicago, 1993), pp.1, 103.
> > 4. S. Steinlight, "The Jewish Stake in America's Changing Demography:
> > Reconsidering a Misguided Immigration Policy", Center for Immigration
> > Studies, Novembre 2001. Http://www.cis.org/articles/2001/back1301.html
> > 5. Seymour Martin Lipset e Earl Raab, Jews and the New American Scene
> > (Harvard Univ. Press, 1995), pp. 26-27.
> > 6. Janine Zacharia, "The Unofficial Ambassadors of the Jewish State",
The
> > Jerusalem Post (Israele), 2 Aprile 2000.Ristampato in "Other Voices" ,
> > Giugno 2000, p. OV-4, un supplemento al The Washington Report on Middle
> > East Affairs.
> > 7. M. Medved, "Is Hollywood Too Jewish?", Moment, Vol. 21, No. 4 (1996),
p. 37.
> > 8. Jonathan Jeremy Goldberg, Jewish Power: Inside the American Jewish
> > Establishment (Addison - Wesley, 1996), pp. 280, 287, 288. Vedi anche
pp.
> > 39-40, 290-291.
> > 9. Intervista con Larry King, CNN network, 5 Aprile 1996. "Brando
Remarks",
> > Los Angeles Times, 8 Aprile 1996, p. F4 (OC). Poco tempo dopo Brando fu
> > obbligato a chiedere scusa per le sue considerazioni.
> > 10. Lilienthal, The Zionist Connection (New York: Dodd, Mead, 1978), pp.
> > 206, 218, 219, 229.
> > 11. Da una conferenza del 1992, pubblicata in: David Cesarani, ed., The
> > Final Solution: Origins and Implementation (London e New York:
Routledge,
> > 1994), pp. 305, 306.
> > 12. Paula E. Hyman, "New Debate on the Holocaust", The New York Times
> > Magazine, 14 Settembre 1980, p. 79.
> > 13. Norman G. Finkelstein, The Holocaust Industry (London, New York:
Verso,
> > 2000), pp.130, 138, 139, 149 ed. italiana: L'industria dell'Olocausto,
> > Milano, Rizzoli, 2002.
> > 14. The New York Times, 27 Maggio 1996. Shavit è un giornalista di
> > Ha'aretz, un quotidiano israeliano in lingua ebraica, "da cui questo
> > articolo è adattato."
> > 15. Intervista con Moorer, 24 Agosto 1983. Citata in: Paul Findley, They
> > Dare to Speak Out: People and Institutions Confront Israel's Lobby
> > (Laurence Hill, 1984, 1985), p. 161.
> > 16. D. Davis, "French Envoy to UK: Israel Threatens World Peace",
Jerusalem
> > Post, 20 Dicembre 2001. L'ambasciatore francese citato è Daniel Bernard.
>
> --
> *********************************************************
> "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
> liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
> delle controversie internazionali"
> (Costituzione della Repubblica Italiana, art. 11)
>
> "Italy shall repudiate war as an instrument of offence
> against the liberty of other peoples and as a means for
> settling international disputes
> (Italian Constitution, art. 11)
> ********************************************************
>
>
>