[Pace] «Insieme per la Pace in Congo», intervista di Marinella Correggia all’attivista congolese per la pace John Mpaliza
- Subject: [Pace] «Insieme per la Pace in Congo», intervista di Marinella Correggia all’attivista congolese per la pace John Mpaliza
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.org>
- Date: Fri, 7 Feb 2025 00:03:10 +0100
Davanti alla tragica accelerazione del trentennale conflitto nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), con la presa di Goma, un documento della rete «Insieme per la Pace in Congo» fa precise denunce e richieste affinché si ponga fine alla «gravissima violazione del diritto internazionale e dell’integrità del paese». Il portavoce della rete è l’attivista per la pace John Mpaliza, ingegnere congolese che vive da molti anni in Italia e che già nel 2012 intraprendeva una marcia a piedi fino a Bruxelles, per chiedere l’embargo sulle armi e la fine della rapina delle risorse della Rdc, molte delle quali indispensabili per l’industria dell’hi-tech globale.
Il documento parte dalla condanna dell’azione di guerra «da parte delle milizie M23 (Mouvement du 23 Mars), Afc (Alliance du Fleuve Congo) e delle forze armate ruandesi (Rwanda Defence Force, Rdf)». In 30 anni, sottolinea il portavoce, il conflitto ha provocato 10 milioni di morti, milioni di eterni sfollati, miseria diffusa. Eppure, per dirla con le parole di un commentatore del canale francese Europe 1, è sempre stata una «guerre qui n’intéresse guère» – una guerra che interessa poco o niente. Interessano invece le immense risorse minerarie del paese africano.
Articolo di Marinella Correggia (intervista all’attivista congolese per la pace John Mpaliza)
L’M23 è una milizia proxy del Ruanda. Il vostro appello sottolinea la necessità di pressioni economiche forti su quel paese, molto legato però alla stessa Unione europea.
L’M23 non esiste senza il Ruanda. Sì: sono indispensabili, da parte della comunità internazionale, sanzioni concrete contro quel regime e la coalizione M23/Afc. E occorre mettere fine a ogni forma di collaborazione e finanziamento alle forze armate ruandesi. Denunciamo la politica dei due pesi due misure della comunità internazionale, e in particolare dell’Unione europea che non ha mai nascosto il proprio sostegno al presidente Paul Kagame arrivando a firmare, il 19 febbraio 2024, uno scandaloso memorandum sui minerali critici, in particolare coltan, cobalto, tungsteno, dei quali Kigali è un grande esportatore pur non possedendoli: vengono saccheggiati proprio nell’Est della Rdc, come dimostrato da vari rapporti di esperti delle Nazioni unite. Dalle miniere del massiccio di Masisi e di Rubaya i minerali vengono esportati illegalmente fino al Ruanda. Secondo il rapporto consegnato nel dicembre 2024 al Consiglio di sicurezza dell’Onu, la milizia M23 punta a una «occupazione a lungo termine» della regione nell’ottica di sfruttarne il territorio e contrabbandarne le risorse. Con l’occupazione di Goma, la coalizione M23/Afc/Rdf controllerebbe tutta la provincia del Nord Kivu: da quelle terre proviene l’80% del coltan mondiale. Quel memorandum euro-ruandese va cancellato. L’Ue, da sempre informata in quanto osservatrice internazionale privilegiata ma anche attrice nell’evoluzione della situazione nella regione dei Grandi Laghi, non dovrebbe importare questi minerali da Kigali. Nonostante le denunce, nessun provvedimento concreto è stato adottato per fermare il traffico. Il 1 gennaio 2021 è entrato in vigore il Regolamento 2017/821 del Parlamento europeo per la tracciabilità dei minerali, per un loro commercio regolare e trasparente. Ora si capisce bene perché dopo 4 anni non sia mai stato applicato! L’Europa deve comprare direttamente dalla Rdc. Che poi dovrebbe anche diversificare i suoi partner, a cominciare dall’Africa e riuscire creare una industria di trasformazione locale.
E l’Italia?
Nel tempo l’Italia ha contribuito alla formazione della polizia e delle forze di sicurezza ruandesi. Nel luglio 2024 ha firmato un accordo di 50 milioni euro con il Ruanda come sostegno a progetti per la resilienza climatica. Rimangono però dubbi sull’impiego di queste somme.
L’esercito congolese appare debole e spossato. E i contingenti Onu contano vittime per mano delle milizie M23.
Il primo problema sta nella sua catena di comando, impreparata e corrotta. Durante la prima e seconda giornata dell’occupazione di Goma, sappiamo di tentativi di resistenza da parte di soldati dell’esercito congolese, a fianco di gruppi di autodifesa, mentre i comandanti erano già scappati a Bukavu. Il secondo sta nell’infiltrazione ruandese negli alti ranghi dell’esercito; sarebbero stati incorporati almeno 500 alti ufficiali, durante i vari accordi di pace tra Rdc e Ruanda. Quanto alla missione Onu Monusco, imponente e costosa, dispiegata da decenni, non è mai stata in grado di cambiare nulla. Anzi, ci sono prove dell’implicazione di soldati in traffici e violenze. Come se non bastasse, qualche anno fa l’Onu dichiarò che l’M23 era più armata delle Nazioni unite, quasi a giustificare l’incapacità della Monusco di affermare la pace. Il problema principale del paese, poi, sta nell’assenza di una classe dirigente legittima, preparata e integra.
Alla fine del 2012 i gruppi terroristici occuparono Goma ma la pressione internazionale indusse al ritiro. Cosa accadrà stavolta?
Difficile dirlo. Nulla è impossibile! Magari basterebbe un ordine da parte del neo presidente statunitense. Ma nel 2012 non c’era il contrasto tra Usa e Ue che stiamo vivendo in questo momento. Comunque, oltre ai minerali del Congo, la sopravvivenza del Ruanda riposa sull’aiuto internazionale. Sanzioni forti da parte della Comunità internazionale potrebbero fare la differenza.
Le tante manifestazioni in Congo potrebbero indurre il mondo a muoversi?
A Bukavu, capoluogo della provincia del Sud Kivu, si è tenuta un’oceanica manifestazione e una marcia pacifica per denunciare l’aggressione ruandese e sostenere l’esercito congolese. Hanno partecipato studenti, lavoratori, rappresentanti politici, le chiese; realtà diverse per una medesima causa. E a Kinshasa la “visita” di tanti giovani all’ambasciata francese ha smosso un po’ le acque nella comunità internazionale. Ma questo può essere di aiuto solo se accompagnate da una presa di coscienza e un impegno forte e sincero da parte della classe dirigente, partendo dal capo dello Stato.
Cosa chiedete all’opinione pubblica internazionale e ai media?
Di mantenere alto il livello di attenzione contro questa guerra che ipocritamente viene derubricata a scontro tribale in modo da poter continuare loschi commerci e la rapina delle risorse. Non lasciamo Goma da sola. Non lasciamo il popolo congolese da solo.
Fonte: Il Manifesto 1.2.2025
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